Introduzione
In questo articolo presentiamo i risultati preliminari di una ricerca sulle filiere alimentari alternative e in particolare sui Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) nella città di Roma1. Abbiamo considerato i GAS come nicchie di innovazione capaci di suggerire soluzioni efficaci ai problemi di insostenibilità dei sistemi agro-industriali dominanti.
I GAS sono un movimento di consumatori critici che guidano le loro scelte di consumo con principi di solidarietà e rispetto dell’ambiente. La ricerca, basata su analisi di dati, documenti e interviste in profondità, si propone di ricostruire la storia, illustrare le caratteristiche socio-demografiche degli aderenti ai GAS e soprattutto indagare sulla loro visione del consumo sostenibile utilizzando come strumento di analisi le cinque dimensioni che secondo Seyfang (2009) lo caratterizzano: comprare locale, ridurre l’impatto ambientale, costruire solidarietà e comunità, agire in modo collettivo, creare nuove infrastrutture.
I GAS a Roma
Sin dai primi anni ’90 si registra in Italia un’esplosione di iniziative tendenti a ricostruire un legame diretto tra produttori e consumatori.
Secondo il rapporto Coldiretti Agri2000 (2010), nel 2009 sono 63.600 le imprese agricole che praticano la vendita diretta, con un aumento del 64% dal 2001. Sul sito dei Mercati di Campagna Amica sono indicati 830 mercati degli agricoltori o dei contadini aderenti all’iniziativa Mercati di Campagna Amica. Nel sito della rete nazionale dei GAS (www.retegas.org) sono registrati più di 800 GAS. Nell’indagine Censis 2010, il 41% delle famiglie intervistate dichiara di comprare con regolarità dal produttore (il 15% ogni settimana, il 26% una volta al mese). E’ in questo contesto che nascono e si sviluppano i primi Gruppi di Acquisto Solidale in Italia. Si tratta di gruppi di ‘famiglie’ che si aggregano per acquistare insieme prodotti (non solo alimentari) da produttori selezionati in accordo con alcuni principi fondamentali, quali il rispetto dell’ambiente, delle persone e la solidarietà. In ciascun gruppo, i coordinatori, o meglio ‘referenti’, organizzano l’approvvigionamento di una determinate categoria di prodotti (verdure, frutta, latticini, carne bovina, ecc.) selezionando uno o più produttori da cui approvvigionarsi. Nel caso delle produzioni agricole e alimentari si selezionano di preferenza produttori biologici e locali. L’informazione sui produttori è raccolta tramite contatti personali, ricerca sul territorio, informazioni dalla rete GAS. Il sistema di ordini è gestito tramite Internet.
I prodotti sono poi consegnati, nei giorni e nelle ore stabilite, presso un luogo convenuto, che può essere la sede di un’associazione, una bottega del commercio equo e solidale, ma anche una piazza pubblica o un negozio privato. Gruppi della stessa città o regione si connettono in networks, con lo scopo di scambiarsi informazioni, fare ordini congiunti nel caso di prodotti regionali che vengano da luoghi più distanti, promuovere insieme iniziative sociali o semplicemente per condividere idee ed esperienze. Generalmente i GAS si riuniscono in un’assemblea mensile, mentre assemblee regionali e nazionali hanno una cadenza annuale (Tavolo per la rete italiana di economia solidale, 2010). Il primo GAS in Italia nasce nel 1994, a Fidenza, in collegamento con l’esperienza dei ‘Bilanci di Giustizia’ promossi da Don Gianni Fazzini, che si proponeva di modificare la struttura del consumo familiare secondo criteri di rispetto dell’ambiente e delle persone (Rebughini, 2008). La solidarietà è messa al centro del comportamento di acquisto degli aderenti ai GAS.
I primi GAS a Roma nascono agli inizi del 2000, ispirati dall’esperienza dei GAS del Nord Italia. Sul sito della rete nazionale dei GAS sono iscritti 58 GAS attivi nella provincia di Roma (ottobre 2011), di cui 41 nel comune di Roma. Da varie fonti e dalle informazioni raccolte tramite le nostre interviste siamo arrivati ad un elenco di 90 GAS attivi a Roma. Di questi ne abbiamo intervistati 21.
