Abstract
L’articolo propone riflessioni sui metodi di analisi utilizzati nella valutazione della Misura 214 in n.7 Psr italiani 2007-2013, segnalando specifici punti di attenzione e complessità, dei quali tener conto nel prossimo esame dei Rapporti di valutazione ex-post. Si individuano anche questioni da affrontare nel periodo 2014-2020: la definizione dei target programmati; gli Indicatori specifici di programma; l’individuazione profili di analisi rivolti a valutazioni del processo di attuazione delle azioni agroambientali.
Introduzione
Nel dicembre 2016 si sono conclusi i processi di Valutazione ex-post dei Programmi di Sviluppo Rurale (Psr) 2007-2013 e le Autorità di Gestione (Adg) regionali hanno sottoposto i relativi rapporti all’esame dei Comitati di Sorveglianza Cds e dei servizi della Commissione UE. Si tratta quindi, ad oggi, di Rapporti ancora non definitivi, suscettibili di eventuali integrazioni e per tale motivo normalmente ancora non resi pubblici. È evidente che essi potranno costituire un'utile fonte di informazioni e giudizi in merito alla efficacia, efficienza e pertinenza dei Psr. La contemporaneità della loro elaborazione, l’esistenza di una comune metodologia di riferimento, accanto ai non pochi elementi di omogeneità dei Psr in termini di struttura e di strumenti di sostegno - creano infatti le condizioni predisponenti ad analisi anche di natura comparativa tra i risultati ed impatti conseguiti nei diversi contesti regionali. Analisi che tuttavia dovranno essere svolte con un elevato livello di attenzione ed approfondimento - pena il rischio di trarre irrealistiche conclusioni da una semplicistica comparazione di quantità - dovendosi tenere in conto delle diversità esistenti tra le esperienze regionali, sia nei contenuti programmatici ed attuativi della Misura agroambientale (214), sia nelle modalità con le quali si è sviluppato il processo di valutazione (es. diversità nei metodi di rilevazione ed elaborazione dei dati).
Le precedenti considerazioni conducono a ritenere necessario avviare quando i Rapporti di Valutazione ex-post saranno disponibili, un ampio confronto tra Valutatori, Regioni e i diversi “stakeholder” della valutazione focalizzato sui suoi risultati, la loro interpretazione ed utilizzazione a supporto della attuale programmazione 2014-2020. Una prima ed operativa opportunità per tentare il “trasferimento” degli esiti della precedente esperienza nei nuovi processi valutativi dei Psr 2014-2020 è rappresentata dalla prossima elaborazione da parte delle Adg delle Relazioni annuali di esecuzione relative al 2016 (da presentare entro giugno 2017) nelle quali, per la prima volta, si dovranno avviare analisi aventi per oggetto gli “effetti” (risultati) potenziali delle operazioni concluse o almeno finanziate in corso di realizzazione.
Alla luce di tali considerazioni, di seguito sono proposte alcune prime, personali e molto generali riflessioni scaturite dalle esperienze valutative riguardanti la Misura 214 di n.7 Psr regionali, differenti per localizzazione geografica, dimensione finanziaria e strategie adottate. Riflessioni aventi per oggetto i metodi e strumenti di analisi utilizzati ma anche i risultati da essi ottenuti. Non si tratta quindi di una vera e propria analisi “orizzontale” di quest’ultimi, in termini anche quantitativi (es. attraverso il confronto tra i valori degli indicatori di risultato o impatto raggiunti nei diversi Psr regionali) per la quale sarà necessario, come già segnalato, attendere gli esiti definitivi del processo valutativo ex-post.
La lettura dei risultati raggiunti
Come previsto dalla normativa e dagli indirizzi metodologici di fonte comunitaria, cioè dal Quadro Comune di Monitoraggio e Valutazione (Qcmv) di cui all’art.62 del Reg.(CE) n.1974/2006 una prima “misurazione“ degli effetti delle misure agroambientali, è offerta dalle analisi basate sull’Indicatore di risultato comune R6. Esso infatti misura l’estensione della “Superficie soggetta (grazie agli impegni agroambientali) a una gestione efficace del territorio che ha contribuito con successo:
- alla biodiversità e alla salvaguardia di habitat agricoli di alto pregio naturale;
- a migliorare la qualità dell’acqua;
- ad attenuare i cambiamenti climatici;
- a migliorare la qualità del suolo;
- a evitare la marginalizzazione e l’abbandono delle terre.
