Istituto Nazionale di Economia Agraria |
Dopo una lunga trattativa, che ha raggiunto in alcuni momenti toni molto accesi, Regioni e Mipaaf hanno raggiunto un accordo sull’applicazione dell’Health check nel primo pilastro della Pac, in particolare sull’art. 68 del nuovo regolamento 73/2009, su regionalizzazione e ravvicinamento, sulle soglie minime, e sulla possibile anticipazione del disaccoppiamento totale per taluni aiuti diretti, tutte questioni sulle quali gli Stati membri sono stati invitati ad operare una scelta da comunicare alla Commissione europea entro il 1° agosto.
Nel secondo pilastro, invece, l’aumento del tasso di modulazione per rispondere alle “nuove sfide” (cambiamenti climatici, energie rinnovabili, gestione delle risorse idriche, salvaguardia della biodiversità, misure di accompagnamento della ristrutturazione del settore lattiero-caseario, innovazione) e i fondi messi a disposizione dal Piano europeo di rilancio economico (European Economic Recovery Plan – Eerp) per la diffusione della banda larga nelle aree rurali ha comportato la necessità di inviare alla Commissione il Piano strategico nazionale (Psn) rivisto e i Psr regionali modificati.
Partendo dal primo pilastro, occorre dire che, così come ci si aspettava, le trattative si sono concentrate prioritariamente sull’applicazione dell’art. 68 e in particolare sulla trattenuta da applicare agli aiuti diretti ma, soprattutto, sulla assegnazione delle risorse tra le misure previste dal regolamento e tra le singole produzioni. Le trattative hanno condotto ad una scarsa concentrazione dei fondi che risultano diffusi su 7 settori e 14 tipologie di premio. L’accordo politico prevede una trattenuta del 10% sulla parte del massimale nazionale attinente ai settori del tabacco e della barbabietola, che servirà a finanziare i premi previsti per questi stessi settori, e una trattenuta non superiore al 3,8% del valore dei diritti all’aiuto assegnati agli altri settori, che daranno complessivamente luogo ad un plafond di circa 172 milioni di euro. A tale importo si sommano altri 145 milioni di euro relativi ai titoli per i quali gli agricoltori non hanno presentato richiesta di attribuzione, i cosiddetti “fondi dormienti”, che portano il plafond per l’art. 68 a 316,5 milioni di euro. Si tratta di un importo inferiore ai 430 milioni di euro teoricamente disponibili (10% del plafond nazionale), ma superiore di oltre il 60% alla dotazione dell’art. 69 del regolamento 1782/2003, incremento dovuto quasi interamente al recupero dei fondi avuti in dotazione dalla Commissione e mai spesi.
Le misure finanziabili si distinguono in premi accoppiati e premi disaccoppiati. Ai primi sono stati assegnati 147 milioni di euro da suddividere tra 7 settori produttivi. Si va dai 51 milioni di euro per i bovini, ai 40 milioni di euro per misure di sostegno al latte, fino a 1,5 milioni di euro per misure di sostegno alla danae racemosa (floricoltura), passando per i settori ovicaprino, dell’olio d’oliva, del tabacco e dello zucchero. Gli aiuti accoppiati sono nella maggior parte dei casi concessi come sostegno alla produzione di qualità. Unica eccezione è rappresentata dal premio per gli ovicaprini allevati in sistemi a bassa densità, ai quali è destinata parte dei 10 milioni di euro previsti per questo settore. Ai premi disaccoppiati sono destinati i restanti 169 milioni di euro, suddivisi tra aiuto alla sottoscrizione di premi assicurativi e aiuto ai produttori che praticano l’avvicendamento.
Quest’ultima misura è limitata alle regioni del centro-sud per migliorare la fertilità del terreno e prevenire fenomeni erosivi. La prima misura, invece, servirà a finanziare parte dei premi pagati dagli agricoltori per le assicurazioni sul raccolto a copertura dei rischi di calamità naturali. Questa misura è stata molto dibattuta perché è stata vista da alcuni come un espediente per sostituire i finanziamenti nazionali con finanziamenti comunitari, con il conseguente rischio che in futuro (dopo il 2013), venendo a mancare i fondi comunitari, cessino anche gli stanziamenti pubblici sulle assicurazioni.
Toccherà ora al Mipaaf definire i criteri di ammissibilità per ogni misura dell’art. 68 e l’importo massimo degli aiuti, nel rispetto delle condizioni fissate dalla Commissione. In ogni caso, il regolamento 73/2009 prevede che, a partire dal 2011 con effetto dal 2012, l’impianto stesso dell’art. 68 possa essere rivisto. C’è tutto il tempo, dunque, per valutare l’efficacia delle misure e, se del caso, modificarle.
