“Until we understand why our society adopts its policies, we will be poorly equipped to give useful advice on how to change those policies” [Stigler, 1975, p. ix].
Introduzione
Il collasso dei negoziati WTO nell’ambito dell’agenda di Doha nel luglio 2008 ha contribuito a rafforzare una importante osservazione empirica circa le politiche commerciali in generale e quelle agricole più in particolare. Emergerebbe, infatti, come aspetti di natura squisitamente politica continuino a giocare un ruolo determinante nel processo di formazione delle politiche agricole, sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo. Ne deriva che l’economia politica delle scelte di politica agraria, risulta un ambito cruciale per capire le posizioni negoziali dei paesi e la loro difficoltà di attuare riforme unilaterali e accordi multilaterali.
La letteratura sulle determinanti del protezionismo agricolo, nonostante qualche rara eccezione, ha largamente trascurato il ruolo giocato dalle istituzioni politiche nel processo di formazione delle scelte pubbliche. Tale carenza appare abbastanza difficile da comprendere, anche alla luce dell’intenso dibattito sviluppatosi negli ultimi dieci anni circa l’impatto sulle scelte di politica economica delle diverse istituzioni politiche, quali regole elettorali e forme di governo. All’interno di questo filone di ricerca si contrappongono due importanti punti di vista. Nel primo ritroviamo posizioni secondo le quali le politiche pubbliche sono il risultato di un conflitto di interessi tra generazioni o tra settori produttivi, rifiutando con ciò l’idea che possano essere specifiche a particolari istituzioni politiche (Mulligan et al. 2004).
A queste posizioni si contrappone il punto di vista della comparative political economy, al cui interno troviamo gli importanti contributi di Torsten Persson e Guido Tabellini (2000, 2003). Questo ambito di ricerca ha formalizzato i principali incentivi generati da due fondamentali dimensioni delle istituzioni democratiche: il livello di rappresentatività, ovvero la capacità di un governo di rappresentare le preferenze dell’elettorato e il grado di responsabilità, vale a dire il grado di controllo esercitato dagli elettori sul comportamento politico.
In pratica, rispetto a queste due dimensioni, i differenti sistemi politici tendono a polarizzarsi in modo piuttosto netto. I sistemi elettorali di tipo maggioritario avrebbero elevati livelli di responsabilità, a fronte di una ridotta rappresentatività, mentre, all’opposto, nei sistemi proporzionali la responsabilità dei governi è tradizionalmente ridotta, mentre elevata sarebbe la loro rappresentatività (si pensi a riguardo al caso italiano). Simili differenze si riscontrano nei sistemi di governo presidenziali rispetto a quelli parlamentari, anche se in questo caso le ragioni sottostanti sono più articolate.
L’intuizione fondamentale alla base di questo approccio risiede nel fatto che il trade-off tra responsabilità e rappresentatività delle istituzioni politiche ha dirette implicazioni sulle scelte di politica economica, che sarebbero perciò fortemente condizionate dall’assetto politico istituzionale. Questa intuizione ha trovato un convincente riscontro nell’osservazione che le democrazie maggioritarie o presidenziali presentano una minore spesa pubblica sul PIL (4-5%), una minore spesa per programmi di welfare (2-3%) ed un minor deficit di bilancio (1-2%), rispetto alle democrazie proporzionali o parlamentari (Persson e Tabellini 2003) (1).
Riforme costituzionali e protezionismo agricolo
Un recente lavoro di ricerca (Olper e Raimondi 2008), sviluppato nell’ambito di un progetto della World Bank (2), ha applicato queste logiche al settore agricolo con l’obiettivo di testare se, ed in quale misura, le scelte relative al livello di protezione del settore siano condizionate dalle differenti istituzioni politiche. In altre parole, si tratta di verificare se democrazie presidenziali e/o maggioritarie presentano effettivamente livelli di protezione minori di quelle parlamentari e/o proporzionali. A questo fine è stata sfruttata la diversa natura delle transizioni democratiche sperimentate negli ultimi 50 anni dai paesi in via di sviluppo, prendendo a prestito approcci simili già applicati allo studio dell’impatto delle riforme democratiche sulla crescita economica (Rodrik and Wacziarg, 2005; Giavazzi and Tabellini, 2005; Persson e Tabellini, 2007).