Tale declinazione della superficie agricola interessata dagli impegni agroambientali ha comportato un esame specifico dei loro effetti ambientali, cioè il loro collegamento causale con gli obiettivi ambientali in base alle quali si articola l’Indicatore comune. Es. tra gli impegni di mantenimento e gestione sostenibile dei pascoli e prati permanenti e la biodiversità, risultato espresso attraverso il ’“sub.indicatore” R6.a. E’ già qui possibile evidenziare come la costruzione di questa matrice di causalità “azioni (impegni) - effetti ambientali”, abbia rappresentato oltre che un importante momento di confronto tra Valutatore e strutture regionali/Adg, un’occasione per introdurre, a fronte di un quadro metodologico sostanzialmente comune, le specificità dei diversi Programmi (delle diverse Misure 214 in essi programmate) e dei contesti ambientali di intervento. Ciò spiega anche i casi di diversa attribuzione tra i “sub-indicatori” comuni R6 di azioni apparentemente molto simili. Ad esempio il differenziato giudizio di efficacia della Azione a sostegno dell’agricoltura integrata in relazione all’obiettivo di salvaguardia della biodiversità.
Seppur nell’ambito di un quadro programmatico e valutativo molto differenziato è possibile individuare in sintesi alcuni risultati comuni tra i diversi Psr esaminati.
I valori assoluti raggiunti dall’Indicatore R6 per la Misura 214 a conclusione del 2015, nelle sue cinque declinazioni tematiche elencate, frequentemente raggiunge e supera i corrispondenti valori target definiti nell’ultima versione del Psr (2015), ottenendosi pertanto indici di efficacia (realizzato/target) pari o superiori al 100%. Risultato questo apparentemente soddisfacente, ma che dovrebbe essere interpretato alla luce dei diffusi casi di progressivo “aggiustamento” dei valori target in funzione dell’effettivo stato di avanzamento della Misura; essi hanno, infatti, sempre più perso la funzione di riferimento programmatico iniziale in base ai quali valutare i risultati concretamente raggiunti dal Psr, acquisendo invece un ruolo di valore previsionale, e come tale progressivamente aggiornabile, fino ad identificarsi, inevitabilmente, con il valore raggiunto al 2015. Non è infatti casuale che nell’ambito della Valutazione ex-post si sia spesso concordato di effettuare dei confronti anche con i target “iniziali” e “intermedi” (es. versione del Psr “post Health Check della Pac”) fornendo quest’ultimi indicazioni valutative molto più realistiche e utilizzabili per valutare i risultati della Misura.
Tenendo in conto di tali aspetti, e pur con significative differenze tra i processi di attuazione regionali, non è azzardato affermare che la misura 214 appare aver conseguito maggiori risultati nel valorizzare le positive esternalità ambientali dei sistemi agricoli sostenibili, invece che nel mitigare i fattori di “pressione” ambientali derivanti dalle attività agricole più intensive. A conferma di ciò, i processi di adeguamento, in diminuzione, dei target, hanno coinvolto principalmente la componente dell’Indicatore di Risultato inerente la tutela qualitativa delle risorse idriche. All’opposto, le necessità di aumentare il target si è spesso manifestata nella componente dell’Indicatore “salvaguardia della biodiversità”; in altri termini le modifiche dei target hanno rispecchiato un andamento attuativo inferiore alle aspettative per le azioni agroambientali finalizzate a ridurre gli effetti negativi dell’agricoltura sulle risorse naturali quali l’acqua (es. riduzione dei livelli di utilizzazione di fertilizzanti e altri input, grazie all’adesione ai metodi di agricoltura biologica o integrata) e invece superiore a quanto inizialmente programmato per le azioni miranti al “mantenimento” di pratiche e sistemi di produzione estensive (es. usi sostenibili di pascoli e prati permanenti) a rischio di scomparsa o intensificazione, ai quali sono connessi benefici ambienta li quali la salvaguardia della biodiversità.
Le altre componenti dell’indicatore R6 applicato alla Misura 214, relative alla tutela del suolo e alla mitigazione del cambiamento climatico hanno subito variazioni nei target, in aumento o in diminuzione, meno evidenti e comunque non univoche, bensì differenziate tra i diversi Psr, in ragione sia del “mix” di azioni/impegni che si è diversamente determinato, sia dei conseguenti effetti specifici dello stesso.
