Abstract
Il lavoro, partendo da un’analisi delle catture di Blu Fin Tuna, noto come tonno rosso, presenta alcune considerazioni inerenti alle misure definite dagli organismi preposti al fine di evitare il collasso dello stock della specie. Ne emerge una non sempre adeguata linea strategica di tutela adottata negli ultimi decenni, stabilendo spesso limiti di cattura sensibilmente superiori a quelli raccomandati dagli organismi scientifici.
La produzione e il mercato del tonno rosso atlantico
Il tonno è tra le specie ittiche più importanti a livello mondiale per volumi commercializzati. La sua pesca è ormai sviluppata su scala industriale e, secondo dati Fao, nel 2014 il valore della produzione globale si è attestata su 2.320 US$/t, per un totale di 17.772 milioni di US$.
Relativamente al tonno rosso (Thunnus thynnus - Atlantic bluefin tuna), specie maggiormente diffusa nel Mediterraneo, la produzione mondiale ha sfiorato le 40mila t e di queste oltre la metà è rappresentata da catture effettuate nell’Atlantico, più che raddoppiate negli ultimi trentacinque anni e soprattutto a partire dagli anni ’90 (Fao, 2014).
Disaggregando i dati di produzione di tonno rosso atlantico per area di pesca (Atlantico occidentale - Ato, Atlantico orientale - Ate e Mediterraneo - Med), emerge che, negli ultimi decenni, i quantitativi pescati nel Mediterraneo hanno acquisito un’importanza crescente. Su tale incremento sostenuto ha inciso in maniera determinante il grande sviluppo degli allevamenti, soprattutto a seguito del forte aumento della domanda giapponese, alimentata dalla diffusione del sushi-sashimi, piatto a base di pesce crudo consumato in bar e ristoranti. A tale proposito è stato stimato che, nel periodo 1997-2002, le importazioni del Giappone dal Mediterraneo sono passate da zero al 70% di quelle totali (Miyake et al., 2004; Scarpato e Simeone, 2005; Spagnolo, 2006). Tale percentuale è ulteriormente cresciuta negli anni successivi tanto che, già nel 2005, la quasi totalità del tonno rosso commercializzato da tale Paese proveniva da impianti da ingrasso del Mare nostrum.
Tuttavia, con l’introduzione di un Totale Ammissibile di Catture (Tac) da parte della International Commission for the Conservation of the Atlantic Tunas (Iccat - Commissione internazionale per la conservazione dei tunnidi nell’Atlantico) , la produzione mondiale è iniziata a diminuire, passando da circa 40mila t dichiarate nel 1998 alle 32mila t fissate nel 1999 come totale ammissibile. Nel 2014, ultimo dato disponibile, la produzione mondiale non sarebbe arrivata a sfiorare le 15mila t, di cui il 62,7% dal Mediterraneo e il 37,3% dall’Atlantico (Figura 1).
Figura 1 - Catture totali di tonno rosso per area geografica di pesca, 1950-2014 (valori in tonnellate).
Fonte: elaborazione su dati Iccat, 2014a
Rispetto ai singoli Paesi, tra i maggiori produttori mondiali di tonno rosso figurano Spagna (2.446 t), Francia (2.419 t) e Italia (1.946 t), i quali, dal 1950 al 2014, hanno toccato, in momenti storici diversi, cifre massime intorno alle 12mila t per quanto riguarda Francia e Spagna e 10mila t per quanto concerne l’Italia (Figura 2).
Figura 2 - Catture totali di tonno rosso nei tre maggiori Paesi produttori, 1950-2014 (valori in tonnellate)
Fonte: elaborazione su dati Iccat, 2014a
Ad oggi, la produzione di tonno rosso atlantico, nel quinquennio 2010-2014, ha superato di poco le 13mila t, mentre nel quinquennio precedente (2005-2009) aveva sfiorato le 31mila t. il mercato di destinazione finale del tonno rosso è essenzialmente quello giapponese, la cui produzione è risultata, nel 2014, pari a 1.436 t, superando di poco le catture dichiarate dai Paesi dell’Africa settentrionale, quali Marocco (1.269 t) e Tunisia (1.057 t). Il prodotto importato in Giappone dai Paesi UE è costituito prevalentemente (circa il 60%) da tonno rosso vivo, fresco o refrigerato e in misura minore (circa il 40%) da tonno rosso congelato, secco, salato o in salamoia, affumicato.
