La valorizzazione commerciale delle produzioni di razze autoctone

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La valorizzazione commerciale delle produzioni di razze autoctone
a Università di Firenze, Dipartimento di Scienze per l’Economia e l’Impresa
b Università di Pisa, Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali
c Università di Firenze, Dipartimento di Scienze Economiche

Agrobiodiversità e mercato

Il patrimonio di biodiversità rappresentato dalle risorse genetiche animali costituisce un grande valore per la collettività e per le future generazioni, ma è molto spesso minacciato di erosione genetica o addirittura di estinzione a causa delle difficoltà che gli allevatori incontrano nel dare una remunerazione alla propria attività ottenendo sul mercato prezzi adeguati. Tali difficoltà sono in larga parte originate dagli attuali assetti del sistema agroalimentare e delle filiere che, imponendo modalità di scambio pienamente coerenti ai modelli di produzione e di consumo standardizzati e a grande scala, hanno determinato un progressivo smantellamento dei circuiti locali di commercializzazione e dunque la marginalizzazione di numerose produzioni legate alle risorse genetiche locali.
Le iniziative di recupero e di tutela delle risorse genetiche autoctone animali necessitano dunque di essere accompagnate da adeguate azioni di qualificazione e di valorizzazione che, riattivando le filiere locali e i circuiti brevi, siano capaci di rafforzare la cultura tradizionale della produzione e della trasformazione locale; in questo modo risorse genetiche autoctone possono diventare una componente importante per lo sviluppo più complessivo del territorio rurale (Belletti, Casabianca e Marescotti, 2012).
Il presente contributo riporta i risultati di una ricerca1 sul posizionamento dei prodotti freschi e trasformati derivanti da alcune razze autoctone della provincia di Grosseto sui mercati locali, nazionali ed internazionali, con l’obiettivo di evidenziare i vincoli e le opportunità che si presentano alle aziende agricole per una migliore valorizzazione dei prodotti sul mercato.
Con il termine posizionamento nella letteratura di marketing si intende la collocazione di un determinato prodotto in un definito sistema di percezioni espresse dal consumatore, anche in relazione a una offerta complessiva di prodotti concorrenti.
Il posizionamento rappresenta una decisione chiave nella politica di marketing dell’impresa e più in generale nella elaborazione della propria strategia. Per l’impresa infatti decidere il posizionamento del proprio prodotto e valutarne la percezione da parte degli utilizzatori è condizione preliminare a ogni decisione aziendale sui prodotti e a ogni scelta riguardante la politica di mercato; allo stesso tempo agire sul posizionamento del proprio prodotto significa mettere in atto una serie di azioni volte a migliorare la posizione competitiva del prodotto stesso e dunque a migliorarne la valorizzazione.
Le basi rispetto alle quali l’impresa può fondare il posizionamento del proprio prodotto (Guatri, Vicari e Fiocca, 1999) possono essere diverse e possono variare – anche in funzione delle specificità del prodotto - da quelle più tradizionali, quali il prezzo e il rapporto qualità-prezzo, le occasioni d’uso e utilizzi particolari, le proprietà chimico-fisiche, organolettiche o nutraceutiche, fino dimensioni più simboliche e/o immateriali, quali ad esempio l’immagine posseduta dal produttore, o dal territorio, o dalla regione d’origine.
Il posizionamento non necessariamente deve essere riferito al consumatore finale, ma in molti contesti può essere interpretato anche come posizionamento distributivo, ovvero riferito agli intermediari commerciali (e ai relativi canali) rilevanti per l’acquisto del prodotto.
Nella ricerca l’analisi del posizionamento è stata sviluppata in riferimento ai prodotti derivanti da tre razze autoctone presenti sul territorio della provincia di Grosseto e di particolare rilievo non solo da un punto di vista biologico e zootecnico, ma anche socio-economico: la vacca Maremmana, il suino Macchiaiolo Maremmano e la pecora dell’Amiata. Si tratta di tre razze con consistenza e con problematiche inerenti la loro preservazione e la loro valorizzazione assai differenti, come emerso anche dalle analisi svolte nel corso del progetto (si veda ad esempio: Pacciani e Toccaceli, 2012).
I prodotti derivanti dalle tre razze oggetto di osservazione sono realizzati da sistemi produttivi eterogenei. I sistemi produttivi della pecora Amiatina e del Macchiaiolo Maremmano sono costituiti da un numero molto ridotto di imprese di allevamento piccole e con caratteristiche di forte artigianalità, in alcuni casi hobbistiche o comunque scarsamente orientate al mercato, dove quasi sempre l’allevamento della razza osservata rappresenta una attività accessoria. In questi anni l’attività è stata fortemente concentrata sul recupero della razza, con scasa attenzione al rapporto con il mercato anche a causa del volume produttivo ridottissimo. La trasformazione aziendale in salumi o in formaggio rappresenta in molti casi un’attività ancora embrionale o addirittura sperimentale (come nel caso dei salumi di Macchiaiolo). Nel caso della vacca Maremmana la razza è invece da tempo consolidata, il sistema produttivo è più evoluto e presenta una certa eterogeneità interna: accanto a un certo numero di imprese di dimensioni ridotte operano alcune aziende di medio-grandi dimensioni rispetto al contesto di riferimento, che hanno sviluppato un proprio orientamento al mercato anche attraverso strategie di differenziazione e promozione2.
Con riferimento ai tre casi analizzati, i prodotti freschi (carne) non sono identificati sul mercato con una marca del produttore, ma piuttosto con il riferimento alla razza e/o al territorio di produzione; anche nel caso dei prodotti trasformati la marca gioca un ruolo marginale. Il posizionamento del prodotto sul mercato è solo parzialmente il risultato dell’attività della singola impresa, che sia di allevamento oppure di trasformazione, ma è soprattutto dato dall’aggregato delle scelte delle singole imprese e di altri soggetti portatori di interesse nella razza. Emerge dunque l’importanza del coordinamento tra imprese per poter esprimere un posizionamento più efficace e coerente agli occhi del consumatore.
La metodologia utilizzata si è basata sull’interazione diretta con operatori e testimoni privilegiati rappresentativi dei sistemi di offerta e di domanda, mediante interviste di tipo aperto sia ad allevatori che ad operatori della fase di trasformazione e distribuzione commerciale (ristoranti, macellerie tradizionali e punti di vendita diretta, servizi di ristorazione collettiva, imprese della grande distribuzione organizzata, gruppi di acquisto) sulla base di tracce di intervista predefinite, a cui si è aggiunto un focus group con gli allevatori delle tre razze indagate.

