Dieci anni di agricoltura italiana: le principali evidenze dell'Annuario Inea

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Dieci anni di agricoltura italiana: le principali evidenze dell'Annuario Inea
Istituto Nazionale di Economia Agraria

Il Censimento Istat e l’Annuario Inea

Il 2010 non rappresenta soltanto un anno di passaggio tra il primo e il secondo decennio del XXI secolo, ma costituisce l’occasione per un’analisi e una prima riflessione sui principali processi evolutivi che hanno interessato il settore agricolo nazionale dall’inizio del nuovo millennio. Questa operazione è resa possibile dall’osservazione dei primi dati messi a disposizione a seguito della sesta rilevazione censuaria effettuata dell’Istat nell’ottobre del 2010, i cui risultati provvisori sono stati diffusi nel giugno 2011. Tuttavia, l’analisi dei soli dati a carattere strutturale non consente di fornire una lettura critica dei rilevanti e complessi fenomeni intervenuti dal 2000 al 2010. A tal fine uno strumento di ausilio è rappresentato dall’Annuario dell’agricoltura italiana realizzato dall’Inea, che dal 1947 raccoglie, sistematizza e analizza una gran mole di dati sul settore primario italiano. Oltre alle principali variabili economiche e strutturali, ai dati sull’impiego dei fattori di produzione (terra, consumi intermedi e lavoro), ai dati sulle produzioni e sugli andamenti di mercato, l’Annuario contempla anche informazioni sul ruolo rivestito dalle politiche attuate a sostegno del settore agro-alimentare e analisi originali sullo sviluppo di fenomeni che si stanno affermando a latere dell’attività primaria, come forme di diversificazione dei redditi e dei ruoli che tradizionalmente l’agricoltura riveste nei confronti della collettività.
Nelle pagine seguenti, a partire dalle serie storiche dei dati pubblicati dall’Inea, si ricostruiscono gli andamenti registrati tra il 2000 e il 2010, relativi ad alcune variabili strategiche e a specifici fenomeni, selezionati tra quelli ritenuti come i più significativi e caratterizzanti la struttura fisica, economica e socio-ambientale del settore agricolo italiano1.

Un decennio di profondi cambiamenti

Sulla base del Censimento Istat, al 2010 operavano in Italia oltre 1,6 milioni di aziende agricole, con una variazione in termini di numerosità estremamente rilevante (-32% rispetto alle aziende censite nel 2000), che non trova precedenti all’interno delle rilevazioni su base decennale avviate a partire dal 1960 (Fanfani, 2008). Il drastico ridimensionamento delle imprese appare confermato dai dati derivanti dal registro delle imprese delle Camere di Commercio – che riportano dati non direttamente confrontabili con quelli del Censimento – che si riferiscono ad aziende con una dimensione economica e una struttura organizzativa tipica di imprese orientate al mercato (Tabella 1). Con riferimento a questo registro, la variazione osservata nel decennio supera il -20%, con dinamiche tra le forme giuridiche molto diverse. Le ditte individuali, pur rappresentando il 90% del totale, si mostrano in progressiva diminuzione, a fronte di un forte incremento delle società di persone e di capitali, che sfiorano l’8%.

Tabella 1 - Distribuzione delle imprese registrate per forma giuridica – Settore agricoltura, caccia e silvicoltura (2010)

* Nel corso di un periodo si possono verificare per una ditta alcune "variazioni" che non danno luogo a cessazione e/o re-iscrizione della medesima, ma che possono modificare la consistenza delle ditte con sede nella provincia considerata, a livello di rami di attività economica e/o di forma giuridica.
Fonte: Infocamere

