Il volume accoglie un'oculata selezione della copiosa produzione scientifica di Michele De Benedictis, produzione che testimonia la partecipazione ai più accesi dibattiti che hanno animato l'economia agraria italiana e che ha procurato all'autore la reputazione di cui gode nella comunità scientifica nazionale e internazionale.
L'antologia si apre con la premessa di Fabrizio De Filippis sulla genesi e sulla finalità del volume, segue la meticolosa ricostruzione del percorso biografico e scientifico di Michele De Benedictis, a cura di Anna Carbone e Roberto Henke. Da tale ricostruzione si apprendono diverse cose.
Innanzitutto si intuisce come l'apertura mentale, la curiosità intellettuale ancora prima che scientifica nonché l'impronta operativa degli scritti di Michele De Benedictis traggano origine dalla sua storia personale: nato in Eritrea, dove il padre, agronomo, era stato inviato per occuparsi dell'agricoltura delle colonie, si è poi trasferito in Libia, in Etiopia e, in seguito, in Brasile, sempre per seguire il padre. Ancora, si scopre quanto l'evoluzione della disciplina sia associata ad iniziative di cui Michele De Benedictis è stato promotore: valga per tutte l'istituzione del sistema di revisione degli articoli da pubblicare sulla Rivista di Economia Agraria (REA), che ha contribuito a far conoscere e apprezzare la rivista anche dagli economisti; analogamente, si comprende quanto il successo della scuola porticese sia da ascriversi non solo alle lungimiranti intuizioni e all'esuberante opera del suo fondatore ma anche alla laboriosa attività di Michele De Benedictis.
Il saggio introduttivo, che riproduce la voce “Economia e Politica Agraria”, scritta per l'Enciclopedia delle Scienze Sociali (Istituto dell'Enciclopedia italiana, 1993), contestualizza la storia dell'economia agraria nell'ambito del pensiero economico, evidenziando l'esistenza delle diverse scuole e tratteggiando l'evoluzione delle principali branche, di cui sono descritte le tematiche. Dopo essersi soffermato sul ruolo dell'agricoltura nello sviluppo economico e sull'irrisolto problema della fame nelle economie meno avanzate, il saggio termina con la descrizione della giustificazione teorica dell'intervento pubblico in agricoltura, secondo il paradigma neoclassico e quello di political economy.
Il tema della fame e della miseria nelle zone rurali ritorna nelle accorate pagine scritte da Matteo Marini per introdurre il primo filone di ricerca dell'antologia, dal titolo “Agricoltura nel Mezzogiorno d'Italia”. Marini sottolinea con maestria l'eccezionalità, rappresentata dalle trasformazioni avvenute nel Mezzogiorno d'Italia nella seconda metà del Novecento, per gli studiosi di scienze sociali: sperimentare l'efficacia delle politiche prescritte dalle principali teorie di sviluppo economico nonché testimoniare l'esito di tali sperimentazioni. E infatti dalle sue parole apprendiamo che l'apertura di nuove sedi universitarie nel Mezzogiorno fu calorosamente accolta dai porticesi e non poteva essere diversamente se si pensa alla nascita della stessa scuola porticese come un investimento in capitale umano e in capitale sociale per favorire lo sviluppo economico meridionale.
“Sviluppo e ristagno dell'agricoltura nel Mezzogiorno” è il titolo del primo saggio incluso in questa sezione, che riprende l'introduzione dell'antologia a cura di De Benedictis, “L'agricoltura nello sviluppo del Mezzogiorno” (Il Mulino, 1980). Il secondo saggio è tratto dall'articolo “L'agricoltura del Mezzogiorno: la polpa e l'osso cinquant'anni dopo” (QA, 2002). Entrambi i saggi esplorano le cause del mancato aggiustamento strutturale dell'agricoltura meridionale. Nel primo, il ristagno agricolo del Mezzogiorno degli anni Settanta viene imputato, nelle zone costiere, a vincoli dal lato della domanda e, nelle zone interne, a vincoli dal lato dell'offerta, causati da problemi strutturali irrisolti per rigidità fondiaria, paradossalmente accresciuta dall'emigrazione temporanea, paralisi degli affitti, politica assistenziale e mancato assorbimento del surplus di lavoro da parte dei settori extra-agricoli locali. Nel secondo saggio, giudicato illuminante da Nardone (2006), i fattori di freno, che hanno reso difficile e incompiuta la modernizzazione dell'agricoltura meridionale, vengono classificati in: politiche per l'agricoltura, quadro istituzionale, che include anche le organizzazioni professionali agricole, rigidità fondiaria e debole integrazione intersettoriale. Tuttavia, la vena ottimistica, che sempre accompagna gli scritti di Michele De Benedictis, sottolinea come l'osso di ieri potrebbe diventare la polpa di domani per la maggiore sostenibilità ambientale che le zone interne assicurano rispetto a quelle di pianura. E' quanto affermano Petrini (2009) e il movimento da lui presieduto: l'ampliamento e la modernizzazione delle aziende, secondo i criteri di intensificazione produttiva e di omologazione tecnologica prevalsi in pianura, avrebbero distrutto il patrimonio di conoscenze tacite dell'azienda contadina di piccole dimensioni per la cui salvaguardia, oggi, il mercato è disposto a pagare un premio di prezzo.
