Abstract
Questo contributo discute dei ritardi e degli intoppi che registra, in Italia, l’implementazione delle politiche di sviluppo rurale. In particolare, esso affronta il tema dell'efficacia e dell'efficienza della spesa, nonché quello del rapporto tra queste politiche, le altre politiche agricole e le politiche strutturali della Unione europea. Il fenomeno viene analizzato in modo ampio, così da poter distinguere cause e possibili livelli di responsabilità, per trarre successivamente iindicazioni sui possibili rimedi. In particolare nel testo si approfondisce il tema dei tempi della spesa che originano da cause legate all'impostazione e alla gestione della politica di sviluppo rurale, ma anche da fattori esogeni al secondo pilastro.
Introduzione
Circa un anno fa, Franco Mantino e Serena Tarangioli pubblicavano su Agriregionieuropa (2017) un dettagliato esame delle cause del ritardo nella spesa per lo sviluppo rurale, ma mettevano in guardia i lettori da deduzioni semplicistiche, sottolineando come la complessità di questa politica fosse proporzionata alle sue ambizioni che, nel caso del primo pilastro, sono decisamente più limitate, ancorché più generosamente finanziate. Questo numero della rivista affronta nuovamente e organicamente il problema con l’obiettivo di sviluppare un ragionamento più generale sui temi dell’efficacia e dell’efficienza delle politiche di sviluppo rurale, e sul rapporto con le politiche agricole in generale e con le altre politiche strutturali dell’Unione europea.
Come noto, il termine efficienza indica un rapporto tra risorse impiegate e risultati ottenuti, mentre il concetto di efficacia riguarda la capacità di raggiungere un risultato prefissato. La velocità di spesa è un parametro chiave dell’efficienza, mentre indicatori come la crescita dell’occupazione, la diversificazione, l’incremento della competitività e il mantenimento della biodiversità misurano l’efficacia.
L’efficienza è l’aspetto più sensibile e dibattuto delle politiche. Infatti, i ritardi nella spesa possono generare la perdita di importanti opportunità per lo sviluppo. A parte il rischio di perdere risorse finanziarie per effetto dei meccanismi di disimpegno, se i finanziamenti si ricevono con grande ritardo, lo stimolo impresso ai beneficiari si indebolisce, e di fatto l’intervento perde di efficacia. Andamenti "ad onde" dei flussi di risorse, come documentato anche in questo numero di Agriregionieuropa, generano incertezza nelle decisioni imprenditoriali. Altro effetto, ampiamente conosciuto, del ritardo nella spesa è che questo si concentra normalmente nelle regioni meno sviluppate, per cui si verifica il paradosso secondo il quale la spesa pubblica diventa essa stessa generatrice di diseguaglianza territoriale: l’UE concentra i fondi nelle regioni meno sviluppate (ex convergenza) ma, se queste non riescono a spenderli, il principio della concentrazione, che è uno dei cardini della politica di coesione, viene neutralizzato.
Il ritardo nella spesa è dunque un problema di fondamentale importanza per l’Italia, che peraltro segnala, come la punta di un iceberg, il più generale problema dell’inefficienza della pubblica amministrazione del Paese. Seppure con performance molto diverse tra regioni, infatti, il sistema italiano nel complesso registra un consistente ritardo nella spesa per i programmi di sviluppo rurale. Rifacendosi alle esperienze passate ed in particolare alla programmazione 2007-2013, questo ritardo probabilmente non comporterà (se non marginalmente) la perdita di fondi, quindi il danno principale verrà evitato. Se poi osserviamo che un ritardo simile a quello italiano, in questa programmazione, si manifesta anche in paesi, come l’Olanda e la Francia, in cui la pubblica amministrazione è tradizionalmente più efficiente che in Italia, forse è opportuno fare una riflessione più generale, che riguarda la complessità delle politiche dello sviluppo rurale. È evidente peraltro come alcune misure, spesso proprio quelle maggiormente strategiche, gestite tramite bandi e riguardanti gli investimenti, richiedono comunque maggiore tempo, maggiore progettualità e interventi mirati ad una maggiore selettività.
Affrontare il tema della complessità ci consente di legare il problema dell’efficienza a quello dell’efficacia. È importante sottolineare che la lentezza della spesa non è un problema di per sé, ma lo è in quanto limita il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo. Se le politiche del secondo pilastro sono state introdotte per rispondere a problemi di policy ben diversi da quelli del primo pilastro, il problema della valutazione e misurazione della loro efficacia diventa fondamentale e, come hanno mostrato le ripetute osservazioni della Corte dei Conti Europea, questo aspetto si rivela ancora più delicato. Dunque le domande più pertinenti che ci dobbiamo porre sono: visti gli obiettivi che le politiche di sviluppo rurale si prefiggono, è giustificato l’attuale livello di complessità? Sono possibili interventi che riducano la complessità mantenendo gli stessi obiettivi? Data la complessità degli strumenti, è da ritenere che gli obiettivi siano troppo ambiziosi? Quale costo si è disposti a sostenere per raggiungere determinati obiettivi? In che modo questi costi si potrebbero ridurre? Esistono policy mix alternativi in grado di ridurre i costi, mantenendo gli stessi obiettivi?