Oltre che con i corrispondenti target (come si è visto in progressivo adattamento) i valori dell’Indicatore di Risultato sono stati rapportati, in sede di Valutazione ex-post, con la superficie agricola totale dei diversi contesti di intervento, in forma analoga a quanto oggi previsto con alcuni indicatori “target” dei Psr 2014-2020. Questo tipo di confronto ha condotto a risultati generali non molto dissimili tra le regioni esaminate. La Misura 214, tra le linee di sostegno dei Psr più importanti in termini finanziari e di numerosità di beneficiari coinvolti, ha interessato porzioni consistenti ma comunque minoritarie delle Sau regionali (intorno al 20%) in ragione dei vincoli derivanti dai livelli di partecipazione e comunque di natura finanziaria. E’ questo un primo essenziale elemento di cui è necessario tener conto nella lettura delle stime riguardanti l’impatto complessivo della Misura nei diversi contesti regionali.
Al di là dell’incidenza complessiva delle superfici agroambientali sulle Sau regionali totali, di maggiore interesse valutativo è stata la differenziazione di tale indice in termini territoriali. Ciò nella constatazione di quanto l’efficacia degli impegni agroambientali sia influenzata dalle caratteristiche ambientali del luogo in cui essi si realizzano. Tale approccio si è concretizzato assegnando priorità agli interventi realizzati sia in aree di pianura particolarmente sensibili e a rischio di inquinamento e degrado (es. zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola, di rispetto delle falde ecc.) sia in aree di particolare valore ambientale e naturalistico (es. aree naturali protette, della Rete Natura 2000). E’ in queste ultime, situate principalmente in zone collinari o montane che si è riscontrato un significativo effetto di “concentrazione” degli incentivi agroambientali. Nelle aree di pianura, con più diffusione di sistemi di produzione intensivi e potenzialmente inquinanti, la porzione di superficie agricola interessata dalle azioni agroambientali è risultata invece relativamente inferiore, anche se in essa i miglioramenti “unitari” introdotti, rispetto all’ordinarietà, sono stati maggiori.
Quest’ultima lettura dei dati sembra confermare, da un diverso punto di vista, quanto segnalato in precedenza in merito ai maggiori risultati conseguiti dalla Misura 214 nel valorizzare le positive esternalità ambientali dei sistemi agricoli sostenibili, piuttosto che nel mitigare i fattori di “pressione” ambientali derivanti dalle attività agricole più intensive.
Un elemento che ha positivamente caratterizzato l’azione agroambientale di molti del Psr esaminati va ricercato nella sua capacità di aver promosso - a fronte di requisiti minimi e condizioni di accesso al sostegno in progressivo innalzamento - non soltanto il rispetto di singole “pratiche agricole” ma anche il mantenimento o l’adozione di veri e propri “sistemi” di produzione favorevoli in termini ambientali, secondo un approccio olistico alla sostenibilità. Tra questi ultimi l’agricoltura biologica, nei confronti della quale i Psr hanno espresso un’elevata e crescente capacità sia di sostegno finanziario, sia di qualificazione ed orientamento. Da evidenziare anche il crescente sostegno alla cd. “agricoltura conservativa”, introdotta in molte regioni (e riconfermata negli attuali Psr) perché in grado di migliorare la sostenibilità ambientale di sistemi e aree agricole caratterizzate da obiettivi di elevata competitività e più difficilmente coinvolgibili nelle altre azioni agroambientali. Ciò a fronte della progressiva riduzione (territoriale o per comparto produttivo) o cancellazione del sostegno per i metodi di Agricoltura Integrata, nella consapevolezza del progressivo assottigliarsi dei loro margini di miglioramento rispetto ai metodi ordinari di coltivazione, che tendono ad identificarsi con i primi. Fenomeno questo particolarmente evidente nei comparti ortofrutticoli di alcune regioni, la cui produzione, per essere destinata ai principali canali di commercializzazione deve raggiungere requisiti minimi “obbligatori” di salubrità e sostenibilità ambientale.
