Introduzione1
Il ruolo degli acquisti pubblici a sostegno del raggiungimento di obiettivi di sostenibilità è al centro di un dibattito più ampio sul ruolo delle istituzioni pubbliche nella società, specie in una fase di profondo cambiamento. L’approvvigionamento di beni alimentari rientra in questo ambito e si collega a molti temi, dalla salute pubblica alla integrazione sociale, dal consumo sostenibile alle implicazioni ambientali fino alla promozione di prodotti delle località (Galli et al., 2012). Nel caso del cibo il dibattito sui diversi approcci, paternalistici o liberisti, che le politiche possono seguire è cruciale per i possibili impatti sulla salute umana e sulla sostenibilità. Il volume di cibo scambiato negli appalti pubblici ha un peso assai rilevante nel commercio complessivo, motivo per cui il modo in cui gli appalti pubblici nella ristorazione collettiva (scuole e ospedali, università, case di cura, carceri, ecc ) sono gestiti, rappresenta una sfida e un'opportunità per la promozione pubblica di pratiche di sostenibilità ambientale e sociale. Ripensare gli appalti pubblici del cibo implica, però, la transizione nelle scelte del settore pubblico con implicazioni profonde sul modo in cui sono orientati, strutturati, gestiti e monitorati i servizi delle amministrazioni.
Tradizionalmente, nel dibattito sugli appalti pubblici, la ristorazione scolastica ha una risonanza maggiore rispetto ad altri servizi di ristorazione pubblica, sia per le implicazioni sul sistema produttivo sia per gli esiti potenziali sull'educazione dei minori al consumo sostenibile. L’interesse per il cibo nella scuola è andato crescendo anche per il diffondersi di abitudini alimentari non salutari nella popolazione dei minori e per l’aumento delle patologie correlate e dei conseguenti impatti sull’equità sociale e sul sistema sanitario pubblico (Aranceta, 2003). Queste preoccupazioni hanno stimolato la definizione di nuove sensibilità e relazioni tra il settore pubblico, acquirente e consumatore di prodotti alimentari, la catena di fornitura alimentare, gli utenti finali, ovvero, i bambini, le loro famiglie e la società civile in generale (Otsuki, 2011). Così, il Farm to School (Fts), un movimento popolare negli Stati Uniti rappresentato da una rete che comprende una pluralità di attori, dallo stato federale ai governi locali fino ai singoli istituti scolastici (Conner et al., 2011) facilita la condivisione delle responsabilità in tema di scelte alimentari con la comunità. In questo come in altri programmi, l’approvvigionamento di alimenti di provenienza locale, a basso impatto ambientale e con scarsi residui, rappresenta una strategia ricorrente, spesso associata a programmi educativi (es. gli orti scolastici) sulle qualità organolettiche e nutrizionali degli alimenti, nonché, sulle tradizioni e le abitudini culinarie. Programmi come il Fts tendono a facilitare la nascita di collaborazioni e di partnership estese tra attori pubblici, privati, famiglie e società civile, e la riformulazione di nuove modalità di gestione, anche commerciale, della catena di approvvigionamento alimentare delle scuole, fino alla nascita di nuove soluzioni di raccordo tra la ristorazione collettiva pubblica, i fornitori locali e le stesse imprese agricole del territorio in una prospettiva di salute e sostenibilità.
Il presente contributo illustra con un caso di studio il ruolo delle partnership pubblico-private per la promozione del servizio di ristorazione scolastica sostenibile, attingendo dalla teoria della co-produzione (Ostrom, 1996; Cahn, 2011). La realizzazione della co-produzione di servizi pubblici basata sulla crescente e reciproca relazione tra professionisti, utenti dei servizi e famiglie, favorisce la mobilizzazione di risorse locali e rappresenta fattore di innovazione sociale. Il caso di studio è incentrato sul sistema della ristorazione scolastica nel comune di Pisa e sui processi di transizione avviati dal punto di vista tecnico e istituzionale.
