Introduzione
Nell’ambito della Politica agricola comune, l’OCM Vino presenta una struttura particolarmente complessa, in quanto contiene sia misure di sostegno finanziario sia misure di regolazione, entrambe con effetti sulla competitività del settore. Cambiamenti nei sistemi di regolamentazione producono effetti sulla redditività delle imprese, sia dal lato dei costi (come ad esempio le restrizioni alle pratiche enologiche o le specificazioni relative alle denominazioni di origine) sia dal lato dei ricavi, permettendo alle imprese che rispettano determinati standard di differenziare i prodotti e collocarli in segmenti di mercato a più alto valore aggiunto. Nello specifico le regole relative alla presentazione ed etichettatura dei vini, che sono connesse alle norme sui metodi produttivi e quindi agli aspetti relativi alla salute, all’origine e alla qualità del prodotto, possono permettere ai consumatori di distinguere tra prodotti di maggiore o minore qualità e quindi di evidenziare una diversa disponibilità a pagare. Ciò è possibile infatti solo se i consumatori riescono a percepire le differenze e ad attribuire un maggior valore ad alcuni attributi di qualità del prodotto. Le preferenze dei consumatori possono spingere le imprese a rispettare regole più restrittive e sostenere costi più alti per differenziare il prodotto e raggiungere più alti livelli qualitativi.
Solitamente negli studi di marketing e di consumer science 1 i segnali di qualità presi in considerazione riguardano il packaging (colore e forma della bottiglia, stile dell’etichetta, ecc.), la marca (sia come marca del produttore che come indicazione d’origine), le informazioni sulle caratteristiche dei vini (varietà, annata, origine) e il prezzo. Vi sono però altri aspetti legati alle regole di presentazione ed etichettatura (Reg. CE n. 607/09) che riflettono diverse regolamentazioni sui metodi di produzione, che possono influire sulla percezione della qualità da parte dei consumatori. Per quanto riguarda le indicazioni obbligatorie in etichetta, è questo il caso dell’indicazione “contiene solfiti” o dell’indicazione relativa alla presenza di allergeni, oppure, per quanto riguarda le indicazioni facoltative, dei riferimenti relativi al metodo di produzione, invecchiamento o elaborazione, delle indicazioni di unità geografiche più piccole rispetto alle denominazioni di origine, dell’indicazione dell’imbottigliamento all’origine o nella zona di produzione. Anche la regolamentazione relativa alle produzioni biologiche (Reg. CE n. 834/2007) e all’etichettatura di tali prodotti può influire sulla percezione del consumatore. Infine nell’attuale OCM un’evidente novità rispetto al passato è il cambiamento nella regolamentazione riguardante le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche, che vengono ricondotte alla normativa delle DOP e IGP elaborata per gli altri prodotti agroalimentari (Reg. CE 479/2008, Capo IV). I produttori possono quindi utilizzare la sigla e il logo DOP e IGP in aggiunta o in sostituzione delle denominazioni tradizionali; gli effetti di tali cambiamenti sulla percezione dei consumatori debbono essere analizzati. In generale invece gli effetti di tali attributi non sono generalmente presi in considerazione, se si escludono in parte le comparazioni tra vini tradizionali e biologici (Siriex e Remaud 2010).
Poiché nella scelta di un prodotto il consumatore non valuta ciascun attributo di qualità separatamente ma il prodotto nel suo insieme, l’analisi va realizzata con una metodologia in grado di considerare sia la combinazione dei diversi attributi del prodotto sia il contributo di ogni attributo alla creazione di valore per i consumatori. Per questo motivo la valutazione che i consumatori attribuiscono alle diverse caratteristiche può essere effettuata attraverso il metodo della conjoint analysis. Questo tipo di analisi, solitamente utilizzata per guidare le scelte di marketing delle imprese, viene utilizzata in questo contesto per valutare come alcuni aspetti regolatori e di presentazione del prodotto nel settore vitivinicolo possono influenzare la percezione di qualità da parte dei consumatori. Allo scopo, oltre duecento consumatori sono stati intervistati nel territorio della regione Abruzzo, valutando differenti etichette elaborate a partire da un Montepulciano d’Abruzzo Doc regolarmente in commercio.