I risultati dell’indagine

Dall’indagine condotta emerge una serie di elementi interessanti relativi ai prodotti del territorio in generale e alle potenzialità (utilizzazione e posizionamento commerciale) dei prodotti derivanti dalle razze autoctone oggetto di indagine.
I prodotti del territorio rappresentano per gran parte dei soggetti intervistati un punto di forza delle proprie strategie commerciali e di vendita. Il loro utilizzo, per quanto concerne nello specifico la carne e i prodotti trasformati, trova maggior spazio nell’ambito della ristorazione e della vendita al dettaglio (macelleria aziendale e/o tradizionale), ma anche la grande distribuzione organizzata (Gdo) e la ristorazione collettiva, pur con ambiti operativi e obiettivi differenti, porgono particolare attenzione sulla scelta della provenienza e della qualità del prodotto carne e derivati.
I punti principali emersi dall’indagine sono sintetizzabili nei seguenti:
Fattori di scelta: nel periodo di crisi che caratterizza da qualche anno l’economia, i fattori economici alla base della capacità di acquisto dei consumatori assumono un ruolo primario, finendo per condizionare la scelta del prodotto locale. Al contempo anche fattori sociali ed etici rappresentano un elemento sempre più rilevante nella scelta dei prodotti alimentari. Come emerge ad esempio dalle interviste presso i responsabili delle mense scolastiche, nella composizione dei pasti gli organismi preposti operano per garantire il corretto equilibrio nutrizionale nel rispetto della sicurezza alimentare, ma anche per rispondere a nuove istanze, come accade in relazione al crescente numero nelle scuole di bambini che per motivi di salute (intolleranze, allergie, etc.) o etico-religiosi non consumano alcune tipologie di alimenti.
Approvvigionamento del prodotto: per quanto concerne il sistema di acquisto della carne, il ricorso all’approvvigionamento locale dal territorio assicura per la maggior parte dei soggetti l’affidabilità dei fornitori con i quali si collabora e con cui è possibile stringere un più stretto rapporto di fiducia. Il rapporto diretto con i produttori/allevatori è tuttavia limitato ad alcuni casi, e da molti operatori – in special modo quelli che richiedono maggiori volumi e continuità di fornitura, quali moderna distribuzione e mense – è avvertita la mancanza di un punto di riferimento aggregato che consenta di minimizzare i costi di transazione e di poter effettuare scelte di tagli anatomici più precise.
Criteri di qualità richiesti: la maggior attenzione da parte degli intervistati è rivolta alla freschezza, attributo che in linea di massima sembra essere pienamente soddisfatto nei prodotti al momento acquistati. Altri criteri sono specifici per tipologia di soggetti distributori, per cui i clienti delle macellerie si soffermano sull’aspetto esteriore del prodotto o sulla tipologia del taglio, i ristoratori sulla tenerezza, sulla predisposizione a determinati tipi di preparazione e cottura e sulla “naturalità” degli insaccati, ovvero assenza di sostanze chimiche per la conservazione. La Gdo necessita di requisiti che garantiscano tracciabilità e sicurezza, oltre che continuità e regolarità negli approvvigionamenti di quantità più elevate degli altri operatori, fatto che scoraggia al momento la possibilità di introduzione dei prodotti delle tre razze oggetto di indagine, e soprattutto del Suino Macchiaiolo e della Pecora dell’Amiata.
Comunicazione e disponibilità all’acquisto del consumatore: i soggetti della distribuzione intervistati, consapevoli del valore intrinseco dei prodotti locali, dichiarano una disponibilità a pagare un sovrapprezzo per il prodotto locale rispetto al pari prodotto convenzionale, ma entro un limite medio che si aggira sul + 30%, e cercano di comunicare il valore dei prodotti anche ai propri clienti attraverso diverse modalità, principalmente verbali dirette e in alcuni casi attraverso locandine, depliant o iniziative promozionali. L’atteggiamento del consumatore nei confronti del prodotto locale è influenzato da diversi fattori tra cui il principale afferisce alla distinzione tra consumatore locale e turista, quest’ultimo più propenso e interessato (“curioso”) al prodotto tipico. Secondo numerosi intervistati l’aspetto culturale o la fascia di reddito non sembrano essere un fattore che determina la scelta di acquisto del prodotto locale, quanto piuttosto è la sensibilità verso determinate tematiche (ambientali, salutistiche, etiche) che sono alla base di una maggiore disponibilità a pagare l’eventuale sovrapprezzo rispetto al pari prodotto convenzionale.