Al contempo, secondo il Censimento la superficie agricola utilizzata (Sau), pari a circa 12,9 milioni di ettari, mostra una relativa tenuta, avendo subito una contrazione decisamente più contenuta (-2,3%), che attenua di molto la repentina caduta già registrata tra il 1990 e il 2000 (-15%). Di maggiore entità risulta, invece, la variazione (-8%) della superficie agricola totale (Sat), che include anche le aree non impiegate a fini agricoli e i boschi.
La riduzione delle aziende e della Sau, inoltre, si è concentrata nelle prime classi dimensionali, mentre oltre la soglia dei 20 ettari si è registrato un aumento di entrambe le variabili. La lettura congiunta dei due processi dinamici mette in evidenza, da un lato la fuoriuscita dal sistema produttivo di molte microimprese, dall’altro un rilevante processo di ricomposizione fondiaria, con il trasferimento di una parte consistente delle superfici utilizzate a favore delle aziende rimaste attive o comunque di quelle appartenenti alle classi dimensionali più ampie (oltre i 20 ha; figura 1). L’effetto complessivo delle variazioni indicate è bene esemplificato dalla notevole crescita delle superfici medie aziendali, che passano dai 5,5 ettari del 2000 ai 7,9 del 2010, attenuando di molto la storica disparità con il dato medio dei paesi dell’UE.

Figura 1 - Stima della variazione di Sau per classi di Sau, 2000-2010*

* La stima è stata effettuata al netto della riduzione di Sau avvenuta nel medesimo periodo e attribuita in quote proporzionali ad ogni classe di Sau.
Fonte: elaborazioni Inea su dati Istat

I processi di trasferimento descritti sono avvenuti in prevalenza attraverso il ricorso agli affitti, che grazie ad una crescita del 46% rispetto all’inizio del decennio, giungono a rappresentare ben il 35% della Sau complessiva, sebbene con situazioni molto differenziate su base territoriale, che permangono nonostante i fenomeni di notevole incremento.
I dati di variazione illustrati trovano elementi di riscontro nelle modifiche intervenute nell’uso della terra destinata alle attività agricole. A fianco dell’abbandono dei terreni collocati in zone marginali e di montagna, prevalentemente adibiti a pascoli estensivi e a coltivazioni arboree e, oggi, soggetti a fenomeni di rinaturalizzazione, si è registrato un rilevante processo di sottrazione di suoli agricoli per altri usi (residenziale, infrastrutturale e commerciale). Al 2010 circa il 7,7% del territorio italiano risulta occupato da aree artificiali, che hanno mostrato tassi di incremento di rilievo (+3,3% nel periodo 2000/2006; Corine Land Cover), avendo eroso in questo caso prevalentemente terreni agricoli collocati in aree fertili e di pianura.
Sotto il profilo dell’utilizzo della Sau, nel decennio in esame non sono intervenute variazioni sostanziali. I seminativi, con una riduzione del 3,7% si confermano la forma di impiego più rilevante (54,4% del totale), di segno analogo la variazione delle coltivazioni permanenti (-3%) che rivestono un peso del 18,4%, mentre una modesta crescita ha interessato i prati e pascoli (+1,6%) la cui incidenza si attesta a circa il 27%. In merito alla variazione dei prati pascoli, va sottolineata la diversità di comportamento tra le aree del paese (Figura 2), con il contributo positivo derivante dalle regioni del sud. Queste però hanno risentito soprattutto delle nuove modalità di rilevazione dei dati censuari, che hanno consentito di conteggiare anche le proprietà collettive precedentemente escluse. Di converso, la consistente riduzione di queste superfici nelle aree settentrionali e centrali del paese pone alcuni dubbi sull’efficacia delle politiche agro-ambientali attuate nel corso del decennio a sostegno del mantenimento delle aree semi-naturali dell’arco alpino e di alcune aree appenniniche.

Figura 2 - Variazione nell’uso della Sau, 2000-2010

Fonte: elaborazioni Inea su dati Istat

Le variazioni registrate dal punto di vista strutturale si sono in molta parte trasmesse negli andamenti mostrati dalle principali variabili economiche (Tabella 2). Innanzitutto, nel decennio in esame si è ridotto in misura considerevole il valore della produzione agricola (prezzi concatenati) che si è contratta del 3,7%, cui si è accompagnata una riduzione pressoché equivalente del valore aggiunto.