Efficacia ed efficienza nella teoria
Da un lato, si vorrebbero politiche il più possibile concentrate su specifici obiettivi (targeted) e con un impegno di spesa rapportato all’effettiva necessità (tailored), in un certo senso politiche “personalizzate” nei confronti del beneficiario, della sua disponibilità ad impegnarsi (investire, curare l’ambiente, ecc.) in cambio di un sostegno giustificato dall’interesse pubblico finalizzato a rimuovere gli ostacoli (fallimenti del mercato o assenza di mercato, come nel caso dei beni pubblici). Politiche rivolte al futuro (forward looking) che cioè, attraverso forme contrattuali e incentivi o pagamenti, mirino a sollecitare i privati a realizzare progetti coerenti con l’interesse pubblico.
Dall’altro lato si vorrebbero politiche standardizzate (one size fits all), il più possibile semplici da comprendere e facili da gestire. A questo secondo scopo rispondono meglio politiche che, senza pretendere di selezionare, si colleghino ad attributi personali già posseduti dal beneficiario (l’essere agricoltore, la quantità di terra posseduta, l’età, la localizzazione dell’azienda, ecc.). In questo senso si tratta di politiche rivolte al passato (backward looking) in quanto correlate a condizioni di status possedute dal soggetto beneficiario.
Al primo estremo si associano una estrema complessità e un costo di gestione della politica soverchianti, oltre ai ritardi. Il secondo si caratterizza per una scarsa efficacia e il sostegno pubblico assume la natura economica di rendita, come in tutti i casi in cui il finanziamento pubblico non comporti alcun obbligo (payment for doing nothing) oppure intervenga per favorire iniziative che si sarebbero comunque realizzate, anche se il sostegno pubblico non ci fosse stato: in termini tecnici, in questo caso si parla di deadweight effect (effetto “peso morto”)
Parafrasando i latini: in medio stat virtus. Una politica efficiente ed efficace è necessariamente selettiva e questo inevitabilmente implica complessità. La complessità può essere contenuta con misure chiare, concentrate su target (soggetti e comportamenti) ben definiti, riferite a degli standard, con procedure spedite. Al tempo stesso la complessità può essere affrontata con l’organizzazione di una amministrazione per obiettivi e curando le competenze di tutti i soggetti che nella burocrazia, così come nei centri di assistenza e nelle istituzioni di supporto all’accesso dei beneficiari, sono coinvolti nella governance.
Un quadro concettuale
In questo numero speciale di Agriregionieuropa cerchiamo di analizzare, con l’aiuto di esperti e dei protagonisti, l’efficienza e l’efficacia nella politica di sviluppo rurale come implicazioni della complessità di queste politiche. Nel presente articolo proponiamo un quadro concettuale utile ad analizzare il fenomeno in modo più ampio, così da poter distinguere le cause, evidenziare i diversi livelli di responsabilità e trarre indicazioni sui rimedi.
Il secondo pilastro è pensato in modo radicalmente diverso rispetto al primo: mentre i pagamenti diretti in particolare sono costituiti in larga parte da misure automatiche, non selettive e a gestione centralizzata, il secondo pilastro è basato su una governance multilivello. Con il secondo pilastro, nel rispetto del principio di sussidiarietà posto a base dell’azione dell’Unione europea, è possibile aderire meglio alle condizioni peculiari dei diversi contesti territoriali, adottare un approccio strategico e, con questo, identificare obiettivi e percorsi di sviluppo adeguati, nonché coordinare gli interventi tra di loro e con le altre politiche territoriali. Attraverso le misure del secondo pilastro si può orientare lo sviluppo agendo sulle strutture produttive e sulle infrastrutture materiali e immateriali, puntando al tempo stesso alla sostenibilità (ambientale, sociale, economica) assieme ad una maggiore coesione territoriale.
Alle potenzialità derivanti dalla varietà e flessibilità degli strumenti del secondo pilastro corrisponde peraltro una complessità decisamente superiore; e pertanto maggiori costi e tempi di implementazione.
Possiamo distinguere i fattori della complessità delle politiche in "fattori di disegno" e "fattori di implementazione".