Co-produzione del servizio di refezione scolastica
Negli ultimi 40 anni, sono divenuti progressivamente più evidenti i limiti del welfare state nell’affrontare le disuguaglianze, gestire una domanda crescente di servizi con risorse in diminuzione, e affrontare le sfide legate al crescente degrado ambientale. Questa pressione si è scaricata in modo evidente sui comuni, sempre più spinti verso la ricerca di possibili soluzioni innovative. A essere in crisi, però, appare la netta demarcazione di confini tra il ruolo dell’agire pubblico e quello del privato, specie dove i campi di intervento dell’uno e dell’altro attore, appaiono fortemente compenetrati.
Il campo della produzione e del consumo di cibo è uno di questi, perché lega insieme il tema della produzione agro-alimentare, portata avanti prevalentemente dagli attori privati per il tramite del mercato, con quelli che sono gli esiti pubblici dei modelli alimentari, in termini di equità, accessibilità, salute, sostenibilità, ambientale e sociale. Proprio i molteplici risvolti pubblici legati al cibo, hanno portato negli ultimi anni a guardare l’interazione possibile tra attori pubblici e privati in modo diverso e, per certi versi innovativo e di maggiore compenetrazione delle modalità di decisione e gestione. In questa direzione, nel dibattito pubblico e nel tentativo di trovare utili soluzioni, è andata crescendo l’attenzione sui temi della sussidiarietà e della co-produzione.
La co-produzione riguarda la partecipazione diretta dei cittadini nella progettazione e fornitura di servizi di pertinenza dell’attore pubblico. Il principio di co-produzione si lega alla sussidiarietà dell'azione pubblica nel sostenere la partecipazione responsabile di azioni di soggetti privati per la creazione di valore e innovazione (Mariani e Cavenago, 2013; Berkes, 2009; Borzaga e Defourny, 2001). In effetti, l'idea che i consumatori svolgano un ruolo importante nella produzione di servizi pubblici risale agli anni ‘70, e ha generato notevole interesse negli anni ‘80 con i primi tentativi di definire con rigore il concetto (Brudney e England, 1983; Ostrom 1990). Il tema della co-produzione e della sussidiarietà trovano risvolti applicativi in molti campi dell’agire, tra questi, anche quello dell’educazione.
Quella dei servizi educativi, infatti, è una particolare forma di co-produzione (Porter, 2012; p.149) che riguarda due applicazioni del concetto:
- nel primo, la co-produzione dei servizi educativi si realizza attraverso il contributo degli insegnanti e degli studenti nella partecipazione attiva ai processi di apprendimento;
- il secondo, invece, riguarda l’impatto derivante dai contributi di genitori, coetanei, organizzazioni della società civile e media in termini di aggiunta o sottrazione di valore quanti-qualitativa dei servizi educativi.
Anche nei servizi di refezione scolastica si possono attivare rapporti più o meno profondi di co-produzione per il tramite dell’interazione tra tre sfere di azione: i cittadini (gli utenti del servizio), gli attori pubblici (che organizzano, talvolta gestiscono ed erogano il servizio) e il mercato (che fornisce il servizio sulla base di un contratto di appalto). Un nesso fondamentale si determina nell'ora di pranzo a scuola fra studenti, insegnanti e il personale della società di ristorazione collettiva incaricata di preparare e servire il pasto, dove l’esito principale è dato dal tipo di consumo che si registra, per quantità e qualità. Al di là della preparazione materiale dei pasti da parte del personale, gli insegnanti (soprattutto nelle scuole pre-primarie e primarie) svolgono un ruolo guida dei bambini a pranzo. Quando la co-produzione non si realizza a questo livello, il pranzo cessa di essere un'esperienza educativa, che si riflette negativamente sui livelli di rifiuti alimentari e sulla qualità del processo alimentare con le sue implicazioni educative e nutrizionali per i minori.
Altri fattori esterni hanno comunque un impatto sul servizio mensa scolastica, sebbene si tratti di fattori poco considerati in termini sociali ed economici. Il contributo più importante deriva da genitori che, nella sfera privata, condizionano il comportamento dei bambini nei confronti del cibo. Parimenti, associazioni, organizzazioni della società civile e dei media impegnati in questioni alimentari esercitano una loro influenza tutt’altro che trascurabile.
Nella sfera pubblica, il Comune definisce le caratteristiche del servizio, commissionandolo sulla base di un contratto. L'autorità sanitaria locale è responsabile per l'applicazione delle norme di sicurezza alimentare, che hanno un forte effetto sul modo in cui il servizio è prestato.