Tabella 2 - Le principali variabili economiche

1 Ai prezzi di base - concatenati
2 Al costo dei fattori - correnti
Fonte: elaborazioni Inea su dati Istat e Banca d’Italia

Il rallentamento dell’attività produttiva appare confermato anche dall’andamento dei consumi intermedi che calano in misura corrispondente alla produzione (-3,8%). Il calo tendenziale in quantità è stato però controbilanciato dall’andamento in valore, con una dinamica dei prezzi decisamente in crescita, soprattutto in relazione ad alcune componenti – fertilizzanti e mangimi – che più di altri risentono dell’impennata mostrata dal costo dei prodotti energetici. La reazione del sistema produttivo si è tradotta in una contrazione dei consumi in quantità, per le componenti più elastiche (fitosanitari e concimi) principalmente attraverso una riduzione nel numero di trattamenti, sostenuta anche dalla diffusione di metodi a minore impatto ambientale che hanno favorito il ricorso a prodotti più efficaci e a dosi ad ettaro meno massicce, mentre le componenti a domanda rigida (sementi e mangimi) ne hanno risentito in misura minore (Figura 3).

Figura 3 - Consumi intermedi in valori concatenati base 2000 (indice 2002: 100)

Fonte: elaborazioni Inea su dati Istat

Tuttavia, il dato più significativo è certamente rappresentato dal lento, ma costante, declino del peso del valore aggiunto (VA) agricolo sul totale dell’economia, che passa dal 3% del 2000 al 2,2% del 2010, a testimonianza della progressiva marginalizzazione dell’attività agricola sul complesso delle attività produttive nazionali.
Di segno negativo anche l’evoluzione delle unità di lavoro (UL) impiegate in agricoltura, che subiscono un calo molto drastico (-14%). Tuttavia, la dimensione di tale riduzione, posta confronto con la più modesta entità della variazione in termini di valore della produzione, potrebbe essere interpretata come frutto di un processo di innalzamento dell’efficienza del lavoro impiegato all’interno del settore primario. In questo quadro si rileva, infatti, un significativo incremento (+10,8%) della produttività del lavoro in agricoltura, che cresce però a tassi significativamente meno elevati rispetto agli altri settori, ampliando di molto il già significativo divario, con il livello medio della produttività agricola che passa dal 46,7% del 2000 al 41,3% del 2010 nel confronto con il totale dell’economia.
Il declino dell’impiego di lavoro in agricoltura trova conferma anche nel passaggio dalla misura standardizzata, rappresentata appunto dalle UL, all’analisi della dinamica degli occupati, che nel decennio subiscono un consistente calo in valore assoluto, passando da oltre 1 milione di unità a le circa 867 mila del 2010, valore relativamente stabile nelle ultime tre annualità osservate. Significativo, nel contempo, il calo del peso rivestito dagli occupati nel settore agricolo, rispetto al totale dell’economia, che passa dal 4,7% dell’inizio del millennio al 3,8% dell’ultima rilevazione in esame. In questo quadro, va sottolineato anche il sostanziale declino della categoria degli occupati indipendenti, oggi in numero quasi pari a quello dei dipendenti, a testimonianza di un progressivo processo di “professionalizzazione” del settore.

Figura 4 - Andamento degli occupati in agricoltura e incidenza % sul totale, 2000-2010

Fonte: elaborazioni Inea su dati Istat

All’interno del settore primario, nel decennio appena trascorso, sono peraltro intervenute rilevanti modificazioni. Certamente significativa è la riduzione della componente rappresentata dalle coltivazioni agricole, la cui quota perde circa 4 punti percentuali, a fronte del modesto, ma pur significativo rafforzamento del peso degli allevamenti zootecnici (32,2%). Ma il fenomeno più emblematico dei cambiamenti intercorsi è ben rappresentato dalla continua crescita del peso rivestito dalle attività dei servizi connessi e di quelle secondarie, il cui contributo complessivo pesa al 2010 per oltre il 13,2% del totale (Tabella 3); quindi in misura più consistente di quello del comparto latte o di poco inferiore a quello delle patate e degli ortaggi.

