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traduzione di Cristina Gorajski Visconti
Il mondo non riesce a ridurre la fame1
Attualmente ammonta a circa un miliardo il numero di coloro che soffrono la fame - un incremento di 150 milioni negli ultimi due anni. Molti paesi in via di sviluppo non sono ancora riusciti a sviluppare politiche efficaci e piani che possano aumentare gli investimenti e promuovere il diritto all’alimentazione per i propri cittadini. Molti paesi ricchi, d’altra parte, hanno politiche agricole e commerciali che influiscono negativamente sulla sicurezza alimentare dei paesi in via di sviluppo e non possono corrispondere al loro impegno di incrementare l’assistenza per promuovere l’agricoltura e la sicurezza alimentare. I cambiamenti climatici e la volatilità a livello globale dei prezzi delle derrate minacciano di far crescere ulteriormente il numero degli affamati nel mondo.
Il mondo è diviso
Il contesto politico internazionale è caratterizzato dal rimpallo delle responsabilità fra paesi ricchi e poveri. I paesi donatori, specialmente in presenza di austerità finanziaria, stanno sempre più insistendo sulle omissioni di molti paesi in via di sviluppo, i cui governi hanno fallito nel mantenere gli impegni assunti e nell’effettuare gli investimenti programmati.
I paesi poveri, dal canto loro, danno la colpa dell’acutizzarsi del problema della fame alle politiche e alle pratiche dei paesi ricchi che sono venuti meno al compito di incrementare gli aiuti contro la fame.
Durante la crisi globale dei prezzi alimentari del 2007/2008 molti governi hanno fatto appello ad una “partnership globale per l’agricoltura, la sicurezza alimentare e la nutrizione” in modo da promuovere un’azione globale che potesse migliorare e rendere più coerente l’azione d’insieme in questo contesto. Ma il mondo si è diviso su come questa partnership globale dovrebbe essere costituita. Molti paesi donatori si concentrano su L’Aquila Food Security Initiative (AFSI), l’Iniziativa per la sicurezza alimentare de L’Aquila che mira a canalizzare 22 miliardi di dollari, richiesti nel 2009 durante il G8 dell’Aquila, per assistere i programmi di investimento governativi. Un’altra piccola parte attraverso il nuovo Global Agriculture and Food Security Programme (GAFSP), Programma di sicurezza alimentare e agricola gestito attraverso un fondo fiduciario della Banca mondiale. Molti governi dei paesi poveri e i referenti della società civile criticano l’AFSI in quanto gestito dai paesi donatori e perché promuove politiche di gran lunga favorevoli ai propri consumatori interni e agli affari domestici, non certo a coloro che soffrono la fame. Questi ultimi promuovono invece la riforma del Committee on World Food Security (CFS)2, il Comitato per la sicurezza alimentare mondiale, come tribuna politica internazionale per la sicurezza e la nutrizione alimentare, in quanto garantisce la partecipazione su basi egualitarie dei governi dei paesi in via di sviluppo, accanto ad una gamma completa di consegnatari, e comprende le agenzie delle Nazioni unite, le istituzioni, la società civile e il settore privato.
Occorre al più presto una leadership politica globale
È necessario quanto prima avere una direzione politica di alto livello che promuova con urgenza e che possa coordinare un’azione globale che consenta di raggiungere i Millennium Goals (MG), gli Obiettivi del millennio, per ridurre alla metà la percentuale di persone che soffrono la fame in tutto il mondo.
I governi nazionali sono le istituzioni portanti e primarie che debbono garantire il diritto all’alimentazione dei propri cittadini. Alcuni governi dei paesi in via di sviluppo sono stati capaci di progredire nella promozione della sicurezza alimentare e incrementare la capacità di ripresa con politiche inclusive pro-poveri, che includono investimenti per produzioni su scala ridotta, protezioni sociali e misure commerciali volte a promuovere le produzioni locali e gli scambi.
