Nel 2004 è stato pubblicato il libro “Le politiche regionali dell’Unione Europea” di Gianfranco Viesti e Francesco Prota, edito dalla società editrice il Mulino. Il libro è frutto di una ricerca sulla riforma delle politiche comunitarie affidata a Gianfranco Viesti nel 2001 dall’allora Ministero del Tesoro. Di seguito, vengono riportati alcuni passi salienti del paragrafo dedicato a “La Politica agricola comune e la coesione regionale”.
“[…] Uno sguardo al bilancio ci dice che alcuni paesi dell’UE-15 sono contribuenti netti, in particolare Germania, Regno Unito, Olanda e Belgio; mentre i beneficiari netti sono la Francia, i quattro paesi della coesione e la Danimarca. Se guardiamo ai saldi di bilancio pro capite il paese che beneficia maggiormente dei trasferimenti è l’Irlanda, seguito da Grecia, Spagna, Danimarca e Francia. La Germania, invece, se si esclude il Lussemburgo, è il paese che sopporta i costi maggiori. In Portogallo, uno dei paesi più poveri dell’Unione, la spesa pro capite netta è di entità modesta. Già da questi dati emerge chiaramente come la spesa netta pro capite della Pac non sia proporzionale al reddito e non favorisca, quindi, se non parzialmente, la coesione.
[…] Una stima degli effetti redistributivi complessivi della Politica agricola comune, per il periodo 1989-1998, è fornita in uno studio prodotto per la Commissione europea […]. Dal 1989 il paese che ha sopportato i costi maggiori come conseguenza della Pac è la Germania, seguita dall’Italia e dal Regno Unito, anche se i costi di questi paesi risultano in calo nel corso del tempo […]. Negativa è anche la posizione del Portogallo. Al contrario, anche sulla base di questi dati, a beneficiare della Pac sono Danimarca, Francia, Irlanda, Grecia e Spagna […]. Le posizioni rimangono sostanzialmente inalterate se si guarda ai trasferimenti pro capite. Viene, quindi, confermato l’effetto ambiguo della Pac sulla coesione.
[…] Fra regioni, se si confrontano i trasferimenti pro capite al settore agricolo ed il Pil pro capite si evidenzia una relazione negativa, il che significa che in termini generali la Pac favorisce il processo di convergenza. Questo rapporto è, però, rimasto stabile dal 1989 a dispetto della riforma del 1992, il che indica che la Politica agricola comune non ha intensificato il suo impatto sulla coesione.[…] Stando al Rapporto Sapir […], sommando la Pac e gli altri programmi di spesa interna alla spesa per la politica di coesione, la correlazione fra la spesa comunitaria e i livelli di reddito pro capite (suddividendo la UE in 17 macroregioni) scende da -0,5/0,6 a -0,4 (nel 1991) e a -0,2 (nel 1995 e 2000).
Si noti, in particolare, che le misure di sostegno ai prezzi agiscono in direzione contraria alla coesione, perché si concentrano nelle regioni continentali dell’Europa. Questo per due ragioni: la prima è che in queste aree sono prodotte le commodities che maggiormente beneficiano di queste misure; la seconda è che lì sono localizzate le imprese più grandi che ricevono il sostegno maggiore, in quanto gli aiuti sono legati ai livelli di produzione. L’introduzione dei pagamenti diretti avrebbe dovuto rappresentare una risposta a questi squilibri; in realtà, però, […] non vi è stato alcun significativo mutamento nella distribuzione dei benefici della Pac fra le regioni europee.
Fra le aree che vantano i trasferimenti pro capite più elevati troviamo alcune regioni del Centro-sud della Spagna (Castilla, Estremadura, Aragona), molte regioni greche, alcune francesi tradizionalmente produttrici di cereali, e l’Irlanda. Le regioni dell’Italia meridionale, invece, ricavano benefici piuttosto scarsi." (pp. 86-94).
Questo breve estratto rimarca la mancanza di coerenza fra l’obiettivo della coesione economica e sociale e la PAC, resa ancor più grave sia dalla notevole importanza che questa politica assume in termini finanziari (la PAC assorbe metà del bilancio comunitario) sia dall’impatto prodotto sulle regioni europee che apparirebbe in aperto contrasto con l’obiettivo della coesione. Nell’ottica di una progressiva liberalizzazione degli scambi commerciali a livello mondiale e alla luce degli oneri sopportati dai consumatori e dai cittadini europei, che minano la legittimità stessa degli aiuti all’agricoltura, difendere la PAC, nella sua forma attuale, non è più possibile. Sempre più incalzante ed improrogabile è quindi il bisogno di una profonda riforma che ridistribuisca le risorse assegnate alla PAC a favore di una più ampia politica di sviluppo rurale; una politica, cioè, che punti seriamente ad appianare le differenze fra gli agricoltori e le regioni europee attraverso incentivi alla diversificazione, alla multifunzionalità e alla sostenibilità ambientale.
Riferimenti bibliografici
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Viesti G. e Prota F. (2004), Le politiche regionali dell’Unione Europea, Il Mulino, Bologna