Introduzione
La condizionalità dei pagamenti diretti e le misure agro-ambientali del secondo pilastro sono gli strumenti attraverso i quali la Pac vuole favorire una gestione sostenibile delle risorse naturali da parte del settore primario. Sebbene con meccanismi di policy diversi, l’obiettivo principale di questi strumenti è quello di incrementare la produzione di beni pubblici di carattere agro-ambientale, tra cui la salvaguardia del paesaggio, la conservazione della biodiversità, l’adattamento ai cambiamenti climatici e la loro mitigazione, la qualità e la disponibilità delle risorse idriche e il mantenimento della fertilità dei suoli.
Uno dei principali limiti di queste tipologie d’intervento è quello di essere prevalentemente indirizzate alle singole aziende, non tenendo conto in maniera adeguata della dimensione territoriale dei beni pubblici ambientali che s’intendono valorizzare. Questo limite è stato recentemente analizzato e discusso nell’ambito di diversi studi (Franks, 2011; Mills et al., 2011; Oecd, 2013; Vanni, 2014), ma è stato anche rilevato dalla Corte dei Conti Europea (2011, p. 43), che nella sua relazione sull’agro-ambiente ha osservato come “un modo per far sì che un gruppo sufficientemente ampio di agricoltori produca i benefici ambientali necessari consiste nel ricorrere ad approcci collettivi”. È sempre più evidente, infatti, come uno dei principali motivi della scarsa efficacia delle misure agro-ambientali sia legato non solo alla loro applicazione, ma alla stessa filosofia di intervento alla base di tali schemi, basata su un rapporto contrattuale tra l’amministrazione ed il singolo beneficiario (Burton and Parahawewa, 2011). Al contrario, la conservazione della biodiversità, la valorizzazione del paesaggio rurale, la gestione sostenibile delle risorse idriche e la mitigazione dei cambiamenti climatici, in molti casi sono obiettivi raggiungibili solamente promuovendo un’azione coordinata tra gli agricoltori e gli altri gestori del territorio che operano in una stessa area.
Tenendo conto di queste sollecitazioni, nella definizione dei regolamenti della Pac post-2013, la Commissione europea ha modificato le modalità di attuazione del sostegno agro-ambientale, cercando di definire una serie di misure, prevalentemente nell’ambito delle politiche di sviluppo rurale, che possano favorire un approccio collettivo alla gestione delle risorse naturali di un determinato territorio. Potenzialmente un approccio collettivo alla gestione e implementazione delle misure agro-ambientali può infatti migliorarne non solo l’efficacia, favorendo il raggiungimento di obiettivi ambientali su scala territoriale, ma può anche favorire una maggiore partecipazione dei beneficiari nella definizione degli interventi e, non ultimo, può stimolare con maggiore facilità sinergie tra queste misure e i sistemi di certificazione ambientale o di prodotto. Il presente contributo vuole far emergere le principali innovazioni di queste forme d’intervento che, con l’obiettivo di contribuire in maniera più efficace a una migliore gestione ambientale dei terreni agricoli, di fatto allargano il supporto pubblico dalle singole aziende ad una rete più ampia di attori locali1.
Illustrando brevemente alcuni casi in cui è già stata sperimentata con successo una gestione collettiva delle misure agro-ambientali, l’articolo evidenzia il potenziale di questi nuovi strumenti, identificando però anche le principali sfide per una loro efficace implementazione. In particolare, si rileva la necessità di una maggiore capacità organizzativa e gestionale da parte delle istituzioni e associazioni locali, che rispetto alle questioni agro-ambientali dovranno promuovere una serie coordinata di interventi volti a mobilitare la conoscenza, le motivazioni e lo spirito di collaborazione di un numero crescente di portatori di interesse.
I casi di successo in Europa: l’esperienza olandese
In Olanda sono attive oltre 150 cooperative di agricoltori (agrarian nature associations) impegnate nella gestione della natura e del paesaggio. Nel 2011, nell’ambito della programmazione dello sviluppo rurale, sono stati messi in atto quattro progetti pilota - che saranno di seguito brevemente illustrati - per la gestione delle misure agro-ambientali applicando un approccio collettivo che ha visto il diretto coinvolgimento di queste cooperative nella gestione delle misure.