Tuttavia, molti governi dei paesi in via di sviluppo richiedono appoggi da parte della comunità internazionale al fine di generare un ambiente internazionale per la promozione e la protezione del diritto ad una alimentazione adeguata, un obiettivo che si raggiunge attraverso le seguenti misure:
- Sviluppando politiche efficaci e coerenti a livello globale volte a colpire le cause dell’insicurezza alimentare cosiddette “oltre i confini”, come ad esempio i cambiamenti climatici, gli investimenti internazionali sui terreni (land grabbing), i problemi della scarsità di acqua e di altre risorse naturali, la speculazione e la volatilità dei prezzi alimentari, la concentrazione dei mercati, i commerci di cibo, i sussidi all’agricoltura, la gestione degli stock alimentari;
- Garantendo misure di politica coordinata, di assistenza tecnica e finanziaria a sostegno di programmi regionali e per processi autogestiti dai paesi beneficiari.
Purtroppo, negli ultimi anni, è diventato sempre più chiaro che le istituzioni e le tribune globali non sono riuscite a mantenere questi ruoli di direzione globalizzata. Detto in breve, ci sono due grossi problemi. In primo luogo, molti governi dei paesi ricchi sono poco disposti a concordare politiche e regolamenti internazionali che non favoriscano i propri consumatori e gli affari domestici. Secondariamente, vi è scarsa coerenza e poco coordinamento tra le istituzioni che hanno un ruolo da svolgere nel fornire assistenza politica, tecnica e finanziaria.
C’è bisogno di una riforma radicale, specialmente se il mondo si troverà di fronte al raddoppio della domanda di alimenti verso il 2050, accanto ai rischi aggiunti dai cambiamenti climatici. Fondamentalmente, questa riforma richiede uno spostamento negli equilibri di potere per consentire ai governi, alla società civile e ad altri attori dei paesi in via di sviluppo di poter influenzare maggiormente le istituzioni politiche e i processi a livello internazionale.
Occorre che un Ente internazionale, un Corpo intergovernativo faccia da vertice del sistema di governance per l’agricoltura e l’alimentazione. Il suo compito dovrebbe essere quello di garantire che i governi e le istituzioni globali collaborino insieme per affrontare le minacce globali alla sicurezza alimentare e far sì che l’assistenza internazionale si allinei ai processi regionali e quelli ad iniziativa dei singoli paesi.
Un simile organismo dovrebbe rispondere ad alcuni criteri chiave che ne garantiscano l’efficacia. Esso dovrebbe dunque essere:
- basato sui diritti: l’obiettivo politico finale deve essere quello di garantire per tutti il diritto all’alimentazione adeguata;
- inclusivo: dovrebbe garantire che i governi e le organizzazioni delle popolazioni maggiormente colpite dalla fame e dalla insicurezza alimentare possano avere voce influente nei luoghi di decisione;
- legittimato: le decisioni dovrebbero essere prese soltanto dai rappresentanti politici degli Stati nazionali;
- decentrato: l’organismo internazionale dovrebbe affrontare solo quegli argomenti che non possano essere affrontati a livello nazionale o regionale;
- basato sull’evidenza: le decisioni politiche dovrebbero essere basate sulla valutazione oggettiva di politiche e programmi così da identificare le buone pratiche;
- trasparente: le discussioni e le decisioni prese devono restare disponibili per la pubblica valutazione;
- efficiente: decisioni e azioni corrispondenti devono aver luogo in un lasso di tempo che corrisponde con gli impegni presi a livello internazionale di dimezzare la fame nel mondo nel 2015.
Il Committee on World Food Security: la tribuna internazionale per una leadership di alto livello contro la fame
A seguito della riforma occorsa nel 2009, il CFS sta vivendo un momento di transizione verso un organismo allargato del sistema delle Nazioni Unite, competente per lo sviluppo delle politiche internazionali, per le attività di regolazione e di orientamento, e per implementazione di misure coordinate e coerenti, politiche, tecniche e di assistenza finanziaria.
La riforma è stata avviata con il riconoscimento della frammentazione del sistema internazionale e con il bisogno di rinforzare il CFS in modo di farne un corpo intergovernativo con competenze organiche e generali per promuovere un coordinamento internazionale in linea e coerente con le politiche e i programmi regionali e nazionali.
Il CFS coinvolge tutti i governi in sessione plenaria, ha un Comitato esecutivo composto da 13 membri che costituisce il suo braccio operativo e che è autorizzato ad assumere le decisioni correnti. Con la riforma, tutta la gamma degli stakeholder (aventi diritto) viene coinvolta nell’ambito di un Advisory Group (Gruppo consultivo) e durante la sessione plenaria annuale; si sta inoltre cercando anche di promuovere uffici di collegamento a livello regionale e nazionale.
