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Introduzione
I negoziati sul Quadro Finanziario Pluriennale 2014-2020 (Qfp) e la riforma della Politica Agricola Comune (Pac) sono proceduti parallelamente, con reciproche interferenze e sovrapposizioni durante tutto il percorso, pur seguendo iter legislativi differenti: una procedura speciale, nel primo caso, e una procedura ordinaria, nel secondo.
L’adozione del regolamento che stabilisce il Qfp 2014-2020 è avvenuta lo scorso 2 dicembre, durante il Consiglio Competitività1. L'atto fissa legalmente i termini alla base dell’accordo politico raggiunto in seno al “trilogo” il 27 giugno 2013 e conferma i massimali concordati in occasione del Consiglio Europeo dell’8 febbraio 2013 (Consiglio Europeo, 2013). Sul lato settoriale, la futura Pac è stata approvata dal Parlamento (Parlamento Europeo, 2013c) e definitivamente ratificata dal Consiglio il 17 dicembre. L'adozione dei relativi regolamenti formalizza l'accordo politico del 26 giugno e quello successivo del 24 settembre, in cui trovarono soluzione alcune questioni di carattere prettamente finanziario, rimaste in precedenza aperte2 (AgraEurope, 2013 p. 1; Parlamento europeo, 2013b; Inea, 2013).
Per la prima volta nella storia dell'UE, un Qfp prevede una diminuzione di risorse rispetto al bilancio del settennio precedente (-3,4% per UE-28 e -5% per UE-27, in termini reali). A fronte di tale andamento dell'intero bilancio comunitario, lo sviluppo rurale evidenzia una contrazione ben più consistente, pari a -10,8 miliardi di euro per l'UE28 (-11%), passando da 95.545 milioni di euro dell'attuale programmazione a 84.936 milioni di euro3 (Parlamento europeo, 2013b; Inea, 2013).
La questione dell’allocazione delle risorse Pac tra Stati membri è stata particolarmente spinosa. Per dipanarla, in seno al Consiglio Europeo si è cercato di raggiungere un equilibrio di massima nella attribuzione per Stato membro, come si evince prendendo contestualmente in considerazione la ripartizione per paese delle risorse del primo e del secondo pilastro (Matthews, 2013; Monteleone e Pierangeli, 2013 p. 66; Parlamento Europeo, 2013 p. 46).
Nell'accordo di febbraio, infatti, sono entrate in extremis delle assegnazioni specifiche che interessano 16 paesi tra cui l'Italia4.
Nell’ambito dello sviluppo rurale, l'Italia riceve per il 2014-2020 un aumento significativo di risorse Feasr rispetto al 2007-2013: da 9.138 a 9.267 milioni di euro a prezzi 2011 (+1,4%) che, a prezzi correnti, corrispondono rispettivamente a 8.986 e a 10.429 milioni di euro (+16%).
L’accordo Stato-Regioni sul riparto nazionale delle risorse Feasr
La fase di riparto delle risorse a livello nazionale è stata altrettanto delicata, anche perché, a differenza di quanto accaduto a livello comunitario, è accompagnata da molte incognite sulle scelte da compiere sul primo pilastro della Pac (in particolare, regionalizzazione e convergenza) che potrebbero incidere sia sull’allocazione territoriale degli aiuti, sia su quella settoriale.
Il raggiungimento dell'accordo sul riparto delle risorse Feasr tra regioni e programmi nazionali per il 2014-2020 - conseguito lo scorso 16 gennaio durante la Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano (Tabella 1) - fissa, quindi, un punto importante per dare definitivamente avvio alla definizione delle strategie dei diversi programmi regionali e nazionali che saranno previsti in questo ciclo di programmazione. Le diverse amministrazioni competenti hanno a questo punto un plafond certo su cui impostare la strategia di sviluppo rurale per il 2014-2020.
Tabella 1 - Allocazione delle risorse Feasr 2014-2020 per i Psr e i programmi nazionali
Fonte: elaborazioni su dati Mipaaf; [link]
Il primo aspetto da evidenziare dell’accordo raggiunto è rappresentato dall'importo complessivo a disposizione del secondo pilastro della Pac: la politica di sviluppo rurale avrà in Italia circa 21 miliardi di euro nel periodo 2014-2020, grazie al cofinanziamento nazionale, garantito dal Ministero dell’economia (per il 70%) e da quello messo a disposizione delle Regioni (per il restante 30%). Come si può osservare dalla tabella, tutte le Regioni potranno programmare i propri Psr con una dotazione maggiore rispetto al 2007-2013.
