Introduzione1
La politica di sviluppo rurale ha ricevuto negli ultimi anni una notevole attenzione da parte di molti governi, soprattutto come strumento strategico per lo sviluppo intersettoriale e per l’introduzione di innovazioni nel mondo rurale.
In particolare, la necessità di introdurre e sviluppare a livello locale specifiche innovazioni organizzative nel settore agro-alimentare, ad oggi ancora estremamente disorganizzato e disaggregato sotto questo specifico profilo, rappresenta la motivazione per l’implementazione di una politica incentrata sui network, che integri i vari attori (aziende agricole, imprese industriali, imprese di formazione e centri di ricerca) che operano in una catena agro-alimentare specifica (Milone, Ventura 2010).
L'obiettivo principale è quello di rafforzare la competitività delle imprese del sistema agroalimentare, attraverso la costituzione di organizzazioni stabili, che riducano i rischi legati alle fluttuazioni dei prezzi e assicurino un’equa redistribuzione del valore aggiunto in tutte le fasi della filiera (Zumpano, 2007). Obiettivi questi che stanno assumendo una importanza crescente alla luce del progressivo smantellamento da parte della UE della politica di mercato e della crescente volatilità dei mercati internazionali dove le commodities agricole sono sempre più oggetto di transazioni a carattere finanziario speculativo. Una delle risposte “politiche” a queste problematiche è quella di incentivare lo sviluppo di aggregazioni territoriali di imprese, i cui legami sono rappresentati dalla possibilità di ridurre costi di produzione e transazione (legati al raggiungimento dei nuovi standard europei di qualità alimentare e ambientale), creando sinergie sia nei processi di produzione e commercializzazione che nello sviluppo di tecniche più compatibili con l'ambiente, con le tecnologie e con i materiali (input e packaging).
In Italia, l'approccio integrato di filiera è stato introdotto nel Piano strategico nazionale (PSN) per lo Sviluppo delle aree rurali e motivato dal fatto che: “L'obiettivo generale della filiera integrata è quello di creare e consolidare le relazioni all'interno dei vari segmenti delle filiere produttive agricole considerate strategiche a livello regionale, al fine di ottenere una ridistribuzione del valore aggiunto creato, che sia vantaggioso per tutti i soggetti coinvolti nel progetto”.
Si mira quindi a creare un forte coordinamento delle attività in tutte le fasi della catena, dalla produzione primaria al consumo, per migliorare l’efficienza delle filiere anche attraverso la riduzione dei costi di transazione, legati allo scambio di materiali e informazioni all'interno del sistema (comparto/settore produttivo). Infatti, il progetto di filiera tende a trasformare il mercato, all'interno del quale operano i diversi attori e scambiano merci tra di loro, da un contesto di mercato spot, dove sono possibili comportamenti opportunistici legati alla diversa informazione, a un contesto “di quasi - organizzazione”, dove le transazioni vengono ripetute nel tempo (Saccomandi, 1987). I vantaggi di questa trasformazione sono diversi e possono essere così riassunti:
- prodotti di qualità migliore per soddisfare le esigenze delle varie fasi della produzione (l'output di uno stadio produttivo costituisce l’input di quello successivo), con una riduzione dei costi di transazione che sono minimizzati grazie a rapporti di fornitura stabili, in cui sono stabilite le caratteristiche di qualità e di servizio, in maniera partecipativa, dagli operatori del settore;
- maggiore diffusione delle informazioni, anche sul mercato finale, attraverso la supply chain e, di conseguenza, una più veloce introduzione di quelle innovazioni, di prodotto e processo, che implicano cambiamenti nelle tecniche e nella gestione dei rapporti commerciali in tutta la catena;
- riduzione del rischio imprenditoriale grazie alla condivisione e alla divisione dei rischi aziendali (e finanziari) all'interno della catena, attraverso accordi di natura contrattuale.
Nello sviluppo rurale, l'approccio di filiera permette di affrontare i problemi del settore in modo continuo promuovendo soluzioni “trasparenti” che richiedono il coinvolgimento di diversi soggetti che operano nel settore sia a monte sia a valle della produzione primaria, superando le frequenti situazioni di scarsa aggregazione di obiettivi imprenditoriali comuni e sinergici tra operatori dello stesso segmento o di segmenti diversi (Ventura et alii, 2010).