Ogni transizione democratica richiede la scelta di un determinato assetto costituzionale, vale a dire la scelta di una certa forma di governo e di uno specifico sistema elettorale. Confrontando il livello di protezione prima e dopo la transizione verso (o da) determinate forme di democrazia, è possibile utilizzare gli ‘episodi di riforma’ al fine di identificare l’impatto medio sul livello di protezione sia delle riforme per se, sia dei loro dettagli in termini di forme di governo e regole elettorali.
L’evidenza empirica
La figura 1 riporta un test che verifica se la protezione media in agricoltura risulta essere significativamente differente nelle diverse dimensioni costituzionali considerate. Come si può constatare, nel confronto tra democrazie ed autocrazie e tra differenti sistemi elettorali, le differenze sono sorprendenti e statisticamente molto significative. In particolare, i paesi democratici hanno per tutto il periodo analizzato livelli di protezione fortemente positivi, mentre le autocrazie in media tendono a tassare sistematicamente il settore agricolo. A livello di sistemi elettorali, coerentemente alle aspettative, le democrazie maggioritarie hanno un livello di protezione prossimo allo zero, mentre nelle democrazie proporzionali tale valore è in media superiore al 20%. Meno nette, invece, appaiono le differenze tra sistemi parlamentari e presidenziali. In questo caso, la forte variabilità del livello di protezione dei paesi con sistemi presidenziali fa si che le differenze tra le medie non siano statisticamente significative, nonostante la tendenza dei sistemi parlamentari a proteggere maggiormente il settore agricolo, in linea con quanto suggerito dalla teoria.
L’evidenza empirica fin qui discussa, nonostante sia piuttosto suggestiva, non tiene tuttavia conto del fatto che il livello di protezione è condizionato da molteplici altri fattori. Si pensi ad esempio allo sviluppo economico, che condiziona contemporaneamente la probabilità che un paese abbia istituzioni democratiche ed il livello di protezione stesso. Inoltre, la scelta delle regole costituzionali non è un elemento casuale ma correlato ad altre caratteristiche dei paesi, come la loro specifica dinamica storico-culturale, oppure la localizzazione geografica. Il fatto che quasi tutti i paesi latino-americani abbiano forme di governo presidenziali associate a sistemi elettorali proporzionali, suggerisce che la localizzazione geografica di un paese tende a condizionare la stessa natura delle sue istituzioni. Queste ed altre considerazioni fanno si che, per stimare l’effetto causale delle diverse forme di democrazia sulle scelte politiche, sia necessario un approccio in grado di ‘controllare’ per tutte quelle determinanti, osservabili e non, che condizionano la natura delle istituzioni politiche.
Figura 1 - Tasso nominale di protezione in agricoltura in differenti assetti costituzionali
Legenda: La figura riporta la dinamica della media del tasso nominale di protezione in agricoltura e il rispettivo intervallo di confidenza al 95%, per i paesi democratici e non democratici e contrastando differenti forme di democrazia. Un paese in un certo anno è considerato democratico se l’indicatore Polity2 della banca dati Polity IV, è maggiore di zero. Per maggiori approfondimenti si veda Olper e Raimondi (2008).
Nella figura 2 sono rappresentati i risultati di alcune stime dell’effetto medio di una transizione verso un regime democratico (e da un regime democratico) sul livello di protezione, cercando di tenere in debita considerazione la maggior parte dei problemi sopra menzionati (3). L’effetto medio di una riforma democratica viene ottenuto comparando la differenza nel livello medio di protezione prima e dopo la transizione nei paesi che hanno sperimentato una riforma, con la variazione nel livello di protezione dei paesi detti di ‘controllo’, poiché non hanno sperimentato alcuna riforma costituzionale.
I risultati ottenuti da questo esercizio sono interessanti ed economicamente rilevanti. In media, una transizione da un regime autocratico ad uno democratico genera una crescita nel livello di protezione di circa 4 punti percentuali. Tuttavia l’effetto è asimmetrico, nel senso che transizioni in senso contrario, vale a dire da un regime democratico verso uno autocratico, presentano una riduzione del livello di protezione che è sensibilmente minore e statisticamente non significativa. Quest’ultimo risultato è interpretabile seguendo la logica dalla persistenza delle politiche redistributive: quando una politica viene introdotta gli agenti economici realizzano degli ‘investimenti’, al fine di sfruttare al meglio i benefici che ne derivano. Tali investimenti, a loro volta, aumento la propensione degli stessi agenti economici ad esercitare pressioni politiche al fine di mantenere lo status quo.