Questo aspetto acquisisce ancora più rilevanza se si considera che una parte importante delle risorse è stata destinata all’adozione di quattro misure gestite a livello nazionale dal Mipaaf, la cui ricaduta sarà per lo più a valenza territoriale. Fatta eccezione per la Rete rurale nazionale, che prevede azioni di sistema, si tratta di interventi per la “gestione del rischio”, finalizzati al sostegno del sistema assicurativo e alla creazione di fondi mutualistici, di interventi a favore della “biodiversità animale” e di interventi a sostegno delle “infrastrutture irrigue”. A tali misure verranno destinati 2,24 miliardi di euro che rappresentano complessivamente quasi l'11% delle risorse. Su tali interventi il tasso di cofinanziamento Feasr previsto è del 45%. L'abbassamento del cofinanziamento comunitario per tali misure, rispetto al cofinanziamento medio del 50%, ha consentito di incrementare su di esse la partecipazione nazionale e liberare conseguentemente risorse Feasr da destinare ai Psr.
Le risorse assegnate alle regioni ammontano a 18,62 miliardi di euro di spesa pubblica che rappresentano oltre l'89% della dotazione italiana sullo sviluppo rurale e delineano un incremento di risorse del 6% rispetto al periodo 2007-2013. Il nuovo riparto si è basato - in modo prevalente - sul criterio storico di allocazione, a cui sono stati apportati alcuni correttivi, introdotti per tenere conto della diversa capacità di spesa dimostrata dai programmi nella fase 2007–2013. Infatti, la capacità di utilizzazione delle risorse comunitarie nel settore dello sviluppo rurale è molto diversificata tra le Regioni. Tra i correttivi considerati, dunque, vi è in particolare la differenziazione delle percentuali di cofinanziamento comunitario e nazionale. In particolare, si è abbassato il cofinanziamento comunitario per i programmi che hanno dimostrato più efficienza nella spesa e alzato nel caso opposto, mantenendo invariato a livello nazionale il rapporto “uno a uno” complessivo tra quota comunitaria e quota nazionale, con un tasso di cofinanziamento medio del 50%. L'obiettivo dichiarato è stato quello di conseguire un potenziale incremento dell'efficienza di spesa attraverso tassi Feasr diversificati. In questo modo, pur garantendo una maggiore dotazione complessiva a tutte le regioni, si sono create le condizioni per ridurre il rischio di disimpegno automatico o quanto meno per mitigare la necessità di fare ricorso ad una accelerazione della spesa nel mese di dicembre che troppo spesso espone a un peggioramento della qualità delle spesa. Va tenuto conto, infatti, che la programmazione basata su ventuno Psr non consente di effettuare compensazioni finanziarie tra programmi in caso di inefficienze temporanee di alcuni di essi, in virtù del principio del Feasr “un programma, una decisione comunitaria, un impegno di bilancio”. D'altro canto, questa problematica - se non affrontata in fase di riparto delle risorse, avrebbe trovato come unico strumento di mitigazione l’introduzione della regola “n+3” che sostituisce l'attuale "n+2".
Altro principio dell’accordo è rappresentato dall’allineamento della contribuzione regionale, che rappresenterà per tutte le Regioni e Province autonome il 30% della quota pubblica nazionale. Questo ha consentito di omogeneizzare la contribuzione rispetto alla programmazione 2007-2013 (Tabella 2). In quella fase, infatti, con il sovrapporsi di riforme (Health Check e Recovery Package), la possibilità di una diversa contribuzione nazionale per i quattro Assi di intervento (con l'Asse 2 ad esempio totalmente coperto da Feasr e quota nazionale) e gli aggiustamenti progressivi sia di carattere nazionale che comunitario, si era andata realizzandosi una situazione eterogenea, con tassi di contribuzione regionale compresi tra il 5% della Campania e il 34% di Trento.