La specificità dell’approccio olandese è riconducibile al fatto che le cooperative, oltre a partecipare alla definizione degli obiettivi e delle azioni da realizzare, sono state direttamente beneficiarie degli aiuti agro-ambientali, operando come responsabili del finanziamento e agendo come soggetto intermedio rispetto agli agricoltori incaricati dell’attuazione materiale degli interventi. Questo approccio, nella valutazione effettuata dallo stesso governo olandese, sembra essere più efficace nel raggiungimento degli obiettivi ambientali e più efficiente nella gestione dei fondi pubblici, abbassando i costi amministrativi che per le misure agro-ambientali risultano essere molto elevati in rapporto ai sussidi erogati (Dutch Ministry of Economic Affairs, 2013).
La “Water, Land & Dijken Agrarian Nature Association”, ha finanziato 291 agricoltori per la manutenzione di 7.500 ettari di paesaggio del Nord-Holland, utilizzando un budget di 2,6 milioni di euro. L’intervento ha riguardato un sussidio di base per il mantenimento di paesaggi di valore culturale, ottenibile attraverso azioni di facile attuazione, e sussidi ulteriori per l’offerta di specifici servizi ambientali, quali il mantenimento dei pascoli tradizionali, della naturalità degli ambienti acquatici, la gestione degli argini e la protezione di piccoli roditori. Il monitoraggio è gestito direttamente dallo staff della cooperativa, così come le attività amministrative. Questa gestione interna delle attività, che solleva gli agricoltori dall’impegno del rapporto diretto con l’amministrazione pubblica, è accompagnata da una forte leadership da parte dell’associazione e dall’elevato coinvolgimento degli agricoltori nell’offerta dei servizi ambientali.
La “Agrarian Nature Association Oost-Groningen”, raccoglie oltre 90 agricoltori, per 367 ettari di superficie agricola interessata e un budget di 1,6 milioni di euro. L’obiettivo è la gestione più efficace della protezione degli uccelli attraverso la predisposizione di pacchetti di interventi (es. mancata rimozione delle stoppie durante l’inverno, scelta di colture invernali più favorevoli, mantenimento di appezzamenti e fasce tampone per il nutrimento degli uccelli) e l’individuazione su scala territoriale delle aree in grado di offrire maggiori risultati per ogni tipologia di intervento. Gli agricoltori presentano richiesta di partecipazione e l’associazione li seleziona in base al beneficio ecologico previsto dallo specifico intervento. L’attività di pianificazione territoriale delle azioni da realizzare e di monitoraggio scientifico dei risultati sulla protezione degli uccelli sono gli elementi chiave per la giustificazione di tali scelte.
La cooperativa “Noardlike Fryske Wâlden”, raccoglie oltre 114 agricoltori e allevatori, per oltre 3 mila ettari di superficie interessata e un budget di 2,4 milioni di euro. Ha elaborato cinque tipologie di “certificati”, ciascuno dei quali corrisponde ad una misura di conservazione. Il monitoraggio è effettuato da una commissione mista di agricoltori ed esperti e gli aderenti al programma accettano, in caso di mancata attuazione, un sistema sanzionatorio progressivo che va dall’impegno alla riparazione del danno, alla dilazione dei pagamenti fino alla loro cancellazione. Il focus della cooperativa è sulla qualità della gestione, base per la fiducia che la società civile deve riporre negli organismi che gestiscono fondi pubblici.
“Waardevol Cultuurlandscape Winterswijk” è una fondazione finalizzata al mantenimento del paesaggio tipico dell’area, suddiviso in piccoli appezzamenti di alto valore paesaggistico ma di difficile gestione dal punto di vista economico. Partecipano al progetto 132 agricoltori per 1.800 ettari di superficie agricola e un budget di 2 milioni di euro. Caratteristica della fondazione è la capacità di associare in un unico soggetto organizzazioni diverse che si occupano di ambiente, che nel breve periodo potrebbero anche avere interessi contrastanti, ed il forte coinvolgimento della locale municipalità con un ruolo di supporto e di garanzia.