Il progetto integrato di filiera implementa una modalità operativa caratterizzata da una logica strategica e di sistema in grado di amplificare e moltiplicare gli effetti benefici prodotti dai singoli interventi volti a migliorare la competitività e la forza del settore agricolo e forestale (Cristiano, Tarangioli 2010). La tendenza verso un approccio integrato di filiera è sottolineata anche negli obiettivi trasversali e nelle priorità definite a livello comunitario per aumentare il grado di efficacia del raggiungimento degli obiettivi quali la ristrutturazione, l'ammodernamento e l'innovazione nel settore agro-alimentare, migliorando così la qualità della produzione nonché il potenziamento e lo sviluppo delle dinamiche del settore agricolo.
Le sfide emergenti nella valutazione delle politiche di filiera agroalimentare
La valutazione dei Progetti integrati di filiera (PIF) presenta diverse difficoltà a causa della complessità della catena agro-alimentare e del processo coordinato e finalizzato alla creazione e al rafforzamento di un network (D’Alessio, 2010). Inoltre, la difficoltà è legata a numerosi effetti indiretti conseguenti all’attuazione delle politiche sul contesto regionale, e non solo sugli attori direttamente beneficiari delle misure (Tarangioli, Zumpano 2007).
La domanda principale nel processo di valutazione è “Il programma funziona realmente in tutti i suoi aspetti?”
Nel processo di valutazione del Programma di sviluppo rurale (PSR), ci sono due aspetti da considerare: l'adeguatezza degli strumenti del programma stesso rispetto agli effetti previsti/attesi, e la misura degli effetti/impatti per le decisioni future. La valutazione può fare riferimento agli impatti della misura in modo diverso, ma deve dare la prova che gli effetti previsti possano essere raggiunti dal provvedimento con le procedure messe in atto (efficacia). Allo stesso tempo, deve riguardare l’azione politica in termini di costi/benefici sia per i beneficiari (nel nostro caso la filiera) sia per l’amministrazione (efficienza) (Guy, 2003). Entrambi gli aspetti contribuiscono al processo di decisione politica fornendo elementi per la logica politica e burocratica per guidare la progettazione e realizzazione dei PSR (Figura 1) (Benneworth, Charles 2001).
Figura 1 - Ciclo del processo di decisione politica
Fonte: Schmiedeberg, 2010
Nel PSN, gli obiettivi delle misure di politica integrata sono la formazione e qualificazione delle risorse umane e il rafforzamento delle reti.
Quest’ultima risulta necessaria in quanto si parte dall’assunto che l'azienda ed i benefici per la stessa crescano all'interno della rete in termini di “rendimento globale” e, al tempo stesso, vi sia una migliore performance dell’economia regionale.
Di conseguenza, le questioni relative al processo valutativo riguardano i seguenti aspetti:
- la nuova organizzazione;
- le prestazioni a vari livelli;
- l'impatto indiretto sul contesto settoriale e regionale.
a. La nuova organizzazione. Quando la politica è finalizzata alla creazione di una vera e propria specifica nuova organizzazione, di solito il programma individua un “modello ideale” della catena agro-alimentare, riferendosi agli attori che devono essere coinvolti nella catena e nella creazione della rete. In questo caso la valutazione si basa su un confronto tra il modello ideale e la nuova organizzazione per l'applicazione delle misure. Il risultato di questo processo è utilizzato come criterio di selezione dei beneficiari. In questo caso al valutatore indipendente è chiesto di valutare il processo e gli strumenti attivati per promuovere nuove organizzazioni e reti.
b. Le prestazioni a vari livelli. La prestazione deve essere valutata direttamente (per quanto riguarda le imprese coinvolte) e indirettamente sul contesto. Il primo aspetto include non solo la singola performance aziendale, ma anche l'indice di sviluppo del cluster inteso come il numero e l'intensità dei rapporti all'interno della catena agro-alimentare. Un certo numero di indicatori diversi potrebbe essere valutato sia rispetto alla singola impresa sia rispetto all'organizzazione nel suo complesso per evidenziare bene l'effetto sinergico.