Razze autoctone: la vacca Maremmana è la razza più conosciuta e la sua carne risulta la più utilizzata sui vari canali di commercializzazione adottati (macellerie tradizionali e aziendali, ristoranti etc.). Questo grazie anche all’attività di valorizzazione portata avanti da più di dieci anni dai produttori e dalle istituzioni pubbliche locali, nonché attraverso il Presìdio Slow Food che ha contribuito all’incremento della razza, alla sua diffusione e all’apprezzamento della carne non solo a livello locale, ma anche regionale e nazionale.
Da quanto emerso nelle interviste con gli operatori del settore della distribuzione e del mondo del consumo, quello locale rappresenta al momento il canale di commercializzazione da potenziare per questa razza. In particolare, relativamente alla vendita di carne di vacca Maremmana al dettaglio, un’opportunità potrebbe essere rappresentata dall’offerta in macellerie e punti vendita presenti in località turistiche. La vendita al dettaglio in piccoli centri abitati, soprattutto in zone montane, risulta invece complessa, soprattutto per la comunicabilità delle peculiarità della carne ai consumatori abituali, principalmente attenti al rapporto qualità/prezzo più che prestare attenzione al prodotto locale.
Laddove il flusso turistico comporta la presenza di consumatori disposti a pagare un prezzo più alto per l’acquisto di prodotti legati al territorio che stanno visitando, la vendita di carne di Maremmana può invece rappresentare un’importante opportunità, purché sia curata la comunicazione delle caratteristiche legate al prodotto, che non sia solo verbale, ma effettuata eventualmente con l’aiuto di materiale informativo–divulgativo. La rete fra i punti vendita e le strutture turistico-recettive (info–point, strutture alberghiere ecc.) consentirebbe ai consumatori di avere a disposizione materiale informativo relativo al prodotto nonché indicazioni sulle macellerie dove poterlo reperire. Altro aspetto che potrebbe rappresentare un’opportunità per la valorizzazione della razza bovina Maremmana è l’inserimento della razza negli allevamenti di quelle macellerie che vendono carne di provenienza aziendale.
Anche per quanto concerne il Suino Macchiaolo Maremmano, un’opportunità potrebbe essere connessa con la promozione dell’inserimento di suini macchiaioli negli allevamenti di quelle macellerie che vendono carne di provenienza aziendale; questo consentirebbe sia un aumento numerico dei capi che una maggior conoscenza delle caratteristiche della carne fresca e degli insaccati. Dalle interviste emerge che il Macchiaiolo risulta probabilmente la razza che suscita maggiore curiosità ed interesse da un punto di vista commerciale, manifestato in prevalenza dalle macellerie e dalla Gdo per la carne fresca e per gli insaccati. Nei ristoranti questa conoscenza è più approfondita e diverse sono le modalità con cui viene proposta questa razza nei menù.
La Pecora Amiatina è la razza che al momento risulta essere in generale meno conosciuta, probabilmente perché il processo di recupero e valorizzazione è ancora in corso e sul territorio, un territorio che vanta una forte tradizione legata all’allevamento ovino e alla produzione di carne e latte, ma con altre tipologie di razze. L’interesse per questa produzione rimane, al momento, legato per quanto concerne la carne in prevalenza alla ristorazione mentre nel circuito sia delle macellerie, che della Gdo e della ristorazione collettiva si mostra, in generale, meno interesse ad approfondire la conoscenza relativa.

