INTRODUZIONE
Oggi, in Italia ed in Europa, agricoltori e politici si trovano di fronte a tre possibilità riguardo la direzione da imprimere all’attività agricola del proprio territorio. L’agricoltura convenzionale o agro-industriale , nella sua forma globalizzata e indifferente alla storia e all’ecologia del territorio, non è più raccomandabile poiché produce spazi spesso poco abitabili per l’uomo e per gli altri esseri viventi, ed alimenti talvolta considerati pericolosi o sospetti per la salute.
Come risposta a questi problemi, le promesse politiche e scientifiche dei modelli di agricoltura sostenibile (integrata, ‘ragionata’, di precisione) hanno fornito il quadro normativo necessario a un cambiamento nelle pratiche agricole. Tuttavia esso sarà lento, inegualmente distribuito sul territorio e dipendente dall’equipaggiamento giuridico e tecnico di cui disporranno gli agricoltori, variabile a seconda dei Paesi.
È per questo che l’alternativa, talvolta radicale, rappresentata dalla pratiche agro-ecologiche (agricoltura contadina, biologica, organica, biodinamica, coltura intercalare, permacultura), coinciderà ancora a lungo con la strada per mettere in atto forme di agricoltura in grado di conciliare qualità dell’ambiente di vita e del territorio e qualità alimentare.
La posta in gioco nelle agricolture sostenibili, e più specificamente in quelle agro-ecologiche, è la ricostruzione di beni comuni territoriali agricoli. I beni comuni non sono tali solo da un punto di vista meramente economico: si pensi ad alcune risorse naturali accessibili a tutti (come, ad esempio, le falde freatiche), ma per questa ragione esauribili e destinate, se le si vuole preservare, a una regolamentazione difficile ma non impossibile (Ostrom 2006, ed. or. 1990).
Sarebbe opportuno estendere questo concetto a tutti i tipi di beni e servizi - naturali o artificiali, materiali o immateriali, esauribili o non equamente accessibili o distribuiti - che contribuiscono a costruire l’identità del gruppo umano che li rivendica.
Un progetto di territorio può essere il luogo della costruzione di beni comuni agro-paesaggistici. Da una parte avremo, quindi, le risorse materiali (i suoli agricoli, i tipi di coltura e di allevamento, l’acqua, le tecnologie, la varietà biologica, i percorsi d’accesso ecc.), i prodotti agricoli e i servizi ambientali; dall’altra le risorse immateriali (in particolare le rappresentazioni mentali dei paesaggi e dei luoghi sotto forma sia di immagini che di descrizioni testuali).
Bisogna tenere a mente che i beni comuni paesaggistici territoriali sono soprattutto spazi agricoli per lo più privati, percepiti in un certo modo a partire dallo spazio pubblico (la strada, il sentiero, il belvedere). L’accessibilità visiva degli spazi agricoli può in effetti essere considerata come condizione imprescindibile per un possibile riconoscimento delle qualità formali e funzionali dei paesaggi da parte dei fruitori. Portatrici di valori paesaggistici che ognuno mette in gioco, queste “parti di territorio così come sono percepite dalle popolazioni” - secondo la definizione di paesaggio della Convenzione Europea - possono quindi essere riconosciute come multifunzionali e suscettibili di utilizzi diversi, vale a dire rispondenti alle differenti domande sociali formulate da una collettività posta di fronte o dentro un paesaggio.
La natura di queste risposte dipenderà da un lato dai tipi di agricoltura che questa collettività conosce, dall’altro dalla consapevolezza di ciò che è più auspicabile per il proprio interesse immediato e di ciò che lo è per quello delle generazioni future (il Bene comune inteso come valore morale).
Se gli agricoltori delle aree periurbane si orientano verso delle modalità di gestione agricola che forniscono un insieme di servizi agli abitanti e ai turisti, lo spazio in cui si muovono ( inteso come spazio da ‘vedere’ e da ‘vivere’ ) diventa un’opportunità, piuttosto che una limitazione come nelle economie agricole convenzionali.
Questi sistemi agroalimentari territorializzati riuniscono gli uomini (le loro modalità di organizzazione e i saperi contestuali), l’ambiente (naturale e sociale) e le produzioni agricole (in particolare le loro qualità identitarie). Offrono prodotti indirizzati tanto ai mercati locali quanto all’esportazione, contribuiscono a creare opportunità di lavoro su base locale, alla riqualificazione dell’ambiente e alla costruzione di rappresentazioni condivise.
Occorre a questo punto chiedersi se gli agricoltori territorializzati costruiscono dei paesaggi apprezzabili a un tempo dagli abitanti, dagli agricoltori e dai visitatori; e se esiste un bene comune paesaggistico che riunisca questi tre punti di vista. Ciò che è discriminante per i territori e per i produttori è il punto in cui essi si posizionano - attraverso le pratiche agro-ecologiche – rispetto ai due grandi tipi di agricoltura precedentemente descritti, quella convenzionale e quella sostenibile.
Alla fine i paesaggi non saranno necessariamente tanto diversi, ma lo sarà senz’altro la qualità dei prodotti agroalimentari e dell’ambiente. Il che consentirà di distinguere consumatori di prodotti agricoli e semplici spettatori del paesaggio, o meglio di riunire queste due diverse esigenze proprie
delle collettività di oggi e di domani, ovvero la qualità alimentare dei prodotti agricoli e il senso estetico ed etico del proprio territorio.
L’evoluzione dei sistemi agricoli ha modellato nel tempo la struttura del paesaggio, creando habitat favorevoli a un gran numero di specie vegetali e animali, tra cui emergono quelle di interesse per la conservazione della biodiversità. Questi habitat costituiscono il cuore delle “aree agricole ad alto valore naturale” (AVN), ossia di aree agricole intrinsecamente ricche di biodiversità intesa come ricchezza di specie e complessità delle relazioni ecologiche esistenti. In questi ambienti l’agricoltura e l’attività zootecnica favoriscono il mantenimento di sistemi di habitat naturali e semi-naturali che spesso svolgono anche una funzione di connessione tra le aree protette, costituendo “punti sensibili” per la conservazione della biodiversità.Tuttavia, negli ultimi decenni i processi di intensificazione dell’attività agricola e di abbandono delle aree rurali marginali hanno causato una continua riduzione di questa tipologia di aree, particolarmente vulnerabile ai cambiamenti, minacciando il delicato equilibrio tra agricoltura e biodiversità.
Contrastare questi processi costituisce un’azione chiave per arrestare il declino della biodiversità e promuovere un modello di agricoltura a servizio della collettività. Le “aree agricole ad alto valore naturale” sono riconosciute come quelle aree in cui “l’agricoltura rappresenta l’uso del suolo principale (normalmente quello prevalente) e mantiene o è associata alla presenza di un’elevata numerosità di specie e di habitat, e/o di particolari specie di interesse comunitario”.
Il patrimonio culturale dell’agricoltura è costituito dai beni materiali (attrezzi, edifici, varietà vegetali, razze animali) e dall’insieme delle conoscenze, dei valori, delle tradizioni (beni immateriali) che caratterizzato tale settore.
Anche il territorio, in quanto sistema nel quale si intrecciano natura e storia, può essere considerato patrimonio culturale, e, in quanto habitat dell’uomo, può essere considerato bene comune. Questa visione così ampia del patrimonio culturale dell’agricoltura è emersa con chiarezza solo negli ultimi decenni.