La conjoint analysis
La conjoint analysis rappresenta una delle tecniche statistiche che nell’ambito delle ricerche di marketing hanno avuto maggiore successo applicativo nell’ultimo ventennio. La conjoint analysis è uno strumento di marketing utile per determinare i mix ideali di prodotto, ovvero quei profili di offerta potenzialmente più vendibili per un determinato mercato; questo partendo dalla considerazione fondamentale e propria della tecnica, ovvero che ogni prodotto/servizio sia formato da una combinazione di attributi e livelli. Gli attributi sono delle caratteristiche del prodotto (ad esempio il colore, il packaging, etc.) mentre i livelli sono delle opzioni, ovvero dei valori che tali attributi possono assumere. Con la conjoint analysis si è in grado di misurare l’utilità di ciascun livello e di ciascun attributo, determinando così il peso che essi hanno nel processo di scelta del prodotto da parte del consumatore. Ciò consente di costruire prodotti e servizi mirati per un determinato mercato. Esistono diverse applicazioni della conjoint analysis al settore agroalimentare: studi sulla carne bovina (Makokha et al. 2007), sul pesce (Haldrendt et al. 1991), sull’accettazione del latte transgenico (Schnettler et al. 2008). Cicia e Perla (2000), ad esempio, hanno effettuato un esperimento di conjoint analysis applicandola all’olio extra-vergine di oliva e studiando quattro attributi: la regione di origine, l’istituto di certificazione, l’aspetto ed il prezzo. L’impatto del luogo di origine è risultato maggiore rispetto agli altri. Nel settore vitivinicolo una recente sperimentazione è stata realizzata da Szolnoki et al. (2010), che hanno valutato l’impatto su diversi target di consumatori di alcune variabili: la tipologia di vino (Pinot Grigio, Palatinate Riesling, Moselle Riesling), la forma della bottiglia (Bordeaux, Schlegel), il colore della bottiglia (verde, marrone, bianco) e tre differenti stili di etichetta (tradizionale, internazionale, stravagante).
La tecnica del full profile rappresenta la metodologia di conjoint analysis più diffusa e si basa sulla somministrazione agli intervistati di una serie di scenari completi, cioè combinazioni alternative di tutti gli attributi del prodotto/servizio presenti simultaneamente. Il numero dei possibili profili così cresce rapidamente e dipende dalle diverse combinazioni di attributi e di livelli. Perciò spesso si ricorre all’impiego di un sottoinsieme di tutti i possibili profili, in maniera da ridurre il numero di combinazioni da presentare ai consumatori. Il piano deve però essere bilanciato con una sufficiente rotazione dei diversi attributi e con un numero sufficiente di profili, in modo da rendere statisticamente rappresentativa la sperimentazione. In ciascuno dei profili sono presenti tutti i fattori ma con combinazioni differenti dei loro livelli.
L’intervistato dovrà poi classificare/valutare ciascun profilo secondo un criterio di preferenza prestabilito: potrebbe ad esempio essere il gradimento o la volontà di acquisto.