Tabella 3 - Composizione % del valore della produzione agricola (ai prezzi di base; valori correnti)

Fonte: elaborazioni Inea su dati Istat

Nel decennio, decisamente positiva è apparsa invee la performance dell’industria alimentare il cui indice del fatturato si mostra in costante crescita, con un andamento sistematicamente superiore a quello dell’industria manifatturiera totale. Tale risultato, peraltro, risulta trainato dal fatturato realizzato sui mercati esteri, il cui indice si presenta considerevolmente più elevato a partire dalla seconda metà del periodo osservato (Figura 5).

Figura 5 - Indice del fatturato dell’industria alimentare e manifatturiera in Italia, 2000-2010

Fonte: elaborazioni Inea su dati Istat (banca dati Conistat)

Particolarmente significative sono state anche le modifiche intervenute nel campo della distribuzione, le cui vendite di beni alimentari all’interno della Gdo si sono mostrate in costante crescita, avendo raggiunto al 2010 una concentrazione pari al 64% del totale nazionale, con la sola eccezione dell’area meridionale, al cui interno il 58,5% delle vendite passa ancora per il canale del dettaglio tradizionale. Dal lato dei consumi, nel contesto di una generale crescita della spesa alimentare delle famiglie, si è progressivamente modificata la composizione strutturale degli acquisti, con un processo di sostituzione tra prodotti caratterizzato da un arretramento delle preferenze per oli e grassi (-16,1%), prodotti ittici (-7,3%), lattiero caseari (-4,9%), carni rosse, a vantaggio di quelle bianche, mentre le scelte dei consumatori continuano a privilegiare vegetali, cereali e pane, sebbene con una crescita della componente rappresentata dai prodotti sostitutivi. All’interno di questi processi, le scelte di consumo tendono a caratterizzarsi sempre più per un processo di segmentazione della domanda e di personalizzazione dei bisogni che hanno determinato il progressivo rafforzamento di prodotti con elevato grado di specificità, perché ad alto contenuto di servizio o in quanto tipizzati da processi di certificazioni (biologico, Dop, Igp), fino alla più recente affermazione dei prodotti cosiddetti funzionali, ossia arricchiti di specifiche sostanze utili per la salute, e di quelli destinati alla popolazione affetta da specifiche malattie.

Le nuove funzioni e i processi di diversificazione: il biologico, l’agriturismo e le fonti energetiche rinnovabili

