I passaggi cruciali per la preparazione del periodo 2007-2013
La riforma delle politiche di sviluppo rurale ha tenuto inizialmente un passo alquanto spedito a livello comunitario, almeno sotto il profilo della definizione del nuovo quadro normativo. Contrariamente a quanto è accaduto per i fondi strutturali, infatti, il regolamento quadro n. 1698 [pdf] è stato approvato nel settembre del 2005, in modo tale da consentire, con un margine di tempo ragionevole, l’avvio del processo di programmazione nazionale e regionale. I fondi strutturali, invece, hanno dovuto attendere l’estate di quest' anno prima di essere approvati in versione definitiva.
Dopo la pubblicazione del regolamento quadro, tuttavia, che certo non esauriva l’intero processo di riforma, l’accelerazione iniziale si è gradatamente attenuata fino a tramutarsi in un percorso molto più lento e accidentato per il seguenti motivi:
- il primo concerne la definizione di norme transitorie nel passaggio dalla programmazione attuale (2000-2006) a quella futura (2007-2013), che è stata sottoposta ad una discussione più lunga del previsto nel negoziato tra Commissione Europea e Stati membri. Questo ritardo è motivato innanzitutto dalla rilevanza delle regole per la transizione, poiché vi è l’esigenza di consentire un passaggio graduale da un regime all’altro e, in secondo luogo, dal fatto che diverse misure saranno “traghettate” nella futura programmazione con rilevanti ripercussioni, come vedremo più avanti, sul piano finanziario e sulla qualità stessa della programmazione;
- il secondo tema riguarda la definizione di norme applicative del regolamento quadro sullo sviluppo rurale, che entrano nel dettaglio delle modalità della programmazione e soprattutto della gestione della nuova fase. Qui il ritardo è motivato da una sorta di prova di forza tra Commissione e Stati membri nella definizione di quale deve essere questo grado di dettaglio. Com’è accaduto nelle precedenti riforme, gli Stati membri da un lato cercano di difendere un maggiore grado di autonomia decisionale, mentre la Commissione Europea dall’altro cerca di assicurarsi gli spazi necessari per una attenta attività di sorveglianza e controllo. Questa specie di braccio di ferro tra i due attori istituzionali principali del processo di riforma dimostra che l’oggetto del contendere è certamente uno dei temi chiave per la prossima programmazione degli interventi strutturali;
- infine, il terzo tema, che ci riguarda più da vicino in questa sede, attiene alla ripartizione delle risorse finanziarie tra gli Stati membri. Si tratta ovviamente di un passaggio cruciale per la definizione dei programmi e delle strategie d’intervento, definizione che peraltro è proceduta anche in assenza di un quadro finanziario certo e credibile. La ripartizione finanziaria ha rappresentato naturalmente un passaggio molto delicato per la Commissione, perché si è dovuta muovere in un contesto in cui gli accordi sulle prospettive finanziarie avevano penalizzato la rubrica “sviluppo rurale” (Mantino, 2005 e 2006) con un taglio più severo di quanto fosse giustificato dalle stesse strategie comunitarie che la riforma si prefiggeva di raggiungere e, cosa non di poco conto, ad un tavolo in cui i commensali, dopo l’allargamento a est, erano notevolmente aumentati.
Di questi tre passaggi chiave per la futura programmazione solo il primo si è definitivamente concluso con l’approvazione del regolamento transitorio alla fine del luglio scorso. Il secondo è tuttora in corso e se ne prevede la conclusione per ottobre prossimo; il terzo è sostanzialmente concluso, almeno a livello comunitario, anche se formalmente sarà definitivo con la pubblicazione della Decisione comunitaria, prevista per la fine di settembre 2006.