Quest’insieme di criteri di lettura della variabile “superficie agricola agroambientale”, consentono in definitiva di giungere a primi giudizi valutativi in merito all’efficacia “potenziale” della Misura 214 nel conseguire gli obiettivi per i quali è stata programmata, di per se già ampiamente articolati e differenziati per regione e per specifici ambiti territoriali. Tuttavia, come previsto dal Qcmv, una più esaustiva “prova” degli effetti insiti in tale potenzialità è stata nella Valutazione ex-post fornita attraverso l’analisi degli impatti, anche in questo caso differenziati per tema/obiettivo ambientale.
Gli impatti della Misura 214
Aspetti generali
Nell’applicare i criteri e gli indicatori proposti dal Qcmv alla valutazione degli impatti ambientali della Misura 214 il Valutatore ha in realtà sviluppato due livelli di analisi. Per ognuna delle principali tematiche ambientali (biodiversità, acqua, suolo) si è, in primo luogo, cercato di stimare gli “effetti” determinati dagli impegni della Misura nelle superfici agricole nelle quali essi sono stati concretamente applicati (“effetto unitario”), quindi, di stimare l’impatto complessivo sul contesto regionale o su più specifici contesti territoriali. Semplificando molto, tale impatto complessivo è infatti il “prodotto” tra i suddetti effetti unitari derivanti dalle azioni agroambientali e la quota di superficie agricola complessiva da essi interessata. Ciò conduce a importanti differenze nei giudizi valutativi delle singole azioni agroambientali potendosi distinguere tra due opposte tipologie (tra le quali ovviamente si collocano i ben più numerosi casi “intermedi”):
- azioni aventi bassi impatti unitari (rispetto al “controfattuale”) ma rilevanti impatti complessivi, essendo relativamente ampia l’area agricola da essi interessata (es. questo si è spesso verificato nelle azioni di mantenimento dei prati e pascoli); i possibili margini di miglioramento di tali azioni sono quindi da ricercare, entro certi limiti, in un aumento della efficacia dei singoli impegni;
- azioni aventi impatti unitari elevati ma bassi impatti complessivi, interessando estensioni relativamente limitate di superficie agricole (es. alcune specifiche pratiche di agricoltura conservativa o, in alcune regioni la stessa agricoltura biologica); i possibili margini di miglioramento di tali azioni sono quindi da ricercare nel rafforzamento delle azioni di informazione/consulenza/formazione e nel miglioramento delle condizioni di convenienza economica all’adesione da parte dell’agricoltore.
In definitiva, il giudizio di efficacia di una specifica azione agroambientale, in relazione ad un determinato obiettivo ambientale, può modificarsi sensibilmente a seconda se di esse di considera l’impatto specifico (unitario) o l’impatto complessivo.
Si osserva inoltre che gli effetti ambientali sono stati stimati “al netto” delle modificazioni che sarebbero comunque intervenute, nelle variabili considerate, in assenza della applicazione delle azioni agroambientali (cd. analisi controfattuale). Le condizioni “senza” e “con” impegno agroambientale sono state ricostruite, a seconda delle tematiche affrontate, sulla base di dati acquisiti attraverso indagini dirette “ad hoc” o di dati secondari ricavabili da fonti documentali e statistiche o da entrambe le fonti.
Dal punto di vista metodologico è necessario porre attenzione sulle difficoltà incontrate nella definizione della situazione “controfattuale”, di complessa lettura nelle analisi (come quelle in oggetto) in cui si esaminano i livelli di utilizzazione di input agricoli (fertilizzanti, fitofarmaci) e le modalità di esecuzione di specifiche pratiche agricole. Principalmente nelle condizioni del “non impegno”, infatti, i comportamenti degli agricoltori risultano estremamente variabili, diversificati territorialmente e comunque soggetti a significative evoluzioni temporali, influenzate da fattori culturali (livello di consapevolezza ambientale) ed economici (andamento dei prezzi relativi ai prodotti e ai fattori di produzione). Le variazioni verificatesi nell’andamento degli indicatori stimati per le condizioni di agricoltura ordinaria (“controfattuali”) hanno in molti casi sensibilmente modificato il giudizio di efficacia relativo agli impegni agroambientali (situazione “fattuale”) non perché quest’ultimi siano stati depotenziati (è anzi spesso avvenuto il contrario), ma in quanto è venuto a ridursi il margine di miglioramento da essi introdotto rispetto ad una fisiologica evoluzione del contesto agricolo generale.