Tabella 2 - Tassi di cofinanziamento regionale. Confronto per periodi di programmazione
Fonte: elaborazioni su dati Mipaaf; [link]
Oltre agli aspetti finanziari, l’accordo è accompagnato da alcuni punti che confermano l’importanza della politica di sviluppo rurale nel quadro più generale delle politiche di sviluppo territoriale e delle azioni di finanza pubblica del nostro Paese; si tratta di aspetti che potranno incidere significativamente sull’efficienza e sull’efficacia dei Psr e riguardano, in particolare: (a) l’esclusione della quota del cofinanziamento regionale dal computo delle spese che concorrono ai vincoli derivanti dal patto interno di stabilità. Tale opportunità è finalizzata a garantire la possibilità alle Regioni e alle Province autonome di allocare nel proprio bilancio le risorse necessarie al cofinanziamento; (b) la richiesta di istituire un fondo nazionale alimentato da risorse statali per assicurare la copertura dell'Iva, nel caso in cui i regolamenti di attuazione non riconoscessero ammissibile l'Iva non recuperabile per i soggetti pubblici; si tratta di una questione che risponde all’esigenza di garantire il finanziamento dell’Iva in tutti quegli investimenti degli enti locali. Già in questa programmazione, l’impossibilità di cofinanziare l’Iva ha prima ritardato l’attuazione di molti interventi e poi richiesto l’accantonamento di una quota di cofinanziamento regionale a questo fine; (c) la possibilità di destinare alla politica di sviluppo rurale delle risorse finanziarie aggiuntive attraverso il Fondo di Sviluppo e Coesione (ex fondo Fas), per quegli interventi che possono contribuire al raggiungimento di alcuni obiettivi ambientali fissati nell’Accordo di Partenariato.
Sempre nell’accordo sono stati fissati alcuni principi che dovranno accompagnare la programmazione delle 4 misure nazionali:
- la costituzione di gruppi di lavoro ad hoc formati da rappresentanti delle Regioni e Province autonome e rappresentanti del Mipaaf per la definizione dei contenuti strategici e operativi;
- la misura “gestione dei rischi” dovrà prevedere meccanismi e strategie tali da rendere applicabile l’intervento in tutto il territorio nazionale, anche attraverso l’attivazione del “fondo mutualistico” e delle misure di sostegno del reddito in caso di crisi;
- la misura sulla “biodiversità zootecnica” dovrà finanziare le attività nazionali e regionali relative al sostegno delle strutture di supporto al miglioramento genetico, alla raccolta delle informazioni, all’implementazione ed al coordinamento delle banche dati ed ai controlli utili al sistema selettivo, normalmente svolti a livello territoriale, oltre a garantire attraverso open data la disponibilità pubblica dei dati raccolti. Dovrà recepire le linee di intervento finalizzate a una riduzione e ottimizzazione dei costi, in particolare di quelli relativi ai diversi controlli, prevedendo contestualmente la riorganizzazione del sistema delle associazioni degli allevatori anche attraverso la revisione della legge 30/1991. Si dovrà, infine, rispettare il principio di separazione fra le attività di miglioramento della biodiversità, poste a carico nazionale, da quelle di consulenza da attivare a livello regionale. Eventuali attività funzionali al miglioramento genetico non cofinanziabili da parte della misura per vincoli regolamentari saranno poste a carico di linee finanziarie nazionali aggiuntive, nei limiti delle relative disponibilità;
- la misura in favore dell’irrigazione dovrà prevedere interventi connessi alle strutture irrigue e non alla bonifica ambientale in senso lato, in quanto tali interventi non possono essere posti a carico del settore agricolo. Il piano dovrebbe realizzarsi con fonte di finanziamento diversificata tra Sud (fondo per la coesione o piano infrastrutture) e Centro-Nord (misura Feasr con cofinanziamento nazionale al 50%)
- per quanto riguarda la “Rete rurale nazionale”, la definizione delle attività dovrà essere effettuata congiuntamente alle Regioni e alle Province autonome.
Lo sviluppo rurale nell’Accordo di Partenariato
Per quanto rappresenti una tappa fondamentale nel processo di programmazione degli interventi, il riparto delle risorse, fatta eccezione per la quota destinata alle misure nazionali, non permette di fare luce circa i futuri orientamenti strategici che caratterizzeranno i Programmi di sviluppo rurale.
Alcune indicazioni in tal senso possono essere ritrovate nella prima versione dell’Accordo di Partenariato inviata nel mese di dicembre alla Commissione europea per un primo confronto negoziale (Italia, 2013). Dall’Accordo di Partenariato, che in questo ciclo di programmazione rappresenta il documento strategico unitario nazionale che integra l’azione dei diversi Fondi (Fesr, Fse, Feasr e Feamp), emergono alcune prime interessanti scelte.