Cosa emerge dalla nuova definizione del quadro finanziario 2007-2013 per lo sviluppo rurale? Quale è il risultato della ripartizione tra paesi? Con quali risorse si avvierà concretamente il processo di programmazione per il nostro paese e per le diverse regioni? Quali problematiche e quali implicazioni presenta il processo di allocazione finanziaria tra Regioni e Province autonome? E infine quali implicazioni derivano per la qualità stessa della programmazione dalla definizione delle risorse? Questi quesiti sono di non poco conto per la preparazione del futuro periodo di programmazione e pertanto appare importante cercare di fornire una risposta in tempi rapidi, considerato che la nuova programmazione dovrebbe diventare operativa tra pochi mesi.
Il quadro finanziario che si va delineando per il 2007-2013 a livello europeo e nazionale
Dopo l’accordo raggiunto sulle prospettive finanziarie sotto la presidenza britannica dell’UE (dicembre 2005), l’importo globale assegnato alla rubrica “sviluppo rurale” per il periodo 2007-2013 era stato fissato in 69.750 milioni di euro. Si trattava, come già sottolineato in più circostanze, di un importo largamente al di sotto di quello proposto dalla Commissione Europea al Consiglio e al Parlamento europeo nel febbraio 2004. Questa cifra, vale la pena di ricordarlo, era stata il risultato di un lungo e conflittuale negoziato, durante il quale erano state messe in discussione le fondamenta stesse della proposta CE e della struttura del bilancio comunitario nel suo complesso. Un negoziato in cui l’oggetto del contendere non era stata unicamente la rubrica “sviluppo rurale”, bensì anche la stessa politica di coesione comunitaria. Durante le ultime fasi del negoziato finanche gli aiuti diretti della PAC, blindati da un accordo raggiunto prima della revisione a medio termine del 2003, erano stati, un po’ provocatoriamente, rimessi sul tavolo della contrattazione dal primo ministro inglese Tony Blair.
Il consenso raggiunto in seno al Consiglio è stato poi formalizzato nell’ambito del più vasto accordo interistituzionale [pdf] tra il Parlamento Europeo, il Consiglio e la Commissione del 17 maggio 2006 sulla disciplina di bilancio. In seguito, la Commissione ha stabilito con la Decisione n. 493/06 [pdf] l’importo del sostegno comunitario allo sviluppo rurale 2007-2013, confermando la somma di 69.750 milioni di euro, la sua ripartizione annua nel periodo e infine la quota destinata alle regioni dell’obiettivo “Convergenza”, pari a 27.699 milioni. Questa quota riflette una dotazione “storica” che le nuove regioni dell’obiettivo “Convergenza” hanno a disposizione sull’attuale FEOGA-Orientamento e che manterranno anche in futuro, nel costituendo Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR). La Decisione n. 493/06 comprende una dotazione che tiene conto, più in generale, delle risorse esistenti nel 2000-2006 sul FEOGA-Garanzia, di quelle del FEOGA-Orientamento incluse nei programmi dell’Obiettivo 1 e di quelle destinate al LEADER+.
Per la quantificazione delle dotazioni complessive per il 2007-2013 la Commissione ha tenuto conto anche di altre componenti, oltre che di quelle menzionate finora:
- le risorse provenienti dalla riforma dell’OCM tabacco, che entreranno nella programmazione dello sviluppo rurale a partire dal 2010;
- le risorse della modulazione obbligatoria (introdotta dal Reg. CE 1782/2003);
- l’indicizzazione, infine, (2% per anno) per tener conto dell’inflazione.
Questi fattori, nel loro insieme, consentono di incrementare la dotazione 2007-2013 fino a 77.663 milioni di euro per l’UE a 25 (tabella 1).
Tabella 1 – Evoluzione delle risorse comunitarie per lo sviluppo rurale tra il 2000-2006 e il 2007-2013 nell’Unione Europea (milioni di euro)
Per il nostro paese, con l’applicazione dei criteri di ripartizione comunitari (superficie agricola, occupazione agricola e PIL pro-capite come fattore di correzione) per la quota ex-Garanzia e con il mantenimento della quota “storica” ex-Orientamento e tenendo conto anche delle tre componenti menzionate prima (riforma OCM tabacco, modulazione obbligatoria e indicizzazione), si raggiunge una dotazione 2007-2013 leggermente superiore a quella del periodo 2000-2006, sia a quella programmata ad inizio periodo, che a quella che risulta oggi a seguito delle integrazioni intervenute finora per effetto della distribuzione della premialità (nelle regioni dell’Obiettivo 1) e dell’indicizzazione (tabella 2).