È alla luce di queste “premesse” di natura essenzialmente metodologica che dovranno quindi essere letti ed interpretati gli esiti delle valutazioni riguardanti gli impatti della Misura 214 (e del Psr nel suo insieme).
La salvaguardia della biodiversità
Numerosi habitat naturali e semi-naturali, molte specie di flora spontanea e di fauna selvatica, le razze animali allevate e le varietà vegetali coltivate, rappresentano le varie facce di una biodiversità legata allo spazio rurale e più direttamente “dipendente” dall'attività agricola, rispetto alle quali essa può svolgere una funzione di salvaguardia e valorizzazione o, all'opposto, di alterazione ed impoverimento. Le Misure 214 sono state indirizzate alla valorizzazione della prima funzione, cercando nel contempo di ridurre o almeno mitigare gli effetti negativi derivanti dall'intensificazione dei processi produttivi agricoli.
I metodi di produzione biologica (ed in alcuni di produzione integrata) hanno determinato, laddove praticati, un generale miglioramento dei livelli di biodiversità in conseguenza principalmente dei seguenti effetti operativi: il minor impiego di fitofarmaci e soprattutto una diminuzione del loro livello di tossicità; il mantenimento o la maggiore diffusione di prati permanenti e pascoli; l’introduzione di pratiche agricole (come rotazioni e coperture del terreno) in grado di favorire un ecosistema agricolo a beneficio della fauna selvatica.
Le azioni agroambientali qualitativamente più significative sono state tuttavia, quelle che hanno consentito di incrementare e tutelare nelle aree agricole spazi naturali o semi-naturali, quali prati, zone umide, siepi, boschetti, filari alberati, vere e proprie “infrastrutture ecologiche” con funzioni di habitat di riproduzione e rifugio per numerose specie spontanee. Le indagini campionarie sull’avifauna eseguite con il metodo del confronto “fattuale-controfattuale” hanno confermato i benefici di quest’insieme di azioni agroambientali: nelle aree interessate si verifica un incremento della ricchezza di specie legate agli ambienti agricoli (e spesso anche a priorità di conservazione) e delle rispettive popolazioni . I benefici sono stati amplificati nei casi in cui il ripristino di spazi naturali si è accompagnato a trasformazioni nelle pratiche e negli ordinamenti agricoli (riduzione dei fitofarmaci, rotazioni, colture di copertura).
A fronte di questi impatti specifici significativi, più incerta e in alcuni casi non compiuta è stata la stima degli impatti complessivi a livello regionale, attraverso il popolamento dell’indicatore comune di impatto previsto dal Qcmv relativo alla influenza esercitata dall’azione agroambientale sull’evoluzione dell’indice di abbondanza delle specie di interesse agricolo (Farmland bird index - Fbi)1.
Più evidenti invece gli impatti valutati attraverso l’indicatore comune “Conservazione delle aree agricole ad alto valore naturale” (in inglese: farmland High Nature Value-Hnv)2 al cui mantenimento la Misura 214 concorre in forma significativa, verificandosi in esse una elevata incidenza delle superfici agroambientali. Il contributo fornito dalla Misura 214 (e da altre del Psr) è essenzialmente quello di aver contrastato la tendenza all’abbandono o alla intensificazione di superfici agricole regionali aventi caratteristiche (tipi di uso agricolo del suolo e modalità di gestione) che ne determinano l’Alto Valore Naturale, secondo la definizione assunta a livello comunitario. La principale questione metodologica da affrontare, nell’ambito della attuale programmazione 2014-2020, riguarda tuttavia il perfezionamento, e l’applicazione a livello regionale, di metodi e procedure atte all’identificazione di tale aree e della loro evoluzione nel tempo, a partire presumibilmente dai lavori già svolti sul tema dalla Rete Rurale Nazionale, in particolare nella stima dell’Indicatore di contesto comune C37 (“Hnv Farming”) a livello regionale.
La tutela delle risorse idriche e del suolo
Nelle aree di pianura, ma anche in quelle collinari, il principale effetto ambientale dei Psr è individuabile nella attenuazione degli impatti negativi sulle risorse naturali determinati dai sistemi di coltivazione ed allevamento intensivi.