Il successo dei progetti pilota è stato tale che l’approccio collettivo diventerà il mainstream della gestione delle misure agro-climatico-ambientali per il periodo 2014-2020, e proprio su proposta olandese si è previsto nel regolamento sullo sviluppo rurale l’ampliamento dei beneficiari di queste misure, dagli agricoltori alle associazioni di agricoltori e alle associazioni miste di agricoltori ed altri gestori del territorio.
Questo modello si basa su un sistema cosiddetto “front-door/back-door”, nel quale l’associazione funge da interfaccia tra l’autorità di gestione (e l’organismo pagatore) e i singoli agricoltori. L’associazione diviene così il beneficiario unico dei pagamenti (front-door), stipulando successivamente i singoli contratti con gli agricoltori e assicurando i controlli e le ispezioni sul territorio (back-door). Questo sistema centralizzato consente di ridurre i costi e di semplificare la gestione amministrativa delle misure, assicurando allo stesso tempo la necessaria flessibilità nella loro implementazione a livello aziendale.
Figura 1 - Modello “frontdoor-backdoor” per la gestione delle misure agro-ambientali applicato dalle cooperative di agricoltori olandesi
Fonte: Terwan (2012)
Se il modello olandese vede le associazioni di agricoltori come beneficiarie dirette dei contributi, a livello europeo è stato fino ad ora applicato più frequentemente un secondo modello, che utilizza un approccio di tipo “coordinato”, caratterizzato dall’assunzione di impegni da parte dei singoli agricoltori all’interno di uno schema generale elaborato a seguito della negoziazione tra le autorità di gestione del programma e le organizzazioni rappresentative degli agricoltori su un dato territorio. Tale metodo ha dato luogo ad esperienze pilota di successo in diversi paesi europei, come ad esempio in Belgio (Associazioni Agro-Ambientali delle Fiandre) o in Italia (il caso degli accordi agro-ambientali d’area descritti più avanti).
Il caso belga rappresenta un esempio significativo, in cui sono i singoli agricoltori, titolari dell’accordo agro-ambientale, che trasferiscono la parte del contributo finalizzata alla copertura dei costi di gestione all’associazione, mantenendo per sé la quota legata al mancato reddito. L’associazione provvede poi a gestire unitariamente gli interventi che producono servizi ambientali (es. la manutenzione di sentieri che attraversano più proprietà) attraverso contratti con quegli agricoltori incaricati di realizzate gli specifici interventi.
Figura 2 - Schema di gestione delle misure agro-ambientali nelle Associazioni Agro-Ambientali delle Fiandre
Fonte: Defrijn (2013)
Il caso italiano: gli accordi agro-ambientali d’area della Regione Marche
A livello nazionale gli accordi d’area promossi dalla regione Marche nell’ambito del programma di sviluppo rurale 2007-2013 rappresentano un interessante esempio di gestione collettiva delle misure agro-ambientali, che di fatto ha anticipato molti aspetti relativi al design e all’implementazione degli schemi del nuovo periodo di programmazione.
Un accordo d’area, secondo la definizione riportata nel Psr della Regione Marche (2009, p. 48) “coinvolge ed aggrega intorno alla specifica criticità un insieme di soggetti pubblici e privati nell’ambito di un progetto condiviso, in grado di attivare una serie di interventi coordinati, volti al superamento o alla mitigazione della criticità stessa”. La Regione Marche ha predisposto questo strumento per perseguire i seguenti obiettivi: (i) tutela delle acque superficiali e profonde; (ii) salvaguardia delle aree di tutela e biodiversità; (iii) mantenimento e recupero del paesaggio e (iv) difesa del suolo. In un’ottica di progettazione integrata, ad ogni tipologia di accordo è stato associato un “pacchetto” di misure volte a rendere l’azione agro-ambientale maggiormente efficace. Gli accordi agro-ambientali prevedono, infine, la presenza di un soggetto promotore che svolge il ruolo di gestione e coordinamento di ogni accordo, assumendo il ruolo di capofila per l’intero gruppo di beneficiari e facilitando il loro coinvolgimento e la loro partecipazione alle decisioni tecniche e strategiche.