Gli interventi a tutela del tonno rosso
La forte domanda nipponica ha esacerbato la pesca di tonno rosso negli ultimi decenni, determinando un elevato rischio di estinzione nei mari di tutto il mondo, con considerevoli impatti sulla biodiversità (Sardaro et al., 2016). Secondo il Comitato scientifico dell’Iccat, la Standing Committee on Research and Statistics (Scrs), la sovraccapacità della flotta rappresenta il fattore principale che potrebbe condurre all’esaurimento dello stock di tonno rosso. Pertanto, da diversi anni esiste un grande interesse a regolamentarne, su scala internazionale, la pesca e l’acquacoltura.
Relativamente agli Stati membri dell’UE, rappresentati dalla Commissione Europea, alcune delle raccomandazioni adottate dalle Orp sono già state recepite nel diritto dell’Unione e accolte nel Regolamento (CE) n. 1936/2001 del Consiglio del 27 settembre 2001, modificato dal Regolamento (CE) n. 869/2004, relativo ad alcune misure di controllo applicabili alle attività di pesca di taluni stock di grandi migratori, e nel Regolamento (CE) n. 520/2007 del Consiglio del 7 maggio 2007, che stabilisce misure tecniche di conservazione per taluni stock di grandi migratori. A ciò si aggiunge il Regolamento (UE) 2016/1627 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 settembre 2016, relativo a un piano pluriennale di ricostituzione del tonno rosso nell’Atlantico orientale e nel Mediterraneo.
L’Iccat adotta un piano di gestione e conservazione pluriennale per il tonno rosso nell’Atlantico dell’Est e nel Mediterraneo. In particolare, nella riunione tenutasi a Dubrovnik, nel 2006, ha presentato un Piano di ricostituzione pluriennale per il periodo 2007-2010, basato su proposte avanzate dai Paesi che si affacciano sul Mediterraneo e dell’UE, ulteriormente rafforzato nella riunione di Marrakech nel 2008. In particolare, rispetto alle 28.500 t del 2008, il Totale Ammissibile di Cattura (Tac) per il 2009 è stato portato a 22mila t e a 19.950 t nel 2010, con una riduzione del 30% in due anni. Inoltre, il Piano rivisitato, oltre a diminuire drasticamente la pressione sullo stock, ha definito anche meccanismi di controllo lungo tutta la catena di commercializzazione. Nello specifico, gli elementi principali del piano di recupero, oltre all’immediato abbattimento del Tac, hanno riguardato: la riduzione di quattro mesi della stagione di pesca per le tonniere con reti a circuizione; l’avvio di un progetto regionale Iccat per garantire un controllo integrale da parte di osservatori di tutte le tonniere e di tutte le operazioni di trasferimento nelle casse e raccolta; la messa a disposizione delle registrazioni video delle operazioni di pesca e acquacoltura a favore di osservatori e ispettori; il divieto di tutte le importazioni ed esportazioni di tonno rosso per il quale non esiste un contingente, sia a livello nazionale che di singolo peschereccio; il divieto di effettuare trasbordi di pesce in mare, con obbligo di effettuare gli stessi soltanto nei porti designati; il divieto di trasferimento dei tonni agli allevamenti senza l’autorizzazione preventiva dello Stato di bandiera del peschereccio.
Il Piano di ricostituzione della risorsa per il periodo 2007-2010 è stato recepito dall’Unione Europea con il Reg. (CE) n. 1559/2007 del Consiglio, del 17 dicembre 2007. Esso prevedeva: una progressiva riduzione del Tac per il periodo di riferimento; l’introduzione di restrizioni dell’attività di pesca in zone e periodi determinati e di una nuova taglia minima; l’adozione di disposizioni in materia di pesca sportiva e ricreativa.