Gli impegni agroambientali hanno incentivato una riduzione variabile intorno al 30% negli apporti di azoto e fosforo, che si riflette in una diminuzione del “surplus” di tali macro elementi (cioè degli apporti al netto delle asportazioni colturali) e quindi nelle quantità che per percolazione e lisciviazione dallo strato arabile del terreno raggiungono le falde acquifere e i corpi idrici superficiali. Integrando tali impatti unitari relativi alle specifiche aree di intervento agroambientale, con l’effettivo “peso” che esse hanno sul totale della superficie agricola regionale, si arriva a stimare una riduzione complessiva del surplus di azoto (impatto globale) molto minore, variabile ovviamente da regione a regione, e compresa tra l’1,5% e il 5%; valori medi regionali che tuttavia tendono ad aumentare in specifiche aree, spesso collinari e nelle quali predominano gli indirizzi agricoli arborei.
Al di là dei singoli risultati quantitativi, da analizzare per singolo Psr, è utile esaminare il citato fenomeno del mancato raggiungimento dei target programmati per l’indicatore complessivo di impatto "miglioramento della qualità dell’acqua". Soprattutto è utile cercare di capirne le cause, diverse e spesso tra loro convergenti. Tra queste:
- un’adesione alle azioni inferiore alle previsioni ex-ante, determinata da una riduzione della convenienza all’adesione, reale o percepita, da parte dei potenziali beneficiari;
- una distribuzione degli impegni maggiore del previsto nelle aree montane, nelle quali si verificano riduzioni degli input inferiori che in altre aree;
- una generale riduzione verificatasi negli ultimi anni dei livelli di concimazione nelle aziende convenzionali (fenomeno connesso anche alla crisi economica) con conseguente diminuzione del “differenziale” rispetto a quelle condotte con impegni agroambientali.
Rispetto ai fitofarmaci, gli impatti specifici riguardano essenzialmente una modificazione - a seguito dei metodi di agricoltura biologica o integrata - della loro distribuzione per classi di tossicità, verificandosi, in presenza di impegni, la prevalenza dei prodotti o biologici o comunque caratterizzati da più bassi livelli di rischio per la salute degli operatori e l’inquinamento delle acque.
Il richiamo agli impatti delle azioni agroambientali relativamente all’obiettivo della tutela qualitativa delle risorse idriche è l’occasione per evidenziare un elemento programmatico ed attuativo che ha positivamente caratterizzato alcuni Psr regionali, migliorandone l’efficacia. Ci si riferisce all’integrazione programmatica ed attuativa verificatasi tra le Misure 216 e 214 nel favorire la realizzazione (la prima) e il successivo mantenimento (la seconda) di specifiche “infrastrutture vegetali” quali le Fasce tampone boscate, destinate alla rimozione dell’azoto presente nella soluzione circolante nel suolo (deflussi idrici superficiali e sotterranei) la cui efficacia è stata l’oggetto di specifici approfondimenti in alcune Valutazioni ex-post.
Il contributo del Psr all’obiettivo di tutela del suolo è stato espresso - oltre che nella già richiamata riduzione degli input agricoli potenzialmente inquinati - dall’incentivazione di pratiche agricole che hanno favorito la riduzione dei fenomeni di erosione superficiale del suolo e/o il mantenimento o incremento del suo contenuto di sostanza organica stabile. Tra le altre, l’inerbimento interfilare, le lavorazioni ridotte, forme di copertura del suolo, la riconversione dei seminativi in prati permanenti, specifiche azioni finalizzate a favorire apporti di sostanza organica al suolo. Le numerose analisi e stime presenti nelle Valutazioni ex-post consentono di valutare gli impatti delle diverse azioni agroambientali sia in forma “unitaria”, sia complessiva potendosi ricavare, come già segnalato, giudizi valutativi anche molto diversificati a seconda di quali dei due “indicatori” considerati.
Considerazioni conclusive
Le valutazione ex-post dei Psr regionali 2007-2013, per le quali saranno a breve disponibili i relativi Rapporti finali, rappresentano un prezioso patrimonio di informazioni ed elementi utili per lo sviluppo di analisi più generali basate anche sulla comparazione di risultati ed impatti. Per esse appare indispensabile assicurare elevati livelli di approfondimento e di partecipazione da parte dei diversi soggetti, istituzionali e non, coinvolti nei processi attuativi dei Psr, al fine qualificare e ottimizzare l’interpretazione dei diversificati esiti delle analisi valutative e lo loro utilizzazione. Le propedeutiche riflessioni qui esposte hanno avuto la più limitata finalità di fornire alcune chiavi interpretative o di segnalare specifici punti di attenzione e complessità di cui tener conto nel prossimo esame, singolo e aggregato, dei Rapporti di valutazione ex-post.