Alcune indicazioni operative per il posizionamento dei prodotti

Le scelte relative al posizionamento dei prodotti in esame devono tenere conto delle specificità delle razze autoctone e dei sistemi di allevamento praticati, ed essere orientate dal principio della valorizzazione sostenibile al fine di garantire la riproducibilità delle risorse.
La valorizzazione via mercato delle razze locali (costituite dal germoplasma ma anche dai saperi e dalle modalità di organizzazione della produzione ad esse collegate) attraverso i prodotti da esse ottenuti, richiede prima di tutto un attento esame delle modalità di incorporazione di tali risorse nei prodotti. Il processo di incorporazione deve essere realizzato con il concorso consapevole degli attori locali (imprese e altri portatori di interesse nella razza) e delle istituzioni scientifiche coinvolte, in modo da esaltarne la tipicità e renderne possibile la qualificazione agli occhi della società, e dunque la successiva commercializzazione. Una specifica attenzione deve poi essere dedicata alla fase di riproduzione delle risorse specifiche locali, in modo da mantenerne inalterate natura e caratteristiche.
Un aspetto chiave da considerare è la relazione tra il posizionamento a livello aziendale (individuale) e il posizionamento a livello collettivo, tenuto conto che i prodotti esaminati in virtù delle loro caratteristiche possiedono una immagine unica e fortemente legata al nome della razza e al territorio. L’eterogeneità degli attori e delle loro aspettative può infatti impedire l’allineamento dei piani di azione e l’adozione di una logica collettiva fin dalla fase di definizione della identità e della “qualità” del prodotto, ed è uno dei fattori di maggiore criticità riscontrati.
Tra le altre criticità che emergono da altre esperienze di valorizzazione, e che sono presenti in misura differenziata anche nelle esperienze esaminate in questo studio, vi sono inoltre la difficoltà a riconoscere alcuni attributi qualitativi del prodotto da parte di parte dei clienti intermedi e finali, la difficoltà a raggiungere il consumatore attraverso i canali commerciali, e la minaccia di espropriazione delle risorse da parte di soggetti diversi da coloro che sono impegnati nel mantenimento della razza (allevatori).
Scendendo in un maggiore dettaglio, l’analisi svolta dal lato dell’offerta ha evidenziato l’esistenza di significativi vincoli da parte dei sistemi locali di offerta che incidono in modo significativo sull’accesso ad alcuni canali e sulle alternative di posizionamento effettivamente praticabili. Tra questi vincoli emergono in particolare:

  • La frammentazione dell’offerta tra un numero elevato di imprese
  • La difficoltà nel garantire continuità e puntualità delle consegne e la flessibilità sui quantitativi immessi alla distribuzione
  • L’eterogeneità qualitativa dei prodotti e la mancanza di standard di prodotto condivisi, nonché di forme di garanzia all’acquirente
  • La difficoltà nell’adeguamento alle norme igienico-sanitarie nelle fasi successive alla macellazione (trasporto carni, lavorazioni aziendali)
  • La carenza o la mancanza sul territorio di alcuni snodi fondamentali, in particolare a livello di strutture di macellazione ma anche di servizi logistici e logistico-commerciali che siano in grado di garantire un raccordo operativo tra offerta e domanda (molto rilevante ad esempio nel raccordo con le piccole imprese del settore della ristorazione)