La prima ipotesi di contributo finanziario agli obiettivi dell’Accordo evidenzia, infatti, come la maggior parte delle risorse dello sviluppo rurale (Feasr) saranno indirizzate, da un lato, al perseguimento della competitività del settore, con oltre 4 miliardi di euro concentrati sull’obiettivo tematico 3 – Competitività Pmi, settore agricolo, pesca e acquacoltura, dall’altro, al perseguimento degli obiettivi ambientali (riduzione delle emissioni, cambiamenti climatici, tutela dell’ambiente e uso efficiente delle risorse), che riceveranno nel complesso circa 4 miliardi di euro dal Feasr (Tabella 3). Peraltro il confronto con gli altri Fondi strutturali evidenzia l’importanza del contributo “agricolo” al raggiungimento di questi ultimi obiettivi.
Tabella 3 - Il contributo dello sviluppo rurale nell’Accordo di Partenariato (milioni di euro)
Fonte: Accordo di Partenariato (versione dicembre 2013)
Meno consistenti, ma comunque significative le risorse destinate all’inclusione sociale che confermano il ruolo dello Feasr nel perseguimento dello sviluppo delle aree rurali attraverso strumenti volti al miglioramento della qualità della vita.
La quota di risorse destinata all’obiettivo tematico 1 (500 milioni di euro), volto alla diffusione e al trasferimento dell’innovazione, segnala l’interesse delle Regioni verso la nuova sfida lanciata dall’Unione europea. Tali risorse vanno peraltro lette in combinazione con quelle destinate all’obiettivo tematico 10, alla luce dell’importanza che gli strumenti di formazione e di consulenza potranno avere nel trasferimento delle innovazioni a livello aziendale.
La distribuzione delle risorse tra gli obiettivi tematici va letta in combinazione con le linee strategiche delineate nell’Accordo di Partenariato per il settore agricolo, forestale e per le aree rurali. Di seguito alcuni passaggi chiave dell’Accordo: (a) Incentivare la ricerca e l’innovazione nei settori agricolo, agro-alimentare e forestale; (b) Incentivare la competitività delle imprese agroalimentari e forestale per la competitività delle stesse, in particolare in termini di sostenibilità ambientale, della qualità e salubrità della produzione, dell’innovazione e della sicurezza del lavoro; (c) Potenziare gli investimenti nelle filiere agroalimentari e forestali con l’obiettivo di generare effetti diffusi sulla vitalità delle imprese e sul miglioramento complessivo della competitività dei territori; (d) Contribuire al contenimento delle emissioni e incentivare la produzione di energie da fonti rinnovabili; (e) Prevenire e mitigare i cambiamenti climatici e il dissesto geologico attraverso interventi sulle risorse agroambientali e su quelle idriche; (f) Valorizzare il patrimonio naturalistico, paesaggistico e culturale delle aree rurali; (g) Facilitare la diversificazione delle attività economiche delle aree rurali e la creazione di nuove imprese e di posti di lavoro; (h) Incentivare l’agricoltura sociale e le attività a carattere sociale delle imprese agricole.
L’Accordo di Partenariato rappresenta, ovviamente, la base di partenza per la definizione dei Psr, per la stesura dei quali è fondamentale sia la condivisione con il partenariato regionale, sia la soluzione di alcuni aspetti operativi. Sul primo aspetto, tutte le Regioni hanno avviato il confronto e il dibattito sulle priorità regionali procede serrato. Per quanto riguarda gli aspetti operativi, Mipaaf e Regioni hanno istituito alcuni gruppi di lavoro finalizzati all’individuazione di soluzioni comuni.
Tra questi, grande attenzione viene riservata ai lavori per la classificazione delle aree rurali, che ha richiesto un aggiornamento che tenesse conto della naturale evoluzione delle aree. Rimane fermo, comunque, il principio che l’individuazione delle diverse tipologie di aree rurali in una regione deve essere finalizzata all’individuazione delle priorità territoriali e non alla zonizzazione degli interventi.
Fortemente connessa agli aspetti relativi alla definizione delle priorità territoriali è la riflessione sulle modalità di implementazione della nuova iniziativa di sviluppo locale integrato definita Common Led Local Development (Clld), che sulla base dell’esperienza Leader mira a favorire l’azione integrata con i Fondi strutturali.
