Come andrà a finire? Con un colpo a sorpresa, il Mipaaf ha tirato fuori dal cappello giorni fa una proposta shock: l’Italia come un’unica regione e quindi livellamento dei pagamenti diretti verso la media nazionale. Che coraggio! Viene da dire. Ma ecco le compensazioni: (a) convergenza con il “metodo irlandese”: nessuno perde più del 30% di quanto prendeva prima, chi è sotto al 90% della media cresce di un terzo della differenza tra quello che prendeva e la media stessa, nel 2019 nessuno (se bastano i fondi) avrà meno del 60% della media; (b) greening calcolato in percentuale dei pagamenti diretti percepiti e non quindi flat uguale per tutti; (c) pagamenti accoppiati al massimo (15%) non per obiettivi territoriali, di bio-conservazione o sociali, ma per compensare chi più perde; (d) pagamenti ridistributivi al 5% per evitare ogni riduzione progressiva sopra i 150 mila euro. Un po’ di condimento: soglia di esclusione sotto i 300 euro, adozione del regime piccoli agricoltori, niente dal 1° pilastro alle aree svantaggiate, niente flessibilità tra 1° e 2° pilastro. Il piatto è servito? Non ancora. Resta da decidere se sono agricoltori attivi solo gli Iap, i coltivatori diretti iscritti all’Inps o le imprese della Camera di Commercio. C’è poi forse da aspettarsi qualche compensazione ai perdenti del 1° pilastro sui fondi per i Psr.
La dimostrazione da offrire alle Regioni e ai beneficiari che sarebbero penalizzati è che, in fin dei conti, non perderebbero poi tanto. Perché questo è il tema di fondo: come cambiare lasciando le cose il più possibile come prima? Ci sarà chi dirà che i rapporti di forza non consentono di meglio, che il compromesso è il migliore possibile, che i cambiamenti si fanno un passo alla volta. Campa cavallo!
I politici regionali e i lobbisti di prodotto torneranno a casa contenti. Ciascuno potrà dire di aver guadagnato qualcosa o di aver perso poco. Il nostro compito di ricercatori, però, è quello di valutare se la futura Pac sarà adeguata alle necessità del paese. E la risposta è no. Già i regolamenti di Bruxelles dettavano una soluzione iniqua e inutilmente complessa. L’Italia, se quello sarà il compromesso, si prepara a metterci del suo. Perché qui non emerge una strategia, una visione di futuro dell’agricoltura italiana, ma solo una querelle di condominio, per portare ciascuno più soldi a casa propria. La crisi della politica in Italia, così, è pesantemente pagata anche dall’agricoltura, che rischia di perdere in competitività e in sostenibilità.
Non mancano le energie e le proposte per soluzioni alternative. Lo dimostra questo numero di Agriregionieuropa consistentemente dedicato alla riforma della Pac ed alla sua applicazione in Italia, curato da Maria Rosaria Pupo D’Andrea e da chi scrive questo editoriale. Si tratta di un numero per il quale la comunità scientifica italiana ha compiuto uno sforzo straordinario di analisi e proposta. Attendiamo reazioni e commenti, e offriamo la rivista come sede per ulteriori contributi di approfondimento e valutazione.
Editoriale n.35
Editoriale n.35
Franco Sotte a b
a Università Politecnica delle Marche (UNIVPM), Dipartimento di Scienze Economiche e Sociali
b Associazione Alessandro Bartola (AAB)
b Associazione Alessandro Bartola (AAB)
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