L’organizzazione della co-produzione nei servizi di refezione, quindi, si realizza tramite la costruzione innovativa di rapporti tra i genitori, l’amministrazione pubblica, i gestori dei servizi di catering e, talvolta, i fornitori. Questo secondo tipo co-produzione trova un luogo di realizzazione all’interno di nuove arene di confronto, tra cui, come mostrato nel caso di studio, la Commissione Mensa (CM). La CM è un organismo non obbligatorio che consente ai diversi attori, tra cui i genitori, di impegnarsi attivamente per la fornitura del servizio pasti. Nelle commissioni mensa l’interazione riguarda non solo lo scambio di punti di vista rispetto al processo da attivare nelle diverse fasi della filiera di ristorazione scolastica - dalla pianificazione, alla gestione, al monitoraggio e alla valutazione - ma riguarda anche la condivisione di risorse. Mentre è più evidente il contributo delle autorità pubbliche (in termini di responsabilità ed erogazione di risorse umane e materiali) e dei gestori (per l’organizzazione e gestione del servizio), appare spesso nascosto, sebbene cruciale, il ruolo delle famiglie. Queste, infatti, contribuiscono al servizio con risorse proprie, oltre che in termini di spesa, anche nell’uso del proprio tempo nei processi partecipativi, sebbene la quantificazione del loro apporto rimanga spesso in ombra. La CM di fatto, rappresenta un’innovazione istituzionale volta a favorire la co-produzione del servizio di ristorazione scolastica consentendo di realizzare l’interazione tra le diverse parti interessate nella prospettiva dell’innovazione e della sostenibilità.
La CM rappresenta un mezzo istituzionale per la partecipazione e la responsabilizzazione degli attori che ha acquisito nel tempo un ruolo centrale nel plasmare questo servizio di ristorazione scolastica. La partecipazione istituzionalizzata di tutti gli attori all'interno delle CM può essere assimilato ad una forma di governance collaborativa, che porta attori pubblici e privati insieme con gli enti pubblici impegnati nella decisione consensuale orientata all’innovazione che favorisce uno spostamento verso pratiche più sostenibili nel servizio di ristorazione scolastica al fine di promuovere abitudini alimentari più sostenibili, entro e oltre i confini dell’istituzione scolastica.
La co-produzione del servizio di refezione scolastica a Pisa: il ruolo delle Commissioni Mensa
L’attenzione alla refezione scolastica ha mosso i primi passi negli anni ’70 quando i servizi scolastici hanno ampliato la loro fascia oraria a supporto delle famiglie, dalla mattina al pomeriggio e, di conseguenza, introducendo il pasto a scuola. Il servizio di refezione è assicurato dal gestore, normalmente le autorità municipali, il quale può agire in modo diverso: dalla gestione diretta, fino alla gestione completamente indiretta tramite appalti e l’esercizio del controllo sul rispetto dei requisiti di bando. Nel tempo, la forma dell’appalto ha finito per prevalere sulla gestione diretta, secondo un processo comune ad altri Paesi dell’Europa. Oggi circa il 15% dei comuni esercita la gestione diretta sebbene si manifestino timidi segni di controtendenza (Bio Bank, 2012). In Italia, le attenzioni al ruolo pubblico nella promozione di scelte di sostenibilità data gli anni ’80 quando furono varate le prime norme volte a favorire la diffusione dei prodotti biologici nelle mense scolastiche (Morgan e Sonnino 2005; 2007). Da queste prime esperienze, le attenzioni hanno progressivamente riguardato stagionalità e legame territoriale dei prodotti. A livello nazionale dal 2010 sono state fissate delle linee guida (Ministero della Salute, 2010) per la gestione dei servizi di refezione scolastica con l’attenzione al miglioramento delle qualità nutrizionali e sensoriali degli alimenti anche in ottemperanza alle specifiche esigenze dei fruitori e delle loro età. La Regione Toscana ha svolto un ruolo anticipatore nelle scelte sul cibo, agendo non solo nell’ambito della refezione scolastica ma, più in generale, promuovendo approcci attenti alla qualità e alla salubrità degli alimenti e del loro consumo, e ai possibili risvolti culturali ed identitari, promuovendo ed incentivando, anche con ricorso alle politiche di sviluppo rurale, l’affermarsi di filiere corte, mercati di vendita diretta e progetti con le scuole, anche in accordo con le Associazioni di categoria del mondo agricolo e contribuendo a generare un ambiente di scelta plurale, aperto alla possibilità di sperimentare soluzioni e interazioni innovative tra una pluralità di attori pubblici e privati presenti nel territorio regionale. Da parte sua, la Regione Toscana, ha adottato le linee guida nazionali impostando un proprio documento di supporto tecnico alle decisioni assunte a livello comunale (Supplemento al Bollettino Ufficiale della Regione Toscana n. 