Abstract
Obiettivo di questo articolo è tentare una misurazione dello stato di realizzazione della politica di sviluppo rurale in Italia attraverso l’analisi della spesa stanziata, impegnata ed erogata. L’esercizio risponde ad una esigenza principale: quella di gettare una luce sulle ragioni che ne condizionano il pieno successo, con particolare riferimento ai tempi, sovente decisamente troppo lunghi, richiesti per passare dalla fase della definizione dei programmi di sviluppo rurale a quella della selezione degli interventi da sostenere ed alla concreta e definitiva erogazione dei fondi disponibili.
Introduzione
Questo articolo è dedicato alla presentazione dei risultati di alcune analisi svolte sui risultati in progress della politica di sviluppo rurale in Italia. Giunti oltre la metà del settennio di programmazione 2014-2020, l’obiettivo è fare luce sullo stato di realizzazione dei programmi ed in particolare sui risultati raggiunti (o ancora da raggiungere) nell’impiego dei fondi stanziati.
Nello studio ci si è concentrati sui risultati on-going dell’attuale programmazione. Dopo una comparazione a livello dell’intera Unione europea sulla gestione dei fondi Feasr si è concentrata l’attenzione sull’Italia. A questo livello si è proceduto alla disaggregazione della spesa Feasr per obiettivi tematici, misure e programmi di sviluppo rurale.
L’esercizio svolto si è anche posto l’obiettivo di ricostruire l’andamento nel medio-lungo periodo dei pagamenti della politica di sviluppo rurale in Italia. A tal fine si sono comparati i risultati relativi al primo ed al secondo pilastro della Pac nei nove anni dal 2008 al 2016. Successivamente ci si è soffermati sugli esercizi che, tra il 2014 ed il 2016, consentono di focalizzare il passaggio dalla programmazione poliennale 2007-2013 all’attuale 2014-2020. Come è noto infatti, per la cosiddetta “regola dell’n+2”1, gli ultimi fondi stanziati per il settennio 2007-2013 sono rimasti disponibili per l’erogazione fino al 31 dicembre 2015, mentre dal 1 gennaio 2016, nominalmente l’inizio del terzo anno della programmazione 2014-2020, i finanziamenti sono assicurati esclusivamente da fondi del nuovo Quadro Finanziario Poliennale.
Le fonti di informazione sulla spesa utilizzate sono due: (a) la preziosa piattaforma Cohesiondata della Commissione europea [link], dove sono raccolti e sistematicamente aggiornati i dati sui finanziamenti, la loro gestione e i risultati raggiunti negli oltre 530 programmi sostenuti a livello dell’UE dai diversi Fondi Strutturali e di Investimento Europei (Fondi Sie); (b) le relazioni annuali che le autorità di gestione nazionali presentano alla Commissione europea sui pagamenti effettuati nel corso dell’ultimo esercizio (che decorre normalmente dal 16 ottobre dell’anno precedente al 15 ottobre dell’anno seguente).
La spesa della politica di sviluppo rurale a confronto: Italia e Unione Europea
In figura 1 sono riportati, per ogni Stato membro dell’UE-28, i valori percentuali della capacità di impegno e della capacità di pagamento della politica di sviluppo rurale, i cui valori sono definiti come segue:
- capacità di impegno: costo totale ammissibile riportato alla Commissione dai programmi nazionali e regionali / dotazione totale (stanziamento);
- capacità di pagamento: pagamenti netti totali / stanziamento UE (basato sull'ultima versione dei programmi adottata).
I dati per i pagamenti sono aggiornati al 17 gennaio 2018, quelli per gli impegni al 31 agosto 2017.
La posizione dell’Italia nella graduatoria non è certamente delle migliori: in entrambi i casi il nostro paese è al di sotto della media europea: in termini di capacità di impegno l’Italia è al 22° posto su 28 Stati membri (sia pure in compagnia di paesi importanti come Francia, Spagna e Polonia); quanto alla capacità di pagamento è addirittura al 27° posto (seguita solo da Malta e ancora con Spagna e Polonia in posizioni contigue).