Contrariamente a quanto era stato ipotizzato, l’Italia ha deciso di non correggere le decisioni prese nel 2008 sul fronte degli aiuti parzialmente disaccoppiati ai prodotti ortofrutticoli destinati alla trasformazione. Restano così in vigore fino alle scadenze previste gli aiuti ad ettaro per pomodori, pere, pesche (fino al 2010) e prugne (2012).
Nessun cambiamento anche sul fronte delle soglie minime, che rimangono ancorate a 100 euro, così come rimane inapplicata qualsiasi forma di regionalizzazione e/o di ravvicinamento.
Nell’ambito del secondo pilastro, l’Italia ha dovuto provvedere a ripartire tra le Regioni i fondi derivanti dalla modulazione aggiuntiva, dagli stanziamenti per la banda larga, oltre che dai trasferimenti al secondo pilastro dalle Ocm vino e tabacco. Inoltre, ha dovuto inviare alla Commissione il Psn rivisto e i Psr modificati per tenere conto delle “nuove sfide” lanciate dall’Health check. La revisione del Psn e dei Psr ha riguardato la ricalibratura delle misure già presenti per dare enfasi a quelle che rispondono alle “nuove sfide”. Quanto alle sfide da privilegiare, la strategia è stata quella di “non scegliere”, lasciando le Regioni libere di programmare i fondi secondo le proprie necessità. Più difficoltosa è stata la definizione delle risorse aggiuntive sulle quali ciascuna Regione ha potuto contare e sulla cui base rivedere i piani di sviluppo rurale. Nelle trattative si sono fronteggiati due possibili criteri di distribuzione delle risorse finanziarie. Il primo, caldeggiato dalle Regioni del centro-sud, è quello tradizionale utilizzato per ripartire i fondi della modulazione di base (superficie agricola, occupati agricoli e Pil pro-capite come fattore di correzione) che ricalca la chiave di attribuzione dei fondi ai Psr; il secondo, sostenuto dalle Regioni del nord, si basa sulla provenienza geografica delle risorse e ricalca il criterio utilizzato a livello comunitario, dove si è deciso che i fondi derivanti dalla modulazione aggiuntiva restino nei paesi nei quali sono stati generati. Ed è questo il criterio che ha prevalso in Italia, con un correttivo in favore delle Regioni che dalla ripartizione hanno avuto una quota di risorse inferiore al 2% del totale. In complesso, tenuto conto dei fondi della modulazione (vecchia e nuova), delle risorse per la diffusione della banda larga e dei trasferimenti dalle Ocm vino e tabacco, i Psr regionali vedranno la loro dotazione aumentare per l’intero periodo di programmazione di 694 milioni di euro (pari ad un incremento dell’8,4% della dotazione comunitaria iniziale del Feasr), ai quali si aggiungeranno 463 milioni di cofinanziamento nazionale (fissato al 40% indipendentemente dalle misure e dalle Regioni).
Nonostante la grande enfasi sui risultati raggiunti e, soprattutto, sulle maggiori risorse a disposizione nell’ambito del primo, quanto del secondo, pilastro, non sembra sia mutata la filosofia che sta alla base delle scelte effettuate. La logica prevalente rimane quella distributiva, con la naturale conseguenza che la discussione si è concentrata sul saldo netto tra esborsi ed entrate per ciascuna Regione, più che sul merito delle misure che si intendevano finanziare e tanto meno sull’esistenza di una strategia complessiva che raccogliesse a fattor comune i vari interventi in funzione di un fine ultimo di lungo periodo. Ciascun intervento, tra quelli previsti dall’art. 68, ha una propria finalità condivisibile. Il problema è capire se assieme disegnano una strategia di rilancio di lungo termine dell’agricoltura italiana (stante l’attuale crisi finanziaria che trascinerà i suoi effetti nei prossimi anni e i vincoli di bilancio a cui la Pac dovrà assoggettarsi in futuro) e se le risorse finanziarie messe a disposizione di così tante misure non si risolvano in altrettanti rivoli finanziari incapaci di incidere efficacemente sui problemi che intendono affrontare. Discorso analogo vale per il secondo pilastro dove anziché ragionare sulle sfide da affrontare a livello nazionale e a quale dare priorità si è preferito, o forse, vista la tempistica, si è stati costretti a, demandare alle Regioni il compito di scegliere come spendere i soldi e accordarsi, invece, su come suddividere le risorse tra le stesse, anche in questo caso a scapito di una visione strategica e coerente dell’azione.