Un’analisi sulle etichette di Montepulciano d’Abruzzo
La conjoint analysis è stata applicata allo studio della percezione delle informazioni contenute nelle etichette di un vino Montepulciano d’Abruzzo DOC. Il campione dell’indagine è risultato composto da 207 consumatori di vino. I questionari - che comprendevano anche informazioni sulle caratteristiche demografiche del consumatore, sulla frequenza di consumo e sul grado di conoscenza del prodotto vino - sono stati distribuiti nell’Enoteca Regionale d’Abruzzo e in altri esercizi similari. La prova consisteva nella presentazione di diversi profili di prodotto, che differivano per alcune caratteristiche tecnico-commerciali, e che dovevano essere valutati (con un punteggio da 1 a 100) sulla base della volontà ad acquistare. Le variabili utilizzate per la costruzione dei profili sono le seguenti:
- l’appartenenza o meno al Consorzio Tutela Vini Abruzzo e quindi la presenza o meno del logo in etichetta (secondo quanto regolamentato dal Dlgs. 8 aprile 2010, n. 61);
- la presenza o meno della dicitura contiene solfiti, obbligatoria quando la concentrazione di SO2 supera i 10 mg/l (Reg. CE n. 607/09 e direttiva 2000/13/CE);
- la certificazione biologica delle uve (Reg. CE n. 834/2007);
- l’imbottigliamento nella zona di produzione (Reg. CE n. 607/09 e Decreto MIPAAF del 23 dicembre 2009);
- il prezzo; sono state previste quattro diverse fasce di prezzo, 3-5, 5-7, 7-14 e 14-25 Euro, riconducibili, in accordo con Rabobank (2003) a diverse categorie di prodotto (popular premium, premium, super premium, ultra premium) e coerenti con i prezzi di mercato del Montepulciano d’Abruzzo.
D’accordo con il metodo del full profile con questi fattori sono stati costruiti 8 profili di prodotto, in ciascuno dei quali erano presenti tutti i fattori ma con combinazioni differenti dei loro livelli (es. sull’etichetta del Profilo n.1 figura l’appartenenza al Consorzio, l’imbottigliamento nell’area di produzione, non figura la dicitura "contiene solfiti" così come la certificazione biologica delle uve, la fascia di prezzo è compresa tra 5 a 7 euro; e così via per gli altri profili).
I risultati della conjoint analysis sono espressi in termini di valore di utilità, un numero che indica l’importanza attribuita ad un determinato fattore o livello. Il confronto tra il peso attribuito ai diversi fattori è espresso in percentuale, mentre quello relativo ai livelli che comprendono l’attributo è espresso con valori numerici positivi o negativi, che indicano valori di utilità o disutilità. Come indicato nella Tabella 1, i risultati della sperimentazione hanno fatto emergere che l’attributo con maggiore impatto sulle scelte del consumatore è stato il prezzo, con un valore del 32,5%, seguito dall’imbottigliamento (27,6%). Il valore meno importante nel processo di scelta del prodotto risulta essere il contenuto di solfiti (9,6%).
Tabella 1 - Valori utilità assegnati ai diversi attributi del prodotto
Fonte: elaborazione degli autori
Analizzando il valore-utilità percentuale dei singoli livelli, potremmo affermare che il consumatore associa importanza positiva all’appartenenza del produttore al Consorzio di Tutela Vini d’Abruzzo, all’imbottigliamento nella zona di produzione ed alla certificazione biologica delle uve con cui è stato prodotto il vino. La presenza della dicitura contiene solfiti è stata interpretata come un elemento negativo, anche se l’attributo pesa poco nel processo di scelta del prodotto (Tabella 2). Il prezzo dai 5 ai 7 euro è stato quello a cui il consumatore associa il miglior rapporto qualità/prezzo. Valori di utilità (e quindi di preferenza) positivi sono stati espressi dal consumatore anche per la fascia dai 3 ai 5 euro, mentre per le rimanenti due fasce emergono valori negativi in termini di utilità e quindi di tendenza all’acquisto di quel profilo di prodotto. Le stime sono ottenute tramite lo sviluppo da parte del software Spss 19.0 di un algoritmo che consente di assegnare un valore di utilità parziale ai diversi livelli in esame; il valore può essere positivo o negativo, in quest’ultimo caso parliamo di valori di disutilità, ovvero di livelli non graditi al valutatore.
Tabella 2 - Stima del valore di utilità dei fattori (campione totale n. 207 persone)
R di Pearson - Valore 1,000, Tau di Kendall - Valore 1,000
Fonte: elaborazione degli autori
Considerazioni conclusive
L’analisi realizzata ha fornito gli elementi per una segmentazione non tradizionale dei consumatori, basata non solo su aspetti demografici o di comportamento ma anche sulla percezione di specifici attributi del prodotto e dei cambiamenti nelle politiche di regolazione. Anche aspetti della presentazione dei prodotti solitamente non considerati hanno influenza sulla percezione del consumatore, specialmente quando connessi a concetti di naturalità, controllo della qualità e sanità degli alimenti.