In tema di integrazione e innovazione, molto intensa è la discussione relativa alle modalità di implementazione della strategia per l’innovazione e, in particolare, le riflessioni relative alle modalità attuative per l’identificazione e la gestione dei gruppi operativi per l’innovazione.
Passando alle tematiche ambientali, particolarmente interessanti sono i lavori relativi alla misurabilità e controllabilità degli impegni e quelli relativi alle modalità di calcolo dei premi e delle indennità. Altrettanto rilevante è la discussione per un framework forestale nazionale volto a uniformare la strategia delle Regioni, individuare più efficaci strumenti di intervento e, ove necessario, notificare regimi di aiuto nazionali.
Infine, molto importante è la discussione sulla capacità amministrativa alla ricerca di prassi di eccellenza che possano essere standardizzate e trasferite a tutte le amministrazioni al fine di rendere i processi di attuazione dei programmi più efficienti.
Alla luce dell’allocazione delle risorse e di quanto delineato nell’Accordo di Partenariato è evidente che il 2014 rappresenterà un anno cruciale per dare piena operatività ai Psr e ai programmi nazionali entro il 2015. Questo richiede ovviamente il rispetto di tempi ormai stretti: dall’invio della versione consolidata l’Accordo di Partenariato alla Commissione entro aprile, alla notifica dei programmi entro l’estate, in modo che la decisione comunitaria sugli stessi possa arrivare entro l’anno o, al più tardi, nei primi mesi del 2015.
Va tenuto, comunque, in considerazione che il 2014 rappresenterà un anno di transizione, non solo per la contestuale chiusura dei programmi in corso. Infatti, la riforma della politica agricola entrerà pienamente e definitivamente in vigore dal 1 gennaio 2015, anziché 2014 come previsto nella proposta iniziale della Commissione di ottobre 2011. Per il 2014 sono state previste misure transitorie al fine di consentire agli Stati membri di definire le proprie scelte sia sul fronte dei pagamenti diretti del primo pilastro che su quello della politica di sviluppo rurale. Strategia nazionale e strategia regionale in materia di agricoltura e sviluppo rurale risultano più che mai interconnesse; non solo per gli strumenti messi a disposizione dai nuovi regolamenti (si pensi ad esempio alla flessibilità tra pilastri, prevista all'articolo 14 del regolamento (UE) n. 1307/2013, che consente lo spostamento di risorse tra il primo e il secondo pilastro entro certi limiti5), ma anche per le ricadute territoriali e settoriali che alcune scelte sul primo pilastro (quali convergenza interna del pagamento di base, greening, sostegno accoppiato, per citarne alcune) potranno determinare e su cui andrà compiuta una attenta valutazione nella definizione della strategia dei programmi di sviluppo rurale.
Riferimenti bibliografici
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- 1. Council of the European Union (2013), Council regulation laying down the multiannual financial framework for the years 2014-2020, Brussels, 25 November 2013 (11791/7/13).
- 2. Si tratta di questioni legate a: livellamento/degressività dei pagamenti diretti, convergenza esterna, flessibilità tra pilastri della Pac, oltre ai tassi di cofinanziamento nello sviluppo rurale su cui il Parlamento aveva reclamato “il rispetto dei [propri] poteri legislativi” fissati dal Trattato di Lisbona Punto 5 della Risoluzione del Parlamento europeo del 3 luglio 2013.
- 3. Il massimale 2007-2013 è al netto di assistenza tecnica, modulazione volontaria e importi non spesi di cui all'art. 136 Reg. (CE) n. 73/2009. Il massimale 2014-2020 è al netto di assistenza tecnica. Fonte: Inea (2013) su dati Consiglio Europeo (2013), Commissione Europea (2012a), Parlamento Europeo e Consiglio (2011), Pierangeli (2013).
- 4. Oltre all’Italia (con 1.500 milioni di euro), le assegnazioni specifiche interessano: Austria (700 milioni di euro), Francia (1.000), Irlanda (100), Lussemburgo (20), Malta (32), Lituania (100), Lettonia (67), Estonia (50), Svezia (150), Portogallo (500), Cipro (7), Spagna (500), Belgio (80), Slovenia (150) e Finlandia (600).
- 5. Opzione questa della flessibilità di cui l'Italia non si avvarrà almeno per il 2014 essendo scaduti i tempi per la comunicazione. Ad ogni modo lo Stato membro potrà rivedere questa scelta entro il primo agosto 2014.