Il settore agricolo, infatti, è stato a lungo dominato da una cultura produttivistica che ha dato spazio alla tecnologia, da molti considerata socialmente neutrale, e ha tenuto distanti gli aspetti socioculturali, considerati appannaggio delle società arretrate. Negli ultimi decenni, con l’affermazione in sede scientifica e politica del concetto di multifunzionalità, sono state riconosciute le valenze storiche, culturali e simboliche delle pratiche legate alla produzione agroalimentare. Allo stesso modo, introducendo il concetto di stile produttivo, che riconosce il ruolo dei fattori soggettivi (valori, esperienze, percezioni dell’agricoltore) nelle scelte che riguardano l’azienda, e quello di agricoltura come processo di co-produzione di uomo e natura, sono stati rivalutati gli elementi antropologici in relazione al comportamento degli attori economici, che non sono mossi esclusivamente da considerazioni di razionalità economica.
L’attenzione non è quindi più centrata sulle tecniche e sulle tecnologie che consentono di superare i limiti posti dalla natura, ma sulla contestualizzazione delle stesse al fine di esaltare il rapporto di co-produzione in relazione alla disponibilità di risorse e alle diverse modalità di utilizzo.
Di pari passo, si è andata riaffermando una visione dinamica della conservazione del patrimonio culturale agricolo, visto anche come leva per uno sviluppo locale sostenibile, e si sono sviluppate iniziative finalizzate alla riattivazione dei fattori culturali, che hanno stimolato il senso del luogo e l’azione comunitaria sull’uso delle risorse ambientali e culturali locali a partire dalla produzione agroalimentare. Sono cresciute, inoltre, iniziative di diversificazione dell’attività agricola (circuiti agrituristici, enogastronomici e scuole in fattoria) che permettono di entrare direttamente a contatto con le realtà rurali, valorizzando sia gli aspetti materiali sia quelli immateriali.
Le pratiche alimentari hanno sempre avuto un ruolo significativo nel distinguere le identità individuali e collettive e oggi - a seguito delle recenti trasformazioni economiche e sociali - sembrano assumere una valenza più pronunciata che in passato, determinata anche dalla fine della scarsità alimentare in Occidente.
La maggior parte delle occasioni di costruzione e conferma delle relazioni di un gruppo sono accompagnate dal consumo comune del cibo, che sancisce in modo profondo l'appartenenza a una cultura materiale e comunitaria. Il pranzo di lavoro, il buffet di un convegno, la cena tra amici, il pranzo di famiglia sono pratiche rituali che contribuiscono alla strutturazione di significati sociali e si configurano come un elemento costitutivo della costruzione di sé. Ai riti religiosi e a quelli civili si connettono spesso cibi specifici, in alcuni casi proposti e veicolati dalla pubblicità e dal marketing e quindi diffusi in aree più vaste di quelle d'origine dello specifico prodotto.
In questa prospettiva, il consumo alimentare assume una rilevanza non meramente economica, ma anche e soprattutto sociale, perché consente la "scoperta", la "riscoperta" e il mantenimento delle tipicità e del gusto che identificano i luoghi e le comunità locali. I modi di produzione, di distribuzione e di consumo di questo particolare aspetto della cultura materiale diventano dunque elementi che possono contraddistinguere una società alla pari di altri elementi simbolici, come ad esempio il linguaggio.
Il patrimonio culturale storico-identitario di una comunità non si riduce ai monumenti e alle collezioni di oggetti, ma comprende anche le tradizioni, le rappresentazioni artistiche, le pratiche sociali, le celebrazioni festive, i sistemi di pratiche e di saperi, le capacità tecniche dell'artigianato tradizionale.
Si tratta dunque di un patrimonio culturale immateriale, che viene continuamente ricreato e modificato dalle pratiche di uso, come evidenziato anche nelle definizioni dell’UNESCO. A questa concezione del bene culturale immateriale corrisponde un concetto di salvaguardia dinamica, in grado di garantire la vitalità del patrimonio culturale nel suo insieme, assicurandone la riproduzione.
La tutela e la conservazione dell’ambiente sono ormai diventati due concetti fondamentali nelle politiche agricole comunitarie, soprattutto a seguito delle forme di sfruttamento del territorio che ne hanno alterato composizione e struttura.
Tali processi di trasformazione hanno interessato anche le componenti paesaggistiche e agro-ambientali delle aree rurali. In particolare, l’intensificazione e la specializzazione produttiva hanno comportato in molti casi la marginalizzazione di sistemi agricoli non competitivi, con fenomeni di dissesto idrogeologico e desertificazione ma anche con perdita di biodiversità. Accanto a queste trasformazioni, è emersa la domanda diffusa di natura, paesaggio e qualità ambientale che richiede, per essere soddisfatta, un sistema integrato di politiche che non guardi solo alle aree protette ma anche alle altre forme di governo dei territori in cui tutela delle risorse naturali e attività produttive convivono.
Sotto questo profilo, la multifunzionalità del settore agricolo consente di mantenere le condizioni di abitabilità dei territori ma anche di promuovere azioni di conservazione e tutela di importanti ambiti territoriali legati più a dinamiche storiche che naturali, particolarmente in un territorio antropizzato come quello italiano.
Rispetto al passato, in cui nelle aree protette lo svolgimento delle attività produttive era subordinato alla conservazione delle valenze naturalistiche e paesaggistiche del territorio, oggi si cerca di integrarne gli elementi socioeconomici, laddove l’attività agricola rappresenta un elemento fondamentale del territorio da proteggere.
Parlare di paesaggio in generale (e di quello rurale-agrario in particolare) significa trattare un argomento di natura complessa, il cui interesse si è rinnovato negli ultimi decenni sulla spinta di diverse sollecitazioni. Nonostante l’agricoltura sia l’attività che più di ogni altra ne ha plasmato forme e confini, non sempre risulta essere l’attività economica dominante.
In alcune aree rurali, infatti, lo sviluppo di altre attività economiche non agricole, di altri habitat, rende difficile stabilire se sia corretto l’utilizzo del termine agricolo. Per contro, in alcune aree prevalentemente agricole il modello di sviluppo non è più interamente rurale ma caratterizzato da fenomeni di urbanizzazione diffusa e modelli di sviluppo semi-rurale. In questo contesto, i paesaggi agrari italiani hanno seguito due strade: abbandono e specializzazione.
Mentre nelle aree montane e appenniniche si è assistito a fenomeni di esodo e marginalizzazione, nelle aree più fertili di pianura i processi di meccanizzazione e industrializzazione dell’agricoltura hanno portato a una semplificazione del paesaggio agrario con l’affermazione della monocoltura e la drastica riduzione delle siepi e delle alberature promiscue. A questi fenomeni di degrado si sta cercando di rispondere con processi di riorganizzazione del territorio in cui si modificano i rapporti tra città e campagna e si riconosce alle aree agricole un ruolo strategico nella pianificazione urbana, in particolare per la capacità di migliorare il contesto paesaggistico.
IL CONTESTO
Il contesto rappresenta uno sforzo progettuale finalizzato a costruire una proposta di fruizione territoriale ricadente sul territorio di San Vittore Olona, che comprende le aree agricole della cascina Lattuada ed un tentativo di miglioramento complessivo dell’ ambito situato a ridosso del fiume Olona, fortemente investito negli scorsi decenni da fenomeni di degrado, di periurbanizzazione e di sprawl urbano.
È ormai consapevolezza diffusa in tutta Europa, oltre che in diverse pratiche amministrative e di pianificazione del nostro paese, che la salvaguardia attiva del territorio aperto contiguo alle aree urbane costituisce un fattore strategico per la sostenibilità dello sviluppo urbano stesso e per la qualificazione dell’ambiente insediativo, dal punto di vista ambientale, paesaggistico, culturale ed anche agro alimentare.
