Indici di sicurezza alimentare
Garantire la sicurezza alimentare è "la sfida di nutrire 9 miliardi di persone" (Godfray et al., 2010), argomento importante nei dibattiti accademici e internazionali e fra i Millennium Goal. Nonostante notevoli successi a livello mondiale, le Nazioni Unite stimano che 1,2 miliardi di persone vivono ancora in condizioni di estrema povertà; l'allerta è massima e molto resta da fare. Le organizzazioni internazionali forniscono linee guida per la lotta contro l'insicurezza alimentare e premiano i governi che hanno messo in atto politiche degne di menzione. Tuttavia, mentre Cile, Cina e Marocco hanno ottenuto il riconoscimento della Fao per i loro progressi e sforzi volti ad elevare gli standard di sicurezza alimentare, è ancora molto acceso il dibattito degli studiosi su come misurare (e migliorare) lo stato di sicurezza alimentare.
La sicurezza alimentare è un fenomeno multidimensionale e difficilmente riconducibile ad un unico indicatore (Kennedy, 2002; Santeramo, 2015a). Come sottolineato da Barrett (2010) e Cafiero et al. (2014), numerosi parametri e indicatori per la sicurezza alimentare sono stati proposti ed è stato riconosciuto (Cafiero et al., 2014) che gli indicatori esistenti non sono equivalenti, anzi forniscono informazioni diverse sullo stato di sicurezza alimentare. Le metriche di prima e seconda generazione, che misurano l’accesso al cibo in modo indiretto, si sono concentrate sulle determinanti e sugli effetti della sicurezza alimentare (Jones et al., 2013). Tali metriche non riescono a “catturare” i sentimenti di ansia e preoccupazione che affliggono gli individui insicuri dal punto di vista alimentare: tali stress psicologici sono fattori determinanti dello stato di insicurezza alimentare e devono essere presi in considerazione. Gli indicatori di terza generazione considerano in modo esplicito la percezione dello stato di sicurezza alimentare. Purtroppo tali metriche sono di difficile attuazione per la stessa ragione per cui la percezione del rischio, influenzata da diversi fattori (Sjöberg, 2000) come ad esempio il genere (Gustafsod, 1998) o le differenze culturali (Wildavsky e Dake, 1990), è di difficile misurazione. Inoltre, difficoltà che possano emergere nella fase di raccolta dati, quali ad esempio quelle dovute a barriere linguistiche, o alla difficoltà di implementare disegni di campionamento, possono portare a metriche non rappresentative. Tali insidie minano la validità e l'affidabilità delle metriche di terza generazione (Cafiero et al., 2014), limitandone l'applicabilità.
Ulteriori problemi si pongono quando le metriche sono aggregate in indicatori complessi (o composti): la qualità dei dati, il doppio conteggio, e l'aggregazione sono solo alcune delle questioni che occorre tenere in considerazione nel calcolo di indici compositi di sicurezza alimentare. Molti indicatori compositi sono stati proposti, quali ad esempio il Global Food Security Index (Gfsi), il Global Hunger Index (Ghi), ed il Poverty and Hunger Index (Phi)1. Il Gfsi sintetizza 28 indicatori semplici che misurano i drivers della sicurezza alimentare. Il Ghi raggruppa tre indicatori di denutrizione globale, mortalità e denutrizione infantile. Il Phi sintetizza cinque indicatori relativi a povertà, malnutrizione e denutrizione.
La generale mancanza di consenso su quali misure/strumenti/indici di insicurezza alimentare siano più appropriati invoca ulteriori indagini. Il presente articolo rassegna i passaggi necessari per costruire indicatori compositi, evidenziando come i risultati possano essere inficiati da scelte diverse. In tal modo evidenzierò la rilevanza politica e pratica delle scelte discrezionali nel calcolo di indicatori compositi di sicurezza alimentare.
Convertire i dati in indicatori compositi
Il punto di partenza per la computazione di un indicatore composito è la definizione del fenomeno in esame. Gli indici di sicurezza alimentare sono generalmente fondati sulla definizione che la sicurezza alimentare e nutrizionale esiste "quando tutte le persone hanno in ogni momento accesso fisico, sociale ed economico a cibo sufficiente, sicuro e nutriente per soddisfare le loro esigenze dietetiche e preferenze alimentari per una vita attiva e sana" (Fao, 2013). In secondo luogo, il fenomeno deve essere scomposto in sottogruppi (o dimensioni), che convogliano diverse informazioni e permettono di selezionare le variabili appropriate. La qualità e la precisione degli indici compositi dipendono in modo cruciale dalle variabili selezionate in questo stadio, dai dati disponibili e dalla loro qualità (Cafiero, 2013).