Restano da approfondire più numerose questioni di ordine soprattutto metodologico che potranno condizionare la pratica valutativa dei Psr 2014-2020. Tra le altre si segnalano:
- la definizione e il ruolo dei target programmati rispetto alle eventuali rimodulazioni finanziarie e modifiche apportate ai Programmi; andrebbe concordato preliminarmente se essi dovranno svolgere il ruolo di riferimento programmatico costante rispetto al quale valutare i risultati progressivamente raggiunti (e soprattutto le cause del loro eventuale scostamento positivo o negativo) o dovranno invece continuare ad assumere, come accaduto nella programmazione 2007-2013, la funzione di valori previsionali, progressivamente aggiornabili in funzione dell’effettiva attuazione del Programma e della manifestazione dei suoi effetti (previsioni che, alla fine del Programma, inevitabilmente tenderanno ad identificarsi con i risultati);
- il miglioramento e presumibile ampliamento degli Indicatori di Risultato complementari (aggiuntivi rispetto a quelli utilizzati come “target”) attraverso l’integrazione di idonei Indicatori specifici di programma; infatti l’attuale sistema di indicatori comunitari definiti nel Reg.(UE) 808/2014 è in grado di fornire una base conoscitiva sottodimensionata in relazione all’ampiezza delle analisi necessarie per una esaustiva ed argomentata “risposta” alle Domande valutative previste nello stesso Regolamento; ciò pur nella consapevolezza che in tale “risposta” gli indicatori rappresentano una componente utile ma non esaustiva del processo di argomentazione, dovendo questi essere interpretati e “spiegati” (soprattutto nelle analisi di efficacia e pertinenza) alla luce di elementi cd. “qualitativi”, superando l’anacronistico e in realtà poco fattibile dualismo tra analisi “quantitative" e analisi “quantitative”;
- l’individuazione di indicatori o più in generali di profili di analisi specificatamente rivolti a valutazioni “di processo” in particolare sui fattori interni (informazione/comunicazione, requisiti di ammissibilità e criteri di selezione) o esterni (condizioni macroeconomiche, evoluzioni culturali) al Programma che “condizionano” i livelli e il tipo di partecipazione alle azioni agroambientali; cioè un rafforzamento delle analisi iniziali aventi per oggetto le caratteristiche, la distribuzione territoriale, le potenzialità degli interventi effettivamente proposti e finanziati, in base alle quali definire eventuali adeguamenti nelle modalità di loro attuazione e delle quali successivamente tener conto per meglio comprenderne e interpretare i risultati ed impatti ambientali conseguiti; il pregio di tali analisi “di processo” è anche quello di fornire alle Adg e ai vari “stakeholder” elementi di valutazione e conseguenti proposte già nelle prime fasi del processo di attuazione del Programma e quindi concretamente (e non solo teoricamente) utilizzabili per un suo miglioramento.
Riferimenti bibliografici
-
European Commission (2014) e European Evaluation Helpdesk for Rural Development - Guidelines for the ex-post evaluation of 2007-2013 Rsps
- 1. Il Fbi è un indice aggregato che esprime la tendenza complessiva delle popolazioni di uccelli che dipendono dalle aree agricole per nidificare o alimentarsi in periodo riproduttivo e viene elaborato annualmente a livello regionale (Rrn-Lipu) sulla base dei dati raccolti nell’ambito del programma europeo di monitoraggio degli uccelli comuni.
- 2. “Quelle zone d’Europa in cui l’agricoltura costituisce un importante (o anzi principale) uso del territorio, e in cui l’agricoltura stessa si accompagna o serve da sostegno a una considerevole diversità di specie e di habitat, oppure alla presenza di specie la cui conservazione è di importanza europea, nazionale e/o regionale (o a entrambe le situazioni)” Eea, 2004 - Guidance document to the Member States on the application of the high nature value impact indicator”