Ciascun GAS raccoglie un numero variabile di ‘nuclei’ o ‘famiglie’ aderenti, da un minimo di cinque a oltre duecento, con una distribuzione molto dispersa tra le varie classi dimensionali (Tabella 1). Dal punto di vista anagrafico, del livello di istruzione e occupazionale, invece, i nuclei aderenti sono abbastanza omogenei: sono prevalentemente famiglie con figli, con genitori di età compresa tra i 35 e i 50 anni.
Ci sono anche non coniugati (per esempio, studenti che coabitano) e pensionati, che però rappresentano una minoranza nei diversi GAS. Il livello di istruzione è medio-alto e, per quel che riguarda l’occupazione, troviamo soprattutto impiegati del settore pubblico (scuola, università, ospedali, poste), liberi professionisti (medici, archeologi, psicologi, giornalisti ), ma anche artigiani, giornalai, studenti e precari di varie fasce di età. Nonostante sia possibile caratterizzare la maggioranza degli aderenti ai GAS come classe media, tuttavia questo non significa che non si avvertano problemi di budget familiare. Tra le motivazioni che spingono ad aderire ai GAS c’è diffuso il bisogno di garantirsi l’accesso a cibi sani a prezzi accessibili, cosa che è sempre più difficile, specialmente per una classe media in via di proletarizzazione e precarizzazione.
Tabella 1 - GAS intervistati per numero di nuclei aderenti
Tabella 2 - Il contesto in cui nascono i GAS a Roma
A fronte di una relativa omogeneità socio-anagrafica, i GAS differiscono tra loro per il contesto in cui sono nati (Tabella 2): alcuni si sono sviluppati a partire dalle attività e dalle iniziative promosse all’interno dei Centri sociali; altri hanno un’origine nell’esperienza Scout di alcuni promotori; i GAS che alla S di solidale aggiungono la P di Popolare (GASP) sono stati ispirati dalle iniziative contro il carovita promosse da Rifondazione Comunista, anche se funzionano ormai in modo completamente autonomo da ogni ingerenza di partito. I GAS promossi dalle ACLI si autodefiniscono GASF: Solidali e Familiari, dal momento che pongono l’accento sui problemi delle famiglie; altri ancora funzionano come un ‘servizio’ presso associazioni culturali, sportive, sedi di partito o ancora presso luoghi di lavoro. Il contesto di origine si riflette poi nelle modalità di organizzazione interna. Nei GAS e nei GASP si insiste molto sulla partecipazione alla vita organizzativa del gruppo (ordini, consegne, organizzazione delle riunioni, ecc.) come forma di democrazia orizzontale; nel GASF che abbiamo intervistato, invece, la partecipazione è vissuta più come condivisione di problemi ed esperienze tra le famiglie aderenti. Nei GAS che operano sui luoghi di lavoro o presso alcune sedi di partiti o di associazioni sportive e culturali, l’organizzazione è generalmente più verticistica e si cercano soluzioni meno complesse all’approvvigionamento di prodotti.
Un dato importante riguarda la spesa annuale dei GAS. Dal momento che gli ordini e i pagamenti avvengono generalmente via Internet, ogni GAS conosce l’ammontare di spesa annuale effettuata dai suoi componenti. la ricerca ha avuto accesso ai dati sulla spesa del 2010 di 9 dei 21 GAS intervistati (Tabella 3). Generalizzando, dai dati raccolti potremmo stimare la spesa dei 90 GAS a noi noti a Roma in una cifra compresa tra i tre e i quattro milioni di Euro.
Tabella 3 - La spesa annuale di 11 GAS a Roma (2010)
Obiettivi e motivazioni: centralità del cibo e consumo critico
Nonostante le differenze interne al mondo dei GAS romani, essi hanno un obiettivo principale in comune: l’accesso agli alimenti biologici ad un prezzo equo. Questo significa che 1) tutti hanno interesse ad approvvigionarsi di alimenti biologici, considerati più sani e di migliore qualità degli alimenti convenzionali; 2) essi reputano che gli alimenti biologici nei negozi specializzati o nei supermercati non sono accessibili, né ai redditi bassi, né a quelli medi.