L’effetto di una transizione democratica sul livello di protezione si presenta infine eterogeneo, a seconda della natura stessa della riforma. In particolare, mentre non emergono sostanziali differenze tra democrazie presidenziali e parlamentari, le differenze sono sostanziali se consideriamo la natura dei sistemi elettorali. Una transazione verso una democrazia proporzionale genera un incremento del livello di protezione del 6-7%, mentre l’effetto non supera il 2-3% per le democrazie maggioritarie e, per giunta, non risulta statisticamente significativo.
Figura 2 - Effetto medio delle riforme costituzionali sul livello di protezione in agricoltura
Legenda: La figura riporta il valore dei coefficienti di regressione, ed il loro livello di significatività, ottenuti mediante regressioni differneces-in-differences del livello di protezione per un campione di 74 paesi osservati nel periodo 1955-2005.
Livello di significatività: *** 0,01; ** 0,05; * 0,10. Per maggiori approfondimenti si veda Olper e Raimondi (2008).
Considerazioni conclusive
I risultati descritti in precedenza rinforzano l’idea che le politiche pubbliche sono condizionate dall’assetto politico istituzionale nella direzione prevista dalla letteratura, offrendo perciò uno strumento più articolato per interpretare il comportamento dei governi. A livello pratico, l’effetto delle istituzioni politiche sul protezionismo può essere utilizzato per interpretare alcuni recenti episodi emersi in sede WTO.
Lo scorso luglio a Ginevra si è consumato l’ennesimo fallimento del Doha Round su questioni legate ai problemi dell’agricoltura. In questo frangente, alcuni paesi in via di sviluppo hanno irrigidito la loro posizione su specifici strumenti per proteggere i mercati interni dalla concorrenza internazionale, le cosiddette ‘misure speciali di salvaguardia’. Si tratta di meccanismi di emergenza che offrono la possibilità ai governi di aumentare i dazi in presenza di forti squilibri della bilancia commerciale.
L’aspetto interessante della vicenda è che il paese che si è rivelato più intransigente nel difendere tali strumenti è stata l’India, il paese in via di sviluppo con il più alto livello di protezione in agricoltura. La Cina, al contrario, ha tenuto un comportamento molto defilato, nonostante più dell’India potrebbe beneficiare di questi strumenti di protezione. Tali differenze di atteggiamento, che ad un primo esame potrebbero apparire contraddittorie, appaiono tuttavia piuttosto coerenti con l’evidenza empirica fin qui sintetizzata. Infatti, mentre la Cina è tutto, tranne che una democrazia, l’India oltre ad essere una democrazia compiuta terrà le prossime elezioni nel maggio 2009.
Note
(1) Per una rassegna critica dei principali risultati di Persson e Tabellini (2003) si veda Acemoglu (2005).
(2) World Bank project ‘Distortions to Agricultural Incentives’ coordinato da Kym Anderson e Will Martin.
(3) Tecnicamente, vengono utilizzate regressioni differences-in-differences, che permettono di identificare l’effetto medio di una riforma democratica sul livello di protezione sfruttando la variabilità del protezionismo interna ad ogni paese.
Riferimenti bibliografici
- Acemoglu, D. (2005). Constitutions, politics and economics: A review essay on Persson and Tabellini’s ‘The Economic Effect of Constitutions’. Journal of Economic Literature, December 2005, 1025-1048.
- Giavazzi, F., Tabellini, G. (2005). Economic and political liberalization. Journal of Monetary Economics, 52, 1297-1330.
- Mulligan, C.B., Gil, R., Sala-i-Martin, X. (2004) Do democracies have different public policies than non democracies, Journal of Economic Perspective 18(1), 51-74.
- Olper, A., Raimondi, V. (2008). Constitutional Rules and Agricultural Policy Outcomes. Chapter 9 in: Anderson, K. (ed.), Political Economy of Distortions to Agricultural Incentives, Washington DC: World Bank, (in corso di stampa).
- Persson, T., Tabellini, G. (2007). The growth effect of democracy: Is it heterogeneous and how can it be estimated?. IGIER Working Paper n. 322, Bocconi Univeristy, May, 2007.
- Persson, T., Tabellini, G. (2003). The Economic Effect of Constitutions. Cambridge, The MIT Press.
- Persson, T., Tabellini, G. (2000). Political Economics: Explaining Economic Policy. Cambridge, The MIT Press.
- Rodrik, D., Wacziarg, R. (2005). Do democratic transitions produce bad economic outcomes? American Economic review 95, 95(2), 50-55.
- Stigler, G.J. (1975), The Citizen and the State: Essays on Regulation, Chicago: University of Chicago Press.