Istituto Nazionale di Economia Agraria |
Introduzione
Il 6° censimento dell’agricoltura dell’Istat contiene una serie d’informazioni sulle principali attività delle aziende agricole, tra cui l’orientamento produttivo, il carico di bestiame, la localizzazione e gestione delle superfici agricole, che forniscono importanti elementi di analisi sulle relazioni tra agricoltura, uso del suolo e gestione delle risorse naturali.
Un’attenta analisi di queste interazioni risulta di particolare interesse alla luce dell’evoluzione delle politiche comunitarie che, attraverso norme e standard specifici (condizionalità) e attraverso incentivi e schemi volontari (misure agro-ambientali), sono sempre più orientate a influenzare le scelte degli agricoltori, indirizzandoli verso un’agricoltura più attenta alla gestione delle risorse naturali e alla produzione di servizi e beni ambientali di interesse collettivo.
Nelle proposte di regolamento di riforma della Pac, la Commissione Europea (2011a; 2011b) ha enfatizzato proprio il ruolo di questa politica nel promuovere e sostenere forme di agricoltura sostenibili, in particolare riguardo alla conservazione della biodiversità, al mantenimento della fertilità del suolo, alla conservazione delle risorse idriche e al contributo del settore primario alla stabilità climatica.
In questo articolo si cercherà di mettere in evidenza alcuni aspetti, emersi dal dato censuario, che risultano di particolare interesse per valutare le interazioni tra agricoltura e risorse naturali. Tra le numerose informazioni disponibili nel censimento, gli aspetti ritenuti particolarmente rilevanti, anche alla luce del dibattito sull’introduzione dei pagamenti verdi nella Pac (greening), riguardano l’evoluzione dell’uso del suolo, la gestione delle risorse idriche, le pratiche agricole e gli elementi non coltivati del paesaggio.
Evoluzione dell’uso del suolo
L’analisi dell’evoluzione dell’uso del suolo è un aspetto fondamentale per comprendere le principali modalità con cui l’agricoltura interagisce con gli ecosistemi e con le risorse naturali, in quanto consente di capire come sono dislocati i vari sistemi agricoli, con quali dinamiche viene sostenuta non solo la produzione di alimenti, ma soprattutto la fornitura di una larga gamma di servizi e beni ambientali di interesse pubblico.
Secondo i dati emersi dal 6° censimento dell’agricoltura (Tabella 1), l’estensione della superficie agricola utilizzata (Sau) nel 2010 si è attestata intorno a 12,8 milioni di ettari, con una diminuzione del 2,5% rispetto al 2000, corrispondente a quasi 326 mila ettari. È interessante notare come la superficie agricola totale (Sat) sia diminuita del 9%, ovvero in maniera molto più consistente rispetto alla Sau. Questo potrebbe essere il risultato di un processo di ricomposizione fondiaria, in cui le aziende che hanno cessato l’attività hanno trasferito alle aziende rimaste attive prevalentemente superfici agricole utilizzate, tralasciando le superfici boschive e le altre superfici, rimaste quindi fuori dalla rilevazione censuaria. Questo fenomeno potrebbe essere stato determinato, inoltre, da un processo d’intensificazione, ovvero da un maggiore sfruttamento dei terreni da parte di alcune tipologie aziendali1.
Tabella 1 - Ripartizione della superficie agricola nel 2010 ed evoluzione rispetto al 2000
Per quanto riguarda la composizione della superficie agricola, non si sono verificati cambiamenti particolarmente significativi rispetto al 2000: i seminativi coprono il 54,8% della Sau, con una riduzione del 3,9%, mentre i terreni destinati alle colture permanenti, che rappresentano il 18,5% della Sau, hanno fatto registrare una riduzione di 63 mila ettari (-2,6% a livello nazionale).