2 del 12.1.2011), specificando una pluralità di aspetti che vanno dalle modalità di formulazione dei criteri di bando, ai requisiti nella composizione dei menù (anche con riferimento alla stagionalità dei prodotti e al loro ottenimento con tecniche biologiche, alla loro provenienza dal territorio – entro i confini regionali- e l’approvvigionamento mirato all’introduzione di prodotti del territorio –Dop, Igp- o del commercio equo, riducendo la presenza di cibi altamente calorici e con attenzione ai temi delle intolleranze alimentari e delle preferenze culturali). Accanto a questi aspetti, sono tenuti in considerazione aspetti legati alla qualità degli ambienti nei quali il pasto viene consumato e ai processi di monitoraggio e valutazione dei processi di ristorazione, anche in funzione della riduzione degli sprechi alimentari. A seguito di queste azioni, e con il crescere delle sensibilità in materia di alimentazione dei minori, molti comuni hanno iniziato a sperimentare formule innovative di gestione dei propri servizi di refezione scolastica, in molti casi costruendo nuove relazioni con i produttori locali.
Tra gli altri Comuni, anche quello di Pisa ha iniziato a dotarsi di una propria strategia innovativa di lavoro nel campo delle mense scolastiche. I suoi servizi coprono 41 scuole per un totale di 3200 minori che vengono serviti giornalmente dei pasti con una spesa complessiva di circa 4 milioni di euro ogni anno, sostenuti per il 40% dal Comune e per la restante parte dai famigliari in accordo con l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (Isee). Il servizio è gestito in appalto per il tramite di bandi pubblici comunitari. L’attuale gestore è impegnato per un contratto di 16 milioni di € per il periodo 2011/15 che lo impegna sulla base di tre criteri di valutazione delle offerte: gestione del servizio (60%), prezzo (35%) e progetti di qualità (5%). In termini logistici due terzi dei pasti sono realizzati in una cucina centralizzata posta a 20 minuti dalla città, mentre la restante parte viene preparata in una seconda cucina centralizzata situata a pochi chilometri dal centro città e nelle 17 cucine delle scuole materne. La decisione per le cucine centralizzate, assunta in passato, condiziona oggi la logistica di fornitura dei pasti, così come la qualità del processo di preparazione. Peraltro la costruzione di una seconda cucina centralizzata è stata legata all’acquisizione del bando, condizionando la selezione a favore di attori capaci di sostenere tale investimento.
All’interno di questo scenario iniziale, il Comune ha avviato, più di recente, un processo di innalzamento nell’attenzione alla qualità della refezione scolastica e nei confronti degli esiti educativi e di salute ad essa collegati adottando processi decisionali capaci di coinvolgere , all’interno delle CM, i principali attori coinvolti: l’autorità municipale chiamata a gestire e predisporre i requisiti di bando per l’appalto del contratto; le imprese di catering interessate alla gestione del servizio mensa; gli insegnanti e del personale delle scuole coinvolto nella gestione dei servizi di refezione; i bambini e le loro famiglie in qualità di fruitori dei servizi, le autorità sanitarie locali deputate al controllo delle caratteristiche nutrizionali e igienico-sanitarie dei pasti assicurati. Le CM è stata stabilita volontariamente nel 1999 in anticipo rispetto alle raccomandazioni nazionali e regionali ed è composta da rappresentanze degli attori sopra indicati. La CM opera nella mediazione tra aspetti economici, sociali e ambientali, individuando soluzioni di miglioramento rispetto alle condizioni di partenza e alle sollecitazioni portate al loro interno dai membri. Nel tempo, il processo di miglioramento nel funzionamento della CM ha avuto tre conseguenze particolari:
- la costituzione di una “giunta esecutiva" formata da sei genitori motivati a sostenere il presidente (l’assessore) nella gestione delle attività e delle relazioni con il resto dei membri, nonché a portare azioni e progetti specifici all'attenzione delle riunioni plenarie;
- l’iniziale ripartizione poco chiara dei ruoli e la non formalizzazione delle relazioni tra i partecipanti del Comitato Mensa ha avuto un punto di svolta con l'approvazione di un vero e proprio disciplinare che definisse competenze e ruoli, indicazioni sulle funzioni , composizione e termini di nomina . Questo è allo stesso tempo una risultante del riconoscimento della rilevanza della commissione e una condizione per il corretto funzionamento in futuro;
- il coinvolgimento di interlocutori esterni, tra cui soggetti di ricerca o associazioni di rappresentanza di specifiche categorie di interlocutori (ad esempio i consumatori, i celiaci, ecc.), la cui autorevolezza è servita ad arricchire di spunti e a introdurre chiarezza nella discussione.