Per il periodo 2015-2017, la campagna di pesca del tonno rosso è disciplinata dalla Raccomandazione Iccat n.14-04 del 2014. Il contingente di cattura assegnato all’Italia con il Regolamento UE n. 2016/72, per la campagna di pesca 2016 è risultato pari a 2.752,56 t. Tale quantitativo è stato ripartito tra i vari sistemi di pesca autorizzati con il D.M. 17 aprile 2015. Ai sensi e per gli effetti di quanto stabilito dagli articoli 34 e seguenti del Regolamento CE n.1224/2009, in caso di raggiungimento e/o esaurimento del contingente nazionale di cattura, ovvero di quello assegnato a ciascun sistema di pesca, nonché delle quote individuali di cattura, è possibile disporre, con apposito provvedimento, l’interruzione immediata della relativa attività di pesca anche con anticipo rispetto alle date di chiusura previste. Inoltre, è assolutamente vietato l’impiego di qualsiasi mezzo aereo per la ricerca e la localizzazione dei banchi di tonno rosso. La taglia minima di cattura, per qualsiasi sistema di pesca, è confermata in 30 chilogrammi di peso o 115 centimetri di lunghezza alla forca (misurata, cioè, dall’estremità della mascella superiore all’estremità del raggio più corto della coda), con alcune eccezioni inerenti ai luoghi di pesca. Alle catture, che vengono imputate al contingente nazionale, si applicano integralmente le disposizioni in materia di porti designati, log-book , operazioni di sbarco e/o trasbordo. Infine, tutte le unità non espressamente autorizzate alla pesca del tonno rosso possono effettuare catture accessorie entro e non oltre un limite del 5% del totale delle stesse, calcolato o in base al peso e/o al numero, con riguardo a tutte le specie ittiche soggette alle disposizioni Iccat (Allegato 2), o in base al solo peso, con riguardo a tutte le altre specie ittiche.
Relativamente alla campagna di pesca per il 2017, il contingente di cattura nazionale è risultato pari a 3.304,82 tonnellate (D.D. 7 aprile 2017), seguendo quindi una tendenza al rialzo del Tac, anche al fine di garantire certezza reddituale alle imprese operanti nel comparto.
Il sistema di gestione della pesca del tonno rosso in Italia
L’Italia è l’unico Paese nel Mediterraneo che ha deciso di ripartire la quota tra i pescherecci. Gli altri Paesi, come ad esempio la Francia, invece, hanno preferito mantenere la quota totale indivisa per l’intera flotta tonniera. Ciò significa che, una volta raggiunto il Tac, l’attività di cattura viene sospesa. I due sistemi, apparentemente simili, sono caratterizzati da forti differenze e da un sistema di incentivi alla pesca (e al rispetto delle regole) profondamente diverso. In Italia, l’assegnazione delle catture ai natanti abilitati (quota individuale) è calcolata in funzione del sistema di pesca praticato e in proporzione alla dimensione dell’imbarcazione, sulla base di dichiarazioni statistiche comprovanti le catture di tonno effettuate negli anni di riferimento.
L’introduzione del sistema delle quote individuali ha posto un duplice problema. Il primo è relativo alla dimensione della quota nazionale, il secondo ai criteri di allocazione iniziale delle quote fra i molteplici pretendenti. Nel primo caso, occorre ricordare che in Italia l’applicazione delle quote individuali ha scatenato una serie di polemiche e agitazioni fra le categorie interessate, causate dai criteri di determinazione dei contingenti di cattura adottati dall’Iccat e dall’UE. Le percentuali di ripartizione delle catture tra i Paesi produttori dell’Unione sono state calcolate, infatti, in base ai livelli produttivi relativi al periodo 1993–1995, durante il quale questa specifica attività ha fatto registrare in Italia un trend negativo. Di conseguenza, la quota globale è risultata largamente inferiore alla capacità produttiva espressa dalla flotta italiana, pari al 26,75% delle catture complessive di tonno rosso riconosciute annualmente all’Unione Europea in sede Iccat . Tale percentuale corrisponde a un livello produttivo pari ad appena il 40% di quelli registrati negli anni 1996-98. Il secondo problema riguarda l’individuazione dei beneficiari cui assegnare la quota, per il quale l’oggettiva difficoltà di dimostrare l’effettivo possesso dei criteri richiesti non ha potuto che dar luogo a una certa flessibilità nell’assegnazione.