Al contrario si è osservato un leggero aumento di prati e pascoli (+0,6%), un dato imputabile all’incremento di queste superfici nel Sud e nelle isole (+20,3%), dovuto essenzialmente alle nuove modalità di rilevazione dei dati. Infatti, a seguito di una precisa richiesta dell’Unione Europea, nel questionario censuario sono state integrate molte informazioni riguardanti le proprietà collettive ad uso agricolo, che in molte aree del Sud Italia gestiscono significative estensioni di prati e pascoli (Greco, 2010). La maggiore accuratezza nella rilevazione di queste superfici è anche la causa dell’incremento della Sau osservato nelle regioni meridionali (+3,8). Al contrario, la consistente riduzione delle superfici a prati e pascoli nelle aree settentrionali e centrali del paese, pari rispettivamente al 12,7% e al 18,1%, mette seriamente in discussione l’efficacia delle politiche agro-ambientali implementate durante l’ultimo decennio, in particolare per quanto riguarda le azioni volte al mantenimento delle aree semi-naturali nelle zone appenniniche e nell’arco alpino. A questo proposito le politiche comunitarie sembrano indirizzarsi verso un irrigidimento delle norme, applicando l’obbligo di mantenere le superfici a foraggere permanenti a livello aziendale, un requisito attualmente applicato a livello di Stato membro. Infatti, nella proposta della Commissione europea (2011a) relativa all’“inverdimento” dei pagamenti diretti (greening), tra i vari requisiti ambientali vi è anche quello di vincolare una quota dei pagamenti al mantenimento delle superfici a foraggere permanenti, dando agli agricoltori che vogliono beneficiare del sostegno del primo pilastro della Pac la possibilità di convertire non oltre il 5% di queste superfici.
Gestione delle risorse idriche
Le risorse idriche sono un elemento essenziale per il settore primario e più in generale per lo sviluppo delle attività economiche e sociali di un territorio. Per questo motivo è opportuno un attento monitoraggio della gestione dell’acqua da parte dell’agricoltura, che secondo un recente studio dell’Agenzia europea per l’ambiente è responsabile del consumo del 33% delle risorse idriche a livello europeo, con valori medi nei paesi mediterranei (Italia compresa) del 60%, che in alcune regioni raggiungono punte dell’80% (Eea, 2012).
Per quanto riguarda lo scenario nazionale, secondo i dati del censimento, nel 2010 sono state quasi 400 mila le aziende che hanno praticato l’irrigazione, corrispondenti a 2,4 milioni di ettari di superficie irrigata.
Nell’ultimo decennio, a fronte di un netto calo delle aziende irrigate (-44,2%), la superficie si è invece mantenuta sui livelli del 2000, prevalentemente a causa dell’elevata presenza di colture irrigue nelle regioni del Nord. La maggiore disponibilità idrica delle regioni settentrionali si traduce infatti in valori decisamente superiori alla media anche per quanto riguarda la quota della superficie irrigata sulla superficie irrigabile e quella della superficie irrigata sulla Sau (Tabella 2).
Tabella 2 - Numero di aziende che praticano l’irrigazione, superficie irrigata e irrigabile (2010)
Nonostante in molte aree del Nord Italia le condizioni ambientali abbiano favorito lo sviluppo di un’agricoltura caratterizzata da metodi produttivi intensivi, negli ultimi anni anche in questi territori si sono verificati periodi particolarmente siccitosi, che hanno evidenziato la necessità di una gestione dell’acqua finalizzata al risparmio della risorsa, ricorrendo a questo fattore produttivo laddove si riscontri un effettivo aumento della produttività delle colture.
In uno scenario di cambiamenti climatici che molto probabilmente sarà destinato ad avere effetti sempre più rilevanti sulla disponibilità delle risorse idriche e sulla produttività del settore agricolo, l’utilizzo di tecniche irrigue a basso impatto ambientale appare così particolarmente strategico per assicurare la necessaria sostenibilità di sistemi agricoli italiani, che in molte aree sono fortemente dipendenti dalla disponibilità d'acqua. Da questo punto di vista i dati del censimento sono piuttosto confortanti, evidenziando un consistente incremento della superficie irrigata con tecniche di micro-irrigazione (+15,4%) e soprattutto un aumento del 5% del numero di aziende che effettua i prelievi da acquedotti gestiti in maniera collettiva (consorzi di irrigazione, di bonifica o enti irrigui), una gestione che certamente consente un uso più efficiente della risorsa idrica rispetto all’approvvigionamento diretto da falde sotterranee o superficiali.