Il CFS racchiude in sé il potenziale per rispondere ai criteri di verifica di cui sopra e dovrebbe essere quindi sostenuto attivamente per trasformarsi nella colonna politica centrale della partnership globale auspicata. Tuttavia, vi sono alcune limitazioni che devono essere superate se si vuole trasformarlo in un centro realmente efficace ed efficiente per la governance dell’agricoltura e dell’alimentazione. Il CFS richiede la partecipazione attiva di tutti i consegnatari, specialmente della società civile, per garantire decisioni non politicizzate che siano supportate dall’evidenza e sempre miranti all’obiettivo finale di riduzione della fame e per il diritto all’alimentazione.
Un piano globale del Committee on World Food Security per abbattere la fame nel mondo
I capi dei governi del mondo dovrebbero sostenere il CFS come colonna politica centrale della Global Partnership on Agriculture, Food Security and Nutrition e autorizzarlo a fornire quella leadership di alto livello politico necessaria per raggiungere i Millennium Goals. Essi dovrebbero garantire che i loro ministri incaricati della sicurezza alimentare, dell’agricoltura e della nutrizione partecipino alle sedute plenarie e mantengano con i propri rappresentanti presenti a Roma un collegamento attivo e rapporti costanti per implementare il programma corrente dei lavori del CFS.
Il CFS dovrebbe sviluppare un Piano globale per sostenere i governi nazionali e gli enti regionali intergovernativi impegnati a ridurre la fame nel mondo al 50% nel 2015 e per promuovere il diritto all’alimentazione per tutti. Questo Piano dovrebbe contemplare i seguenti impegni:
- I governi e le istituzioni regionali sottopongono al Segretariato del CFS entro la fine di luglio 2011 i rispettivi Piani d’azione in cui si descrive come raggiungeranno i Millennium Goals nel 2015 e come promuoveranno il diritto all’alimentazione per tutti.
- Un quadro generale che illustri le politiche necessarie per affrontare le minacce globali alla sicurezza alimentare e alla nutrizione (compreso l’aumento impressionante e recente degli investimenti su larga scala nelle terre nei PVS da parte di altri paesi, i cambiamenti climatici e l’impatto sulla produzione alimentare, la volatilità dei prezzi), come pure quelle politiche atte a sviluppare meccanismi efficaci ed equi di protezione sociale basati su una riformata Convenzione per gli aiuti alimentari.
- Impegni specifici per paese, obiettivi a lungo termine da parte di tutti i governi (dai paesi donatori a quelli in via di sviluppo) ad assicurare equamente la propria parte di risorse necessarie all’implementazione dei programmi nazionali e regionali.
- Infine, il tracciamento delle azioni e dei flussi di risorse per paese, per imparare lezioni, condividere esperienze e coordinare investimenti coerenti con i piani nazionali e regionali.
Colmare il divario
Nessuna tribuna o istituzione globale può sostituirsi ai governi nazionali nella loro responsabilità di assicurare il diritto all’alimentazione per i propri cittadini e per quelli di altri paesi. Tuttavia, ci sono cause della fame che richiedono azioni coordinate e coerenti fra i governi.
Si deve porre fine al gioco del rimpallo delle responsabilità tra paesi per i fallimenti o le omissioni nelle azioni per ridurre la fame. Una partnership globale genuina deve essere possibile per poter gettare un ponte sul divario esistente fra le nazioni e per garantire un lavoro comune verso i Millennium Goals.
Il CFS può fornire lo spazio politico necessario allo scopo. Tutti i governi e le istituzioni globali possono utilizzarlo. La società civile deve svolgere un ruolo critico per garantire a tutti che ciò sia effettivamente realizzato.
- 1. Chris Leather, funzionario Oxfam, è uno dei quattro esperti rappresentanti la società civile nell’Advisory Group che assiste il Comitato esecutivo del CFS fino ad ottobre 2010. Cristina Gorajski è il coordinatore del Gruppo ad hoc tra le Organizzazioni non Governative Internazionali presso la FAO e rappresenta la Federazione BPW International.
- 2. Per maggiori informazioni sul CFS e il processo di riforma, si veda il sito [link]. Per maggiori informazioni sul ruolo che le organizzazioni e le reti della società civile stanno svolgendo nel CFS, visitare i siti: [link] e [link].