L’appartenenza del produttore al Consorzio di Tutela (che può indicare un maggiore controllo e garanzia del prodotto) e l'indicazione dell’imbottigliamento nella zona di produzione sembrano avere maggiore importanza della certificazione biologica. La possibilità di eliminare l’indicazione “contiene solfiti” attraverso opportuni interventi produttivi che ne riducano la presenza non avrebbe, dai risultati ottenuti dalla conjoint analysis, un forte impatto sui consumatori. Tutti questi rappresentano però elementi potenzialmente utili per un’ulteriore differenziazione all'interno della categoria dei vini a denominazione di origine.
Le misure regolatorie dell’OCM Vino e i cambiamenti nella regolamentazione dovrebbero essere analizzati anche in rapporto agli effetti sulla competitività delle imprese e sulla percezione del consumatore. Ad esempio, sempre dai risultati dell’indagine emerge come solo il 19% del campione sia consapevole della corrispondenza tra vini DOP e DOC, mentre tutti gli altri ritengono che le due sigle rappresentino delle differenze qualitative. Una migliore informazione dei consumatori da parte delle autorità pubbliche può quindi contribuire a rendere più efficaci le informazioni contenute nelle etichette verso una effettiva differenziazione qualitativa dei prodotti.
I risultati, inoltre, mostrano che è confermata l'importanza del fattore prezzo per la maggior parte dei consumatori di vino; a integrazione dei risultati della conjoint analysis, sulla base della diversità delle risposte alle informazioni contenute nelle etichette può essere effettuata un’analisi per gruppi per verificare se ci siano segmenti di consumatori caratterizzati dalla disponibilità a pagare, per una bottiglia del vino analizzato, prezzi remunerativi tali da giustificare politihe di prodotto volte alla differenziazione qualitativa.
Riferimenti bibliografici
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Cicia G., Perla C. (2000), “La percezione della qualità nei consumatori di prodotti biologici: uno studio sull'olio extravergine di oliva tramite conjoint analysis” in De Stefano F. (a cura), Qualità e valorizzazione nel mercato dei prodotti agroalimentari tipici, ESI
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Haldrendt C.K., Wirth F.F., Vaughn G.F. (1991), “Conjoint analysis of the mid-atlantic food-fish market for farmraised hybrid striped bass”. Southern journal of agricultural economics, luglio
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Makokha S., Karugia J., Staal S., Oluoch-Kosura W. (2007), “Valuation of cow attributes by conjoint analysis: A case study of Western Kenya”. Aflare, Vol 1 n. 2, settembre
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Rabobank (2003), Wine is business. Rabobank International, Food & Agribusiness Research
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Schnettler B., Sepúlveda O., Ruiz D. (2008), “Acceptance of Transgenic Milk in La Araucania Region, Chile”. Chilean Journal of Agricultural Research, 68(4):380 390, ottobre-dicembre
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Sacchetti G. (2008), “Qualità dei prodotti agroalimentari e scelta dei consumatori: il ruolo della consumer science”, Agriregionieuropa, n. 15
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Sirieix L., Remaud H. (2010), “Consumer perceptions of eco-friendly vs. conventional wines in Australia”. 5th International Conference of the Academy of Wine Business Research, 8-10 Feb. 2010, Auckland (NZ)
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Szolnoki G., Hermann R., Hoffmann D. (2010), “Origin, grape variety or packaging? Analyzing the buyer decision for wine with a conjoint experiment”, American association of wine economists - AAWE Working paper, n. 72, novembre
- 1. Nell’ambito della scienza sensoriale o sensory science applicata agli alimenti la consumer science può essere definita come la disciplina interessata alla conoscenza della qualità percepita e delle scelte del consumatore (Sacchetti, 2008).