Pratiche agricole
I dati del censimento includono alcune informazioni sulle pratiche agricole (copertura del suolo, avvicendamento e lavorazione dei terreni) che possono fornire importanti indicazioni sulla sostenibilità ambientale dei vari sistemi agricoli presenti sul territorio nazionale.
Per quanto riguarda il tipo di lavorazioni del terreno, i dati mostrano come il 90% della superficie sia sottoposto a lavorazioni convenzionali (aratura), mentre il restante 10% è equamente suddiviso tra lavorazioni di conservazione e nessuna lavorazione. Questi dati evidenziano come nei terreni a seminativi, e in particolare nelle zone di pianura, il ricorso a pratiche agricole a minor impatto ambientale (lavorazioni minime, semina su sodo) sia ancora poco diffuso, con una predominanza di tecniche agronomiche convenzionali che possono contribuire in maniera sostanziale all’erosione, alla degradazione del suolo e alla relativa perdita di sostanza organica.
Tabella 3 - Superficie a seminativi per tipo di lavorazione del terreno (2010)
Un’altra pratica che presenta importanti implicazioni in termini d’impatto ambientale è quella della successione colturale, dato che le modalità con cui le colture si alternano sui suoli hanno una forte influenza su molti aspetti della gestione aziendale, tra cui la concimazione, l’irrigazione e gli interventi fitosanitari. Dai dati riportati in tabella 4 è possibile osservare come il 40,9% della Sau delle aziende con seminativi avvicendati sia oggetto di rotazione, il 45,2% ad avvicendamento libero ed il 13,9% a monosuccessione. Quest’ultima tipologia di gestione, indubbiamente quella che presenta le maggiori criticità dal punto di vista della sostenibilità ambientale, è concentrata prevalentemente nelle aree di pianura (20,1% della superficie a seminativi), una quota che scende sensibilmente per le aree collinari (7,4%) e per le aree montane (5,6%).
Tabella 4 - Gestione dei suoli agrari (2010)
Tra i temi più discussi delle proposte di “inverdimento” dei pagamenti diretti della Pac vi è proprio quello della diversificazione delle colture, con l’introduzione di un nuovo requisito che imporrebbe, a livello aziendale, la presenza contemporanea di almeno tre colture differenti, con una superficie compresa per ogni coltura tra il 5 ed il 70% della superficie a seminativo.
Le soglie e le modalità di applicazione di questo requisito sono attualmente in discussione, ma nella attuale forma potrebbe creare molte difficoltà alle imprese specializzate o di dimensioni medio-piccole. Le maggiori perplessità sollevate dagli esperti e dagli operatori del settore riguardano l’onerosità dei controlli e l’efficacia ambientale della misura, che sarebbe certamente maggiore se prevedesse, anziché l’obbligo della diversificazione, quello dell’avvicendamento o della rotazione delle colture. È evidente pero, che per valutare con più esattezza gli effettivi impatti ambientali di questa proposta sarebbero necessarie informazioni più dettagliate tra cui la localizzazione delle parcelle e l’ammissibilità dei terreni ai pagamenti diretti, informazioni che esulano dagli obiettivi della rilevazione censuaria.
Elementi non coltivati del paesaggio
Uno dei principali effetti dei processi di meccanizzazione e di specializzazione produttiva riguarda la frammentazione dell’ecomosaico ambientale e la conseguente alterazione degli equilibri ecologici. In particolare, la rimozione degli elementi non coltivati del paesaggio, come siepi, filari di alberi, terrazzamenti e fossati, ha certamente avuto conseguenze negative sulle stesse condizioni produttive ma anche sulla qualità estetica dei paesaggi, sulle risorse idriche e sulla biodiversità.