Criticità derivanti dal regime internazionale di gestione del tonno rosso
Numerosi studi hanno evidenziato, nel corso degli ultimi decenni, un sovrasfruttamento del tonno rosso, con conseguenti difficoltà relative a: ridotto reclutamento a causa di pochi esemplari che raggiungono l’età riproduttiva; aumento delle probabilità di insuccesso del reclutamento a causa di problemi ambientali e di cicli generazionali più brevi; diminuzione della diversità genetica nella specie dovuta a caratteristiche indesiderabili nella popolazione (diminuzione della taglia media di riproduzione dovuta alla pesca sistematica di individui di dimensioni maggiori); decremento dell’abbondanza totale e della taglia media degli esemplari; instabilità delle comunità ittiche e alterazioni legate alla rimozione selettiva dei predatori; selezione più rapida legata alla vita più breve di una generazione, a svantaggio di caratteristiche favorevoli.
La politica di salvaguardia dell’Iccat non sempre è risultata sufficiente nel corso degli anni. In effetti, tale ente ha parzialmente ignorato per anni le ricerche scientifiche sulla popolazione dei tonni presentate in forma di raccomandazioni della Scrs. Ad esempio, già nel 1996, gli scienziati del Comitato avvertivano che, per arrestare il declino della popolazione orientale, le catture avrebbero dovuto attestarsi intorno alle 25mila t. Tuttavia nel 2002 le quote programmate per il periodo 2003-2006 venivano fissate a 32mila t, il 28% in più rispetto al livello consigliato.
Nel giugno 2007, il Consiglio Europeo della Pesca ha approvato il Piano di ricostituzione per il Tonno, con il Regolamento (CE) 643/2007 del Consiglio dell’11 giugno 2007. Tuttavia tale atto normativo è stato aspramente criticato dalle associazioni ambientaliste, le quali hanno evidenziato come la quota complessiva da ripartire tra i Paesi, stabilita in 29.500 t, fosse troppo elevata, con il rischio di portare al collasso della specie entro i prossimi 3-5 anni. Peraltro, considerando anche le quote di Turchia e Libia assegnate in modo unilaterale, la quota complessiva legale di pesca saliva a 32mila t. A ciò occorre aggiungere i prelievi illegali, che già nel 2006 hanno raggiunto 55mila t, quasi il triplo della soglia di rischio. Nel 2007, l’Unione Europea ha peraltro reso noto che le catture risultavano pari ad oltre 20mila t in più della quota stabilita, a riprova della scarsa efficacia del programma di ricostituzione della specie. Anche durante la stagione di pesca 2008, l’Iccat ha stabilito la quota complessiva in 28.500 t, ignorando ancora una volta le avvertenze del Comitato Scientifico.
Il tetto fissato dall’Iccat (22.700 t) per il 2017 continua a essere superiore a quello raccomandato dalla Scrs negli anni recenti (15mila t), per evitare il collasso della specie. Inoltre, una grave imperfezione del sistema delle quote consiste nella mancanza di un effettivo monitoraggio in tempo reale della quantità totale di pescato. Ciò significa che non è possibile chiudere l’attività ittica una volta raggiunta la quota annuale di cattura.
Tra le raccomandazioni della Commissione è previsto, altresì, il rispetto della taglia minima del pescato, al fine di tutelare i giovani esemplari (i cosiddetti giovanili) per garantire l’attività riproduttiva della specie. A tale proposito, già nel 1975, l’Iccat indicava una taglia minima di 6,4 kg, con una tolleranza del 15%. Tuttavia la pesca dei giovanili è continuata a crescere nell’Atlantico orientale e nel Mediterraneo, tanto che secondo i dati della stessa Iccat, essa rappresenta il 50% del pescato. Ad oggi, la taglia minima fissata è pari a 30 kg di peso o 115 centimetri di lunghezza alla forca, ma appare ancora piuttosto esigua per una specie che può superare i 500 kg in età adulta, cosicché la riproduzione della specie continuerebbe ad essere a rischio. Del resto, la Scrs nel 2014 ha stimato lo stock del tonno rosso dell’atlantico pari ad appena il 9% della sua biomassa originale e ben al di sotto del livello minimo in grado di garantire la sostenibilità della specie. Tuttavia, a partire dal 2011, è stato rilevato un certo miglioramento della sua consistenza, anche in conseguenza ai più severi limiti imposti dal Tac per ciascun Paese, cosicché appare oggi possibile una ricostruzione del 70% del livello di biomassa target prevista entro il 2035 (Iccat, 2014b).