Questa consapevolezza si concretizza in una crescente domanda, da parte degli abitanti urbani, di ricostituire e valorizzare i legami culturali ed identitari con il territorio aperto attraverso nuove opportunità e servizi connessi al recupero non solo di nuove possibilità di fruizione ma anche di beni alimentari tipici, tracciabili e “sicuri” nel loro percorso produttivo, e quindi nel tentativo di ricostituire nuove “filiere corte” fra produzione e consumo. Se a questo si aggiunge il ruolo fondamentale svolto da un “presidio agricolo” qualificato nel mantenere “in cura” ampie parti di territorio, prevenendo così rischi ambientali; idrogeologici, idraulici, atmosferici, climatici dovuti alla crescente pressione della urbanizzazione, è possibile attribuire un legittimo ruolo multifunzionale all’attività agricola, che supera la semplice produzione alimentare secondo i modelli “produttivisti”, e che ne evidenzia la funzione di produttrice di “beni pubblici” extramercato.
Diventa, dunque, fondamentale in questa prospettiva, riconosciuta e rafforzata anche dalla recente riforma della politica agricola comunitaria, orientare gli strumenti e le politiche di governo del territorio anche alla scala comunale per recuperare e sostenere una presenza vitale ed innovativa del presidio agricolo nel territorio aperto residuo, cercando anche di recuperare ciò che forme improprie di urbanizzazione e di “industrializzazione agricola” hanno compromesso.
Nel nostro territorio, il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale ha assegnato agli ambiti agricoli periurbani un ruolo di compensazione ecologica di rilievo provinciale, in relazione alla dimensione dell’area urbana della città di Milano e delle sue problematiche ambientali, individuando i seguenti indirizzi applicativi per la pianificazione comunale ed intercomunale:
− mantenimento della conduzione agricola dei fondi;
− promozione delle attività integrative per soddisfare la domanda di strutture ricreative e per il tempo libero;
− promozione delle attività integrative per il miglioramento della qualità ambientale urbana attraverso la realizzazione di dotazioni ecologiche;
− tutela dei varchi e delle discontinuità del sistema insediativo, sia in funzione di dotazione ecologica, sia per salvaguardare l’identità distinta dei diversi centri abitati;
− tutela delle visuali dalle infrastrutture per la mobilità verso il paesaggio rurale escludendo non solo l’edificazione ma anche ogni altra utilizzazione che ostacoli le visuali.
PTCP della Provincia di Milano
Per quanto riguarda le Unità di Paesaggio, il PTCP si richiama “alla Convenzione Europea del Paesaggio firmata a Firenze il 20 ottobre 2000 dagli Stati membri del Consiglio d’Europa, assumendola esplicitamente come riferimento in materia, e considera il paesaggio quale assetto territoriale derivante dall’interrelazione tra la molteplicità dei fattori naturali e le azioni umane, e quale componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità. Indipendentemente dallo stato qualitativo in cui versa, il paesaggio rappresenta pertanto un patrimonio di estrema rilevanza socio-economica, storico culturale ed ambientale che deve essere oggetto di politiche di valorizzazione che si concretizzino nella sua salvaguardia e gestione attive e, ove occorra, nel recupero qualitativo attraverso la pianificazione dei paesaggi, intese così come la stessa Convenzione le definisce.
La Convenzione Europea del Paesaggio definisce le azioni di valorizzazione del paesaggio:
- la ‘salvaguardia dei paesaggi’, indica le azioni di conservazione e di mantenimento degli aspetti significativi o caratteristici di un paesaggio, giustificate dal suo valore di patrimonio derivante dalla sua configurazione naturale e/o dal tipo di intervento umano;
- la ‘gestione dei paesaggi’, indica le azioni volte, in una prospettiva di sviluppo sostenibile, a garantire il governo del paesaggio al fine di orientare e di armonizzare le sue trasformazioni provocate dai processi di sviluppo sociali, economici ed ambientali;
- la ‘pianificazione dei paesaggi’, indica le azioni fortemente lungimiranti, volte alla valorizzazione, al ripristino o alla creazione di paesaggi.”.
Sistema di pianura
Gli obiettivi prioritari da perseguire sono:
- Compensare l’artificializzazione connessa agli usi agricoli, riqualificare l’assetto paesaggistico ed ecologico del territorio rurale, riqualificare gli assetti ambientali altamente impoveriti attraverso il mantenimento, il miglioramento e la ricostituzione degli habitat naturali e semi-naturali propri dell’agro-ecosistema, contrastando l’impoverimento della diversità biologica;
- Migliorare le generali condizioni di sicurezza idraulica e idrologica, affrontando e risolvendo la problematica della fragilità idrogeologica della pianura e delle aree di conoide per giungere alla definizione di aree inidonee ad edificazioni estese, o a talune attività a rischio di inquinamento delle falde, ovvero alla definizione di adeguate misure di mitigazione e compensazione cui condizionare eventuali usi insediativi rischiosi.
Gli indirizzi per gli strumenti di pianificazione e programmazione sono:
- Restaurare l’edilizia storica di pregio conferendole nuove funzioni idonee alla relativa conservazione, preservando e valorizzando il contesto rurale storico circostante ad essa correlato, ove esistente, anche ai fini della qualificazione dell’offerta di servizi culturali.
- Salvaguardare e valorizzare ai fini della riqualificazione territoriale la trama insediativa storica e la memoria degli ordinamenti idrografici, attuando una verifica attenta e puntuale della compatibilità tra nuove infrastrutture e segni storici del territorio.
- Favorire la realizzazione di infrastrutture leggere ed attrezzature di supporto ad una fruizione turistico-ricreativa del territorio rurale quali la viabilità pedonale-ciclabile, attrezzature per funzioni sportivo-ricreative e per attività di servizio collegate a tali forme di fruizione.
- Promuovere produzioni agricole innovative che contemperino la qualità del prodotto con l’esigenza di minore impatto ambientale, nonché usi agricoli produttivi attenti anche alla qualità del paesaggio, che contribuiscano alla realizzazione coordinata delle reti ecologiche di livello locale mantenendo e potenziando gli elementi caratterizzanti il paesaggio rurale e le aree di valenza ecologica esistenti o programmate e contrastando l’impoverimento della diversità biologica.
- Incentivare le iniziative private di forestazione e relativo vivaismo.
- Incentivare l’introduzione da parte dei privati nei progetti edilizi di interventi di soluzioni di bioarchitettura, nonché l’adesione a protocolli volontari di qualità edilizia.
Obiettivi e indirizzi per le singole Unità di paesaggio di rango provinciale appartenenti al Sistema di pianura
Gli obiettivi prioritari specifici da perseguire in questo ambito sono:
- Rafforzare la vocazione agricola con potenzialità di qualità paesaggistica che rappresenta la caratteristica distintiva di questo territorio e valorizzarla ai fini dello sviluppo socio-economico sostenibile.
- Valorizzare ed evidenziare la struttura organizzativa storica del territorio data dal permanere della maglia della centuriazione romana, come pure le testimonianze degli assetti storico-culturali delle epoche successive sia rurali che insediativi.
Gli indirizzi per gli strumenti di pianificazione e programmazione sono:
- Valorizzare il ruolo dei centri storici di rilevanza metropolitana potenziandolo anche dal punto di vista dell’offerta culturale legata anche alla valorizzazione del patrimonio storico-culturale del territorio.
- Attuare una verifica attenta e puntuale della compatibilità tra nuove infrastrutture e segni storici del territorio.
- La tutela dei manufatti agricoli tradizionali andrà perseguita con particolare attenzione alle aree ove questi mantengono una netta prevalenza sull’edificato sparso.
- Riqualificare e compensare gli usi insediativi propri di questo territorio elevando complessivamente la qualità degli standard relativi alle componenti ambientali, paesaggistiche e storico-culturali del territorio.
- Promuovere un sistema di offerta ricreativa per il tempo libero rivolto alla domanda urbana e legato ad un’agricoltura a carattere multifunzionale (spazi verdi fruibili, fattorie didattiche, servizi di vendita diretta di beni agroalimentari,ecc.), valorizzando le caratteristiche distintive di questo territorio agricolo ai fini dello sviluppo socio-economico ed ambientale sostenibile.