L’organizzazione di un GAS è quindi, nelle intenzioni dei promotori, una risposta sia all’organizzazione industriale della produzione di alimenti che non garantisce cibi sani, sia al sistema di distribuzione degli alimenti biologici che, per i prezzi troppo elevati, non garantisce un accesso equo.
Il concetto di sostenibilità implicito in questo obiettivo incorpora non solo una preoccupazione per la conservazione delle risorse naturali, ma anche un concetto di equa distribuzione delle risorse. A partire dal cibo, il consumo critico permette non solo di teorizzare, ma di praticare il cambiamento. Gli aderenti più attivi e consapevoli dei GAS (quelli che noi abbiamo intervistato sicuramente rientrano in questa categoria) hanno chiaro in mente che cambiare il modello di consumo è un primo passo per cambiare il modello di produzione, ma anche la società e le relazioni sociali. Ciò non esclude la presenza nel movimento dei GAS di diverse visioni su come procedere verso il cambiamento e sul ruolo in questo processo.
Le cinque dimensioni della sostenibilità nella visione dei GAS romani
Comprare biologico, comprare locale, costruire solidarietà e comunità
Delle cinque dimensioni considerate da Seyfang (2009), le prime tre (comprare locale, ridurre l’impatto ambientale comprando prodotti biologici, costruire solidarietà e comunità), che definiscono secondo noi la caratterizzazione ambientale e sociale della sostenibilità, sono strettamente interrelate. La sostenibilità ambientale è perseguita comprando cibi biologici e locali (riduzione di CO2). L’acquisto di prodotti locali e le relazioni dirette con il produttore permettono di costruire fiducia, solidarietà e ‘comunità’ a livello territoriale. Nella scelta dei produttori, le imprese piccole sono preferite, perché con loro è possibile una relazione di scambio simmetrica (l’acquisto dei GAS non è importante per un’impresa grande). Quindi la preferenza dei piccoli produttori è strettamente legata alla dimensione di solidarietà e comunità.
Agire in modo collettivo
Coordinarsi per fare insieme gli acquisti in un GAS rende possibile (dà il potere di…) ripartire tra più persone con diverse competenze le tante scelte che riguardano le varietà, i metodi di produzione, le tecniche di trasformazione, la provenienza e, più in generale, la qualità degli alimenti e, quindi, permette di prendere decisioni efficaci sull’approvvigionamento di cibo (e di altri prodotti). L’azione collettiva non si limita comunque all’acquisto in comune; riguarda anche la partecipazione alla vita organizzativa del GAS, la costruzione di reti tra i diversi GAS a livello regionale e nazionale; la promozione di iniziative sociali o politiche sul territorio, che riguardano, ad esempio, la mobilità sostenibile, il benessere degli animali o il referendum contro la privatizzazione dell’acqua. Ci sono ovviamente anche delle visioni critiche, che mettono in risalto la difficoltà della partecipazione nella vita dei GAS, in particolare la difficoltà di costruire reti di coordinamento tra i GAS, che permettano di avere un impatto sulla realtà più adeguato alle potenzialità da loro espresse.
Costruire nuove infrastrutture
La stessa nascita del GAS può essere vista come funzionale alla costruzione di nuove infrastrutture che rendano possibile l’accesso agli alimenti biologici e locali (in risposta alla difficoltà di accesso a cibi sani e di qualità), contribuendo allo stesso tempo anche alla costruzione di relazioni sociali e di solidarietà (GAS121 e GAS101). Diverse indicazioni derivano dalla soluzione logistica inventata dai GAS: innanzitutto la necessità di accorciare la filiera, eliminando le intermediazioni. In secondo luogo, l’esigenza di intendere lo scambio dei prodotti come un flusso di merci che non distrugge, ma consolida il flusso delle relazioni sociali, tra consumatori e tra questi e i produttori. L’esigenza di costruire un legame diretto, di fiducia con il produttore, come abbiamo visto prima, spinge a scegliere produttori locali e piccoli. La stabilità del rapporto con i produttori – un legame consolidato, di fiducia - è quello che contraddistingue il rapporto produttore-consumatore nei GAS, rispetto ad altre forme di filiera corta, come ad esempio i mercati degli agricoltori, nei quali i legami con i consumatori sono di solito più saltuari. I GAS tendono a costruire rapporti stabili di ‘co-produzione’ con i fornitori, collocando questa forma di economia tra i co-sumers, secondo la classificazione di Schermer (2011), in cui i consumatori cooperano strettamente con i produttori, pur non essendo coinvolti direttamente nella produzione.
