I contenuti della Carta di Fonte Avellana
La Carta di Fonte Avellana ha compiuto dieci anni. Si tratta di un documento strategico per lo sviluppo dei territori montani sottoscritto il 18 maggio 1996 nelle Marche da Regione, Upi, Uncem, Finanziaria Marche, centrali cooperative (Legacoop, Confcooperative, Agci, Unci) e Comunità monastica di Fonte Avellana, situata presso l’antico convento benedettino sulle pendici del Monte Catria in provincia di Pesaro.
Nel corso degli anni immediatamente successivi si sono aggiunti altri firmatari: Cgil, Cisl e Uil, Cia, Coldiretti, Copagri, CNA, Confesercenti Banca delle Marche, Anascom (l’associazione dei segretari delle Comunità montane).
Altri importanti istituti, come il Cnel, l’Imont e l‘Associazione “Alessandro Bartola” hanno manifestato la loro condivisione, offrendo supporto scientifico, assistenza e partecipazione a specifici progetti.
La Carta riconosce anzitutto che "il ruolo della montagna è fondamentale per assicurare la regimazione delle acque e la tutela del territorio, …che esiste interdipendenza fra montagne e restanti zone, ...che la diversità culturale e ambientale dell’Appennino… è una risorsa, …che le attività tipiche della montagna … rappresentano un patrimonio professionale autoctono da valorizzare e arricchire…che esiste una stretta connessione tra tutela, residenza e settore primari". A partire da queste premesse, i firmatari della Carta si impegnano a: "promuovere la silvicoltura e le attività collegate… sostenere l’agricoltura di montagna… in quanto fondamentale per la manutenzione del sistema naturale antropizzato, sostenere le imprese agricolo-forestali…incentivare specie nelle aree a parco, diffuse iniziative di sviluppo sostenibile…promuovere un tavolo interdisciplinare (in Regione) per la realizzazione degli interventi pubblici nelle zone montane…promuovere il credito, la formazione, l’occupazione valorizzando la cooperazione…promuovere un progetto per l’Appennino".
In altri termini, la Carta fa sua la tesi secondo la quale la gestione coordinata del primario, inteso come territorio, agricoltura, boschi, integrato nella multifunzionalità del turismo naturistico, escursionistico e culturale, produce lavoro, reddito e qualità della vita per i residenti in montagna. La fondatezza di questa tesi, che è in linea con quanto emerge dal nuovo Regolamento comunitario sullo sviluppo rurale (Reg. CE 1698/2005) e dal documento programmatico del nuovo Governo, è dimostrata dall’esperienza di dieci anni di lavoro in bosco da parte delle cooperative forestali marchigiane.
L’esperienza di "Marche Verdi"
Un esempio concreto è fornito dall’esperienza del consorzio "Marche Verdi" [link], che aggrega cooperative operanti nelle Marche nei settori forestale e turistico-ambientale. Il consorzio, attraverso un organico di 350 dipendenti fra operai, tecnici, dirigenti, operatori del turismo escursionistico e dell’educazione ambientale, è riuscito, operando in rete fra cooperative, in una regione che non ha dipendenti pubblici diretti, a vedere assicurato un reddito e un’occupazione "continuativa", caricando il termine di un significato importantissimo, perché solo la continuità è sinonimo di stabilità, di crescita e di permanenza.
Gli imprenditori cooperativi, equiparati dal Dl n. 227/01 agli imprenditori agricoli, mostrano di essere in grado di assolvere all’importante funzione di “attori” dello sviluppo rurale, soggetti imprescindibili della "multifunzionalità". Questo perché hanno in sé il connotato della "rete", con la capacità di rapportarsi in modo univoco alla politica, alle istituzioni, lavorano al servizio degli enti per la prevenzione, la lotta agli incendi boschivi o nel pronto intervento in caso di calamità o per la diversificazione delle attività, spingono per la formazione, la qualificazione tecnica, progettuale, professionale degli operatori che, peraltro, esprimono un’età compresa tra 35 e 40 anni e, contemporaneamente, perché sono presenti in modo capillare su tutto il territorio montano.
Peraltro oggi si avverte che ci sono le condizioni per un ulteriore rafforzamento del ruolo delle cooperative: le cooperative e i loro consorzi regionali hanno dato vita infatti ad Appenninovivo – Europa [link], il consorzio nazionale, unitario in quanto espressione di tutte le centrali cooperative.