Alcune analisi a livello locale hanno mostrato come durante gli ultimi decenni, per effetto della meccanizzazione e della progressiva intensivizzazione delle pratiche agricole, vi sia stata una diffusa alterazione e rimozione degli elementi non coltivati del paesaggio (Povellato e Trisorio, 2008).
Con il 6° censimento dell’agricoltura l’Istat ha cercato di ampliare la base informativa relativa a questi elementi, rafforzando un percorso di ricognizione già iniziato con le indagini sulla struttura e le produzioni delle aziende agricole del 1998 e del 2005. Nel censimento sono state però utilizzate diverse modalità di rilevazione dei dati2, ed è inoltre evidente che esistono numerose difficoltà tecniche nel reperire informazioni accurate e con un elevato grado di precisione.
I dati raccolti evidenziano come durante il trienno 2008-2010, a livello nazionale, oltre 278 mila aziende abbiano realizzato o effettuato la manutenzione di almeno un tipo di elemento lineare del paesaggio (siepi, filari di alberi e muretti). Per quanto riguarda le siepi, le aziende maggiormente coinvolte risiedono nel centro-nord, in particolare in Veneto (16%), Friuli Venezia Giulia (16,3%) e Toscana (12,9%), mentre per i filari di alberi si osservano percentuali particolarmente elevate per la Lombardia (27,9%) e il Friuli Venezia Giulia (31,1%). Le attività di manutenzione e realizzazione di muretti sono invece particolarmente presenti in Liguria (40,9%) e Valle d’Aosta (26,8%).
Tabella 5 - Manutenzione e/o realizzazione di almeno un tipo di elemento lineare del paesaggio (2008-2010)
La condizionalità dei pagamenti diretti della Pac prevede l’obbligo per le aziende agricole di mantenere gli elementi non coltivati del paesaggio, un requisito che probabilmente verrà rafforzato nella Pac post-2013. La Commissione europea ha proposto, infatti, tra i nuovi requisiti del greening, l’obbligatorietà di dedicare almeno il 7% della superficie agricola aziendale ammissibile ai pagamenti (esclusa quella a foraggere permanenti) ad aree a interesse ecologico, tra cui gli elementi non coltivati del paesaggio, terreni a riposo, terrazze e fasce tampone.
Questa proposta rende più equo il precedente requisito, che di fatto penalizzava le aziende che in passato non avevano massimizzato la superficie coltivata eliminando gli elementi non coltivati del paesaggio (Povellato, 2012). Il nuovo obbligo però non potrà prescindere da una ricognizione capillare delle aree di interesse ecologico a livello nazionale, in modo da effettuare i confronti temporali e spaziali necessari per adottare misure di politica volte al mantenimento e alla corretta gestione di queste superfici, indispensabili per l’equilibrio biologico e idro-geologico dei sistemi agricoli.
Considerazioni conclusive
Il censimento dell’agricoltura è una delle principali fonti informative che consentono di analizzare le interazioni tra agricoltura e ambiente. In molti casi esistono strumenti di rilevazione più idonei e basati su indicatori specifici, tra cui banche dati spaziali e geo-referenziate sulle diverse destinazioni d’uso dei terreni (Corine Land Cover), o altre rilevazioni specifiche sulle interazioni tra attività agricole e risorse naturali. Tra queste vi sono le rilevazioni periodiche dell’Istat sulla distribuzione dei fertilizzanti e dei prodotti fitosanitari e le stime relative all’assorbimento e alle emissioni di gas serra da parte del settore primario e forestale (Ispra, 2012).
Rispetto a queste banche dati, l’unicità e la rilevanza del censimento è quella di utilizzare l’azienda agricola come unità di rilevazione, fornendo interessanti stimoli di riflessione su come ogni singola unità produttiva si rapporta con l’ambiente circostante e in che modo interagisce con le risorse naturali.