Figura 1 – Impegni e pagamenti realizzati sui fondi della Politica di sviluppo rurale 2014-2020
Fonte: ns. elaborazioni su Cohesiondata
Osservando complessivamente il grafico, d’altra parte, si possono trarre altre considerazioni. La prima riguarda la media europea: capacità di impegno 42,8%, capacità di pagamento 24,5%. Seppure segnala un certo ritardo (in termini temporali siamo oltre metà del percorso dell’intero settennio di programmazione), non va giudicata negativamente se si tiene conto dei (notevoli) ritardi accumulati nella fase di approvazione dei programmi di sviluppo rurale. I primi Psr italiani ad esempio sono stati approvati il 26 maggio 2015 (Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Bolzano); gli ultimi il 24 novembre 2015 (Sicilia e Puglia). Si tratta di ritardi la cui causa va innanzitutto imputata ai meccanismi di funzionamento dell’Unione europea. Si ricorderà infatti che i regolamenti di base della attuale programmazione sono stati promulgati soltanto il 17 dicembre 2013 a seguito di un lunghissimo iter negoziale tra Commissione, Consiglio e Parlamento europeo (il trilogo), successivo alla decisione sul Quadro Finanziario Poliennale assunta anch’essa in ritardo nel febbraio precedente. Di fatto il 2014 e il 2015 sono stati anni di consistente impegno nell’elaborazione dei nuovi Psr su un canovaccio europeo anch’esso decisamente complesso e nella successiva negoziazione multilivello tra Regioni, Ministero dell’Agricoltura e Commissione. Lo scarso impegno dei fondi della nuova programmazione in quei primi due anni è stato anche condizionato dalla contemporanea necessità di smaltire i consistenti residui della vecchia, per non correre il rischio di doverli restituire a Bruxelles in economia, a causa del vincolo della norma n+2.
Nonostante tutto questo, alcuni Stati membri presentano comunque risultati di spesa più positivi degli altri. Tra questi, in termini di capacità di impegno, in primis Irlanda, Regno Unito e Finlandia, ma anche Germania, Svezia, Ungheria, Estonia, e Danimarca e, per la capacità di pagamento: Austria, Lettonia, Lituania e Romania.
Sia pure con l’avvertenza che le maggiori capacità di impegno e di pagamento di per sé non giustificano un giudizio positivo se non dopo essere entrati maggiormente nel merito di come i fondi siano effettivamente usati, si può qui trarre una prima conclusione. Se pure ci sono anche responsabilità a livello comunitario che hanno rallentato l’avvio della politica di sviluppo rurale (dei ritardi nell’approvazione dei Psr si è detto), queste non sono tali da influire sistematicamente su tutta l’Unione.
L’unica affinità percettibile tra gli Stati membri collocati nelle posizioni estreme della figura 1 è quella per cui i paesi mediterranei sono generalmente nella parte bassa del grafico (con l’eccezione del Portogallo) e quelli continentali e nordeuropei (con l’eccezione della Polonia) nella parte alta. Comunque l’Italia non brilla neppure a confronto degli altri paesi mediterranei.
La figura 2 consente un approfondimento, con riferimento a tutti i Fondi Sie, relativamente a quanto fin qui emerso dal confronto tra Italia e Unione europea in merito alla realizzazione della politica di sviluppo rurale. Mentre a livello europeo la capacità di impegno è pari a circa 43% per tutti e tre i Fondi principali (Feasr, Fesr e Fse)2, in Italia sono presenti significative differenze tra un Fondo e l’altro.
Figura 2 – Impegni nell’UE e in Italia per Fondi Sie 2014-2020 (agosto 2017)
Fonte: ns. elaborazioni su Cohesiondata
Per il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (Fesr), così come per il Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e per la Pesca (Feamp), l’Italia è addirittura in leggero vantaggio rispetto alla media europea. Invece è in ritardo per il Fondo Europeo per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale (Feasr) e per il Fondo Sociale Europeo (Fse).
Le onde della politica di sviluppo rurale in Italia
A fronte di un flusso regolare di pagamenti assicurato annualmente all’agricoltura italiana dal primo pilastro della Pac (costituito in grandissima parte dai pagamenti diretti), la spesa della politica di sviluppo rurale ha un andamento decisamente irregolare, come si può osservare nella figura 3, relativa ai pagamenti realizzati nel periodo 2008-2016.