Contestualmente ai profondi mutamenti intervenuti sotto il profilo strutturale e alle dinamiche che hanno caratterizzato i principali indicatori di carattere economico, si possono rintracciare all’interno del settore agricolo italiano alcuni fenomeni che testimoniano la progressiva affermazione di strategie di reazione delle imprese agricole alle complessità che si sono rese sempre più evidenti sul piano economico e delle relazioni con la società e l’ambiente naturale. I processi di diversificazione e l’intensificarsi della sfera multifunzionale delle imprese agricole assumono così un ruolo di primo piano nella lettura delle modificazioni intercorse nel decennio in esame. Sotto il profilo economico emergono le iniziative tese all’ampliamento dell’attività produttiva, principalmente con l’integrazione in azienda dei processi di trasformazione dei prodotti agricoli o la vendita diretta, che spesso si associano a forme di diversificazione come l’agriturismo o la produzione di energia, così come si rafforzano i processi tesi al miglioramento qualitativo della produzione tramite l’intensificazione dell’adesione a meccanismi di certificazione che, oltre a valorizzare la produzione, assolvono a funzioni di trasparenza e sicurezza nel rapporto con i consumatori, spaziando da quelle a carattere geografico, ambientale fino a quelle etiche e sociali. Dal punto di vista ambientale si consolida il ruolo del settore agricolo nei processi di contenimento delle emissioni e di mitigazione dei processi di cambiamento climatico, e si riconosce centralità al ruolo dell’agricoltura nella gestione delle risorse naturali (suolo, acqua e biodiversità) e del paesaggio. Infine, nel decennio, iniziano a prendere sempre più consistenza le iniziative in campo sociale, con l’affermazione delle funzioni didattiche, terapeutiche e di recupero delle disabilità che il settore agricolo è in grado di offrire alla collettività, oltre che con la diffusione di modelli di gestione, in grado di testimoniare valori etici positivi, come ad esempio quelli a supporto della legalità.
All’interno di questi fenomeni, alcuni meritano particolare attenzione, in quanto si possono certamente identificare tra quelli che hanno impresso un segno più profondo alla fisionomia del settore primario nazionale.
La forte crescita del comparto biologico italiano è certamente un fenomeno degno di nota, che ha fatto del nostro paese un attore di primo piano sullo scenario internazionale. La superfice coltivata secondo le tecniche dell’agricoltura biologica è giunta a contare, al 2010, oltre 1,1 milioni di ettari (+4% rispetto al 2000), in ripresa dopo alcune fasi di assestamento che si sono succedute nel decennio (Figura 6). La superficie a biologico costituisce così circa l’8,6% della Sau nazionale, con incidenze anche maggiori in alcune delle regioni del Centro-Sud. Al contempo, si è registrata una fuoriuscita di imprese dal comparto, che coniugata assieme all’andamento dei dati di superficie, indica una dimensione media molto al di sopra rispetto a quella dell’agricoltura convenzionale (oltre 20 ha per azienda). Sotto il profilo degli ordinamenti produttivi, emerge la netta predominanza di cereali, foraggere, prati permanenti e pascoli (54% del totale biologico), mentre si pone in evidenza la più recente crescita delle orticole e delle coltivazioni arboree che giungono a pesare per il 25% della Sau biologica. All’interno del comparto, significativo è il progressivo consolidamento di un modello integrato di filiera, che nel medio periodo (2000/2010) vede il consistente assottigliamento dei produttori esclusivi (-12%), a vantaggio del persistente incremento degli operatori che praticano contestualmente anche trasformazione e/o vendita al dettaglio.

Figura 6 - Evoluzione del biologico in Italia

Fonte da excel

Ancora più vivaci le dinamiche manifestate dal comparto agrituristico italiano (Figura 7) che, nel decennio, ha registrato un fortissimo incremento degli esercizi, più che raddoppiati, che vedono coinvolte in questa attività di diversificazione appena l’1% delle aziende agricole nazionali, sebbene con differenze significative tra le diverse regioni. Gli agriturismi rappresentano così il 10% delle strutture ricettive nazionali, sebbene con dimensioni considerevolmente più modeste rispetto a quelle alberghiere, come dimostra il fatto che in tale tipologia di strutture viene accolto solo il 2% degli arrivi totali di ospiti. Ma l’elemento, che meglio di ogni altro testimonia il ruolo che tale attività rappresenta oggi all’interno del settore primario, è senza dubbio costituito dal peso sul valore della produzione agricola, passato dallo 0,8% del 2000 all’1,8% del 2010, grazie alla significativa crescita del valore della produzione, che ha mostrato tassi di variazione molto al di sopra di quelli medi riferiti alle altre attività secondarie, oltre che ai servizi connessi (Tabella 4).

Figura 7 - Evoluzione del comparto agrituristico 

Fonte: elaborazioni Inea su dati Istat

Tabella 4 - I servizi connessi e le attività secondarie dell'agricoltura - Produzione a valori correnti 