I fattori di disegno riguardano la definizione degli obiettivi, le caratteristiche delle misure destinate a realizzare tali obiettivi e l’assortimento di tali misure in specifici policy mix. Ad esempio, una molteplicità di obiettivi richiede una molteplicità di strumenti; misure che concedono sostegno agli investimenti richiedono procedure molto più complesse delle misure che erogano contributi a fronte di prerequisiti facilmente verificabili, come le certificazioni per i metodi di produzione biologica o le misure per i giovani agricoltori.
I fattori di implementazione riguardano le modalità con cui la pubblica amministrazione mette in atto le misure di policy all’interno di un determinato contesto politico e legislativo. In altre parole, come sottolinea Schofield (2001), è la policy che diventa azione, e in quanto tale coinvolge decisioni, comunicazione, negoziazione, e non da ultimo la gestione dei conflitti.
Fattori di disegno nelle politiche di sviluppo rurale
Nel caso del secondo pilastro, il principio della sussidiarietà affida una certa autonomia di disegno a tutti i livelli di governo coinvolti. I fattori di disegno sono presenti tanto a livello europeo quanto a livello regionale. La regolamentazione europea definisce le caratteristiche delle misure e i prerequisiti che ciascuno Stato membro deve avere per accedere ai fondi (la cosiddetta condizionalità ex-ante); definisce obiettivi macro all’interno di una strategia generale, che nella presente programmazione fanno riferimento al documento Europa 2020; precisa le caratteristiche delle misure che ciascun piano può attivare; indica i principi generali della programmazione. Al livello nazionale viene affidato il coordinamento della pianificazione e la coerenza tra i diversi strumenti di intervento. Al livello regionale viene affidata un’ampia autonomia nella specificazione della strategia all’interno della cornice generale, nella scelta dei parametri per la valutazione delle performance, del mix di misure selezionate, dalla distribuzione dei fondi e della numerosità delle misure attivate.
A livello regionale, il miglioramento dell’efficacia passa da almeno tre aspetti come evidenziato anche da Cagliero nel suo contributo al Tema di questo numero di Agriregionieuropa: la capacità di definire obiettivi chiari, circoscritti e facilmente misurabili, la capacità di concentrare le risorse su questi obiettivi in modo coerente, e la capacità di imparare dai risultati ottenuti per aggiustare la strategia e i policy mix in corso d’opera e nelle programmazioni successive.
Dalle interviste con i responsabili regionali della politica di sviluppo rurale, trapela come la percezione di problematicità nel processo di definizione della strategia si scontra con le difficoltà burocratiche e le pressioni centrifughe delle diverse lobby. Ne risulta che una lettura dei Psr mostra sovente analisi Swot generiche e composte di moltissimi punti, spesso privi di una chiara gerarchia di rilevanza, con la conseguente enunciazione di obiettivi generici e la definizione di indicatori di performance di difficile misurazione.
Per quello che riguarda la valutazione, i nostri interlocutori hanno rilevato diverse criticità, come i tempi di ritorno e un quadro di indicatori obbligatori poco utili. I tentativi compiuti nell’ultima programmazione di andare al di là degli indicatori obbligatori, come segnalato da Gaudio in questo numero di Agriregionieuropa, hanno messo in luce un tentativo per rendere la valutazione più utile ai fini del disegno delle politiche. Sul tema della valutazione e del suo ruolo fondamentare per il perseguimento dell’efficienza e dell’efficacia si soffermano anche i contributi di Pulina e Viaggi.
Altri fattori di disegno che assumono una certa criticità nelle politiche di sviluppo rurale riguardano l’eccessiva numerosità delle misure, le caratteristiche del mix (investimenti / pagamenti diretti), i criteri di selezione dei beneficiari. Quando ad esempio il numero di domande per un bando è molto superiore alle risorse disponibili il carico sull’amministrazione diventa altissimo e si genera frustrazione tra gli operatori.
I fattori di implementazione nelle politiche di sviluppo rurale
Per quello che riguarda i fattori di implementazione, bisogna considerare aspetti come il quadro legislativo all’interno del quale la politica di sviluppo rurale si inserisce e che definisce gli ambiti di compatibilità e di sovrapposizione, la complessità della governance, la capacità amministrativa delle autorità di gestione, il tipo di procedure adottate, i supporti tecnologici necessari alla gestione delle informazioni. Ad esempio, norme come le recenti misure antimafia, che abbassano la soglia minima per la verifica dei requisiti, scaricano sulle autorità di gestione oneri amministrativi gravosissimi. Criteri di selezione poco finalizzati generano uno squilibrio tra aspettative (e relative domande da gestire) e risorse disponibili. La mancanza di coordinamento tra il livello nazionale e quello regionale impedisce una rapida risoluzione di problemi di implementazione.