Intanto il Wwf (2008) per la prima volta ha effettuato una stima effettiva della capacità di cattura delle flotte dedite alla pesca del tonno con reti a circuizione. Seppur risalente ad ormai 10 anni fa, lo studio contribuisce a comprendere il potenziale di pesca delle flotte tonniere operanti nel Mediterraneo ed il rischio concreto cui va incontro la specie ittica in oggetto. In particolare, il documento denuncia la presenza di una flotta ipertecnologica adibita alla pesca esclusiva del tonno rosso, con una capacità di cattura di 55.000 t, due volte superiore alle quote fissate dall’Iccat e 3 volte e mezzo superiore a quelle raccomandate dalla comunità scientifica per evitare la scomparsa della specie. Si tratta di flotte di pescherecci sovradimensionate, con un considerevole investimento di mezzi e risorse economiche, in grado di pescare quantità di tonno addirittura superiori a quelle attualmente disponibili nel Mediterraneo. Partendo da tali informazioni, al fine di mantenere la capacità di pesca entro i limiti legali stabiliti dall’Iccat, sarebbe necessario dismettere ben 229 imbarcazioni, pari ad un terzo delle attuali 617. Per rispettare, invece, i limiti dettati dal Comitato Scientifico, si arriverebbe addirittura a 284 imbarcazioni da dismettere. Secondo il Rapporto, tra i Paesi responsabili (oltre a Turchia, Croazia, Libia, Francia e Spagna), l’Italia ha dichiarato quote inferiori a quelle effettivamente pescate. Infatti, ad un consistente sviluppo della flotta italiana avvenuto negli ultimi quindici anni, sono corrisposte quantità di pescato sempre inferiori. Dall’indagine svolta in mare e nei porti, il Dossier mostra la netta discrepanza tra le imbarcazioni italiane registrate e autorizzate alla pesca e all’allevamento del tonno rosso (185) e quelle realmente operanti nella stagione 2008 (283). Inoltre, le flotte del Mediterraneo dovrebbero pescare almeno 42mila t di tonno solo per coprire i propri costi. Una stima comunque per difetto, in quanto considera solo le imbarcazioni più moderne e tecnologicamente più avanzate e trascura quelle costruite più di dieci anni fa.
Considerazioni finali
Il presente lavoro, partendo da un’analisi delle catture, del mercato e delle più salienti diposizioni normative in materia di tonno rosso, ha evidenziato alcune criticità inerenti alla gestione della pesca di tale specie. Le prospettive di una soluzione a questa situazione necessitano l’applicazione di ulteriori misure di gestione che siano coerenti con un approccio ecosistemico, ma al contempo in grado di salvaguardare la redditività degli operatori del comparto. In termini operativi, i benefici derivanti dalla chiusura di alcune zone di pesca, anche se limitata ad un determinato periodo di tempo, potrebbe notevolmente facilitare l’attuazione e il monitoraggio delle strategie di ricostruzione dello stock della specie, in linea con quanto esplicitato in alcuni documenti dell’Independent Review Panel.
Riferimenti bibliografici
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Iccat (2014a), Statistical Bullettin, vol. 42 part 1-2
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Iccat (2014b) Report 2014-2015 [link]
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Miyake P. M., Miyabe N., Nakano, H. (2004), Historical trends of tuna catches in the world, Fao
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Sardaro R., Girone S., Acciani C., Bozzo F., Petrontino A., Fucilli V. (2016), Agro-biodiversity of Mediterranean crops: farmers' preferences in support of a conservation programme for olive landraces, Biological Conservation, n. 201, 210-219
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Scarpato D., Simeone M. (2005), La filiera del tonno rosso mediterraneo: problematiche e prospettive del comparto in Campania. Università degli Studi di Napoli “Parthenope”, Istituto di Studi Economici, Working Paper n. 4
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Spagnolo M. (2006), Elementi di economia e gestione della pesca, Franco Angeli, Milano
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Wwf (2007), Tuna in trouble, major problems for the world’s tuna fisheries [link]
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Wwf (2008), Race for the last Bluefin: capacity of the purse seine fleet targeting Bluefin tuna in the Mediterranean Sea and estimated capacity reduction needs [pdf]