In questa fase, gli operatori sono quindi coinvolti in quattro steps principali. Il primo passo consiste nell’imputazione dei dati mancanti: eliminare le osservazioni comporta la perdita di informazioni ed è, dunque, un metodo da evitare2. Valide alternative sono l'imputazione singola o multipla: la prima, di facile esecuzione, potrebbe produrre stime distorte e dovrebbe essere adottata solo per variabili che presentano valori mancanti in bassa percentuale (ad es. inferiore al 5%3. In alternativa, è più saggio adottare l’imputazione multipla per evitare la perdita di informazioni (Nardo et al., 2005, 2008).
Il secondo passo è dedicato alla normalizzazione dei dati (Nardo et al., 2005, 2008): classificare ciascuna variabile per Paese è un metodo semplice ma non appropriato in quanto favorisce la perdita di informazione; altre tecniche, come la funzione di indicatore, la distanza relativa, il ridimensionamento, non sono ottimali poiché poco robuste ad outliers; alternativa interessante è la costruzione di una funzione di punteggio per ciascun indicatore, ovvero una mappatura dal dominio indicatore in termini percentili ad una apposita funzione a step; ulteriore alternativa è quella di calcolare z-score normalizzando gli indicatori di una scala comune e così lasciare invariata la distribuzione empirica dei dati.
La terza fase si concentra sulla ponderazione delle variabili (Nardo et al., 2005, 2008). Tecniche comuni sono quelle di statistica multivariata (ad esempio la principal component analysis) o di metodi partecipativi (ad esempio, l'allocazione di bilancio, metodi gerarchici analitici o analisi congiunta). In generale, tuttavia, la scelta deve essere guidata dal rispetto del quadro teorico sottostante all'indice composito. Particolare attenzione deve essere posta nell'evitare scelte che solo in apparenza sono neutrali. Ad esempio, la scelta di pesi di ponderazione uguali delle variabili è molto comune ma certamente non esente da critiche di discrezionalità: supporre che le variabili abbiano la stessa importanza nell'indice composito è una scelta anche piuttosto arbitraria. Inoltre, la ponderazione con pesi uguali può indurre distorsioni dovute al doppio conteggio in indici gerarchici: più numerosi sono i sottogruppi di variabili, più alto sarà il peso del sottogruppo.
L'ultimo passo è dedicato all’aggregazione finale delle dimensioni (Nardo et al., 2005, 2008). Approcci comuni sono l'aggregazione lineare e l'aggregazione geometrica: la prima attribuisce egual peso alle singole dimensioni, mentre la secondaassegna un peso maggiore alle dimensioni con valori più bassi. In altri termini il primo metodo premia i Paesi che eccellono per alcune dimensioni, mentre il secondo metodo favorisce il profilo dei Paesi il cui livello dell’indicatore composto è, seppur non elevato, piuttosto omogeneo rispetto alle diverse dimensioni.
L'indagine empirica con dati Faostat
Il presente articolo commenta i risultati dell'indagine empirica di Santeramo (2015b), volta a calcolare diversi indici compositi per la sicurezza alimentare mediante dati forniti dalla Fao4. Descrivere i dettagli dell'analisi non rientra negli obiettivi del'articolo: mi limiterò a descrive le principali fasi dell'analisi per evidenziare le implicazioni pratiche derivanti da scelte discrezionali degli analisti.
In Santeramo (2015b), le variabili sono state suddivise in gruppi: il primo gruppo raccoglie indicatori che descrivono le determinanti della sicurezza alimentare, ovvero che ne influenzano le condizioni strutturali; il secondo gruppo comprende indicatori volti a catturare gli esiti di insicurezza alimentare; il terzo gruppo raccoglie indicatori che forniscono informazioni sulla vulnerabilità alla insicurezza alimentare. I primi due gruppi sono stati ulteriormente classificati in base alle dimensioni di insicurezza alimentare quali la disponibilità di cibo, l'accesso fisico, l'accesso economico e l'utilizzo di cibo. Gli indici compositi sono stati calcolati in modo da riflettere il quadro teorico sopra descritto e sono ottenuti attraverso le seguenti fasi metodologiche: definizione del fenomeno, selezione delle variabili, imputazione dei dati mancanti, armonizzazione delle informazioni, ponderazione e aggregazione delle variabili.