Tabella 2 – Evoluzione delle risorse comunitarie per lo sviluppo rurale tra il 2000-2006 e il 2007-2013 in Italia (milioni di euro)
Guardando alla ripartizione complessiva per paese (Tabella 3), trovano conferma le stime effettuate altrove (Mantino, 2005) che vedono i 2/3 delle risorse totali attribuiti ai 15 vecchi paesi membri dell’UE, mentre la quota rimanente viene destinata ai 10 nuovi aderenti. Va notato che tra i 15 paesi l’Italia è quello che riceve più fondi, seguita a brevissima distanza dalla Germania e a più lunga distanza dalla Spagna. Rispetto al periodo attuale (2000-2006), l’Italia ha dunque migliorato certamente la sua posizione, di oltre due punti percentuali.
In conclusione, gli esiti del negoziato sulla ripartizione delle risorse per lo sviluppo rurale appaiono alquanto confortanti in quanto ci consentono di mantenere quantomeno inalterata la dotazione in essere nel periodo 2000-2006. Questo risultato ci consentirebbe di guardare con maggiore serenità sia al problema della ripartizione nazionale fra le Regioni e le Province autonome, sia a quello dell’impostazione dei nuovi programmi per l’esistenza di risorse coerenti con i nuovi obiettivi della politica di sviluppo rurale. In realtà permangono tuttora delle problematiche ancora aperte, che possono condizionare pesantemente l’avvio della nuova programmazione e anche i suoi contenuti.
Tabella 3 – Ripartizione delle risorse comunitarie per lo sviluppo rurale 2007-2013 nell’UE a 23.
Come allocare le risorse finanziarie tra le Regioni e le Province autonome? I principali nodi da sciogliere
La ripartizione delle risorse finanziarie tra le Regioni è uno dei passaggi più delicati della nuova programmazione ed è funzionale sia alla stesura del Piano Strategico Nazionale (PSN), sia alla preparazione dei programmi regionali. Pertanto la definizione dei criteri appare uno scoglio da superare rapidamente per poter concludere la fase di preparazione e approvazione dei programmi entro la fine del 2006.
La ripartizione delle risorse dovrebbe tener conto di una serie di fattori condizionanti che contribuiscono a creare un contesto diverso da quello in cui sono maturate le scelte finanziarie del periodo 2000-2006:
- in primo luogo, il fatto che alcune regioni hanno perduto lo status di beneficiarie dei fondi per l’obiettivo 1 (oggi obiettivo “Convergenza”) e sono entrate in una fase transitoria che prelude all’uscita da questa condizione di particolare favore per la politica di coesione. Si tratta della Sardegna, più assimilabile oggi alle altre regioni del Centro-Nord (obiettivo “Competitività”), e della Basilicata che dovrebbe ricevere, al pari di quanto avviene per i fondi strutturali, una dotazione inferiore rispetto al periodo attuale;
- in secondo luogo, la ripartizione finanziaria dovrebbe rispettare un vincolo di minimo pari ad almeno 3.341 milioni di euro a favore delle regioni della “Convergenza” (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Basilicata – sia pure, quest’ultima, in fase transitoria);
- in terzo luogo, una quota di risorse (ancora da stabilire) deve essere accantonata per la realizzazione di un programma nazionale per la Rete Rurale; un’altra quota, relativa ai trasferimenti derivanti dalla riforma dell’OCM tabacco, va allocata a partire dal 2011 solo tra le regioni produttrici.