La lotta per la sopravvivenza dell'impresa contadina è anche il tema che chiude l'antologia. Il saggio, dal titolo “La questione contadina ieri e oggi”, riprende la lezione Rossi-Doria 2008 e ci svela una suggestiva descrizione di Manlio Rossi-Doria, ad opera di Carlo Levi, lasciandoci, però, con il dubbio che le pulsazioni, da cuore di 'riccio', sulla questione contadina, attribuite a Rossi-Doria, in realtà siano ampiamente condivise da De Benedictis (altrimenti, perché proprio lui avrebbe ricevuto quella specifica consegna con la corrispondente busta di ritagli?).
La teoria dell'impresa è il tema delle seconda sezione dell'antologia, la cui introduzione è curata da Annalisa Zezza che inquadra i saggi di questa sezione chiarendo i termini del dibattito tra i sostenitori dell'approccio descrittivo alla Serpieri e i sostenitori dell'innovazione, nell'impostazione dell'analisi aziendale, proposta da De Benedictis; un dibattito simile, ci precisa la Zezza, avveniva parallelamente in Francia, tra ruralisti e produttivisti. Origina il dibattito la messa a punto della batteria di indici di efficienza aziendale da parte di De Benediticis; a tanti anni di distanza, le accuse di eccessiva difficoltà computazionale, rivolte alle catene di indici, fanno, forse, sorridere. Tuttavia, è degno di nota osservare che, a difesa delle posizioni di De Benedictis, scenda in campo non solo Manlio Rossi-Doria, come era naturale, ma anche Augusto Graziani (1963). Apre, dunque, questa sezione la relazione presentata al primo Convegno annuale della neonata SIDEA a Portici, nel 1964, dal titolo “La pianificazione aziendale: aspetti teorici e metodologici”, relazione fortemente osteggiata da Bandini e Ciarrocca per la sua impostazione normativa. La relazione, dopo aver illustrato il metodo della programmazione lineare, di cui è evidenziata la superiorità rispetto ai bilanci preventivi, evidenzia lo stato di applicazione dei procedimenti di pianificazione aziendale in Europa, invocando la necessità di una stretta collaborazione con le discipline di natura tecnica per facilitare la diffusione degli stessi procedimenti in Italia. Il secondo saggio della sezione, dal titolo “Recenti sviluppi della teoria dell'impresa” (REA, 1973), analizza il comportamento dell'impresa in condizioni di rischio e incertezza e in un contesto dinamico con l'introduzione delle funzioni di utilità multiperiodali. A parte la compiutezza e la chiarezza, che sempre accompagnano le rassegne di De Benedictis, preme osservare come permanga lo stretto rapporto con gli economisti: Augusto Graziani e Salvatore Vinci sono citati nei ringraziamenti. Chiude l'articolo l' esortazione a usare i nuovi modelli teorici con oculatezza, valutando la loro rispondenza ai fini conoscitivi. “Neoistituzionalismo ed economia agraria'' (QA, 1993), che chiude questa sezione, illustra come l'individualismo dell'ortodossia neoclassica possa essere arricchito con assunzioni secondarie più realistiche su grado di completezza e indipendenza dei mercati, livello e qualità dell'informazione dei soggetti economici e presenza di costi di transazione.