Gli accordi agro-ambientali d’area che ad oggi sono stati attivati riguardano gli obiettivi (i) e (ii), ovvero la tutela delle acque e la salvaguardia della biodiversità.
Rispetto all’obiettivo “tutela delle acque”, un caso particolarmente virtuoso è l’accordo agro-ambientale d’area della Valdaso dove, attraverso un pacchetto di misure ad hoc2, è stata possibile una transizione del sistema produttivo locale, tradizionalmente caratterizzato da frutticoltura intensiva, verso un sistema basato su tecniche di agricoltura integrata avanzata3 adottate su scala territoriale. Nel 2013 le aziende coinvolte nell’accordo erano quasi 100, corrispondenti a un totale di 560 ettari su cui sono stati utilizzati metodi di lotta integrata avanzata e circa 270 ettari di frutteti in cui viene praticato l’inerbimento.
Il successo di questa iniziativa è stato possibile grazie ad una serie di attori locali, pubblici e privati, che hanno avuto ruoli complementari nella definizione e nell’attuazione dell’accordo. Tra questi hanno rivestito un ruolo di primo piano la Provincia di Ascoli Piceno (soggetto promotore), la Provincia di Fermo, l’Assam (l’Agenzia Servizi Settore Agroalimentare delle Marche), che ha fornito l’assistenza tecnica, e Nuova Agricoltura, un’associazione di produttori nata per promuovere progetti territoriali legati a nuove tecniche produttive e alla commercializzazione dei prodotti locali. In particolare, il ruolo di questa associazione è stato determinante, in quanto è stato proprio un piccolo nucleo di agricoltori aderenti a Nuova Agricoltura che è riuscito, attraverso l'animazione sul territorio, a stimolare un'azione collettiva e a rafforzare le relazioni di reciprocità e di fiducia tra i vari soggetti coinvolti (agricoltori, istituzioni e assistenza tecnica).
Figura 3 - Schema di gestione dell’accordo agroambientale d’area della Valdaso
Fonte: elaborazione degli autori
La strategia coordinata tra questi soggetti ha portato alla nascita di un sistema decisionale inclusivo, in cui gli agricoltori hanno potuto partecipare alla definizione dei requisiti tecnici delle misure, ma soprattutto ha portato a una combinazione di effetti ambientali e socio-economici su scala territoriale difficilmente raggiungibili attraverso un approccio incentrato esclusivamente sulle pratiche agricole adottate dalle singole aziende agricole (Coderoni, 2011; Vanni, 2014).
Per quanto riguarda gli accordi d’area con l’obiettivo “tutela della biodiversità”, lanciati nel 2011, si è seguito un approccio partecipativo simile a quello sperimentato in Valdaso, cercando di costruire le misure associate ai vari accordi a livello locale con gli agricoltori e con gli altri portatori d’interesse. Nell’ambito di questi accordi è stato predisposto un “pacchetto” di 6 misure4 con l’obiettivo di mantenere e ripristinare gli habitat naturali e salvaguardare l’avifauna locale nei siti Natura 2000. Anche in questo caso l’azione agro-ambientale è stata integrata con un sistema di formazione e consulenza finalizzato al raggiungimento di obiettivi di salvaguardia specifici.