Il secondo livello ha bisogno di una chiara definizione dei diversi effetti attesi a livello regionale, come per esempio il tasso di occupazione, lo sviluppo di legami e di integrazione territoriale, il contributo al PIL regionale. Una delle principali difficoltà legate alla valutazione delle prestazioni è la disponibilità dei dati necessari per la costruzione di indicatori per l'impatto diretto; il problema è legato sia alla raccolta dei dati da parte degli attori direttamente coinvolti nel programma che alla raccolta di dati settoriali, questi ultimi per essere utilizzati come linea di base comparativa.
c. L'impatto indiretto sul contesto settoriale e regionale. Un approccio di politica integrata (cluster/network policy) è principalmente indiretto e può essere considerato, secondo Porter (1990), come una facilitazione; in altre parole, è una politica di accompagnamento che è più efficace in presenza di reti esistenti per lo sviluppo e di iniziative imprenditoriali. Da un punto di vista della valutazione, questo aspetto pone alcuni problemi principali: dalla valutazione degli effetti della combinazione di diverse misure all'adeguatezza della stessa combinazione, dal reale contributo della politica per lo sviluppo di una organizzazione complessa alla sua eco sullo sviluppo regionale. Secondo Buendia (2005), lo sviluppo dell’organizzazione industriale dipende da un gran numero di fattori, molti dei quali non sono controllati dai membri della rete, e spesso le forze dello sviluppo sono “legate alla casualità” e dipendenti dalla creatività e dalla capacità di uno degli attori.
Il caso studio: i progetti integrati di filiera (PIF) nel PSR del Veneto
La regione Veneto è stata la prima ad attivare lo strumento dei Progetti integrati di filiera2 e includere nel programma di valutazione delle domande specifiche per l’approccio integrato. La Regione si pone obiettivi strategici ed operativi specifici che si attende di raggiungere attraverso l’utilizzo integrato di diversi strumenti presenti nel PSR, selezionando, con procedure piuttosto complesse, i soggetti beneficiari:
- sviluppare iniziative innovative di programmazione integrata;
- sviluppare l'innovazione tecnologica ed organizzativa;
- incrementare il valore aggiunto delle filiere agroalimentari;
- consentire un'adeguata ricaduta sui produttori di base migliorandone la redditività;
- assicurare una adeguata integrazione e concentrazione funzionale degli interventi;
- migliorare la competitività dei sistemi agricoli e agroindustriali in un contesto di filiera;
- qualificare il ruolo economico-produttivo dell'agricoltura;
- organizzare l'offerta di prodotto;
- favorire il legame produttivo tra imprese e territorio;
- consentire la formazione e il rafforzamento delle capacità imprenditoriali e della cultura d’impresa in tutti i segmenti della filiera.
Le domande di valutazione si riferiscono sia al raggiungimento degli obiettivi proposti, sia alla adeguatezza delle procedure messe in atto per raggiungerli:
- Quanto il programma di sviluppo rurale ha spinto l'integrazione e l'aggregazione, durevolmente e indipendentemente da qualsiasi aiuto pubblico a disposizione?
- Quanto l'approccio integrato ha determinato effetti sinergici degli interventi?
- Quanto la complessità della procedura di approccio integrato ha condizionato il successo dello stesso?
Di conseguenza, la valutazione degli effetti attesi rispetto ai dieci obiettivi del PIF ed alle prime due domande costituisce la parte di valutazione dell’efficacia dello strumento, mentre la risposta alle tre domande valutative può essere considerata come quella parte di valutazione inerente l’efficacia della misura.
Il processo di valutazione è stato suddiviso quindi in due parti: la valutazione delle procedure di attuazione, che costituisce la risposta rispetto all’efficienza dello strumento per gli obiettivi attesi, e la valutazione degli effetti dell'approccio integrato e di filiera rispetto agli obiettivi, che consente di dare risposte rispetto all’efficacia della strumento e della politica.