All’inizio del periodo di programmazione europeo 2007-2013, le erogazioni del 2° pilastro sono particolarmente contenute (745 milioni di euro nel 2008 e 730 nel 2009) e soltanto a partire dal quarto anno del settennio (il 2010) si registra una crescita. Successivamente l’onda si impenna e i pagamenti raggiungono il picco di 4.371 milioni di euro del 2015.
Il livello si mantiene particolarmente elevato nel 2016, ma questo risultato deve essere scomposto in due componenti: 2.901 milioni di euro sono i residui della vecchia programmazione erogati in tutta fretta nei due mesi e mezzo che vanno dal 16 ottobre al 31 dicembre 2015 per non incappare nella perdita dei fondi connessa al rispetto della cosiddetta “regola dell’n+2”. Invece, i pagamenti effettivi a valere sulle disponibilità del quadro finanziario poliennale 2014-2020 sono pari soltanto ai restanti 1.236 milioni di euro: una cifra nuovamente allineata con i valori con l’onda bassa iniziale della precedente programmazione.
Figura 3 – L’evoluzione dei pagamenti del 1° e del 2° pilastro della Pac nel periodo 2008-2016 (milioni di euro)
Nota: l’anno finanziario va dal 16 ottobre dell’anno t-1 al 15 ottobre dell’anno t
Fonte: ns. elaborazioni su relazioni Agenzie di pagamento alla Commissione europea
L’effetto inerziale che produce un accumulo di fondi non spesi negli anni terminali del periodo di programmazione è ancora più evidente nella figura 4 dove, con i dati disponibili, è stato possibile confrontare i pagamenti erogati negli ultimi 14 mesi e mezzo prima della scadenza del 31 dicembre 2015 con i pagamenti effettuati negli 84 mesi (sette anni) precedenti. Questo periodo è suddiviso in due parti:
- nell’esercizio 2015, che va dal 16 ottobre 2014 al 15 ottobre 2015, in Italia si è speso in un anno quasi un terzo (32,2%) dei fondi erogati nei 7 anni precedenti;
- i pagamenti effettuati dal 16 ottobre 2015 al 31 dicembre 2015 (ultimi due mesi e mezzo del 2015), a chiusura della programmazione 2007-2013 sono stati pari a più di un ulteriore quinto (21,4%) di quanto speso negli 84 mesi (7 anni) dal 2008 al 2014.
Figura 4 – Pagamenti del Qfp 2007-2013. Erogazioni effettuate da 16/10/2014 a 31/12/2015 rispetto a erogazioni da 16/10/2007 a 15/10/2014. Valori percentuali
Nota: l’anno finanziario va dal 16 ottobre dell’anno t-1 al 15 ottobre dell’anno t
Fonte: ns. elaborazioni su relazioni Agenzie di pagamento alla Commissione europea
I ritardi nell’erogazione della spesa sono distribuiti in modo molto differente tra le Regioni. Sotto questo profilo, le Regioni del Nord mostrano una maggiore tempestività nella spesa, mentre i residui non spesi ed erogati più in ritardo si sono accumulati nelle Regioni del Centro e del Sud, con alcune punte (come Lazio e Campania).
Un primo approfondimento sugli impegni del Qfp 2014-2020
Il Database Cohesiondata della Commissione europea consente, infine, sia pure con riferimento ai soli impegni e non anche ai pagamenti, un approfondimento sulla gestione della spesa della politica di sviluppo rurale al 31 agosto 2017.
In figura 5 è riportato il confronto Italia/UE-28 relativamente allo stato di attuazione della politica di sviluppo rurale in base agli Obiettivi tematici (OT) per i Fondi strutturali e di investimento europei (art. 9 del Reg. 1303/2013). Si può notare sia nell’UE-28 che in Italia una migliore capacità di impegno per gli OT generalmente riferiti ai temi ambientali, del cambiamento climatico e della Ict. All’opposto la capacità di impegno si contrae per tutti gli OT riferiti agli obiettivi economico-sociali: ricerca e innovazione, istruzione e formazione, occupazione sostenibile, competitività e inclusione sociale. La differenza è giustificata con il fatto che, a differenza delle misure a domanda, come sono solitamente quelle agro-ambientali, in questi secondi OT generalmente si comprendono misure a bando, le cui procedure sono oggettivamente più complesse. È proprio per questi OT economico-sociali che il gap tra l’Italia e l’UE-28 è più consistente.