Nel corso del 2012 sono stati approvati sei accordi d’area per la tutela della biodiversità5 in cui si sta sperimentando, seppur con qualche difficoltà applicativa, una forma più condivisa e partecipata di gestione e di applicazione delle misure agro-ambientali. Nel caso di questi progetti il soggetto promotore è spesso un ente parco (il soggetto promotore per questa tipologia di accordi deve essere un ente gestore delle aree Natura 2000), coadiuvato dalle associazioni ambientaliste (in particolare da Wwf Italia) e dalle associazione agricole, che in molti casi contribuiscono a fornire la necessaria consulenza tecnico-scientifica agli agricoltori. Analogamente al caso dell’accordo agro-ambientale d’area della Valdaso (e al caso belga), il soggetto promotore dell’accordo si fa carico del coordinamento e della gestione delle misure, ma è il singolo agricoltore che stipula il contratto con l’autorità di gestione del programma. Il soggetto promotore svolge però un’importante azione di animazione, al fine di favorire l’aggregazione e lo scambio di conoscenze tra i beneficiari, e non ultimo assicura la necessaria assistenza tecnica e amministrativa all’accordo attraverso il coinvolgimento di altri soggetti (università, tecnici, associazioni agricole, etc.).
A livello nazionale, l'esperienza marchigiana degli accordi d’area rappresenta una modalità innovativa di gestione delle misure agro-ambientali, in quanto viene prevista una maggiore partecipazione degli agricoltori nella definizione delle pratiche agricole da adottare, ma soprattutto perché si mira ad incrementare l’efficacia delle azioni di conservazione della biodiversità dando una valenza territoriale e collettiva alle misure.
La rilevanza di questo approccio è stata enfatizzata nella bozza dell’accordo di partenariato sulla programmazione del nuovo ciclo dei fondi europei 2014-2020, in cui si sottolinea proprio come nel prossimo periodo di programmazione “le azioni mirate alla conservazione della biodiversità bioculturale, per tenere sotto controllo i fenomeni di abbandono saranno attuate con un approccio innovativo basato sulla concentrazione in aree precise e delimitate, privilegiando gli accordi agro-ambientali d’area” (Ministero per la coesione territoriale, 2013, p. 68).
Agro-ambiente e approcci collettivi nella nuova Pac
I nuovi regolamenti dei pagamenti diretti e dello sviluppo rurale per il periodo di programmazione 2014-2020 enfatizzano l’importanza degli approcci cooperativi e partenariali anche in campo ambientale, rendendo disponibili una serie di strumenti che mirano ad incentivare una diffusione di buone prassi nella gestione delle risorse naturali a livello territoriale.
In primo luogo, come già accennato, l’accesso alle misure agro-climatico-ambientali è oggi possibile direttamente alle associazioni di agricoltori, altri gestori del territorio e associazioni miste (art. 28 del regolamento 1305/2013); per queste misure vi è inoltre la possibilità di ricorrere alla procedura di selezione dei partecipanti tramite inviti a presentare proposte (art.49, paragrafo 3), nel rispetto di criteri di efficienza economica e ambientale.
Anche al sostegno per l’agricoltura biologica (art. 29) possono accedere direttamente le associazioni di agricoltori. In entrambi i casi vi è la poi possibilità del riconoscimento dei costi di transazione, in misura maggiore quando gli impegni sono assunti da strutture di tipo associativo.
Si allarga infine il campo di applicazione della misura cooperazione (art. 35), che comprende azioni mirate alla gestione ambientale, tra cui azioni congiunte per la mitigazione ai cambiamenti climatici e l’adattamento ad essi, ma soprattutto approcci comuni ai progetti e alle pratiche ambientali in corso, inclusi la gestione efficiente delle risorse idriche, l'uso di energia rinnovabile e la preservazione dei paesaggi agricoli.
Anche nel primo pilastro, che rimane fondamentalmente legato a misure standardizzate e ai pagamenti diretti ai singoli agricoltori, è prevista la possibilità di ottemperare collettivamente all’obbligo di costituzione delle Aree d’Interesse Ecologico (attuazione collettiva), purché adiacenti e rispettando una serie di ulteriori vincoli.
Se l’insieme di questi strumenti rappresenta un’importante e necessaria innovazione nella definizione di misure che tradizionalmente sono state indirizzate alle singole unità produttive, la portata di questo cambiamento sarà però riscontrabile solamente nella fase applicativa della riforma, ovvero nei criteri di eleggibilità e nella definizione delle norme specifiche, in particolare per quanto riguarda il sistema di incentivi al coordinamento e alla gestione delle azioni collettive a livello locale.