Considerati questi vincoli allocativi preliminari, derivanti dal nuovo contesto comunitario, appare chiaro che l’attuale ripartizione, riferita al periodo 2000-2006, vada in qualche modo rivista per tenerne conto (tabella 4). I risultati finali del processo di ripartizione appaiono condizionati soprattutto dal modo in cui si tiene conto del vincolo di minimo per le regioni della “Convergenza”. Una analisi di questo vincolo fa emergere che, ipotizzando di fissare proprio la dotazione minima stabilita dalla decisione CE per le regioni italiane della “Convergenza” (3.341 milioni di euro), queste subirebbero una decurtazione del 15% rispetto al periodo attuale. Tale risultato non sarebbe evidentemente accettabile per queste regioni, anche sotto il profilo della coerenza tra politica di sviluppo rurale e politica di coesione. D’altro canto, le regioni del Centro-Nord avrebbero come argomento a loro favore una relativa maggiore efficienza nella spesa, in base alla quale potrebbero rivendicare una dotazione finanziaria in qualche modo “premiante”.
In conclusione, come appare già da queste considerazioni preliminari, anche il negoziato nel nostro paese presenta alcuni significativi e controversi elementi di riflessione, che rischiano di contribuire ad accrescere la conflittualità interna e a ritardare il già faticoso avvio della nuova programmazione 2007-2013.
Tabella 4 – Ripartizione delle risorse finanziarie in Italia nel periodo 2000-2006 tra le Regioni e le Province Autonome (milioni di euro)
Risorse disponibili e vincoli per la nuova programmazione
Due ulteriori elementi contribuiscono a rendere certamente più complesso il tema dell’allocazione nazionale delle risorse tra le regioni:
- innanzitutto, il fatto che diverse regioni abbiano effettuato impegni di spesa superiori al loo budget complessivo (overbooking), in modo tale da riuscire a raccogliere a fine programmazione fondi eventualmente disponibili da altre regioni più inefficienti o, attraverso un meccanismo attivato dal MiPAAF, dal bilancio nazionale (Fondo di Rotazione presso il Ministero del Tesoro);
- in secondo luogo, il fatto che attraverso l’overbooking emergano le Regioni più virtuose in termini finanziari fornirà un criterio premiante in sede di ripartizione delle nuove risorse del FEASR. In base ad un accordo approvato dalla Conferenza Stato-Regioni nel dicembre 2004, infatti, una quota delle risorse assegnate al nostro paese dovrà essere destinata alla copertura dei maggiori impegni assunti dalle regioni che sono riuscite a fare l’operazione di overbooking.
Questa opportunità è collegata ai meccanismi finanziari stabiliti (come già evidenziato) dal regolamento transitorio, il quale ammette che talune misure attivate in questa fase di programmazione possano avere una prosecuzione nei programmi futuri. Ciò consentirebbe ai programmi regionali di “traghettare”, per così dire, impegni di spesa già assunti, in particolare quelli di carattere pluriennale (come le misure agro-ambientali, ad esempio), nella nuova programmazione e quindi di utilizzare le nuove risorse previste per il periodo 2007-2013. Ciò consentirebbe anche di partire più speditamente nell’applicazione dei nuovi programmi, che non dovrebbero affrontare il lento avvio iniziale dovuto all’inevitabile processo di raccolta, selezione e finanziamento di nuove domande di sostegno da parte di aziende agricole.