- Mantenere i varchi e le discontinuità del sistema insediativo sia ai fini della continuità dei collegamenti ecologici che a quelli paesaggistici.
Gli indirizzi per gli strumenti di pianificazione e programmazione sono:
- Incentivare forme di conduzione agricola multi-funzionale proprie dell’ambito periurbano, attraverso l’offerta di servizi volti a soddisfare la domanda di fruizione sportivo-ricreativa sostenibile e didattico-culturale proveniente dalla città e dalle attività in essa presenti.
- Garantire la continuità fisico-spaziale e funzionale tra il sistema delle aree verdi urbane con le reti ecologiche extra-urbane, tutelando e valorizzando i frammenti di naturalità che permangono, specialmente lungo le aste fluviali, anche in relazione all’obiettivo del potenziamento del tessuto ecologico connettivo periurbano e alla realizzazione della rete ecologica per il mantenimento e la salvaguardia della biodiversità.
LA PIANIFICAZIONE DELLE AREE PERIURBANE
Il tema dell’agricoltura periurbana
Le aree agricole alla periferia delle grandi città sono state considerate per molto tempo come ambiti in attesa di essere edificati, come semplici vuoti in attesa di trasformazione. Solo negli ultimi anni si è acquisita la consapevolezza che gli spazi aperti periurbani sono importanti per i cittadini sempre più alla ricerca di “paesaggio”, di spazi liberi e luoghi dove l’agricoltura svolge un rinnovato ruolo di produzione di beni e di cibo vicino ai cittadini, ma anche didattico e multifunzionale in un equilibrato rapporto tra sviluppo e sostenibilità.
Gli spazi di margine sono riconosciuti sempre più come importanti ed aventi pari dignità rispetto alle componenti tradizionali che determinano i processi di trasformazione. Se perdiamo gli spazi aperti perdiamo una risorsa collettiva che incide direttamente sulla qualità della vita delle popolazioni: non solo per la mancanza di aree verdi dal punto di vista ricreativo e paesistico; dobbiamo immaginare che la perdita di superfici libere che la Lombardia ha registrato in otto anni equivale, in termini di mancato sequestro del carbonio (e conseguentemente di disponibilità di gas serra in atmosfera), ad un incremento del parco auto della regione del 15%. Dobbiamo pensare a tutta la biodiversità che perdiamo quando andiamo a impermeabilizzare un territorio, cosi come non è difficile pensare a tutta l’acqua superficiale che non potendo più penetrare nel terreno si concentra improvvisamente creando danni a cui troppo frequentemente assistiamo.
Essere dotati di spazi liberi, verdi, fruibili e vissuti, come possono essere quelli agricoli alla periferia delle città è importante in un progetto complessivo che preveda, nel bilancio dell’uso delle risorse territoriali, anche un maggior equilibrio nell’utilizzo del territorio.
Significa inoltre mettere in valore un territorio di qualità, più competitivo e attrattivo anche per le imprese innovative e portatrici di nuove funzioni economiche.
Le aree periurbane: quale pianificazione possibile?
Esistono progetti locali, buone pratiche virtuose, ci sono esperimenti in molte regioni del mondo – la provincia di Milano ( in particolare con il Parco Agricolo Sud), Bologna, Torino, Bristol, Londra. Progetti, esperimenti che ripartono da una questione fondamentale, di rilevante importanza che è quella del cibo che è un bene primario che interessa tutti e la cui qualità e quantità non sono affatto scontate.
Ripartono da una questione fondamentale ed a cui la politica dovrebbe ridare priorità, ma purtroppo in realtà non avviene. Nelle scelte e negli obiettivi politici non si dà al cibo il giusto posto che invece dovrebbe avere nell’ambito di queste priorità , ci si occupa di produrre ma non di nutrire.
Ed invece in questo senso dovrebbero andare le politiche locali insieme alle attività della società civile, per buona parte a costo zero, e per molti versi più avanti delle politiche nazionali e regionali. Dovrebbero occuparsi dei cittadini, delle persone che stanno dentro questi territori, dei beni primari ed il cibo in qualità non è affatto scontato, moriamo nel mondo occidentale di malattie legate ad una scorretta alimentazione, abbiamo un miliardo di obesi ed il 30% di spreco delle derrate alimentari.
Invece da parte della politica la priorità viene data alle grandi opere, alle infrastrutture, alle città smart e poco a questi temi. La Politica ha una grande responsabilità morale, quella di occuparsi del cibo non solo in quantità – abbiamo le nuove povertà all’interno delle nostre metropoli, l’accesso al cibo è un problema per una gran parte di cittadini delle nostre realtà occidentali – ma dovrebbe occuparsi del cibo anche in qualità poiché essa è fondamentale alla nostra sopravvivenza al pari dell’acqua e dell’aria.
La priorità deve essere data a queste tematiche, basterebbe pochissimo, si spendono di sanità delle cifre abnormi e l’80% delle malattie dipendono da una scorretta e cattiva alimentazione, senza parlare degli spazi verdi ceduti ad una indiscriminata cementificazione del territorio, alla scarsa qualità ambientale e alla scarsa attenzione alle politiche sociali e del welfare che sono diventate sempre più un terreno di lucro gli speculatori di turno.
Comune di Milano e Fondazione Cariplo guardano oltre EXPO 2015 e siglano un accordo per realizzare una Food Policy, uno strumento di supporto al governo della città per qualificare e rendere più sostenibile ed equa la città stessa partendo dai temi legati all’alimentazione. Si tratta di un progetto innovativo per mettere a sistema le politiche che incrociano questi temi da diversi punti di vista: territorio, welfare, educazione, ambiente, benessere, relazioni internazionali.
La campagna ed il Fiume Olona
Il tratto di Olona che scorre a sud di Legnano fino all’intersezione con il canale Villoresi in un ampio spazio agricolo residuale, delimitato dall’urbanizzato in senso longitudinale, interessato dal Parco Locale di Interesse Sovracomunale denominato il PLIS dei Mulini.
Si tratta di un’area strategica ai fini ambientali, paesistici e fruitivi. Il tratto viene fatto terminare in corrispondenza dell’intersezione con il canale Villoresi, elemento dotato di un elevato potenziale di riqualificazione ambientale e territoriale come asse in grado di connettere la sequenza di spazi aperti di varie dimensioni che ancora permangono nell’ urbanizzato denso del milanese: dalle grandi aree agricole a est e ovest, rese più produttive proprio dallo stesso Villoresi, al sistema del verde lungo l’Olona, al parco delle Groane, ai vuoti interstiziali della conurbazione della Brianza milanese, al grande parco urbano proposto a sud di Monza.
Gli elementi rilevanti di questo sistema sono:
- il Castello di Legnano;
- il Mulino Meraviglia;
- l’ex opificio Visconti di Modrone (ora centro residenziali 5 mulini);
- il Mulino Visconti;
- il Mulino del Miglio;
- il Mulino Moroni;
- l’ex mulino Del Gos (ora residence);
- la Cascina Lattuada;
- la Fornace Rancilio.
Sono qui localizzati anche i Depuratori di Canegrate e di Parabiago (all’intersezione con il Villoresi) e il depuratore della ditta Satta Bottelli.
In riva destra, al di là del tracciato ferroviario, appare rilevante la vicinanza della testata del Parco del Roccolo, con il quale sarebbe possibile trovare elementi di connessione.
I terreni sono caratterizzati da una morfologia pianeggiante con pendenze basse distribuite su ampie estensioni. La litologia è data da depositi sabbioso-ghiaiosi non alterati, con un grado di erodibilità minimo, con un ruscellamento nullo ed un’elevata infiltrazione. Il suolo è caratterizzato da uno spessore contenuto e buone capacità drenanti che risentono della vicinanza della falda sotterranea.