E’ parere comune dei nostri intervistati, tuttavia, che la logistica rappresenta il punto di maggior debolezza nell’organizzazione dei GAS. I GAS generalmente si appoggiano a strutture già esistenti (Centri sociali, botteghe del Commercio Equo e Solidale, sedi di associazioni o di partito), ma le consegne avvengono anche in piazze o piazzali pubblici. Soprattutto in questi ultimi casi, si avverte un senso di precarietà, che rende difficile consolidare le relazioni e costruire insieme iniziative sociali con impatto territoriale. E’ soprattutto in questo campo che si riterrebbe opportuno un intervento delle istituzioni locali, finora troppo distratte di fronte alle potenzialità di questo movimento. La sfida sta nel rendere più efficiente la logistica (il flusso delle merci) senza tuttavia indebolire la rete delle relazioni sociali costruite attorno allo scambio dei prodotti.
Conclusioni
E’ evidente dalle interviste fin qui considerate che il movimento dei GAS romani esprime una esigenza di accesso a cibi sani e di qualità, ma anche di costruzione di relazioni sociali e roduttive nuove. Il consumo sostenibile è inteso non come l’acquisto di prodotti a minor impatto ambientale, ma, secondo la visione più radicale descritta da Seyfang (2006 e 2009), come una modalità diversa di governare l’economia alimentare, che permetta di ristabilire un equilibrio e un’armonia tra i valori economici, sociali e ambientali. Grande assente in questo progetto è sicuramente l’istituzione locale, che viceversa potrebbe trovare nel movimento dei GAS una leva potente per indirizzare in modo radicale le economie territoriali verso la sostenibilità.
Riferimenti bibliografici
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Agri2000 - Coldiretti (2010), Osservatorio internazionale sulla vendita diretta nelle aziende agricole, Bologna
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Censis – Coldiretti (2010), Primo Rapporto sulle abitudini alimentari degli italiani. Sintesi dei principali risultati. Roma, [link]
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Rebughini P. (2008), Costruire nuovi spazi di consumo: I Gruppi di Acquisto e il sogno della trasparenza, in Leonini L., Sassatelli R. (a cura di), Il consumo critico, Roma-Bari, Editori Laterza
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Schermer M. (2011), Consumer Engagement in the Food Chain: of Pro-sumers, Co-sumers and no-sumers, Lavoro presentato al XXIV Congresso della Società Europea di Sociologia Rurale, Chania, Creta, 22-25 agosto
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Seyfang G. (2009), The New Economics of Sustainable Consumption. Seeds of change, Palgrave Macmillan
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Tavolo per la rete italiana di economia solidale (2010), Il capitale delle relazioni, Milano, Altraeconomia
- 1. Quest’articolo riporta i primi risultati di un progetto finanziato dal MIUR, nell’ambito dei PRIN 2008, dal titolo Agricoltura locale e consumo sostenibile nelle reti alimentari alternative, coordinatore scientifico Anna Maria Vitale, Università della Calabria, protocollo 2008LY7BJJ_004. L’unità di ricerca è costituita da Maria Fonte (responsabile scientifico), Mariella Eboli, Ornella Wanda Maietta, Cristina Salvioni; Brunella Pinto è collaboratrice di ricerca. L’articolo riprende alcuni contenuti del lavoro presentato dagli autori al XXIV ESRS Congress, tenutosi a Chania (Creta) nell’Agosto 2011, all’interno del WG 27 - New Forms of Citizen-Consumer Engagement in Food Networks: Diversity, Mechanisms and Perspectives.