La diversità dei prodotti esaminati rispetto ai prodotti della merceologia di riferimento (in termini ad esempio di colore, tenerezza, sapore, tempi e modalità di cottura), dovuta al loro legame con le razze locali e con il territorio, rappresenta un fattore di ostacolo nel rapportarsi con la domanda più ordinaria, ma può divenire un punto di forza se adeguatamente comunicata al consumatore e/o al cliente intermedio. Una comunicazione convincente si deve basare su una relazione stretta tra produttore e consumatore, che difficilmente può seguire forme codificate e su lunga distanza (a meno che non si consegua un forte coinvolgimento degli intermediari commerciali, risultato difficile da ottenere), e che può richiedere addirittura modalità contestuali di trasmissione volte ad accrescere il capitale di consumo del cliente.
Nella definizione del posizionamento dei prodotti risulta necessario giocare sulla combinazione delle due leve della specificità e della provenienza, in quanto la seconda da sola – pur se più semplice da comunicare – può rischiare di essere fuorviante e di non consentire di compensare il significativo gap di economicità che grava sui prodotti ottenuti dalle razze locali.
Le maggiori potenzialità di valorizzazione dei prodotti delle razze autoctone oggetto di indagine sono presenti per gli allevamenti che effettuano anche vendita diretta (Naziri, 2009). Inoltre, alcune macellerie si sono mostrate interessate all’acquisto e alla vendita di prodotti provenienti da queste razze, specialmente di suino macchiaiolo e, tra coloro che effettuano autoproduzione, anche all’inserimento nei propri allevamenti di alcuni capi della razza.
Per intercettare il flusso di consumatori interessati ai prodotti del territorio e meno attenti al prezzo che contraddistingue le località turistiche della Provincia, è necessario potenziare in tali aree l’offerta dei prodotti delle razze autoctone. A tal fine è auspicabile lo sviluppo di un circuito di macellerie (sia in località turistiche ma anche e/o in centri abitati non di piccole dimensioni) e l’integrazione tra ristoratori, macellerie e salumifici/caseifici locali.
La ristorazione rappresenta un canale particolarmente idoneo per il collocamento dei prodotti delle razze autoctone, in quanto la loro presenza nei menu costituisce un’importante fattore nel marketing aziendale. Per alcuni ristoratori la difficoltà di approvvigionamento costituisce uno dei principali limiti ad un maggiore e più continuativo utilizzo nei menù dei ristoranti. In alcuni casi, infatti, manca una diretta conoscenza dei produttori dai quali rifornirsi, o comunque la carenza di tempo non permette di dedicarsi all’acquisto diretto in azienda. La figura di un intermediario locale che riesca a raccogliere e proporre questi prodotti sul mercato permetterebbe ai ristoratori, ma anche ad altri operatori della distribuzione, di superare tali specifiche problematiche, rafforzando la presenza dei prodotti locali nell’offerta.
La componente culturale è un elemento fondamentale su cui si basano possibili azioni di valorizzazione e commercializzazione dei prodotti delle razze autoctone locali. Sensibilizzazione, educazione, promozione, ma anche sostegno economico, sono le condizioni alla base delle iniziative da attivare, rivolte verso i consumatori in generale e, nel caso siano portate avanti nell’ambito della refezione scolastica, attraverso progetti specifici sulla territorialità dei prodotti, ovvero iniziative di valorizzazione che coinvolgono più soggetti istituzionali e privati attraverso corsi, degustazioni, visite in fattoria.