A questo riguardo le forme di gestione condivisa e cooperativa delle misure agro-ambientali già sperimentate nei precedenti periodi di programmazione rappresentano una buona base di partenza su cui strutturare gli interventi, tenendo conto dei benefici di questo approccio, ma anche delle difficoltà nell’implementare in maniera efficace strategie integrate a livello territoriale.
I vantaggi derivanti da un approccio collettivo nella gestione degli schemi agro-ambientali sono ampiamente documentati, e riguardano non solo l’efficacia degli interventi, ma soprattutto la capacità di stimolare una serie di innovazioni tecniche, organizzative e sociali che permettono di costruire nuove reti di conoscenza (Juntti e Potter, 2002). Allo stesso tempo per promuovere interventi che stimolino la collaborazione in rete è necessario affrontare una serie di criticità di carattere socio-economico e istituzionale su cui vale la pena soffermarsi.
Anche nel modello olandese, che è quello attualmente in fase di più avanzata elaborazione, alcuni aspetti restano ancora da chiarire, quali le modalità di selezione delle aree a maggiore potenziale e la scala territoriale della selezione, i criteri di qualificazione delle associazioni beneficiarie, ad esempio in termini di numero di membri e copertura territoriale, ed infine i massimali di pagamento per singolo agricoltore che non risulta più come beneficiario finale. A livello istituzionale, l’affidamento delle risorse ad un soggetto collettivo è oggi esplicitamente previsto dal regolamento comunitario, ma la forma giuridica che esso può assumere nell’ambito degli specifici quadri normativi nazionali, la possibilità di gestione diretta degli interventi da parte di questi soggetti o le modalità di redistribuzione delle risorse tra gli associati vanno chiaramente definite.
L’esplicito riconoscimento dei costi di transazione per la gestione delle misure, e il privilegio accordato con la previsione di un importo maggiorato nel caso che gli impegni siano assunti da organizzazioni di tipo collettivo, tende a superare il principale limite evidenziato dalle esperienze pilota di gestione collettiva delle misure agro-ambientali nel precedente periodo di programmazione, che è proprio il riconoscimento, anche dal punto di vista finanziario, dell’attività svolta dai soggetti intermedi.
In generale questa modalità di intervento sembra però combinare i vantaggi tipici degli approcci collettivi, cioè la capacità di applicare le misure agro-ambientali in modo meno frammentato sul territorio, con una visione sistemica e in aree delimitate in cui siano chiari i benefici dal punto di vista ambientale, con quelli di una gestione amministrativa efficiente legata alla presenza di un unico referente responsabile della realizzazione dell’intervento rispetto ad una moltitudine di contratti da stipulare con i singoli agricoltori.
Dal punto di vista socio-economico due ulteriori aspetti vanno infine presi in considerazione per garantire il successo e la sostenibilità nel tempo degli approcci collettivi.
Il primo è che la transizione da casi pilota di successo al mainstream delle politiche dipende dalla diffusione sul territorio, dalla capacità di rappresentanza e dalla capacità gestionale delle associazioni, e indirettamente dai criteri di qualità individuati dall’amministrazione per eleggere tali associazioni come beneficiari delle politiche. Occorre quindi lavorare preliminarmente sull’animazione del territorio, sulla creazione di leadership locali, sul coinvolgimento di livelli intermedi di governance territoriale, ma anche sullo stile di governo dell’autorità pubblica, che dovrà essere più orientato alla flessibilità negli strumenti, alla collaborazione, ma anche alla valutazione dei risultati più che al monitoraggio della spesa.
Il secondo riguarda il riconoscimento sociale che le iniziative collettive possono ottenere attraverso il coinvolgimento della società civile nelle sue forme associative (ambientaliste, di consumatori, etc.), per la partecipazione, il monitoraggio e il sostegno – anche finanziario – alle iniziative. Tale aspetto sottintende il riconoscimento del ruolo sociale dell’agricoltura – e quindi degli agricoltori – nella fornitura dei servizi ambientali per la società e rappresenta una condizione affinché gli interventi agro-ambientali possano essere mantenuti nel tempo anche al di là della presenza del finanziamento pubblico.