“Il dualismo strutturale e il progresso tecnico” è l'argomento della terza sezione dell'antologia, che comprende i saggi “Forme di conduzione ed equilibrio dell'impresa agraria”, scritto con Vincenzo Cosentino (REA, 1976), e “Dualismo tecnologico e progresso tecnico nell'agricoltura italiana”, tratto dal volume “Crisi dell'agricoltura e ricerca” (De Donato, 1977). Come sottolinea Marcello Gorgoni nell'introduzione, il modello teorico del primo saggio attirò grande attenzione in letteratura, in quanto inserendo in un modello neoclassico dell'impresa, obiettivi e vincoli derivanti dalla famiglia dell'imprenditore, di fatto anticipa, nella letteratura italiana, il filone dei modelli d'impresa agraria familiare; così come, nella formulazione in cui assume eterogeneità sia nella tecnologia che nella combinazione dei prodotti dell'impresa contadina rispetto a quella capitalistica, può essere riagganciato al dibattito relativo alla relazione inversa tra dimensione aziendale e produttività (Sen, 1962). Infine, il modello coniuga eleganza formale e potere interpretativo, tanto da essere inserito, insieme ad altri argomenti di questa antologia, nel manuale di “Economia dell'azienda agraria”, scritto con Vincenzo Cosentino. In sintesi, il modello dimostra, nella sua versione semplificata e di breve periodo, che la differente combinazione di capitale e lavoro dell'impresa contadina, rispetto a quella capitalistica, è dettata dal prezzo ombra del lavoro, fornito dalla famiglia nell'impresa contadina, inferiore al salario di mercato. Nel lungo periodo, le differenze tra le due forme d'impresa possono scomparire se l'impresa contadina raggiunge la dimensione aziendale corrispondente alla piena utilizzazione del lavoro familiare. Affinché ciò si verifichi, ci spiega il secondo saggio, è necessario un pacchetto di misure complementari di politica agraria, tra cui una politica per la ricerca, mirata a soddisfare la domanda latente di innovazioni dell'impresa contadina, corredata da una politica per l'assistenza tecnica, mirata a rendere esplicita la domanda latente. La domanda di innovazioni dell'impresa capitalistica è, invece, soddisfatta dalle imprese private che per vendere le innovazioni prodotte forniscono anche servizi di consulenza tecnica, in particolare alle imprese di maggiori dimensioni.
Elena Saraceno introduce il filone “L'impresa familiare e la pluriattività” che include una miscellanea di scritti tratti dalla “Relazione introduttiva” in “Agricoltura part-time e politica agraria”, a cura di Anna Nappa (Archivio dei Corsi di Formazione, 1986) e da “Famiglie ed aziende contadine in un'area di recente industrializzazione” (QA, 1984), scritto con Lucilla Castellucci e Fabrizio De Filippis. Termina la fase di studi aziendali di De Benedictis il cui interesse verso queste tematiche può, forse, essere considerato strumentale: l'esperimento, di cui ci parla Marini e per il quale era nata la scuola porticese, era quello di innescare un processo di sviluppo alla Lewis, con la variante della modernizzazione dell'agricoltura. Ciò richiedeva la razionalizzazione dell'uso dei fattori in agricoltura allo scopo di aumentare la produzione e quindi, agli studiosi, la messa a punto di una vasta mole di strumenti d'analisi, teorici e metodologici, per migliorare la gestione delle imprese e favorirne l'adeguamento strutturale.
Questa lettura potrebbe spiegare sia l'attenzione di Augusto Graziani agli scritti richiamati nella precedente sezione sia l'interesse di Michele De Benedictis verso nuove tematiche, avendo sistematizzato la conoscenza sugli studi aziendali con la pubblicazione del manuale.
Negli studi sulla pluriattività dell'impresa familiare, De Benedictis applica il metodo deduttivo, ossia cerca di spiegare i processi di differenziazione economica studiando la realtà, con un approccio per lui nuovo, attraverso lo studio dei casi. Rispetto al filone dualistico, l'analisi empirica diventa più importante di quella teorica-definitoria e non può più essere condotta con le informazioni fornite dalle statistiche ufficiali. Le tipologie di successo da studiare non sono più aziendali ma territoriali in quanto è l'ambiente socio-economico circostante che consente percorsi aziendali, quali la disattivazione, che possono, in condizioni di domanda extra-agricola stagnante (Corner, 1993), consentire la sopravvivenza e la crescita dell'impresa (soprattutto) familiare. La miseria contadina di un tempo, di cui anche i più giovani conservano nitida e vivida memoria, fa da sfondo in questi studi, come testimoniano sia la somiglianza condotta tra l'agricoltura contadina della Valle del Sacco e quella delle zone di osso del Mezzogiorno continentale sia l'introduzione alla discussione del Convegno di studi della SIDEA di Bari (De Benedictis, 1987).
Margherita Scoppola introduce il filone “La politica agricola comune” che comprende due saggi: “Contraddizioni e conflitti di interesse nella politica agricola comune” (QA, 1991) e “La politica agricola dell'Unione Europea: crisi e prospettive” (Accademia Nazionale dei Lincei, 1996). Dai riferimenti alla PAC, disseminati in tutta l'antologia, traspare un duplice giudizio. La PAC è descritta come fattore sia di sviluppo che di freno: l'effetto 'anestetizzante' degli aiuti comunitari sulla capacità imprenditoriale può ostacolare la ristrutturazione aziendale, traducendosi solamente in aumento dei consumi familiari. Aspetto ancora più negativo è aver contribuito a diffondere tra gli agricoltori una cultura del diritto a ricevere aiuti senza preoccuparsi della contropartita. La stessa condizionalità ambientale è poco efficace, una misura 'cosmetica' e retorica, ci diranno poi Bureau e Mahè (2008), mentre si potrebbe congegnare un aiuto accoppiato alla produzione di esternalità positive, in sostanza, è quanto suggerisce De Benedictis, citando l'esempio americano. Se ciò non avviene è perché i gruppi di interesse del sistema agro-alimentare traggono vantaggio dalla situazione; tra coloro che si oppongono al cambiamento, De Benedictis cita, ancora, le organizzazioni professionali agricole. Il conseguente costo è quello di rallentare sia la crescita dell'economia, per la mancata riallocazione di lavoro e capitale nei settori extra-agricoli (Bivand e Brunstad, 2006), sia il processo di convergenza economica, alterando le condizioni di redditività del settore agricolo (Paci et al., 2001).