Il fiume scorre in zona di pianura e pertanto riduce l’attività erosiva aumentando invece quella di deposizione, con le conseguenti mutazioni morfologiche lungo l’asta, quali meandri, lanche, innalzamento del fondo, riduzione dell’altezza delle sponde, ecc. L’attività antropica si è adattata nel tempo a tali mutazioni riducendo gradatamente il grado di naturalità ed attribuendogli un sempre maggiore aspetto artificiale.
Risorse da valorizzare:
• elevato valore ecosistemico e paesistico dell’asta fluviale
• spazi aperti interclusi di notevole dimensione e qualità potenziale
• rilevanza del patrimonio di monumenti storico-industriale, (in particolare archeologia industriale)
• Canale Villoresi
Indirizzi della riqualificazione:
• ricucire gli spazi residui appartenenti alla struttura agricola con quelli appartenenti alla struttura urbana,
• valorizzare il ricco patrimonio storico-architettonico della valle
• recuperare i manufatti edilizi specifici in relazione diretta con il fiume
• consolidare le relazioni trasversali, connettendo tra loro in particolare gli ambiti già tutelati alle spalle del corridoio fluviale (in particolare tra Canegrate e Busto Garolfo ad ovest e la grande area verde di Cantalupo, legata al sistema del Bozzente)
• ridisegnare i fronti e i limiti delle aree a verde rispetto alla valle e al fiume
Nel sottosistema è prevista la realizzazione della vasca di laminazione di San Vittore, che, se adeguatamente realizzata, potrebbe costituire un elemento di rafforzamento del ruolo ecologico degli ambiti fluviali e perifluviali.
La campagna a ridosso del fiume Olona è tradizionalmente vocata all’agricoltura e i numerosi complessi residenziali storici che oggi risaltano nel territorio sono una testimonianza delle grandi tenute agricole del passato, dove i proprietari terrieri si ritiravano in “villeggiatura”, per ragioni di svago e piacere, ma anche per controllare da vicino l’attività agricola nei propri possedimenti terrieri. Un’altra testimonianza importante della vocazione agricola di questo territorio è data dalla forte presenza lungo il tratto del fiume di diversi mulini.
Tale era il numero di mulini da far supporre che nel XV secolo questa attività costituisse per l'intera zona una notevole fonte economica. Il possesso dei mulini consentiva alle autorità di conservare il controllo dei territori circostanti.
Quest'ultima, infatti, era collegata al rifornimento di cereali, da parte dei mugnai dell'Alto Milanese, alla città di Milano. Le famiglie nobiliari del tempo tendevano quindi a concentrare le proprietà dei mulini per conservare il potere discrezionale sul loro uso, soprattutto in tempo di carestia.
Questa importanza fu tale anche nei secoli successivi, e per questo motivo le Signorie degli Sforza e dei Visconti posero a presidio dei più importanti raggruppamenti di mulini sull'Olona alcune fortificazioni, sfruttando fortilizi e castelli già esistenti. Il tratto del fiume dove erano presenti la gran parte dei mulini era quello tra Legnano e Pogliano.
Il più antico documento conosciuto nel quale si nomina un mulino sull'Olona è del 1043: esso fa riferimento ad un palmento di proprietà di Pietro Vismara situata a "Cogonzio" (toponimo poi scomparso), tra la località "Gabinella" a Legnano e Castegnate, nei pressi della chiesa di San Bernardo.
I mulini sono stati protagonisti della prima fase della rivoluzione industriale che ha coinvolto la valle Olona nel XIX secolo. Dopo il 1820, i mulini iniziarono ad essere utilizzati per far muovere i macchinari delle prime fabbriche sorte lungo le sponde del fiume. Durante lo sviluppo industriale del XIX e XX secolo, molti mulini entrarono a far parte degli stabilimenti industriali che stavano sorgendo lungo l'Olona. Infatti, molte attività preindustriali che sorsero nella Valle Olona, e che furono i nuclei dei futuri e moderni stabilimenti industriali, vennero impiantate lungo le rive del fiume per permettere la movimentazione degli impianti grazie allo sfruttamento della forza motrice delle acque. Questa forza motrice venne originata grazie alla modifica e all'ampliamento dei mulini destinati originariamente alla macinazione dei prodotti agricoli. L'industrializzazione delle sponde dell'Olona fu quindi graduale, con gli imprenditori che preferirono sfruttare gli impianti idraulici degli antichi mulini piuttosto che impiantarne di nuovi. In altre parole, l'industria nasceva come metamorfosi di parte degli antichi mulini, che si trasformarono dapprima in protoindustrie e poi in attività industriali vere e proprie.
Un esempio di azienda che sorse lungo l'Olona e che sfruttò originariamente la forza motrice del fiume fu il cotonificio Cantoni. Anche in questo caso l'attività di filatura utilizzava i mulini da grano già esistenti sul fiume, opportunamente adeguati.
L'attività vinicola dell'Altomilanese, un tempo fiorente, fu messa in crisi a metà del XIX secolo da alcune malattie della vite. La prima infezione, la nosematosi, comparve tra il 1851 ed il 1852 e causò una rapida diminuzione della quantità di vino prodotta in Lombardia: gli ettolitri di vino prodotti passarono da 1.520.000 del 1838 a 550.000 nel 1852.
L'arresto definitivo della produzione vinicola coincise con il manifestarsi, tra il 1879 e il 1890, di altre due malattie della vite: la peronospora e la fillossera. In seguito a queste epidemie, le coltivazioni vinicole nell'intero Altomilanese scomparvero, ed i contadini concentrarono gli sforzi nella produzione di cereali e bachi da seta. Nelle altre zone vinicole lombarde il problema fu risolto con l'innesto di specie di viti immuni alla malattia (uva americana).
Nel primo scorcio del Novecento, in particolar modo nel primo dopoguerra, la zona assistette ad uno sviluppo industriale rapido ed incontrollato. La presenza di industrie determinò un repentino cambiamento nell’economia e nel paesaggio locale, mutandone il volto nel breve volgere di un paio di generazioni. La forte crescita ebbe come ricaduta positiva un diffuso aumento del benessere e della ricchezza, ma dall’altro portò con sé inquinamento ambientale e una crescita urbana esponenziale.
Con gli anni Cinquanta la meccanizzazione dell’agricoltura, l’uso dei prodotti chimici e la diffusione di vegetali (in particolare cereali e mais) e animali (in particolare bovini) ad alto rendimento determinarono un forte aumento della produzione agricola, ma anche grandi trasformazioni del paesaggio agrario. Scomparvero alcuni filari di alberi, fossi e sentieri, poiché ostacolavano il lavoro dei mezzi agricoli, e si diffuse la monocoltura del mais.
L’uso di fertilizzanti e pesticidi e il conseguente abbandono delle pratiche di rotazione agraria e di concimazione naturale che per secoli avevano mantenuto un certo equilibrio ambientale concorsero all’estinzione di alcune specie, sia animali sia vegetali. Si tratta di un territorio rurale nel quale si distinguono dal punto di vista paesaggistico settori differenti, piuttosto in contrasto tra loro, che rimandano a modelli di agricoltura diversi, sopravvivono lembi di paesaggio agrario tradizionale correlati a piccole aziende agricole a conduzione familiare, con relitti di piantate, frutteti e vigneti allevati secondo sistemi tradizionali che si alternano a piccoli appezzamenti coltivati a seminativo ben definiti da fossi.
La trama del paesaggio è ancora segnata da filari alberati e siepi che contribuiscono al mantenimento di un assetto poderale di tipo storico; questo modello assume un particolare valore paesaggistico e testimoniale.