Sebbene le domande valutative possono essere affrontate in modo esaustivo e adeguato alla complessità delle finalità e degli interventi solo dopo il completamento degli stessi e cioè nella valutazione ex-post, già in sede di valutazione intermedia, quindi nella fase di attuazione dei PIF, è possibile ed utile affrontare alcuni importanti aspetti valutativi.
Per la procedura di valutazione sono state utilizzate metodologie differenti combinando analisi di tipo quantitativo, basate sui dati provenienti dal monitoraggio dell'esecuzione del programma PIF, con quelle qualitative, basate sulla ricostruzione di quanto percepito in termini di effetti e risultati degli attori istituzionali ed economici.
E’ stato predisposto un vero e proprio “piano di valutazione” che introduce una serie di indicatori di performance relativi ai dieci obiettivi specifici e operativi definiti nel PSR del Veneto. Per ogni indicatore, è stato definito il metodo di calcolo, le fonti di informazione utilizzate e la tempistica di sviluppo degli indicatori stessi per lo studio di valutazione nella valutazione intermedia (2010) o nell’aggiornamento previsto per il 2012 e, infine, nella valutazione ex-post (2015) A titolo esemplificativo si riporta lo schema relativo all’obiettivo numero uno (Tabella 1).
Tabella 1 - Schema di sintesi obiettivo 1
Fonte: elaborazioni da documentazione procedurale PIF Veneto, 2010
Valutazione delle procedure
La progettazione integrata è stata attivata con un procedimento applicativo diviso in tre fasi: presentazione di una manifestazione di interesse, della domanda obiettivo da parte del capofila e presentazione della domanda singola da parte di ogni partecipante al PIF.
La procedura, così come le priorità rispetto ai soggetti (Organizzazioni produttori e Associazioni di OP) è stata finalizzata ad ottenere un ampia partecipazione al PIF delle imprese del settore primario ed all’aumento dei volumi dei flussi fisici della filiera attraverso nuovi rapporti contrattuali di fornitura alle imprese di trasformazione e/o imprese di commercializzazione. Il PIF, avrebbe dovuto, inoltre, agevolare l’accesso delle piccole imprese agricole ai finanziamenti del PSR attraverso la finalizzazione ed il coordinamento degli investimenti e degli incentivi per la formazione ed assistenza tecnica.
La valutazione delle procedure è stata condotta quindi rispetto alla sua efficacia per la costituzione/sviluppo delle organizzazioni (grado di aggregazione) e per l’integrazione di soggetti (tipologia di beneficiari) nonché rispetto all’efficienza in termini di tempi, numero e qualità dei progetti. Anche per la valutazione delle procedure è stata applicata una metodologia che ha combinato insieme dati quantitativi desunti dal monitoraggio, come quelli relativi al grado di aggregazione dei singoli progetti (Tabella 2), e dati quantitativi, provenienti da interviste alle imprese capofila del PIF.
Tabella 2 - Grado di aggregazione dei PIF
Fonte: elaborazioni da dati questionari, 2010
Il grado di soddisfazione rispetto alle procedure del PIF da parte degli intervistati è risultato piuttosto elevato con riferimento alle attese in merito alla sua capacità di consolidamento delle relazioni, di costruzioni di nuove relazioni nei diversi stadi e in riferimento alla commercializzazione; appare meno adeguato, invece, come modalità per favorire l’introduzione di innovazioni, in particolare organizzative. Fa eccezione il settore della carne nel quale l’apprezzamento del PIF per sviluppare innovazioni di filiera è elevata. Il 91% degli intervistati ha risposto che ritiene sufficienti ed adeguate le misure previste dal bando per impostare e realizzare un PIF.
