L’agricoltura a cinquanta anni dal Trattato di Roma

L’agricoltura a cinquanta anni dal Trattato di Roma
a Università di Macerata, Dipartimento di diritto privato, del lavoro italiano e comparato

L’agricoltura ha “costruito” l’Europa

A cinquanta anni dal Trattato di Roma, non solo occorre riconoscere all’agricoltura un ruolo economico, seppure mutato nei contenuti e nelle forme, ma soprattutto sottolineare il fatto che settore continua a mantenere una funzione aggregativa di ordine politico e istituzionale, ben superiore ai meri dati economici espressi.
Dopo due devastanti guerre mondiali, il superamento dei nazionalismi è avvenuto innanzitutto attraverso l’agricoltura che, approvvigionando le popolazioni e consentendo reddito al settore effettivamente (allora) primario, ha allontanato lo spettro dell’indigenza. Non a caso, proprio per la sua funzione strategica, la materia agricoltura è stata attribuita alla competenza comunitaria e le sue regole, sia pure per le organizzazioni comuni di mercato, hanno costituito il parametro delle fondamenta giuridiche dell’appartenenza comunitaria stessa. Non solo le prime forme di un condiviso schema di mercato hanno trovato la loro prima sperimentazione nell’Organizzazione Comune dei cereali del 1962, ma i passaggi politici più delicati, come l’allargamento ai Paesi mediterranei prima, ed a quelli dell’Est dopo, pur nelle loro più ampie e condivisibili motivazioni politiche, hanno trovato sostanziale supporto nell’agricoltura e nelle politiche agricole. Il processo non si è limitato ai profili economici. Si pensi infatti ai Programmi integrati mediterranei ed ai loro meccanismi istituzionali e giuridici, che avviano, con intuito anticipatore, processi integrati di sviluppo dal basso e, per la prima volta, prevedono strumenti contrattuali all’interno di questi processi.
Gli strumenti contrattuali, dopo aver trovato un timido accenno nella direttiva sulla montagna del 1975, hanno avuto successivamente una loro formale consacrazione nel regolamento sul set-aside, poiché vincolano l’agricoltore alla sottoscrizione di impegni, richiedendo comportamenti, oltre che status.
La Pac ha avviato politiche e regole sui segni distintivi, quando ancora la consapevolezza sulla de-materializzazione produttiva non era stata compiutamente elaborata. La Pac ha dato origine ad organismi sopranazionali, come l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), quando i confini fisici e le misure tecniche dei singoli Stati nazionali hanno dimostrato di essere impotenti davanti ai problemi della sicurezza alimentare. L’EFSA rappresenta dunque una “forma” tecnica, antesignana di un percorso politico, quello di un’Unione compiutamente sopranazionale.
Inoltre, dal punto di vista giuridico, è stato il diritto agrario comunitario a creare ex-novo nuove figure, come l’imprenditore agricolo a titolo principale, oppure ad attivare in modo concreto il principio di sussidiarietà, verticale in questo caso, affidando, ad esempio alle organizzazioni dei produttori, funzioni prima riservate ad organismi pubblici.