In altre parti dell’area in esame dominano, invece, ampie superfici coltivate in modo estensivo a seminativi e il disegno del paesaggio rurale risulta oggi molto semplificato per consentire una completa e più comoda meccanizzazione delle operazioni colturali, con un notevole impoverimento degli elementi legati all’orditura agricola tradizionale. Nell’insieme di questo territorio, in ogni caso, l’agricoltura rappresenta una risorsa importante dell’economia locale.
Tra le colture a seminativo prevalgono le cerealicole (grano, orzo, sorgo, mais), che occupano anche estesi appezzamenti a carattere estensivo. In questo contesto rurale attivo e produttivo appare ancora scarsa la percentuale di aziende agricole dedite a produzioni biologiche e integrate. Allo stato attuale sono però pochi i casi in cui le aziende agricole hanno differenziato la propria attività proponendosi anche come agriturismi o fattorie didattiche
Sempre nell’ottica di raccogliere ulteriori elementi utili per valutare meglio la fisionomia del territorio si è scelto di analizzare anche differenti attività collaterali alla pratica agricola che potevano risultare in qualche maniera collegabili ai potenziali fruitori dell’area. Di un certo interesse è risultata, ad esempio, la presenza del caseificio Amaltea con vendita diretta dei prodotti
L'azienda nasce nel 1986 come attività specializzata nell'allevamento di capre e trasformazione del latte in formaggi artigianali nel caseificio aziendale; la crescente richiesta di prodotto e le conseguenti esigenze di mercato hanno successivamente portato alla separazione dell'attività agricola da quella casearia.
Amaltea fu la capra che allattò Zeus sul monte Ida a Creta (in altre versioni viene identificata con la ninfa che custodì la capra il cui latte alimentò Zeus infante). Diventato il re degli dei, Zeus, per ringraziarla, diede un potere alle sue corna: il possessore poteva ottenere tutto ciò che desiderava. Da qui la leggenda del corno dell'abbondanza, o cornucopia, detto anche Corno di Amaltea.
Un’ulteriore attività collegata all’agricoltura è quella florovivaistica, in qualche caso derivata dalla conversione di precedenti aziende agricole. L’attività florovivaistica, se gestita in maniera adeguata, può potenzialmente essere di supporto sia alla conservazione di spazi seminaturali funzionali alla rete ecologica del territorio, che contribuire a diversificare la rete di vendita diretta della zona.
Un’attività di un certo interesse che è presente nell’area, infine, soprattutto per i risvolti paesaggistici, è l’allevamento di cavalli, essi contribuiscono in qualche misura al mantenimento del carattere rurale della zona, soprattutto dove sono state recuperate per l’attività vecchie stalle e fienili, e arricchiscono il territorio di elementi di interesse turistico e di potenziali opportunità ricreative, legate alla possibilità di una loro parziale conversione in maneggi aperti al pubblico
PARCO AGRICOLO SUD MILANO
Il Parco Agricolo Sud Milano è sicuramente, tra i parchi regionali del territorio provinciale milanese, quello che da più tempo assorbe le maggiori energie dell’ente, non soltanto perché la Provincia ne è l’Ente Gestore ma anche per la complessità e vastità di un progetto che interessa ben 46.300 ettari (circa un terzo del territorio provinciale) e 61 comuni.
Il parco regionale intreccia motivi di salvaguardia e tutela del territorio con la difesa di una funzione economica come quella agricola, che ha segnato la storia dello sviluppo economico di quest’area e di una domanda sociale sempre più ampia alla ricerca di spazi aperti, fruibili e ricchi di significativi valori culturali nel contesto di un’area metropolitana tra le più sviluppate del Paese.
Il territorio ha visto l’uomo operare già in epoca medievale per regolare e modellare il corso delle acque, valorizzandone l’utilizzo a fini militari, agricoli e commerciali e nel corso dei secoli si è andato organizzando attorno a questa risorsa primaria: in principio furono le abbazie, poi vennero i castelli, in epoche più recenti ville e cascine, nell’ultimo secolo un’edilizia brutta e disordinata, accompagnata dall’inquinamento diffuso delle acque e dal degrado di vaste aree ai margini dei centri abitati.
Un lungo e contraddittorio percorso ha portato, negli anni ’60, all’individuazione dell’idea di parco, negli anni ’70-’80 al suo sviluppo da concetto a strumento legislativo-amministrativo e negli anni ’90 all’affermazione legislativa e ai primi passi per dotarsi di strumenti gestionali fondamentali allo sviluppo di iniziative finalizzate al recupero e alla valorizzazione del territorio.
L’obiettivo fondamentale è il governo dello sviluppo entro criteri di compatibilità ambientale e nel rispetto della vocazione agricola del territorio, nei decenni precedenti rilevatosi un compito impossibile proprio per in assenza di un strumento unitario come il parco.
PARCO CASCINE DI TAVOLA
Esemplare testimonianza della forza del pensiero umanistico e della politica medicea, l'area restituisce ancor oggi chiaramente leggibili la forma e il disegno originario del complesso unitario che trova il suo fulcro nella villa medicea di Poggio a Caiano, e che fu voluto da Lorenzo il Magnifico e poi arricchito dai suoi successori nel corso di quasi quattro secoli.
L'area ospita una vera e propria antologia di luoghi specializzati e manufatti di vario genere, funzione ed epoca: ai quartieri della Villa di Poggio a Caiano, si aggiunge, a nord del torrente Ombrone, un'estesa tenuta agricola (Le Cascine), con vari poderi ed edifici specializzati ("Casa del Caciaio", "Casa del Guardia", "Rimessa delle barche"), oltre a luoghi originariamente dedicati alla caccia ed allo svago, (bosco delle Pavoniere, bargo di Buonistallo), cui si aggiungono i suggestivi resti dello storico ponte sospeso detto "del Manetti" (prima metà del XIX secolo), che collegava le due sponde del fiume Ombrone, distrutto durante la guerra.
L'insieme che ne risulta è un paesaggio agricolo, naturale ed antropico particolarmente ricco ed ameno, che trova un suo ordine, di matrice tipicamente umanistica, nella griglia del sistema di canali artificiali e filari alberati realizzato come rete funzionale sia agli utilizzi agricoli, che a quelli commerciali, che per lo svago: oggi non più allagati, i canali erano in parte navigabili, come una vera e propria "via d'acqua" che collegava il giardino della Villa, l'edificio delle Cascine, le Pavoniere, conducendo sino ai fiumi Ombrone ed Arno.
Questa eccezionale ricchezza in termini di manufatti e forme del paesaggio storico si conferma anche per ciò che riguarda i valori ecologici: nell'area si conserva infatti un frammento del bosco planiziario, che originariamente occupava tutta la pianura alluvionale tra Firenze e Pistoia, ormai pressochè scomparso, mentre l'insieme di aree coltivate, prati e filari alberati, è un mosaico ambientale particolarmente importante per la vita di molte specie di fauna, tra cui alcune rare specie di uccelli.
Parco Agrario del Baix Llobregat
Il Parco Agrario del Baix Llobregat è localizzato in un’area urbana industriale, dove vive e lavora più di un terzo della popolazione della Catalogna. Gli ambiti compresi nel parco sono i resti dell’antico paesaggio rurale che prima del 1950 era esteso a tutta la bassa valle e al delta del fiume Llobregat.
Oggi il paesaggio agrario è caratterizzato da frammenti di antiche lagune del delta e da un mosaico regolare di campi coltivati e frutteti
tagliati dal fiume Llobregat e da numerose infrastrutture stradali; suggestiva è la quinta scenografica formata dai profili dei nuclei urbani e delle montagne costiere.