Con riferimento specifico alle procedure (Manifestazione di interesse, Domanda obiettivo, Domanda singola), il 46% degli intervistati le considera adeguate alla progettazione e alla realizzazione del PIF. Gli intervistati che non le ritengono adeguate individuano nei tempi del procedimento (61% delle risposte negative) e nei vincoli posti all’attuazione dei progetti i principali problemi: il tempo che intercorre tra Manifestazione di interesse ed approvazione definitiva della Domanda singola viene considerato troppo lungo, anche alla luce della “rigidità” del procedimento stesso di selezione e gestione del PIF che non consente modifiche alle tipologie di investimento e, di conseguenza, la rimodulazione della spesa. Inoltre i meccanismi di spesa ed i vincoli posti per garantire un avanzamento coordinato delle misure vengono considerati poco adeguati poiché vengono previsti meccanismi di erogazioni uguali sia per le misure che prevedono investimenti materiali, sia per quelle che prevedono servizi, come la formazione e la consulenza, destinate ad un numero molto elevato di beneficiari.
I criteri per la valutazione dell’effetto della complessità delle procedure e della gestione sulla qualità della progettazione hanno tenuto conto dei risultati della procedura in termini di progetti correttamente presentati e dei giudizi sulla procedura stessa da parte dei beneficiari: a fronte di 38 manifestazioni di interesse una sola è stata valutata irricevibile, tre non ammissibili ed una ancora in istruttoria al momento della valutazione intermedia; con riferimento alle Domande singole, all’interno dei 33 PIF approvati, solo 54 iniziative su un totale di circa 2.000 sono state valutate non ammissibili.
Ciò denota un buon processo e buoni risultati nella progettazione anche a fronte di alcune difficoltà che i mandatari intervistati hanno detto di aver incontrato in relazione alla finalizzazione degli investimenti e delle spese ammissibili nelle Domande obiettivo e all’elaborazione progettuale per le Domande singole.
Valutazione del raggiungimento degli obiettivi
Anche in questo caso è stata condotta una prima valutazione, in termini di risposta alle domande di valutazione specifiche poste dalla Autorità di gestione del PSR del Veneto al valutatore, limitata al solo sviluppo degli effetti sinergici degli interventi, rimandando alla valutazione ex-post l’efficacia in termini di creazione di organizzazioni durevoli ed indipendenti da finanziamenti pubblici attuali e futuri.
Il bando di attuazione del PIF3 richiedeva come criterio minimo di ammissibilità l’attuazione obbligatoria della misura 123 (trasformazione e commercializzazione delle produzioni agricole ed alimentari) e di una misura di sistema (111, 114, 124, 132, 133). Tutti i PIF approvati hanno presentato almeno tre misure, le due misure singole 121 e 123 e una o più misure di sistema.
In fase di attuazione è quindi possibile valutare il grado di utilizzo integrato delle misure come elemento di base per valutare gli effetti sinergici anche in relazione alle diverse modalità e grado di attuazione contemporanea, sia all’interno del progetto sia all’interno delle singole imprese, con particolare attenzione a quelle del settore primario.
Tabella 3 - Grado di utilizzo coordinato e contemporaneo delle misure nei PIF
Fonte: elaborazioni da dati questionari, 2010
Il grado piuttosto elevato di utilizzo coordinato delle misure può essere messo in relazione all’obiettivo prioritario di realizzare interventi coordinati con altri soggetti della filiera dichiarato dal 75% degli intervistati (18 mandatari di PIF su un campione di 24) e dall’attribuzione da parte del 50% degli stessi mandatari di una grande rilevanza a questo obiettivo.
Un secondo criterio di valutazione è fornito dall’indicatore del numero e della percentuale di imprese agricole che partecipano al PIF come beneficiarie di sole misure di sistema che sono funzionali ad una migliore la qualità degli scambi nella filiera nonché a favorire la diffusione di innovazioni, con effetti attesi sinergici positivi, sulla stabilità degli scambi che sono garantiti, inizialmente, dall’obbligatorietà dei contratti di fornitura. Le aziende PIF che attuano la 114 sono il 40% rispetto a tutte quelle finanziate.
Un terzo indicatore è quello relativo alle necessità di investimenti nelle aziende agricole PIF in comparazione con le altre imprese dl settore primario. La spesa media per ettaro di SAU per le iniziative finanziate all’interno del PIF risulta notevolmente inferiore a quella finanziata nelle altre sottoazioni della Misura 121.