In figura 1 è schematizzato il processo di decisione della CM di Pisa e il modo in cui la co-produzione prende forma.
Figura 1 - Coinvolgimento degli attori nelle macro-fasi della filiera
La CM agisce nella pianificazione nella gestione e nel monitoraggio dei servizi di refezione affrontando, di volta in volta, anche i problemi che emergono dal punto di vista nutrizionale, della gestione dei processi, nel consumo degli alimenti, nella valutazione dei menù dal punto di vista della composizione e della qualità, del loro gusto, della coerenza con i requisiti di bando del grado di soddisfazione degli utenti. Questo processo, nel tempo, è stato facilitato dall’adozione di strumenti informatici di supporto al trasferimento delle informazioni rispetto a ricette e forniture, ma anche per la raccolta di suggerimenti e reclami. Ovviamente centrale nel funzionamento delle CM è la fiducia reciproca che si instaura tra i componenti e la disponibilità al confronto e all’ascolto. Per questo la gestione delle CM è aspetto tutt’altro che trascurabile rispetto agli esiti conseguiti. In particolare, i genitori svolgono un ruolo diretto nello svolgimento della funzione di controllo, contribuiscono alla definizione del contratto che lega il ristoratore responsabile del servizio di ristorazione scolastica e ha un forte impatto sui flussi di comunicazione che si verificano all'interno del sistema. La tabella 1 fornisce una sintesi degli apporti delle famiglie in termini di tempo speso nella gestione dei diversi lavori della CM (non solo il confronto, ma anche il monitoraggio per un ammontare di tempo stimabile pari a circa 15.000 €, che equivale a circa il compenso netto annuo percepito da un impiegato amministrativo part time) a supporto dell’azione pubblica. Questa attività, chiaramente, non è remunerata dai comuni, ma fornisce una stima del contributo che i privati forniscono alla qualità dell’erogazione del servizio comunale.
Tabella 1 - Valutazione delle risorse gratuite apportate dai genitori (A.S. 2012/2013)
* no. di schede di controllo pubblicate sul sito
** il blog è gratuito
*** costo orario medio impiegato amministrativo
Fonte: nostre elaborazioni
Alla luce del caso di studio, tra i principali esiti di cui CM è stata protagonista nel caso di Pisa, possiamo osservare:
- una crescente attenzione agli aspetti educativi dei servizi di refezione scolastica emersi nel corso del confronto tra i diversi interlocutori ed introduzione di progetti innovativi (tra cui gli orti scolastici);
- una migliorata capacità organizzativa e di confronto, mediante il passaggio da un clima assembleare, spesso poco produttivo, al coinvolgimento di genitori motivati (la giunta esecutiva). Ciò ha contribuito a ridurre il conflitto, favorendo da un lato i genitori interessati a limitare la propria partecipazione alle mansioni di valutazione del servizio, e dall’altro lasciando spazio ai genitori più interessati a sperimentare nuovi modi di riqualificazione del servizio stesso;
- la traduzione dei contributi delle discussioni nella formulazione di nuovi criteri di bando per l’assegnazione dell’appalto pubblico (ad es. lo snack di frutta come merenda o l’introduzione graduale di approvvigionamenti da filiera corta), ma anche, in corso d’opera la partecipazione del soggetto appaltante alla introduzione progressiva di criteri di innovazione (ad esempio nella selezione di alcuni alimenti da introdurre nel menu o l’approvvigionamento presso alcuni produttori locali);
- la sostituzione dell’acqua minerale con acqua in caraffa, anche a fronte di un costo leggermente più elevato di quest’ultima;
- l’introduzione di cibo proveniente dai terreni confiscati alla mafia;
- la sperimentazione del piatto unico bilanciato, al fine di ridurre sprechi (che si riscontrano particolarmente elevati sul secondo piatto) assicurando il corretto apporto nutritivo;
- la pubblicazione sul sito del comune di suggerimenti nutrizionali per le famiglie per il pasto serale in coerenza con l’alimentazione ricevuta a scuola a pranzo e a merenda.
