Istituto Nazionale di Economia Agraria |
Il 29 giugno la Commissione europea ha presentato la Comunicazione sul bilancio dell’UE per il periodo 2014-2020 [pdf] [pdf]. Si tratta di un corposo documento nel quale le sfide dell’UE indicate nella Comunicazione “Europa 2020” [pdf] - crescita intelligente, sostenibile e inclusiva - vengono dotate di risorse finanziarie. Di conseguenza, una grossa parte del bilancio è dedicata alle politiche destinate a creare occupazione e rilanciare l’economia.
Il bilancio viene suddiviso in 5 rubriche. La prima riprende gli obiettivi della crescita inclusiva e intelligente. Nell’ambito della rubrica 1 ricadono dunque le risorse finanziarie per la “competitività” e la “convergenza”, con alcune importanti innovazioni. Tra queste si segnalano la creazione di un quadro strategico comune “Horizon 2020” che ha l’obiettivo di promuovere l’aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo in modo che venga raggiunto l’obiettivo del 3% del Pil assicurando, allo stesso tempo, coerenza tra obiettivi ed eliminando la frammentazione sul territorio. Ancora, importanti cambiamenti vengono proposti nell’ambito dei fondi strutturali, quale la creazione di un quadro strategico comune per tutti i fondi strutturali, al quale dovrebbe rifarsi anche la politica di sviluppo rurale che rimarrebbe comunque di pertinenza della Pac e, quindi, della rubrica 2 del bilancio.
La Pac viene indicata come una delle poche vere politiche comuni dell’UE. Ad essa viene affidato il compito della crescita sostenibile. Di conseguenza, la Pac dovrà non solo rispondere agli obiettivi storici ad essa affidati nel 1957 nel Trattato di Roma, ma dovrà anche permettere la gestione sostenibile delle risorse naturali, combattere il cambiamento climatico e offrire uno sviluppo territoriale bilanciato. Tutto questo andrà fatto attraverso un regime di pagamenti diretti rafforzato e una politica di sviluppo rurale rivista. Le risorse messe a disposizione della Pac, tuttavia, sono previste in netta diminuzione a prezzi costanti, in un contesto di bilancio generale in aumento. Di conseguenza, si riduce l’incidenza di tale spesa sul bilancio UE, passando dal 39,2% del 2014 al 33,3% del 2020.
La Comunicazione si distingue per essere piuttosto dettagliata per quel che riguarda le modifiche da apportare al sistema dei pagamenti diretti. Essa prevede, infatti, l’introduzione di pagamenti addizionali da affiancare al nuovo regime di pagamenti di base, tra i quali il più importante è quello che prevede il “greening” dei pagamenti diretti, la convergenza dei pagamenti per ridurre il divario nel livello di sostegno garantito ai Paesi, il “capping”, o tetto massimo ad aiuti ad azienda, per limitare il sostegno garantito alle grandi aziende.
Dei tre, solo il “greening” ha una chiara e diretta attinenza con l’obiettivo della “crescita sostenibile”, mentre convergenza e “capping” fanno riferimento a criteri distributivi interni alla politica che vanno oltre gli obiettivi della programmazione pluriennale della spesa.
In particolare, il “greening” prevede che il 30% dei massimali nazionali per pagamenti diretti venga dedicato a misure cosiddette “verdi” che vanno oltre la condizionalità. Dalle più accreditate voci che circolano in merito alla effettiva messa in pratica di tali misure, sembra che esse riguarderanno il rispetto di tre tipi di pratiche benefiche per ambiente e clima: diversificazione colturale, pascoli permanenti ed ecological focus area.
La prima misura prevede che la superficie a seminativo di una certa dimensione minima (3 ettari), sia coperta da almeno tre diverse colture, la più importante della quale non copra più del 70% della superficie. La pratica relativa ai pascoli permanenti riporta a livello aziendale l’obbligo di non ridurre la superficie a pascolo rispetto ad un livello di riferimento, obbligo già presente a livello di Stato membro. Infine, la terza pratica riguarda tutta la superficie ammissibile di ciascuna azienda e impone che una certa percentuale di tale superficie sia destinata ad obiettivi ecologici (maggese, terrazzamenti, elementi caratteristici del paesaggio, strisce tampone, aree imboschite). Le produzioni biologiche dovrebbero essere considerate “verdi” senza che alle aziende vengano richiesti ulteriori adeguamenti.
Da questa prima versione degli “aiuti verdi”, sembrerebbe evidente che le maggiori difficoltà ad accedere a tali pagamenti si avranno per le aziende a seminativo altamente specializzate, che saranno costrette ad apportare modifiche alla propria struttura produttiva per introdurre la diversificazione, e per le stesse aziende localizzate in pianura che avranno difficoltà ad accedere alla quota legata all’ecological focus area. Allo stesso modo, particolari problemi avranno le aziende specializzate con colture permanenti che potranno solo accedere alla quota di aiuti legato alla componente ecologica.
Il pagamento verde si contraddistingue per essere un pagamento addizionale, annuale e non contrattuale a cui possono accedere coloro che sono comunque intitolati a ricevere il pagamento di base.