Si tratta di un esempio di recupero del sistema naturale di un fiume come margine di un contesto urbano continuo. Il progetto individua una struttura coerente per tutto l’ambito fluviale mediante la definizione di spazi da recuperare, elementi di interesse, aree agricole produttive, percorsi longitudinali e trasversali e zone destinate a parco urbano.
Gli interventi ad oggi attuati mirano al sostegno della vitalità economica delle 600 aziende agricole presenti nell’area del parco e al recupero della Casa Can Comas come centro informativo del parco.
Per quanto riguarda gli interventi di rivitalizzazione dell’agricoltura: sono stati promossi e commercializzati i prodotti tipici di stagione, come il carciofo, con la denominazione di origine; sono state sostenute con aiuti economici le iniziative imprenditoriali nel settore agroalimentare; è stata incentivata la partecipazione delle aziende a fiere e ad esposizioni.
Il restauro della Casa Can Comas ha permesso l’apertura di un centro informativo con un laboratorio, un centro di documentazione e una sala espositiva oltre che l’insediamento delle funzioni a servizio del parco stesso (gli uffici per la gestione e la direzione; l’asilo per i figli dei dipendenti). La struttura, inoltre, dispone di un notevole spazio aperto occupato in parte da campi per le sperimentazioni su frutteto e da una piantagione di alberi da frutta locali.
Il parco, che ha una superficie di 2900 ettari, è nato ufficialmente nel 1986 grazie all’attuazione di un programma LIFE-Ambiente dell’Unione Europea, promosso da due enti sovracomunali: l’Autorità di Bacino del fiume Basso Llobregat e la Provincia di Barcellona. L’istituzione del parco è stata una risposta concreta alla forte pressione urbana della città di Barcellona sui terreni agricoli presso la foce del fiume Llobregat.
Nel 1998 è stato creato il Consorzio del Parco Agrario come ente gestore, al quale concorrono gli enti promotori, le associazioni di categoria, 14 comuni e, dal 2007, anche la regione Catalogna (Direzione generale Agricoltura, Alimentazione e Azione rurale).
La popolazione coinvolta è di circa 700.000 abitanti. Nel territorio prevalgono colture orticole (64%), arboricoltura da frutto (26%) e altri prodotti (10%), si allevano pecore e polli. I prodotti agricoli vengono commercializzati nei mercati locali, nel mercato centrale di Barcellona e nei grandi centri commerciali della zona. In occasione di un convegno in Italia del giugno 2008 il direttore del parco ha ribadito con forza l’importante ruolo della struttura di gestione del parco nel gestire i rapporti con gli agricoltori e nel promuovere e coordinare le diverse attività che si svolgono al suo interno.
IPOTESI PROGETTUALE PER CASCINA LATTUADA
La centralità della Cascina Lattuada è stata scelta come laboratorio per sperimentare un possibile modello di parco agricolo periurbano sia per le caratteristiche e il valore paesaggistico, sia perché in questo contesto esiste una situazione per più aspetti favorevole e coerente con gli obiettivi generali della proposta progettuale. Altri aspetti che rendono questa situazione particolarmente favorevole sono la permanenza di elementi tipici del mondo rurale, le sinergie da attivare con le realtà ed associazioni esistenti sul territorio e la istituzione di un mercato contadino settimanale sperimentale frequentato dai produttori agricoli locali e dai cittadini.
Sull’area, tuttavia, si sono nel corso degli anni sommate una serie di problematiche. Il paesaggio rurale si è andato progressivamente impoverendo, con la perdita di elementi tipici come piantate, filari di fruttiferi, fossi e siepi.
L’ambito della Cascina Lattuada, in ogni caso, rappresenta un’occasione davvero unica intorno al territorio periurbano di Milano l’area dell’Alto Milanese per la concreta realizzazione di un progetto con caratteristiche in prevalenza paesaggistiche e agricole, perché può poggiare su un’ampia porzione unitaria di territorio di proprietà privata, del quale è possibile la gestione diretta, con la possibilità di ulteriori espansioni tramite accordi e convenzioni per la presenza ai margini di zone rurali e altri spazi aperti, di cui sarebbe opportuna la parziale rinaturalizzazione, assecondando le dinamiche già in atto, per consolidare il disegno complessivo del parco agricolo periurbano con una zona umida e altri ambienti di particolare valore naturalistico.
È fondamentale, pertanto, salvaguardare l’integrità complessiva di questo ambito, valutando molto attentamente ogni nuovo intervento, anche se all’apparenza di impatto ridotto, per non creare situazioni che producano modifiche nell’assetto e nell’identità del luogo con conseguenze spesso irrecuperabili.
Al tempo stesso è necessario anche definire scelte precise e sostenute da azioni univoche per ridare il giusto valore a questo territorio, permettergli di svolgere il ruolo di primo piano che gli compete a servizio di tutta la città e di fungere da modello per la restante campagna a ridosso del fiume Olona. Proposte di recupero e valorizzazione dell’area saranno oggetto di discussione con l’amministrazione comunale e con altre istituzioni ( Parco dei Mulini, Ecomuseo della Valle Olona) che potrebbero trarre , delle enormi opportunità dall’idea di un parco concepito e attrezzato per avvicinare la campagna alla città, da realizzare sui terreni della Cascina Lattuada e sulla vicina area fluviale, con una riproposta del tradizionale paesaggio rurale, ricostruzioni ambientali con funzione didattica, attrezzature ricreative per i cittadini e una rete di percorsi pedonali e ciclabili connessi ai vicini centri abitati.
L’obiettivo della presente ipotesi progettuale è quello di provare a ridisegnare il paesaggio e l’assetto stesso dell’area, immaginando un’organizzazione complessiva convincente e allo stesso tempo funzionale degli spazi esistenti.
La maggior parte degli interventi ipotizzati, inoltre, si muove nella prospettiva di un graduale e costante ripristino del paesaggio rurale e del riconoscimento del ruolo fruitivo della campagna nei confronti della città, fornendo allo stesso tempo un modello produttivo che vede nella multifunzionalità e nella partecipazione sociale la soluzione più adeguata per mantenere attiva e valorizzare la campagna periurbana.
Le possibili fonti di reddito potrebbero derivare dalla vendita diretta dei prodotti ortofrutticoli e di quelli derivati dalla trasformazione delle materie prime (marmellate, conserve, sughi, ecc.) o da altre attività oltre quelle già in atto (allevamento di api e animali da cortile), oltre che dalla conduzione di un agriturismo e fattoria didattica nel nucleo colonico della cascina.
Affidate alla gestione diretta della proprietà e in collaborazione con le associazioni interessate, senza escludere che, anche in questo caso, possano essere trovate forme di gestione che coinvolgano o di cui si incaricano altri soggetti.
Le destinazioni ipotizzate per la cascina e i nuclei colonici annessi e la proposta di assetto territoriale, con una prima previsione degli interventi da attuare, sono di seguito descritte e illustrate attraverso una simulazione grafica realizzata su base ortofotografica e un’apposita tavola progettuale.
Per la valorizzazione del complesso della cascina, centro organizzatore del paesaggio circostante ed elemento di maggiore richiamo turistico, si prevedono sia una più articolata gestione degli spazi agricoli della cascina che un riassetto degli spazi circostanti. Per la cascina si immagina un destinazione come sede di eventi culturali, scambio di semi, mostre, incontri e convegni (es. Scuola Ambulante di Agricoltura Sostenibile).