Figura 5 – Capacità di impegno Feasr del Qfp 2014-2020 in base agli Obiettivi tematici per i Fondi Sie (aggiornamento al 31 agosto 2017, Italia e UE-28 a confronto, valori percentuali)
Fonte: ns. elaborazioni su Cohesiondata
La figura 6 consente un ulteriore approfondimento. In questo caso la capacità di impegno dei fondi Feasr è classificata in relazione alle misure della politica di sviluppo rurale previste dal Reg. 1305/2013. Analogamente a quanto testè osservato, la figura mostra che, sia in ambito europeo che nazionale, la capacità di impegno maggiore riguarda le misure a superficie M10: agro-climatico-ambientali, M11: agricoltura biologica, M12: Indennità Natura 2000, M13: indennità zone con vincoli naturali. In alcune di queste l’Italia supera la media dell’UE-28. Analogamente, anche la capacità di impegno per le misure forestali (M8 e M15) e per l’iniziativa Leader e i Clld (M19) è in Italia relativamente alta nei confronti dell’UE-28.
Figura 6 – Capacità di impegno Feasr del Qfp 2014-2020 per misure della politica di sviluppo rurale (aggiornamento al 31 agosto 2017, Italia e UE-28 a confronto, valori percentuali)
Fonte: ns. elaborazioni su Cohesiondata
Bassissimi invece sono in Italia e nell’UE-28 i valori relativi alle misure dirette alle Organizzazioni dei produttori (M09), per la gestione del rischio (M17) e in generale per le misure dedicate al miglioramento della qualità delle competenze in agricoltura (M02 Consulenza, M20 Assistenza tecnica, M01 Conoscenza). L’Italia è indietro anche per la M16 Cooperazione e per le misure dirette al miglioramento del capitale fisico (M04), della competitività (M06 sviluppo imprese), oltre che per la M05 relativa al ripristino del potenziale produttivo agricolo danneggiato da calamità naturali.
Il divario con l’UE-28 è più consistente per le misure M20 - Assistenza tecnica, M05 ripristino del potenziale produttivo, M14 – Benessere animale, M10 – Agroambiente.
Nella figura 7, infine, sono esposti i risultati in termini di capacità di impegno e di pagamento dei programmi di sviluppo rurale italiani. La constatazione più evidente riguarda innanzitutto il notevole ritardo dei due programmi nazionali (Programma Sviluppo Rurale Nazionale e Rete Rurale Nazionale) rispetto a tutti i 21 Psr delle Regioni o Province Autonome. Apparentemente, almeno stando a Cohesiondata, la politica di sviluppo rurale a livello nazionale, al 31 agosto 2017, doveva ancora partire e questa non è certo una buona credenziale per il Mipaaf che dovrebbe essere di esempio oltre che stimolo e coordinamento per i Psr regionali.
Alle date di aggiornamento del database, le Regioni, invece presentano una situazione molto differenziata, con maggiori ritardi in alcune (Liguria, Puglia, Abruzzo, Campania, Lazio), alle quali si potrebbero affiancare, per i bassi livelli della capacità di pagamento, anche Marche e Friuli Venezia Giulia. Sul fronte opposto, si collocano altre Regioni (Veneto, Valle d'Aosta, Sicilia, Bolzano, Molise e soprattutto Toscana che, almeno in termini di impegni appare distaccarsi da tutte le altre3.
Figura 7 – Capacità di impegno e di pagamento Feasr del Qfp 2014-2020 per Regioni (aggiornamento al 31 agosto 2017, valori percentuali)
Fonte: ns. elaborazioni su Cohesiondata
Considerazioni conclusive
L’analisi svolta ha messo in evidenza l’esistenza di una consistente difficoltà nella gestione della politica di sviluppo rurale. Questa è presente anche in altri paesi dell’Unione europea, soprattutto dell’area mediterranea, ma è apparentemente più seria in Italia. Il nostro paese infatti si colloca nelle ultime posizioni sia nella graduatoria della capacità di impegno che (ancor più) di quella di pagamento.