Anche la formazione sulle modalità di utilizzo dei prodotti rivolta agli operatori del settore privato e pubblico (ristoratori, macellerie, trader, amministratori, etc.) rappresenta un valido strumento per favorire lo sviluppo di opportunità commerciali dei prodotti delle razze autoctone e del territorio in generale. L’attivazione di eventi/corsi/degustazioni sui prodotti tipici e locali presso i potenziali punti di vendita e di somministrazione (es. mercatini locali, fiere, manifestazioni e sagre, spazi dedicati nella Gdo) è un’operazione strategica per la diffusione della conoscenza dei prodotti.

Conclusioni

In conclusione, la ricerca, attraverso l’analisi di caso di tre prodotti in provincia di Grosseto, ha evidenziato notevoli opportunità per la valorizzazione dei prodotti ottenuti dalle razze locali che risiedono principalmente nel rafforzamento dei circuiti locali, ma che per essere colte richiedono due principali presupposti.
Il primo riguarda l’adozione di strategie di posizionamento e comunicazione che siano in grado di rafforzare il carattere identitario del prodotto, in stretta congiunzione però con le caratteristiche dei bioterritori in cui essi si collocano, considerati in tutta la loro complessità e ivi compresi i caratteri antropici legati anche alle culture di preparazione e di consumo degli alimenti. Tali strategie non possono però essere attuate dalle singole imprese ma richiedono forme di organizzazione collettiva.
Il secondo presupposto consiste nella attenta selezione dei canali disponibili in funzione della ricerca di una coerenza tra le caratteristiche dei prodotti e dei loro sistemi di produzione, e le caratteristiche dei diversi canali e modalità commerciali. Tale coerenza può essere supportata attraverso adeguate azioni di coinvolgimento degli attori, ma richiede comunque la riattivazione di circuiti locali di valorizzazione, sia pure su basi in gran parte diverse rispetto al passato.
La scelta del posizionamento e delle modalità di valorizzazione deve tenere conto anche dei possibili effetti di feed-back che tale scelta può esercitare sulle modalità di gestione e di selezione della razza, e dei relativi sistemi di allevamento.
In prospettiva un punto di criticità potrebbe essere quello di prevenire eventuali usi impropri del nome della razza e della sua associazione con il territorio (Thévenod-Mottet, 2010), il che richiede l’adozione di forme di tutela e comunque l’adozione di protocolli o disciplinari che definiscano le modalità di allevamento e di elaborazione / trasformazione dei prodotti ritenute indispensabili per preservarne l’identità e il legame con il territorio.
Anche a questo fine appare essenziale il ruolo dell’azione collettiva, che può favorire l’aggregazione degli interessi degli allevatori e degli altri attori delle filiere ed esprimere così forme di governance delle iniziative di valorizzazione e di posizionamento dell’immagine dei prodotti, a cui le singole imprese potranno poi coordinarsi nei loro piani di marketing. In questo contesto va anche considerata l’esigenza di un sempre più stretto legame tra le decisioni di posizionamento e di marketing a livello del singolo prodotto e l’elaborazione di strategie di marketing territoriale capaci di valorizzare la capacità di far fronte all’omologazione dei sistemi di produzione e delle risorse biologiche, il che postula una capacità di aggregazione di interessi più ampi all’interno dei territori di produzione intorno a una visione condivisa dello sviluppo dei territori rurali.