Da questo punto di vista è interessante osservare come il questionario del censimento del 2010 sia stato arricchito con alcune domande riguardanti la gestione agronomica dei terreni, e più in generale la sostenibilità dei metodi produttivi (ad esempio sulla gestione degli effluenti zootecnici, sull’agricoltura biologica e sulla realizzazione e manutenzione di elementi del paesaggio agrario), che consentono di integrare le informazioni derivanti dalle altre fonti.
I dati analizzati in questo contributo mostrano alcune tendenze positive, evidenziando un miglioramento nella gestione delle risorse idriche e, in alcune zone (soprattutto montane e collinari), un ricorso crescente a pratiche agronomiche più compatibili. Allo stesso tempo il dato censuario mostra una riduzione non trascurabile della Sau e, soprattutto nelle aree di pianura, un’ampia diffusione delle pratiche agricole più intensive (monosuccessione, lavorazioni convenzionali).
È opportuno però rilevare la necessità di incrementare ulteriormente l’armonizzazione e la comparabilità di queste informazioni, dato che la riduzione dell’impatto ambientale delle pratiche agronomiche più intensive e l’efficacia delle tecniche a minor impatto ambientale sono tra i temi attualmente più discussi tra gli operatori del settore, anche alla luce dell’evoluzione del quadro normativo nazionale e comunitario. La diponibilità di dati riguardanti le relazioni tra agricoltura e risorse naturali maggiormente armonizzati ed esaustivi sarà un elemento sempre più strategico per analizzare la portata delle sfide del settore, ma anche per valutare con maggiore accuratezza l’impatto delle politiche agro-ambientali che saranno adottate nel prossimo futuro.
Riferimenti bibliografici
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Commissione Europea (2011a), Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme sui pagamenti diretti agli agricoltori nell'ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune, Com(2011) 625/3, 2011/0280 (Cod). Bruxelles
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Commissione Europea (2011b), Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr), 12 ottobre 2011, Com(2011) 627/3, 2011/0282 (Cod). Bruxelles
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Commissione Europea (2012), Concept paper – May 2012, Agricultural Council – Greening
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Eea - European Environment Agency (2012) Towards efficient use of water resources in Europe, Eea Report 1-2012, ISSN 1725-9177, Denmark
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Greco M. (2010), I contenuti informativi del 6° Censimento dell’agricoltura, tra tradizione e rinnovamento, Agriregionieuropa, n. 22
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Ispra - Istituto Superiore Protezione e Ricerca Ambientale (2012) Italian Greenhouse Gas Inventory 1990-2009. National Inventory Report 2010, Ispra, Rome
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Povellato A. (2012), Il dibattito sul greening e l'agricoltura italiana, Agriregionieuropa, n. 29
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Povellato A. e Trisorio A. (2008), Case Study Report: Italy. In: Farmer M. et al. (2008) “Reflecting Environmental Land Use Needs into EU Policy: Preserving and Enhancing the Environmental Benefits of Unfarmed Features on EU Farmland", Final Report for DG Environment, Ieep, London
- 1. In alcune zone collinari di pregio, ad esempio, l’ampliamento della superficie vitata in molti casi è stato effettuato su superfici agricole precedentemente abbandonate e successivamente soggette a fenomeni di rinaturalizzazione e imboschimento.
- 2. Mentre nella Spa la rilevazione prevedeva una ricognizione degli elementi non coltivati del paesaggio sulla base di valori soglia (bassa dotazione, con meno di 20 m/ha di Sau; media dotazione, tra 20 e 100 m/ha; alta dotazione con più di 100 m/ha), nel Censimento invece è stato semplicemente richiesto agli agricoltori di indicare la presenza di elementi lineari del paesaggio agrario, e se questi sono stati di nuova realizzazione o sottoposti a manutenzione nel triennio 2008-2010.