Fonte: elaborazioni Inea su dati Istat

Il ruolo giocato dal settore agricolo per lo sviluppo del settore energetico da fonti rinnovabili costituisce un altro elemento che, nel più ampio quadro della strategia di mitigazione degli effetti derivanti dal cambiamento climatico, rappresenta un fattore di forte caratterizzazione del settore agricolo nel primo decennio del 2000. In Italia, la produzione energetica da fonti rinnovabili è cresciuta in modo sostenuto nel corso del primo decennio del Duemila (+63%), così soddisfacendo il 12% del fabbisogno energetico primario e collocando il nostro paese al terzo posto in Europa in termini di potenza accumulata, sia nel fotovoltaico che nell’eolico. Nel complesso è aumentato in misura significativa proprio il contributo derivante dalle fonti rinnovabili non tradizionali (Figura 8) - eolico, fotovoltaico, rifiuti e biomasse, come legna, biocombustibili e biogas – che passano da un peso del 15% nel 2000 ad oltre il 32% del 2009. Tale crescita è stata sostenuta da numerosi meccanismi di incentivazionie valutati tra i più vantaggiosi in Europa. Fra le biomasse per la produzione di energia prevalgono quelle solide, derivanti dalla filiera del legno: nel comparto legno-energia operano, infatti, oltre 13.000 imprese, con circa 35.000 addetti e un fatturato di 5 miliardi di euro. Di rilievo anche la crescita di impianti a biogas che vengono alimentati con prodotti di origine agri-zootecnica (effluenti zootecnici, sottoprodotti, frazioni vegetali), che numericamente hanno superato le 500 unità, collocate in prevalenza nelle regioni settentrionali, rispetto ai quali si attendono nel futuro ulteriori incrementi. Infine, l’impulso impresso al settore fotovoltaico ha portato a un utilizzo di circa 3.100 ha di superficie agricola – precedentemente coltivata – per l’installazione di impianti a terra, che costituiscono il 42% del totale in esercizio.

Figura 8 - Energia da fonti rinnovabili in Italia

Fonte: elaborazioni Enea su dati di origine diversa

Quali attese dopo il 2010?

La breve analisi condotta nelle pagine precedenti pone in luce come i fenomeni osservati siano stati caratterizzati tra il 2000 e il 2010 da processi di forte accelerazione, che sembrano trovare ulteriori conferme nelle prime anticipazioni sui dati 2011. Prova ne sia il forte irrobustimento del peso rivestito dalle attività dei servizi connessi e di quelle secondarie, al cui interno un ruolo di primo paino è stato giocato dalle attività agrituristiche, ma anche i recenti sviluppi e le prospettive di crescita nel settore agri-energetico. A ciò si aggiunge il fatto che la dimensione economica dei processi di diversificazione in atto – che si compongono di un panorama molto più variegato di quello qui descritto – sta raggiungendo livelli tutt’altro che trascurabili. Ma, l’elemento più significativo è forse rappresentato dall’emergere, a fianco di queste realtà ormai consolidate e ben strutturate, di nuove tendenze e nuove funzioni, che iniziano ad affermarsi con sempre maggiore evidenza e che potrebbero nel corso di questo decennio prendere ulteriore forza, imprimendo una diversa svolta ai processi evolutivi in atto.
La fisionomia assunta dal settore agricolo italiano appare così decisamente più complessa rispetto all’inizio del millennio, rendendo necessario ampliare di molto la sfera delle relazioni sui cui porre attenzione nell’analizzarne le caratteristiche e i processi evolutivi. Il monitoraggio di tali andamenti, è reso possibile anche grazie alla costante raccolta delle informazioni all’interno dell’Annuario Inea, che da oltre 60 anni propone una riflessione ragionata sull’agricoltura nazionale, non trascurando di porre in evidenza i molti aspetti che si vanno associando alla produzione agricola in senso stretto, siano essi di natura economica, ambientale o sociale.

Riferimenti bibliografici

  • Corine Land Cover, Land cover 2006 and changes country analysis, [link]

  • R. Fanfani, Il processo di ammodernamento delle aziende agricole italiane (1990-2005), Agriregionieuropa, anno 4, n. 12, 2008

  • Inea, Annuario dell’agricoltura italiana, Volume LXIV, 2010, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2011

  • Inea, Agricoltura, ambiente e società, Edizioni Il Sole24Ore-Agrisole, Bologna, 2011

  • Istat, 6° Censimento generale dell’agricoltura. Risultati provvisori, Roma, 5 luglio 2011

  • 1. Tale contributo riprende i contenuti della relazione presentata in occasione della presentazione del Volume LXIV dell’Annuario dell’agricoltura italiana. 2010, tenutasi a Roma il 9 febbraio 2012.
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Commenti

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