La discrezionalità delle scelte: quanto pesa?5
Due principali domande sono da porsi: "Quale indicatore per la sicurezza alimentare si dovrebbe usare?". Ed inoltre: “Ha senso utilizzare un solo indicatore per misurare la sicurezza alimentare?” La risposta non è facile. Come precedentemente accennato, la prima e la seconda generazione di metriche non considerano la prospettiva comportamentale ed ignorano i fattori psicologici. Invero, l’atteggiamento psicologico di ansia a preoccupazione di non riuscire a soddisfare i propri bisogni alimentari sono causa di insicurezza alimentare. Utilizzare indicatori comportamentali è possibile, ma la loro implementazione è limitata dai notevoli costi delle indagine dirette. Un percorso alternativo è fare affidamento su dati secondari e calcolare un indice composito, a patto che sia scrupolosamente analizzato il processo di calcolo degli indicatori compositi.
Il lavoro di Santeramo (2015b) considera metodologie diverse in quattro "nodi di scelta": imputazione dei dati missing, armonizzazione delle informazioni, ponderazione e, infine, aggregazione delle informazioni. Il lavoro confronta otto diversi indici compositi e le relative classifiche dei Paesi per livello di sicurezza alimentare: maggiore è la differenza di classifica indotta dal cambiamento di un metodo di calcolo dell'indice composto, maggiore sarà la rilevanza della scelta e, quindi, il grado di cautela che dovrebbe essere adottato dall'analista.
Santeramo (2015b) mostra come la scelta dei metodi per calcolare gli indici compositi abbia diversa rilevanza. La scelta dei metodi di normalizzazione e di ponderazione è la meno rilevante mentre, al contrario, metodi diversi per l'imputazione dei dati portano a risultati molto eterogenei. Infine, la scelta della formula di aggregazione delle variabili appare cruciale: formule diverse forniscono indici compositi molto diversi. Appare tuttavia poco chiaro in Santeramo (2015b), quale sia la rilevanza politica di tali scelte. In altri termini: quali sono le implicazioni per i policy-makers?
Confrontando i risultati ottenuti da Santeramo (2015b) mediante l'indicatore composto “baseline” si evince come Congo e Tanzania siano classificati, rispettivamente, 214° e 196° su 228 Paesi (quindi il Congo sarebbe più food insecure), e la loro popolazione (rispettivamente di 4 e 45 milioni) sia da considerare food insecure. L’articolo evidenzia anche che qualora fosse utilizzato un diverso metodo di aggregazione, ad esempio l'aggregazione geometrica piuttosto che quella lineare, i due Paesi occupano i posti 88 e 166. Non solo sarebbero da considerare meno food insecure di altri Paesi, ma addirittura la Tanzania sarebbe considerata più food insecure del Congo.
Le implicazioni pratiche e politiche di ciò sono molto importanti, in quanto dimostrano che la costruzione di indicatori compositi di sicurezza alimentare può alterare in modo sostanziale la classifica per la sicurezza alimentare. Problema analogo lo si riscontrerebbe anche per altri fenomeni misurati mediante indicatori composti. La domanda che mi pongo è dunque la seguente: “quali indicatori di sicurezza alimentare dovrebbero preferire Paesi quali il Cile, la Cina o il Marocco? Dovrebbero premere affinché si continui ad adottare gli indicatori esistenti?” I risultati di Santeramo (2015b) mostrano come ciascun Paese debba preferire un diverso indicatore composto: il Cile sarebbe considerato meno food insecure se si adottasse l'imputazionesemplice dei missing data, o la correlazione inversa; la Cina guadagnerebbe 7 posizioni nella classifica mondiale di sicurezza alimentare se fosse adottato un diverso metodo di normalizzazione dei dati; il Marocco occuperebbe una posizione più alta nella classifica mondiale se si adottasse un metodo di aggregazione dei dati diverso. Ciò pone le basi per un comportamento strategico dei governi che potrebbero scegliere di modificare le politiche di intervento in base agli indicatori compositi sui quali si basano le valutazioni ex-post. Occorre quindi riflettere sul livello di discrezionalità lasciato a scienziati ed analisti quando si invoca l'utilizzo di indici composti. Ulteriore ricerca è sicuramente necessaria per chiarire ed evidenziare l'importanza delle scelta nella costruzione di indicatori composti di sicurezza alimentare.
Conclusioni
Il dibattito sulla sicurezza alimentare è in rapida crescita, multidisciplinare ed articolato. È stata proposta una grande varietà di indicatori, ma resta ancora molto da fare per comprendere e misurare il fenomeno nel suo complesso. Ad oggi è ancora poco chiaro come gli analisti dovrebbero pesare i vari aspetti che contribuiscono a rendere sicuri dal punto di vista alimentare individui, famiglie e popolazioni.