I ritardi nell’impegno e nell’erogazione dei fondi stanziati condizionano soprattutto la fase di avvio della programmazione poliennale europea, producendo un accumulo di residui il cui smaltimento avviene negli anni successivi e si protrae in notevole misura anche oltre la fine dei sette anni di riferimento. Ovviamente, in una politica improntata alla selettività è inevitabile che si associ anche una certa dose di complessità. Soprattutto per le misure che finanziano interventi strutturali e strategici con procedure concorsuali, cui seguano opere e realizzazioni protratte nel tempo, sono pienamente giustificabili le dilazioni tra approvazione del finanziamento e sua liquidazione.
Nella passata programmazione 2007-2013, le difficoltà di avvio della spesa dei Psr sono state superate soltanto a partire dal quarto anno di gestione e comunque i ritardi nelle erogazioni si sono talmente accumulati, che una parte molto consistente dei pagamenti è stata effettuata soltanto dopo il termine del 2013, nei due anni successivi ancora utili in base alla “regola dell’n+2” (e soprattutto negli ultimi mesi del 2015). Nella programmazione 2014-2020 le cose non stanno andando apparentemente meglio, anche per il ritardo di uno o anche due anni con cui i Programmi di sviluppo regionale sono stati definitivamente resi operativi.
Questi sistematici ritardi rendono ovviamente la politica di sviluppo rurale molto meno efficace e spingono i programmatori regionali e nazionali a cautelarsi preventivamente in fase di predisposizione dei programmi di sviluppo rurale, destinando maggiormente i fondi a disposizione alle misure per le quali sia più facile individuare i beneficiari e dare seguito ai pagamenti. Con la conseguenza di evitare di impegnarsi nella gestione delle misure più complesse, in quanto più selettive e spesso anche più strategiche.
I risultati ottenuti mostrano infatti che i ritardi tendono a concentrarsi in particolare proprio sulle misure che supportano il miglioramento tecnologico e la competitività delle imprese (investimenti fisici, gestione del rischio, cooperazione e organizzazioni dei produttori) o la qualificazione del capitale umano e dell’organizzazione (consulenza e formazione, assistenza tecnica, conoscenza, servizi di base). All’opposto, per le misure agro-ambientali e relative al cambiamento climatico, gli indicatori della capacità di spesa sono più elevati, ma questo anche in relazione alle caratteristiche dell’intervento, spesso consistente in trasferimenti annuali su misure a superficie e a domanda, poco o per nulla selettive.
L’analisi comparativa ha messo in luce come sia a livello dell’Unione che in Italia tra Stato e Regioni esistono situazioni molto diversificate. Questo suggerisce ulteriori approfondimenti per comprendere le ragioni delle differenti performance. I ritardi nell’utilizzo dei fondi denunciano una situazione patologica da risolvere, ma ovviamente, nelle situazioni apparentemente più virtuose, non si è autorizzati a trarre giudizi positivi sulla base dei soli indicatori della capacità di impegno e pagamento. Occorre infatti entrare nel merito e verificare anche come e in quali direzioni sono spesi i fondi a disposizione.
Evidentemente, comunque, se i ritardi si aggravano in Italia rispetto alla generalità degli altri Stati membri e interessano in particolare alcuni obiettivi tematici, alcune misure e alcuni programmi di sviluppo rurale, il problema esiste ed è urgente sia affrontato.
Riferimenti bibliografici
-
Sotte F., Baldoni E. (2016), La spesa Pac in Italia (2008-2014), Collana Economia Applicata, Agriregionieuropa
- 1. La cosiddetta “regola dell’n+2” prevede che la Commissione proceda al disimpegno automatico dei fondi stanziati per un programma operativo in un esercizio se questi non si traducono in un pagamento entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello dell'impegno di bilancio. In base a questa norma, i pagamenti della programmazione 2007-2013 si sono conclusi il 31 dicembre 2015, due anni dopo l’ultimo esercizio. Nella presente programmazione il tempo utile prima del disimpegno è stato esteso da 2 a 3 anni.
- 2. Più indietro è la spesa del Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca (Feamp) mentre migliore è la posizione della Youth Employment Initiative (Yei), che è un programma specifico per l’occupazione giovanile.
- 3. Questo dato appare certamente sorprendente e richiederebbe una verifica sui meccanismi di imputazione adottati da Cohesiondata.