Gli aspetti dell’implementazione delle politiche, per molto tempo, sono stati trattati come ‘scatole nere’, al di fuori del campo di competenza degli economisti, che al massimo misuravano la distanza tra obiettivi e risultati e il rapporto costi-benefici di specifiche misure. Successivamente, gli studi sull’attivazione hanno cercato di mettere in evidenza il nesso tra il disegno delle politiche e la loro implementazione, allo scopo di identificare strumenti di policy più efficaci. In particolare, è stato messo in evidenza come l’implementazione, facendo interagire il livello “macro” con il livello “micro”, attivi l’interazione tra una molteplicità di soggetti, ciascuno dei quali dotato di discrezionalità di scelta (Berman, 1978). Questo implica che i ruoli che si stabiliscono tra i soggetti dell’implementazione1, i processi decisionali, le caratteristiche specifiche dei contesti di implementazione sono determinanti ai fini dell’efficienza e dell’efficacia.
Conclusioni
Il secondo pilastro della PAC mira a obiettivi di sviluppo fondamentali, che non potrebbero essere altrimenti perseguiti. La semplificazione è necessaria per generare una maggiore efficienza, ma non può essere realizzata a scapito dell’efficacia. Il rischio che la retorica dell’efficienza porti a privilegiare misure "facili" è forte. Sotto questo profilo, è importante sottolineare l’importanza di una valutazione che sia in grado di misurare in modo più adeguato e tempestivo i processi di sviluppo. Ad esempio, i bandi che stimolano la cooperazione generano capitale sociale molto prima che la spesa si concretizzi, in quanto la progettazione richiede attivazione di relazioni, incontri, mobilitazione e condivisione delle conoscenze, lavoro in comune. Misure come quelle introdotte in Francia ed Olanda, che affidano a soggetti collettivi la pianificazione di dettaglio delle misure agroambientali e la loro gestione, hanno una grande complessità tecnica ma hanno un impatto potenziale ben superiore alle misure con parametri uguali per tutti, che gli strumenti convenzionali di valutazione non sono in grado di cogliere.
Bisogna sottolineare fortemente che molti dei problemi dei tempi di spesa sono legati a fattori esogeni al secondo pilastro. Con il principio della condizionalità ex-ante si cerca di aggredire dei nodi strutturali forzando la politica ad intervenire. In altre parole, la politica di sviluppo rurale diventa la leva per un adeguamento di sistema. C’è da chiedersi se non si possano identificare strumenti più appropriati per ottenere lo stesso obiettivo, e nello stesso tempo se non sia possibile separare le responsabilità dei programmi di sviluppo rurale da quelle più generali.
Questo numero speciale di Agriregionieuropa mette in evidenza anche aspetti "infrastrutturali" legati alla capacità delle amministrazioni di gestire ed elaborare l’informazione, capacità che interseca l’elemento umano con l’elemento tecnologico. Anche su questi aspetti i ritardi sono notevolissimi, e i problemi che essi sollevano non hanno solo carattere tecnico, ma investono questioni procedurali e di governance che richiedono molta più attenzione di quanto non venga loro prestata comunemente.
Di fronte alle prospettive di maggiore autonomia che la riforma della Pac prospettata a partire dal 2021 dovrebbe dare agli stati nazionali, come sottolinea Mantino in questo numero, l’importanza dell’implementazione diventa un tema centrale. Alla nostra domanda sul ruolo della comunità scientifica nell’implementazione delle politiche alcuni interlocutori hanno sottolineato incongruenze tra i bisogni delle amministrazioni e ciò che la comunità scientifica è in grado di offrire. Avvicinare la domanda all’offerta attraverso forme stabili di collaborazione è, crediamo, una delle priorità da perseguire. Questo numero speciale di Agriregionieuropa può rappresentare un modesto ma significativo contributo in questa direzione.
Riferimenti bibliografici
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Berman P. (1978), The Study of Macro and Micro Implementation of Social Policy, Rand Corporation, Santa Monica, California
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Nakamura, R., & Smallwood, F. (1980), The Policy Implementation. New York: St. Martin’s, 12-18
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Mantino F., Tarangioli S. (2017), Perché la spesa per lo sviluppo rurale in Italia è così lenta? Alcune ipotesi interpretative per il periodo 2000-2015, Agriregionieuropa anno 13 n°48
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Schofield J. (2001), Time for a revival? Public policy implementation: a review of the literature and an agenda for future research. International Journal of Management Reviews, 3(3), 245-263
- 1. Nakamura e Smallwood (1980) parlano di formulatori, implementatori e valutatori.