Riferimenti bibliografici

  • Belletti G. (2003), Le denominazioni geografiche nel supporto all’agricoltura multifunzionale, Politica Agricola Internazionale, n.4, anno 2003, pp.81-102

  • Belletti G., Casabianca F., Marescotti A. (2012), Local food quality and local resources, in: Arfini F., Macini M.C., Donati M. (Eds.), Local Agri-food Systems in a Global World: Market, Social and Environmental Challenges, Cambridge Scholars Publishing, Cambridge, pp.71-96

  • Belletti G., Marescotti A., Pinducciu D. (2012), Studio per il posizionamento dei prodotti trasformati derivanti dal germoplasma animale autoctono sui mercati nazionali ed internazionali inerenti il bioterritorio della Provincia di Grosseto, Dipartimento di Scienze Economiche - Università di Firenze, Relazione Finale, Firenze

  • Guatri L., Vicari S., Fiocca R. (1999), Marketing, Milano, Mc Graw Hill

  • Idda L., Benedetto G., Furesi R. (2004), Il marketing territoriale per il settore agroalimentare, in G. Antonelli (a cura), Marketing agroalimentare. Specificità e temi di analisi, FrancoAngeli, Milano

  • Naziri D. (2009), Direct sale as a means for promoting the sustainable use of plant genetic resources: the case of the Tuscany Region, Journal of Agriculture and Environment for International Development, 103(1/2), pp.65-80

  • Pacciani A. e Toccaceli D. (2012), Impatto socio economico del germoplasma autoctono e del bioterritorio ai fini dello sviluppo del sistema territoriale Maremma e posizionamento sul mercato dei prodotti trasformati derivanti dal germoplasma animale. Università degli studi di Firenze - Dipartimento di Scienze Economiche, Maggio 2012

  • Thévenod-Mottet E. (2010), Geographical Indications and biodiversity, in: Lockie S., Carpenter D. (Eds.), Agriculture, biodiversity, and markets, Earthscan, London, Washington D.C. pp.201-212

  • 1. La ricerca è stata realizzata dal Dipartimento di Scienze Economiche dell’Università di Firenze nell’ambito del Progetto di cooperazione transfrontaliera Italia-Francia “Vagal - Valorizzazione dei Genotipi Animali Autoctoni”, Regione Toscana – Provincia di Grosseto, cofinanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale dell’Unione Europea. Gli autori ringraziano i revisori anonimi per gli utili suggerimenti ricevuti.
  • 2. Per una breve descrizione dei sistemi di produzione relativi alle tre razze oggetto di indagine, si rimanda a: Belletti, Marescotti e Pinducciu, 2012.
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