Inoltre potrebbe funzionare come luogo di rappresentanza per iniziative del Quartiere e del Comune e, forse, anche essere disponibile, su richiesta e a pagamento, per alcune tipologie di incontri ed eventi privati o per l’organizzazione di manifestazioni aperti al pubblico. È prevista, inoltre, la riorganizzazione degli spazi intorno alla cascina in funzione di un restauro, arricchimento di un giardino ornamentale, con particolare riferimento all’introduzione di specie vegetali tipiche e idonee ai caratteri rurali del contesto, e alla salvaguardia e valorizzazione di visuali prospettiche privilegiate verso la pianura ed il fiume, soprattutto attraverso la ricostruzione della viabilità di accesso alla cascina. La strada di ingresso alla cascina, potrebbe essere accompagnata ai lati da bassi fruttiferi e da un doppio filare di gelsi avvicinandosi alla cascina.
Per ampliare gli spazi di pertinenza intorno al complesso della cascina e dare maggiore respiro al contesto della storica residenza risulta opportuno procedere al trasferimento degli orti attuali verso uno spazio appositamente attrezzato e più funzionale. La corte della cascina potrebbe così essere attrezzata anche per la sosta dei frequentatori e utilizzata in occasione di eventi e manifestazioni culturali.
La grande struttura a ridosso dell’attuale ricovero degli asini, una volta ristrutturata, potrebbe essere utilizzata come locale per la lavorazione e lo stoccaggio dei prodotti, e punto per la vendita diretta.
Nelle vicinanze del nucleo rurale, attraverso la parziale ridefinizione dell’assetto, si potrebbero concentrare buona parte delle attività produttive. La sistemazione prevede il ripristino di fossi e scoline, l’impianto di nuovi frutteti, la coltura di seminativi sottoposti a rotazione e di orticole a pieno campo con conduzione di tipo biologico, integrato o biodinamico a seconda delle specificità delle colture e delle scelte aziendali (es. coltivazione di farro e grano saraceno). La trama delle scoline, ripresa dalle immagini aeree storiche disponibili e adeguata alle esigenze della rete scolante delle acque, può essere sottolineata da filari di fruttiferi e altre specie vegetali tipiche della pianura.
Tra il nucleo colonico e le aree agricole adiacenti l’alveo del fiume si prevede la ricostruzione di un lembo di paesaggio della piantata, con allineamenti di aceri campestri alternati a seminativi, in funzione sia di recupero paesaggistico dell’assetto rurale tradizionale dell’area sia per offrire particolari spazi alle attività della fattoria didattica.
La ristorazione, che può rappresentare una buona fonte di reddito per l’azienda e un’opportunità per l’utilizzo diretto e più remunerativo di alcuni prodotti coltivati all’interno dell’area e anche nei terreni agricoli circostanti, potrebbe rivolgersi in primo luogo alle scuole durante la giornata e ai frequentatori dell’area nelle ore serali e nei giorni festivi. In questa sede potrebbero svolgersi piccoli eventi promossi dai gestori, ma anche da privati su richiesta (a pagamento, come ad esempio feste scolastiche e compleanni).
Viabilità e arredi
Per quanto riguarda la viabilità e le strutture eventualmente collegate a essa appare opportuna una riorganizzazione consistente della viabilità interpoderale, con il recupero di larga parte delle stradine poderali .
Una volta ricostruita la trama di base si tratterebbe di ridefinire la fruizione interna all’area, facendo attenzione alle interferenze tra percorsi ciclo-pedonali e viabilità di servizio per l’azienda agricola e ai collegamenti esistenti e previsti con l’esterno. Un’attenzione particolare si rende necessaria anche per definire i passaggi di mezzi agricoli e persone tra le diverse aree.
Il transito delle biciclette per accedere all’area e spostarsi al suo interno dovrebbe avvenire lungo alcune direttrici preferenziali, mentre la possibilità di passeggiare a piedi, pur se indirizzata su un itinerario di visita principale, resterebbe garantita su tutta la rete interpoderale. Lungo la rete ciclo-pedonale si prevede la creazione di un limitato numero di punti di sosta per i frequentatori della cascina con l’introduzione di elementi di arredo (tavoli, panche, rastrelliere, ecc.) di forme semplici e materiali costruttivi adeguati al contesto.
Un sistema di illuminazione, limitata e con punti luce bassi che non creino disturbo alla fauna e non interferiscono con le colture, è stato al momento immaginato solo lungo il percorso di ingresso alla cascina in funzione di una sua apertura serale, oltre che naturalmente nei pressi delle corti rurali.
LA PROMOZIONE DEL PROGETTO
Nella fase di realizzazione della proposta un approfondimento sicuramente necessario è quello relativo agli aspetti divulgativi e promozionali, che possono concretizzarsi in una serie di interventi , eventi e materiali, in parte suggeriti dalle politiche attivate in questo settore.
Le azioni di tipo promozionale concernono diversi ambiti possibili di intervento, a cominciare dalla presentazione del percorso principale e delle centralità a esso collegate mediante il coinvolgimento delle realtà locali, della amministrazione comunale, delle associazioni di categoria e di altri portatori di interesse.
La promozione dell’agricoltura locale e dei prodotti tipici e tradizionali del territorio presuppone un coinvolgimento diretto delle aziende agricole, meglio se attraverso le principali associazioni di categoria presenti nel territorio, con particolare riguardo per quelle che già mostrano un interesse per la multifunzionalità (vendita diretta di prodotti) o che sono più attente alla sostenibilità ambientale e attuano forme di agricoltura biologica .
La presenza di tali aziende, oltre a funzionare da volano verso le realtà circostanti, è fondamentale per dare vita e visibilità, in primo luogo attraverso la rete viaria dedicata alla “mobilità dolce”, a un circuito di tipo turistico-ricreativo che metta in rete le diverse emergenze di tipo storico, culturale e paesaggistico con le aziende agricole e le strutture di accoglienza del territorio.
Oltre alla modalità di vendita diretta presso le aziende agricole la proposta progettuale punta a promuovere altre forme di incontro tra produttori e consumatori, favorendo l’incontro tra città e campagna sia per valorizzare il prodotto fresco e il suo legame con il territorio di origine, sia per affermare il valore culturale del cibo inteso come espressione di identità e di storia. Nell’ultimo periodo si stanno diffondendo nel capoluogo e in altre realtà del territorio provinciale una serie di mercati contadini, luoghi pubblici o privati in cui convergono i prodotti di determinate aziende agricole.
Un altro aspetto strategico per la promozione del territorio è legato alla realizzazione di materiali e strumenti divulgativi, come ad esempio un pieghevole che illustri in modo chiaro e dettagliato i caratteri specifici e le opportunità del territorio, ma anche pagine web da inserire nei principali siti legati al territorio in grado fornire un aggiornamento costante sulle iniziative e sui soggetti operanti nell’area. Per quanto riguarda il pieghevole, da prevedere con una tiratura significativa per poter avere una buona efficacia e una distribuzione prolungata nel tempo, potrebbe riportare una bella mappa dell’area con le sue principali emergenze paesaggistiche e storico-architettoniche, la rete dei percorsi individuati, con particolare riferimento a quello principale e alle connessioni, i luoghi strategici dell’area (punti sosta, porte di accesso, ecc.) ed essere corredato da un originale apparato iconografico (fotografie, disegni, stampe e mappe storiche, ecc.).
Azioni di tipo promozionale del territorio (marketing territoriale), delle sue emergenze e dei prodotti tipici possono anche essere inserite nell’ambito di feste e sagre tradizionali, oltre che essere occasione di manifestazioni progettate appositamente, che dovrebbe spesso avere come protagonista la bicicletta e come modalità principale quella della scampagnata alla scoperta del territorio e della sua realtà, storica, paesaggistica, culturale e produttiva .
Un ultimo aspetto di particolare rilievo per la riscoperta del territorio ed ei suoi valori è legato alla possibilità di creare con le diverse scuole della zona percorsi didattici inerenti ai temi del progetto, che rappresentino altrettante piste di ricerca e approfondimento di singoli aspetti o argomenti toccati in modo inevitabilmente troppo rapido.