Ovviamente si tratta di esiti che hanno richiesto, spesso, processi di profonda negoziazione, all’interno della CM, ma anche con i genitori tutti e nell’interazione in classe tra insegnanti e discenti. Un processo in continuo divenire che, però riporta al centro del confronto plurale la tematica del cibo nelle sue molteplici implicazioni e ricadute e che getta le basi per un approccio di consapevolezza rispetto alle scelte alimentari, nella scuola, ma, più in generale, nelle famiglie e sul territorio. L’esperienza della CM di Pisa è tuttora in corso e volta per volta definisce nuove sfide di lavoro e nuovi momenti e modalità di confronto.
Considerazioni conclusive
Il presente contributo afferma che la co-produzione gioca un ruolo centrale nella persecuzione di obiettivi di sostenibilità della refezione scolastica. Partendo dalla teoria della co-produzione nei servizi educativi, e dal principio che il pasto è un momento educativo a tutti gli effetti, abbiamo svolto una riflessione sul nesso che avviene tra gli utenti dei servizi, professionisti e operatori del mercato e gli input necessari per attivare la produzione di cooperazione in servizio di ristorazione scolastica.
Il caso di studio sul servizio mensa scolastica a Pisa si dimostra efficace nel mostrare come la co-produzione dei servizi di ristorazione scolastica avvenga in diverse fasi della filiera di ristorazione. Il nesso fondamentale tra studenti, insegnanti e professionisti della ristorazione è sostenuto e rafforzato da una più ampia attività di co-produzione che si svolge tra i soggetti pubblici, operatori del mercato e dei genitori all'interno delle Commissioni Mensa. Processi di co-produzione nel servizio di ristorazione scolastica si svolgono attraverso un accordo che disciplina il modo in cui l'autorità pubblica si impegna direttamente con soggetti non pubblici in un processo decisionale collettivo che viene formalizzato, orientato al consenso e deliberativo e che mira a creare o implementare ordine pubblico o il gestore di programmi pubblici o attività (Ansell e Gash, 2007). Trovare una coerenza tra gli obiettivi degli attori talvolta in contrapposizione rappresenta un processo continuo in cui il dialogo, la costruzione della fiducia e lo sviluppo di impegno e comprensione condivisa sono cruciali. Essi hanno un costo in termini di tempo il cui risvolto si manifesta in una riduzione dei costi di transizione nell’adozione di processi e progetti di innovazione.
Co-produzione derivante dall'integrazione di risorse gratuite e a pagamento è una condizione per un miglioramento del welfare, anche in conseguenza dell'impossibilità della pubblica amministrazione a rispondere da sola alla richiesta di cambiamento che emerge dalla società civile. In realtà, il pranzo a scuola è paradigmatico del funzionamento del sistema scolastico e delle potenzialità del collegamento con le famiglia, ma fornisce indicazioni più ampie di come, intorno al cibo, il tema della co-produzione possa consentire processi di lenta ma efficace transizione in vista di un miglior controllo ed una maggiore sostenibilità.
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- 1. Una versione più approfondita in inglese di questo articolo è stata recentemente pubblicata. Si veda Galli, F.; Brunori, G.; Di Iacovo, F.; Innocenti, S. Co-Producing Sustainability: Involving Parents and Civil Society in the Governance of School Meal Services. A Case Study from Pisa, Italy. Sustainability 2014, 6, 1643-1666.