Ora, questo meccanismo, se da un lato può essere apprezzato per le sue indubbie ricadute positive sull’efficienza della spesa di programmi che generalmente vengono accusati di lentezza e macchinosità eccessive, dall’altro rischia di produrre effetti veramente perversi sulla qualità della spesa futura. Ciò per diversi motivi:
- perché spinge le Regioni a puntare maggiormente sul numero di domande finanziate e quindi a una minore selettività nei finanziamenti concessi , perché prevale evidentemente la preoccupazione per il soddisfacimento degli obiettivi di spesa piuttosto che per la qualità degli investimenti sostenuti;
- perché rappresenta una sorta di “congelamento” di risorse nuove con misure dell’attuale programmazione, la cui efficacia appare dubbia in alcuni casi e comunque non è stata ancora valutata in modo approfondito. In alcune regioni gli impegni pluriennali che saranno trascinati nella nuova programmazione assorbono oltre la metà delle nuove risorse disponibili, vanificando di fatto il concetto stesso di programmazione e gettando una pesante ipoteca sulla formulazione della strategia di intervento;
- infine, perché la riforma ha introdotto misure del tutto nuove (si pensi ad esempio a quella che fornisce un supporto all’adeguamento alle norme comunitarie in materia di ambiente, benessere degli animali e sicurezza sul lavoro oppure a quella per la partecipazione ai sistemi di qualità dei prodotti agricoli) e nel contempo ha lasciato aperto uno spazio, tutto da sfruttare, per una maggiore diffusione di approcci innovativi di tipo integrato (Mantino, 2006) che, tra l’altro, vengono posti in maggior risalto nella versione attuale del PSN. Qualora quindi le risorse finanziarie vengano, come si è detto, “congelate” dalle misure pre-esistenti, vi saranno meno spazi possibili per l’introduzione di innovazioni nel vecchio impianto dei programmi di sviluppo rurale.
Quali prospettive per la qualità della nuova programmazione?
L’esposizione fin qui svolta ha evidenziato da un lato come, dopo l’accordo sulle prospettive finanziarie, i timori di una riduzione delle risorse per la rubrica “sviluppo rurale” debbano essere ridimensionati, alla luce delle recenti decisioni assunte dalla Commissione Europea, in quanto i meccanismi messi in atto hanno consentito quantomeno di mantenere l’attuale dotazione. Certamente questa è una magra consolazione se si tiene conto della retorica sull’importanza del riequilibrio a favore del secondo pilastro, retorica che ha ampiamente accompagnato tutta la fase della recente riforma, dalla Conferenza di Salisburgo del novembre 2003 (e forse anche prima) alla seconda metà del 2004, in coincidenza con la presidenza lussemburghese. Ci si può accontentare affermando che, considerata l’asprezza dello scontro sulle prospettive finanziarie, poteva andare anche peggio? Certamente no, per due motivi.
Innanzitutto, perché anche a risorse finanziarie pressoché invariate (almeno rispetto al periodo 2000-2006) le dinamiche indotte dalla riforma a livello comunitario e alcuni meccanismi attivati a livello nazionale rischiano, come è stato sottolineato in precedenza, di produrre effetti veramente perversi sulla qualità stessa della futura politica di sviluppo rurale, che si uniscono agli altri limiti evidenziati altrove (Giacomini, 2006; Mantino, 2006; Agriregionieuropa, 2006).
In secondo luogo perché la partita è destinata ad aprirsi nuovamente e in anticipo rispetto alla fine della futura programmazione: nel corso del 2008-2009, infatti, la Commissione e il Consiglio dovranno riesaminare l’intera struttura del bilancio comunitario e in quell’occasione sarà veramente difficile difendere il sostegno al settore senza una strategia che, da un lato, potenzi significativamente (e questa volta seriamente) lo sviluppo rurale e, dall’altro, dimostri che le politiche del secondo pilastro siano realmente efficaci nel promuovere l’aggiustamento strutturale e le trasformazioni delle aree rurali.
Riferimenti bibliografici
- Agriregionieuropa (2006), “Parole chiave per il nuovo governo del sistema agricolo-alimentare in Italia”, n.5, anno 2, giugno.
- Giacomini Corrado (2006), “Programmazione senza bussola”, L’Informatore Agrario, n.32, pag. 7.
- Mantino Francesco (2005), “What future for rural development funds in Europe? Some scenarios for the Financial Perspectives over 2007-2013 period.”, Paper prepared for presentation at the XIth Congress of the EAAE (European Association of Agricultural Economists), ‘The future of rural Europe in the Global Agri-Food System’, Copenhagen, Denmark, 23-27 August 2005.
- Mantino Francesco (2006), “Il futuro dello sviluppo rurale in Italia nel periodo di programmazione 2007-2013”. Agriregionieuropa, n.4, anno 2, marzo.