Le risorse per la montagna
Inoltre esistono anche le risorse da cui attingere per il perseguimento degli obiettivi enunciati nella Carta. Si fa qui riferimento in primo luogo ai fondi strutturali e ai fondi che l'UE mette a disposizione delle regioni italiane per lo sviluppo rurale dei prossimi sette anni (2007/2013), di cui il 40% alle quattro regioni dell’obiettivo convergenza (Campania, Puglia, Calabria, Sicilia); e in secondo luogo alle risorse finanziarie previste:
- nelle "Linee guida di programmazione forestale" di cui al Dl del 16 giugno 2005 che fissa in 250 milioni di euro il fabbisogno annuo per il 2006 e per il 2007, da spendere secondo piani regionali;
- negli interventi delineati dal Dl 180/98, il cosiddetto Decreto “Sarno” (Programmi di interventi urgenti di difesa delle aree a rischio idrogeologico) e compresi nel fondo per gli investimenti per la difesa del suolo e la tutela ambientale del Ministero dell’Ambiente;
- e infine negli "Interventi nel settore dell’uso del suolo e della forestazione per la generazione e certificazione dei crediti di carbonio" di cui al Piano nazionale per la riduzioni delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra 2003-2010 (protocollo di Kyoto).
Si tratta di ingenti somme che potrebbero innescare un meccanismo virtuoso che migliorerebbe un ambiente da salvaguardare a fini produttivi, protettivi e turistico-ricreativi e allo stesso tempo porterebbe alla creazione di migliaia di nuovi posti di lavoro (nel settore forestale il costo annuo per addetto è di soli 30.000 euro).
L’orologio delle montagne
Queste sono le ragioni della fiducia che anima i firmatari della Carta, a supporto della "tesi" di cui la Carta di Fonte Avellana è documentum, prova, testimonianza.
Questa fiducia è scandita dalle lancette dell'orologio delle montagne che, se pure a fatica, in questi dieci anni hanno compiuto degli spostamenti in avanti.
L'idea di adottare un orologio (e prima ancora di dotarsi di una Carta), che ne accompagnasse le tappe, venne suggerita da un grande comunicatore, Salvatore Giannella, a conclusione del 1° convegno di verifica "Appennino vivrai: dai valori ai progetti" svolto nella Camerino colpita dal terremoto (8/9 maggio 1998), come segno del poco tempo rimasto per agire e come misuratore degli impegni.
L’orologio venne scolpito da Laerte Capponi, artigiano di San Ginesio (giugno 1998) e poi consegnato dall’allora vice presidente della Giunta Regionale e assessore alla montagna, ai monaci di Fonte Avellana il cui priore, "nel ruolo di custode e garante della Carta, è incaricato di spostare le lancette sull’ora concordata, in occasione degli incontri di verifica dei firmatari". Il 3 luglio 1998, l’orologio venne posizionato sulle "5,30, l’ora dell’alba, spartiacque fra la notte e il giorno, l’inizio di una nuova giornata".
Da allora le lancette dell’orologio sono state spostate in avanti in occasione di vari eventi emblematici che hanno segnato le tappe della Carta di Fonte Avellana. Fra i più importanti vale la pena menzionare la presentazione, il 19 luglio 2002, del progetto "Codice Forestale Camaldolese" con la quale le lancette sono state spostate alle ore 9.00 e la sottoscrizione della "Dichiarazione di intenti" per lo sviluppo della multifunzionalità fra i vari attori dello sviluppo rurale, in occasione della quale le lancette vennero fatte avanzare alle 9,30.
L'ultimo spostamento risale allo scorso 7 Luglio 2006, a conclusione dell’assemblea del consorzio Marche Verdi, svoltasi durante la celebrazione del decennale della Carta, nella quale viene ribadito che "creare lavoro e reddito, migliorare l’ambiente e vivere meglio è possibile, solo se lo si decidesse fra tutti i protagonisti riuniti attorno al tavolo dell’Avellana". In quella occasione le lancette vengono spostate sulle 10,10.
Sono segni di un cambiamento, ma l’orologio della montagna avrebbe bisogno di ben altra accelerazione. Qualcosa si sta muovendo in positivo, ma l’orologio della montagna potrebbe Avanzare di più e più rapidamente.
E’ quanto la Carta invita a fare laddove recita: "la montagna intesa come risorsa sottende non più un programma di assistenza, ma una politica economica e sociale che promuova, oltre ad occupazione e redditi soddisfacenti, una nuova dimensione della realizzazione dell'uomo".
Figura 1 - L'orologio delle montagne