Conclusioni
Diversi interessanti aspetti emergono in questo percorso di ricerca di metodologie adatte alla valutazione di una modalità di attuazione dell’intervento pubblico nel settore agroalimentare quali il PIF, sempre più presente nella programmazione nazionale4 e comunitaria.
In primo luogo si riscontra la necessità di integrare metodologie proprie della valutazione delle politiche industriali e dell’innovazione con quelle delle politiche per lo sviluppo rurale. Inoltre, è sempre più sentita la necessità di strumenti di valutazione che tengano conto della complessità delle organizzazioni, che sono alla base di sistemi agro-industriali territoriali, e dello sviluppo di mercati locali, anche in relazione allo sviluppo di politiche agricole che utilizzino questi due obiettivi come risposte ad una crescente impossibilità di intervento su mercati sempre più globali.
Infine, è importante valorizzare la molteplicità degli obiettivi diretti e indiretti connessi al supporto della filiera agro-alimentare, che tengano conto della valorizzazione delle specifiche condizioni locali.
Appare quindi giustificata e promettente la scelta di utilizzare ed integrare nel processo di valutazione di progetti integrati diversi strumenti metodologici in grado di superare la mancanza di dati quantitativi e, allo stesso tempo, offrire prestazioni e indicatori di risultati sufficientemente forti per valutare l'efficacia e l'efficienza degli strumenti stessi.
Nel caso di studio presentato è rilevante la valutazione delle procedure di attuazione attraverso una metodologia di reporting e l'individuazione di indicatori per gli obiettivi del programma individuale. L'esperienza del caso studio specifico mostra l'importanza di seguire queste misure nel corso della loro implementazione nel medio termine, in quanto molti degli effetti attesi possono essere valutati esclusivamente al termine del programma e dopo qualche anno da questo.
Tuttavia, già nella valutazione intermedia del programma è stato possibile dare indicazioni precise per i decisori politici regionali dalle loro risposte alle domande di valutazione, attraverso una combinazione di metodologie partecipative, quali le indagini dirette, con le relative analisi quantitative dei dati estrapolati dalle domande singole per la partecipazione. Viene, infatti, posta in evidenza l’esistenza di una forte convergenza tra gli attori economici e i decisori politici verso l’obiettivo del consolidamento della filiera, dall'aumento dei rapporti contrattuali, dell’introduzione di innovazioni nella filiera stessa e della grande diversità nelle priorità tra i diversi settori produttivi: le esigenze di consolidamento si riferiscono alle diverse parti della catena in relazione al tipo di prodotto, mentre vi è una necessità, in tutti i segmenti, di costruzione di relazioni stabili di business, in particolare in quei settori che sono considerati più sensibili per il mercato attuale, come carne, vino e ortofrutta.
Riferimenti bibliografici
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- 1. La metodologia del caso studio presentata in questo articolo é estrapolata dalla relazione intermedia di valutazione del Programma di Sviluppo Rurale (PSR) 2007-2013 della regione Veneto, realizzato da Agriconsulting SpA. Tutte le responsabilità dei contenuti dell’articolo sono da attribuirsi agli autori.
- 2. Nel PSR è stato introdotto un programma speciale che permette al gruppo di imprese di attivare per l’approccio integrato sette differenti misure (111, 121, 123, 114, 124, 132, 133). Nel gruppo devono essere necessariamente presenti imprese agricole ed agroalimentari, nonché istituti di ricerca e di formazione. I settori prioritari sono: latticini (latte di mucca), vino, frutta e verdura (colture comprese nell’OCM frutta e verdura), carne (manzo, maiale, pollame, uova), le colture di campo (mais, grano, soia, girasole di sementi, mangimi), olivi, altri settori (riso, prodotti di nicchia, cereali e semi, piante tessili, piante medicinali, piccole aziende agricole, conigli e altre produzioni minori non altrimenti tutelate.
- 3. Allegato B Dgr n 199 del 12/0272008.
- 4. Solo la regione Molise ed le due Provincie autonome di Trento e Bolzano non hanno introdotti i PIF nei loro PSR 2007-2013.