Quest’ultimo è il nuovo regime che sostituirà l’attuale regime di pagamento unico ed è destinato a garantire un livello stabile di reddito agli agricoltori. Il pagamento di base verrà obbligatoriamente applicato secondo il modello regionalizzato, in modo da ricondurre tutte le superficie agricole nell’ambito del regime dei pagamenti diretti. La regionalizzazione del pagamento di base imporrà un livellamento degli aiuti nell’ambito di uno Stato membro o regione, pur con una certa gradualità temporale. Al 2019, comunque, tutti gli agricoltori di uno Stato membro/regione riceveranno un numero di titoli determinato dal numero di ettari dichiarati ad una certa data ma di uguale valore unitario. La regionalizzazione, di conseguenza, produrrà effetti solo in quei Paesi, quali l’Italia, che dovranno obbligatoriamente abbandonare il modello storico. In Italia, ad esempio, il passaggio al modello regionalizzato determinerà una redistribuzione del sostegno che vedrà alcune produzioni (olivicoltura, allevamento bovino intensivo, tabacco, cerealicoltura intensiva), e i territori ad esse legate, particolarmente penalizzate, in quanto sono le produzioni che vantano ora i maggiori aiuti ad ettaro e che dovranno cedere parte del proprio sostegno alle produzioni scarsamente o per a sostenute in passato. Lo stravolgimento determinato dalla sola regionalizzazione, pur graduale nel tempo, sarà così forte che anche ipotizzando che, per effetto delle trattative politiche, l’Italia riuscisse a mantenere inalterate le risorse destinate ai pagamenti diretti del primo pilastro della Pac, i produttori delle colture oggi maggiormente sostenute comunque subirebbero una diminuzione dell’aiuto ad ettaro rispetto a quanto oggi percepito.
Accanto al pagamento di base e al pagamento verde gli agricoltori potranno accedere ad un pagamento addizionale legato alle aree soggette a svantaggi naturali. Gli Stati membri avranno la facoltà di attivare o meno tali pagamenti entro una soglia percentuale massima. Ancora, gli Stati membri potranno attivare pagamenti accoppiati per misure tipo art. 68. La novità delle bozze di proposte che circolano è legata al regime di aiuto per i giovani agricoltori che verrebbe concepito come un aiuto ad ettaro fornito per cinque anni.
In merito alla convergenza, le proposte contenute nelle prospettive finanziarie hanno l’obiettivo di redistribuire le risorse tra Stati membri attorno ad un valore medio. I Paesi che attualmente hanno un aiuto ad ettaro inferiore al 90% dell’aiuto medio UE recupereranno un terzo della differenza entro il 2017, per chiudere questa forbice, al massimo, entro il 2028. Per l’Italia, la sola copertura di un terzo della differenza dovrebbe comportare una contrazione delle risorse per i pagamenti diretti di poco meno del 7%, rispetto al 2013.
Le proposte sul capping (tetti aziendali) prevedono una griglia di riduzioni per la parte di aiuti aziendali che superano i 150.000 euro. L’ammontare di aiuto sul quale si applica il capping è ridotto dei salari pagati per la manodopera in azienda. Nessun aiuto verrebbe erogato per la parte superiore a 300.000 euro. Le risorse ottenute dall’applicazione dei tetti saranno trasferite allo sviluppo rurale e mantenute nel Paese che le ha generate. Corollario della nuova PAC è il regime per i piccoli produttori per i quali si perviene ad una semplificazione amministrativa e alla corresponsione di un pagamento forfetario ad ettaro, e alla definizione di agricoltore attivo. In quest’ultimo caso, rispetto all’attuale normativa, che prevedeva la possibilità per gli Stati membri di non procedere all’erogazione dei pagamenti diretti nei casi in cui l’attività agricola fosse insignificante o non fosse l’attività principale del richiedente l’aiuto, nelle proposte è stabilito che nessun pagamento è effettuato nel caso in cui le entrate derivanti dall’attività agricola rappresentano meno del 5% delle complessive entrate di chi richiede l’aiuto.
Le proposte in circolazione sembrano ormai ben consolidate e pochi sono ormai i margini di cambiamento rispetto all’impianto generale della riforma. Essa si presenta come una riforma largamente incentrata sulle questioni finanziarie (distribuzione degli aiuti tra aziende e tra Stati membri) e su una ricalibrazione del regime di pagamento unico per renderlo un po’ più verde e più spendibile sul piano dell’accettazione sociale. Questo non significa che questa riforma produrrà solo cambiamenti di facciata. Anzi, l’Italia è candidata ad essere tra i Paesi nei quali si sentiranno i maggiori contraccolpi, sia perché saremo costretti a essere “solidali” con i Paesi “meno sostenuti” e a cedere parte delle nostre risorse finanziarie, sia perché la regionalizzazione comporterà, seppure gradualmente, effetti devastanti sulle filiere particolarmente interessate dalla diminuzione o, addirittura, anamento (come nel caso degli allevamenti bovini senza terra) dei pagamenti diretti, sia per gli adattamenti aziendali che si renderanno necessari per poter accedere alla quota di aiuti legati ai pagamenti verdi. Gli effetti sul nostro territorio saranno più o meno amplificati a seconda della capacità di mettere in piedi delle misure nazionali tese ad accompagnare questi cambiamenti e a prevenire eventuali effetti dirompenti sull’intero sistema agricolo nazionale.