Le recenti riforme della PAC

Il processo di sussidiarietà ha assunto oggi un carattere più strutturale, anche per far fronte alla complessità ed ai problemi nuovi che l’UE, nel suo ampliarsi, deve affrontare. Ancora una volta l’agricoltura ha fatto da battistrada. Come è stato osservato infatti in via generale, la riforma della Pac afferma “sul versante dei meccanismi di attribuzione e gestione delle risorse, un deciso arretramento rispetto ad un’idea di governo centralizzato ed uniforme dell’agricoltura, riconsegnando ai Paesi membri poteri di governo delle rispettive economie agricole, ben maggiori di quelli che residuavano da una molteplicità di regimi di aiuto, ciascuno separatamente e uniformemente regolato in sede comunitaria” (Albisinni).
In particolare, tra questi strumenti, la modulazione degli aiuti diretti ha segnato un nuovo approccio nelle politiche agricole dell'UE, tendendo a modificare le relazioni tra il livello locale, nazionale e sovranazionale nella gestione del sostegno, intervenendo direttamente sulla programmazione finanziaria, modificando il grado di sostegno previsto, da ciascuno dei livelli istituzionali coinvolti, e gli strumenti attivati nell’ambito delle politiche per lo sviluppo rurale (Scoppola, 2004).
A questo nuovo impianto va aggiunto il Reg. n. 1698/2005 “sul sostegno allo sviluppo rurale”, con il quale l’Unione Europea, completando il percorso avviato con la riforma di medio termine, supera in modo definitivo la precedente logica produttivistica e rende esplicitamente “plurale” la politica agricola comune, differenziandone indirizzi e obiettivi rispetto ai modelli di produzione, ai metodi di gestione del territorio, ai profili occupazionali e, più in generale, alle condizioni socio-economiche delle diverse zone rurali.
In questa direzione, non è tanto e solo il riferimento all’implementazione di misure ambientali ed a un recuperato ruolo (centrale e multifunzionale, al tempo stesso) delle foreste, che pure segnano un irreversibile spartiacque con la precedente impostazione economicistica, quanto quello all’agricoltura di “semi-sussistenza”, agli investimenti non produttivi, agli impianti agroforestali su terreni agricoli, i cui profili, nonostante la loro apparente “minorità”, indicano, in realtà, un percorso nuovo. Si tratta cioè di un sostanziale riconoscimento della pluralità delle agricolture e delle tipologie di soggetti, così come delle politiche diversificate, che avevano, invero, già la loro base giuridica nel Trattato di Roma, art. 32, comma 2, con l’aggiunta della finalità dello sviluppo sostenibile, che si innesta sull’avvenuto superamento della tradizionale concezione delle attività agricole, nel cui novero viene invece ricompreso anche “il mantenimento della terra in buone condizioni agronomiche e ambientali”.

Il territorio e le reti

E’ un’inversione netta: dal settore al territorio, dall’imprenditore agricolo alle reti di attività. E ciò è tanto più significativo quanto più si pensi che la competizione, a livello mondiale, avviene ormai tra territori prima che tra Stati. La stessa “dimensione” ambientale, che è questione globale, ormai conforma le attività agricole, tanto che il nuovo (e, ancora una volta, prototipale) paradigma agricolo è rappresentato dal passaggio dal “diritto alla terra” al “diritto della terra”, inteso nel senso di un intrinseco collegamento tra la terra come fattore produttivo e la terra come bene e valore da conservare (Graziani).
A conferma della forte spinta comunitaria verso il definitivo superamento dello schema tradizionale, è significativo osservare che nei testi comunitari (ma anche regionali) il termine agricoltura, in molti casi, oggi, non compare nella sua individualità, ma è spesso sostituito da altre espressioni (come “sistemi agroalimentari”, “sviluppo rurale” o, ancor più recentemente, nel quadro finanziario della programmazione comunitaria 2007/2013, “sviluppo compatibile”), “così evidenziando l’affermarsi di una visione più generale che si espande in più direzioni: verso lo sviluppo produttivo integrato, la qualità e la sicurezza del consumatore, la gestione del territorio e dell’ambiente” (Desideri). Di più. Nella nuova normativa costituzionale ex legge n. 3/2001, la materia “agricoltura” non è più esplicitamente riportata, ma ricondotta alla competenza delle Regioni per via della cosiddetta “clausola residuale”, ex comma 4, art. 117, con una prospettiva integrata e in espansione dello “sviluppo regionale locale”, secondo un approccio innovativo e di forte impatto, promosso dalla politica regionale della Unione Europea (Desideri). Si tratterebbe, in sostanza, non tanto di un problema di incertezza sul confine della materia “agricoltura”, ma se abbia senso cercare ancora dei confini o, perlomeno, negli stessi termini del passato (ancora Desideri).
Forse, proprio alla luce dei più recenti approdi comunitari, dobbiamo avere la lucidità di riflettere se siamo già “oltre l’agricoltura” e assumerne la relativa consapevolezza. Con tutti gli effetti che questo comporta.

Riferimenti bibliografici

  • Albisinni F. (2004), “Profili istituzionali nel regolamento sull’aiuto unico e nel decreto di attuazione in Italia”, in Agricoltura, Istituzioni, Mercati, 2, 37 ss.
  • Desideri, C., “Oltre l’agricoltura: nuovi segnali dalle Regioni”, in Agricoltura Istituzioni Mercati, 2004, 114 ss
  • Graziani, C.A., “Dal diritto alla terra al diritto della terra”, in Graziani, C.A.(a cura di), Le risorse preziose:lo sguardo del giurista, Milano, 2005.
  • Scoppola M. (2004), “Il disaccoppiamento nella riforma Fischler della Pac; una prospettiva economica”, in Agricoltura, Istituzioni, Mercati, n. 1, 11 ss.
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