Riferimenti bibliografici
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Burton R.J.F., Paragahawewa U.H. (2011), Creating Culturally Sustainable Agri-environmental Schemes, Journal of Rural Studies 27 (1): 95–104
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Coderoni S. (2011), L’accordo d’area della Valdaso. Un esempio di approccio territoriale per l’azione agroambientale, Agrimarcheuropa, n. 0, Dicembre
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Corte dei Conti Europea (2011), Il sostegno agroambientale è ben concepito e gestito in modo soddisfacente? Relazione speciale n. 7
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Defrijn S. (2013), Agro environmental co-operations in Flanders (agrobeheergroepen). Presentation at the Groupe de Bruges’ conference “Territorial cooperation for the provision of public goods in the context of the Cap Reform”, 20-21 dicembre, Villarceaux, Francia
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Dutch Ministry of Economic Affairs (2013), Farmers’ groups and the Common Agricultural Policy, September
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Juntti M., Potter C. (2002), Interpreting and Reinterpreting Agri-Environmental Policy: Communication, Trust and Knowledge in the Implementation Process, Sociologia Ruralis 42 (3), pp. 215–232
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Ministero per la Coesione Territoriale (2013), Italia - accordo di partenariato 2014-2020 (versione 9 dicembre 2013), [link]
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Oecd (2013), Providing Agri-environmental Public Goods through Collective Action, Oecd Publishing, Paris. Regione Marche (2009), Allegato B al Psr. Disposizioni attuative del Programma di Sviluppo Rurale 2007 - 2013 Reg. (CE) n. 1698/2005 - Accordi agro ambientali d’area per la tutela delle acque e dei suoli da fitofarmaci e nitrati
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Terwan P. (2012), Collective agri-environmental contracts: the Dutch experience, European network for rural development, 9th meeting of the coordination committee, Brussels 14 June
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Vanni F. (2014), Agriculture and Public Goods. The Role of Collective Action, Springer, Dordrecht
- 1. Per una rassegna aggiornata delle iniziative di cooperazione agro-ambientale si consultino gli atti della conferenza europea recentemente organizzata dal Groupe de Bruges dal titolo “Let’s work together: territorial cooperation for the provision of public goods in the context of the reformed Cap”. [link]
- 2. L’accordo prevede l’attivazione congiunta di due misure del Psr: azioni di formazione e divulgazione (misura 111) e i pagamenti agro-ambientali (misura 214). Nell’ambito della misura 111 (sottomisura b, azione b), in particolare, sono state finanziate azioni informative volte a far conoscere agli agricoltori le tecniche di coltivazione migliorative per l’ambiente, mentre nell’ambito della misura 214 la maggior parte dei beneficiari ha aderito alle sotto-misure relativa alla difesa integrata avanzata.
- 3. Grazie all’accordo si sono diffuse in particolare le tecniche di difesa integrata avanzata, ovvero metodi di protezione per la difesa nei confronti dei principali insetti dannosi frutticole basati sulla confusione sessuale.
- 4. Le misure attivabili in questa tipologia di accordo sono le seguenti: misure 211 (Indennità per svantaggi naturali a favore di agricoltori delle zone montane), misure 213 (Indennità Natura 2000 ed indennità connessa alla Direttiva 2000/60/CE), misura 214 (Pagamenti agroambientali), misura 216 (Sostegno agli investimenti non produttivi), misura 111 (Azioni nel campo della formazione professionale e dell’informazione) e misura 125 (Infrastrutture connesse allo sviluppo e adeguamento dell’agricoltura e della silvicoltura).
- 5. I sei progetti esecutivi approvati riguardano: il Parco Nazionale dei Monti Sibillini, il Parco regionale del Conero, il Parco naturale Gola della Rossa e di Frasassi, il Parco naturale del Sasso Simone e Simoncello, la Riserva Naturale Statale Montagna di Torricchio, il Monte Catria, Monte Acuto e Monte della Strega.