L'ultima sezione degli scritti, dal titolo “L'agricoltura e il commercio internazionale”, riporta i saggi: “Commercio agricolo alimentare e mercato interno: un'analisi in chiave di politica agraria” (QA, 1984) e “Tra Scilla e Cariddi: la navigazione degli economisti agrari intorno a libero commercio e protezionismo” (REA, 1991).
Piero Conforti, che introduce la sezione, si pone e ci pone una bellissima domanda (ed è, forse, questo il dono di cui parla Fabrizio De Filippis nella premessa): quanta parte delle conoscenze degli allievi sia dovuta agli scritti di Michele De Benedictis.
La risposta non è semplice in quanto dipende dal percorso professionale e scientifico intrapreso dall'allievo. Una cosa, tuttavia, è certa. Il manuale di Economia dell'azienda agraria è stato meritatamente premiato non solo per la semplicità con cui spiega argomenti complicati e di frontiera ma perché ha divulgato il rigore del ragionamento economico con stile e completezza. Generazioni di studenti hanno appreso, in tal modo, insieme alle prime nozioni di economia agraria, la logica economica, come sottolineato da Marini nel suo intervento al convegno in onore di Michele De Benedictis. Tale allenamento mentale è la base di quelle convinzioni scontate di cui parla Conforti.
Tuttavia, considerando quanto Michele De Benedictis sia stato un innovatore sin dai suoi studi, l'aspetto che veramente sorprende, rileggendo i suoi scritti, non è tanto la presenza di anticipazioni o spunti di ricerca non ancora raccolti, ma piuttosto l'amore per la conoscenza che traspare immutato dagli scritti, amore che spiega la sua vicinanza ai giovani, di cui ci parla la Zezza, o la 'spremitura' dei dati, di cui ci parla Conforti. Trasmettere l'amore per la conoscenza all'inesperto lettore, alle prese con il non semplice dilemma se continuare gli studi o cercare lavoro, non è, certo, cosa comune. Lo è ancora meno trasmettere l'identico entusiasmo, dopo più di vent'anni, allo stesso lettore, nel frattempo meno sprovvisto di nozioni di economia agraria.
Ancora, l'emozione con cui Michele De Benedictis ha ricevuto il premio alla carriera, emozione inattesa data la sua esperienza, ci insegna che quanto finora scritto è, per lui, conoscenza già acquisita. Ciò per cui il suo cuore di 'riccio' batte è il saggio che non ha ancora scritto, è quel brandello di conoscenza che non ha ancora afferrato. Perché, citando la parole di Platone, riportate nell'epigrafe, una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta.
Riferimenti bibliografici
- Bivand, R., Brunstad R. J. (2006), Regional growth in Western Europe: detecting spatial misspecification using the R environment, Papers in Regional Science 85, 277-297.
- Bureau J-C., Mahé L-P. (2008), CAP reform beyond 2013: An idea for a longer view, Notre Europe, www.notre-europe.
- Carbone A, De Filippis F., Henke R. (a cura) (2009) “Michele De Benedictis. Scritti scelti (1964-2008)”, L’Ancora del Mediterraneo Editore
- Corner P.R. (1993), Contadini e industrializzazione, Laterza, Bari.
- De Benedictis M. (1987), Introduzione alla discussione, in A.A.V.V., La struttura produttiva agricola: analisi, rlevazione, evoluzione. Atti del XXII Convegno di studi SIDEA, INEA.
- Graziani A. (1963), Nuove vedute nell'analisi aziendale, Giornale degli Economisti e Annali di Economia, 3/4, 254-259.
- Nardone C. (2006), Osso e fame, KAT Edizioni, Benevento.
- Paci R., Pigliaru F., Pugno M. (2001), Disparities in economic growth and unemployment across the European regions: a sectoral perspective, Working Paper CRENoS, n. 200103.
- Petrini C. (2009), Terra madre, Giunti Editore, Firenze. Sen A.K. (1962), An aspect of Indian agriculture, The Economic Weekly, 14, 243-246.