Il punto di vista espresso in questo lavoro ha lo scopo di portare a riflettere sulla discrezionalità delle scelte degli analisti che utilizzano diversi algoritmi per calcolare gli indici compositi di sicurezza alimentare. Ho interpretato criticamente i risultati riportati in Santeramo (2015b) sui metodi diversi per costruire indici compositi, concludendo che metodi differenti hanno impatti diversi sulla classificazione dei Paesi in base al grado di food security. In particolare, Santeramo (2015b) ha dimostrato che la normalizzazione e la ponderazione sono decisioni (relativamente) meno cruciali, mentre particolare attenzione deve essere posta nella scelta dei metodi di imputazione dei dati e di aggregazione.
Il punto di vista critico che intendo sottolineare è che le implicazioni per i professionisti ed i responsabili politici sono molto rilevanti: una semplice modifica della tecnica di imputazione dei dati adottata o del metodo di aggregazione può alterare notevolmente le graduatorie di sicurezza alimentare. È lecito chiedersi: fino a che punto gli analisti sono in grado di sintetizzare un fenomeno complesso come la sicurezza alimentare per mezzo di un unico indicatore composito? E come i governi dovrebbero interpretare il messaggio che gli indicatori della sicurezza alimentare esistenti trasmettono?
Le criticità che sollevo in questa nota sono insite nell’utilizzo di qualsiasi indice composito, il cui scopo è appunto di fornire una misura sintetica di un fenomeno complesso. La presente nota è quindi volta ad auspicare una maggiore trasparenza dell’algoritmo utilizzato per costruiregli indici, affinché l’utilizzo di una batteria di indicatori per caratterizzare fenomeni complessi e multidisciplinari non penalizzi la caratteristica di sintesi che motiva l’utilizzo di indicatori, misure e metriche.
Nel proporre nuovi indici compositi, l'Onu, le agenzie internazionali, gli accademici ed i ricercatori debbono prestare particolare attenzione a sottolineare l'algoritmo implementato per trasformare i dati grezzi in un unico indice e devono essere altresì consapevoli delle implicazioni che ogni metodo veicola. Senza trasparenza sui passaggi seguiti per costruire l'indice, alcun valido giudizio o confronto con gli indicatori esistenti dovrebbe essere fatto. Le scelte discrezionali operate durante la costruzione di indici composti possono avere implicazioni politiche e pratiche molto rilevanti.
Riferimenti bibliografici
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Godfray H. C. J., J. R., Beddington I. R., Crute L., Haddad D., Lawrence J.F., Muir J., Pretty S., Robinson M. S. Thomas, Toulmin C. (2010), Food security: the challenge of feeding 9 billion people, Science 327 (5967): 812-818
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Nardo M., Saisana M., Saltelli A., Tarantola S., Hoffmann A., Giovannini E. (2008), Handbook on Constructing Composite Indicators – methodology and user guide. Oecd publishing
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Wildavsky A. and K. Dake (1990), Theories of risk perception: Who fears what and why?, Daedalus, 41-60
- 1. Eccellenti rassegne della letteratura sugli indicatori esistenti sono Barrett (2010), Cafiero et al. (2014), Santeramo (2015b)
- 2. Eccezion fatta per i casi in cui le osservazioni mancanti sono casuali. In realtà è difficile che tale condizione si verifichi, laddove è verosimile che la mancanza di dati a livello micro (e.g. individui, famiglie) o macro (e.g. paesi) rifletta una difficoltà di raccolta del dato. L’autore ringrazia il revisore per gli spunti forniti.
- 3. La soglia del 5% è suggerita per evitare che le informazioni mancanti possano in modo “statisticamente significativo” influenzare le stime.
- 4. Il set di dati "Fao Food Security Indicators" è costruito seguendo la raccomandazione di esperti del Committee on World Food Security Round Table on hunger measurement, ospitato dalla Fao nel mese di Settembre 2011.
- 5. Le osservazioni circa l’importanza relativa delle varie decisioni sono intrinseche a qualunque processo di creazione di indicatori compositi (ad es. Ferreira and Lugo, 2012, giungono a considerazioni simile in merito all’utilizzo di indicatori composti per la misurazione della povertà). La presente analisi evidenzia la rilevanza relativa delle decisioni nel processo di costruzione di indici composti di sicurezza alimentare. Tale rilevanza è peculiare rispetto al fenomeno, allo schema teorico di riferimento, ed al set di dati analizzato.