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Alcune considerazioni introduttive1
Questo articolo si occupa del tema dell’agricoltura familiare in Polonia, analizzandone la storia e lo stato attuale. Tuttavia, riteniamo che tale approfondimento richieda due passaggi preliminari, ossia considerare il contesto, includendo alcuni elementi riguardanti l’agricoltura familiare nei paesi dell’Europa Centro-Orientale, e analizzare la storia di un particolare percorso di sviluppo, quello della Polonia.
Guardando alla storia del periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale, lo sviluppo agricolo in Polonia sembra essere stato piuttosto eccezionale rispetto ad alcuni processi di modernizzazione agricola in Europa. Nella parte Occidentale del continente si possono osservare processi di decontadinizzazione, che mostrano la trasformazione da aziende contadine più tradizionali a moderne imprese familiari e che hanno permesso al sociologo francese Henri Mendras (1970, 1976) di sostenere la tesi della “fine della classe contadina” come risultato della “imprenditorializzazione”. Un processo similare di modernizzazione è avvenuto nella parte orientale del continente nella cornice della politica di collettivizzazione, per cui le aziende contadine furono costrette ad integrarsi in aziende collettive - seguendo il modello sovietico già introdotto verso la fine degli anni ‘20 e gli inizi degli anni ‘30. In tale contesto, la Polonia rimase un caso eccezionale che non sperimentò né l’imprenditorializzazione di tipo occidentale né la modernizzazione collettivizza del blocco sovietico poiché una a maggioranza significativa delle aziende polacche rimase nelle mani dei privati e cominciò a funzionare nell’economia di libero mercato.
Il contesto: l’agricoltura familiare nell’Europa Centrale
La storia moderna dell’Europa rurale centro-orientale è certamente la storia dell’agricoltura post-contadina, ossia dal processo che va dalla collettivizzazione sotto il comunismo all’imprenditorializzazione dopo il 1989. Diversamente dal percorso dell’Europa occidentale, le piccole aziende familiari hanno sperimentato la coesistenza con alcune grandi aziende agricole, di proprietà di membri dell’aristocrazia dominante e, in misura minore, della piccola nobiltà. In Polonia, nel tardo XVI e nel XVII secolo, i processi del cambiamento agricolo e rurale hanno portato alla formazione di grandi proprietà all’interno del sistema della servitù della gleba. Processi similari possono anche essere osservati nelle società dell’Europa Centrale.
Quindi sui cambiamenti della struttura agraria in paesi come la Repubblica Ceca, l’Estonia, l’Ungheria, la Slovacchia e anche la Lituania, la Romania e la Bulgaria, uno studioso potrebbe esprimere un’ovvia osservazione: “L’agricoltura familiare che è il modello di produzione predominante nella maggior parte delle economie di mercato dell’Unione europea avrebbe dovuto emergere rapidamente nei paesi in transizione (…). Contrariamente alle aspettative, comunque, le grandi aziende continuano a predominare (…)” (Manuel, 2015: 80; si veda anche: Swain, 1993, 2013). Perché tutto ciò? L’autore (Manuel) afferma che questo sembra essere il risultato di una dipendenza che rileva un modello immutabile in molti paesi dell’Europa centro-orientale, ossia il dualismo agrario strutturale. Le tabelle di seguito mostrano le principali caratteristiche di questo fenomeno.
Tabella 1 - Grandi aziende agricole nei nuovi stati membri dell’UE nel 2011
Rls – Reddito Lordo Standard: misura la produzione o la dimensione aziendale di un’azienda agricola
Ula – Unità di lavoro annuo: corrisponde al lavoro condotto da una persona che è occupata a tempo pieno in un’azienda agricola
Fonte: Maurel (2015: 83)
Tabella 2 - Piccole aziende nei nuovi stati membri dell’UE nel 2007 (valori percentuali)
Sau – Superficie Agricola Utilizzata: è la superficie complessiva occupata da seminativi, pascoli permanenti, colture permanenti e orti utilizzati dall'azienda
Ude – Unità di Dimensione Europea Unità di misura della dimensione economica di un'azienda agricola dove 1 Ude = 1.200 € di Rls dell’azienda (tipologia comunitaria delle aziende agricole – (Decisione della Commissione 85/377 / Cee)
Fonte: Maurel (2015: 85)
Sulla base di questi dati l’autore formula diverse considerazioni generali riguardanti la questione della famiglia agricola nel contesto dei paesi dell’Europa centro-orientale (Eco). Da un lato, la famiglia agricola sembra essere un anello debole nell’agricoltura post-collettivistica (Maurel, 2015: 81), dal momento che una significativa maggioranza di aziende agricole nei paesi in esame manca di alcune caratteristiche (es. lavoro, valori, ecc.) del modello della azienda familiare, per come descritto in alcuni documenti dell'Unione Europea (si veda: Davidova, Thomson, 2014). Dall’altro lato, questi documenti sottolineano le diversità del fenomeno delle aziende familiari concentrandosi sulla dimensione delle aziende, sui lavori full e/o part time, sui diversi stili che vanno dall’agricoltura hobbistica a quella di tipo imprenditoriale, sui rapporti di proprietà, sui modelli mentali e anche sui contesti istituzionali. Come risultato di queste relazioni, nei paesi Eco possono essere identificati tre diversi modelli agricoli. Come Maurel (2015: 86) evidenzia: “Nuove differenze strutturali sono apparse tra sistemi agricoli basati su un alto livello di concentrazione della terra e sull’utilizzo del lavoro salariato, e su sistemi agricoli con una duplice configurazione che combina il lavoro familiare e quello non familiare. Ciò è evidente nell’agricoltura ceca, in cui le aziende agricole sono per la maggior parte di dimensione molto grande, nell’agricoltura ungherese, in cui le dimensioni aziendali sono più diverse e nell’agricoltura lituana in cui le aziende familiari piccole e medie sono le più numerose”. Recentemente (dopo l’adesione all’UE nel 2004), la ristrutturazione agraria ha anche portato a diversi cambiamenti nei paesi menzionati. Come Maurel (2015: 87) sostiene: “Nella repubblica ceca, il revival della famiglia agricola è stato un fenomeno limitato, mentre in Ungheria ed in Lituania la rimodulazione delle strutture agrarie ha visto l’emergere di piccole aziende familiari e di un numero limitato di aziende di medie dimensioni a conduzione individuale o familiare".
Quali sono le ragioni di tali sviluppi nei paesi post-comunisti? Prima di tutto il fattore principale sembra essere connesso alla situazione generale in certi paesi. Nonostante la cornice comune del socialismo di stato (di tipo sovietico), possono essere rilevate alcune varianti significative, riguardanti i vari ruoli delle attività sociali indipendenti, non controllate dal partito di stato (vedi: Ekiert, 1996). Quindi i vari percorsi di cambiamento istituzionale e anche di modelli mentali hanno svolto diversi ruoli in diversi paesi. Maurel (2015:88-89) sottolinea l’emergere di vari atteggiamenti verso l’agricoltura privata/familiare nel periodo iniziale delle trasformazioni post-comuniste. Una tale diversità di contesti istituzionali e mentali è riflessa nei diversi percorsi di cambiamento relativi ai rapporti della proprietà terriera (si veda : tabella 3)
Tabella 3 - Procedure per la privatizzazione di terreni e di beni
Fonte: Maurel (2015: 91)
Tuttavia, nonostante tutti questi diversi elementi riportati nella tabella di cui sopra, si potrebbe osservare il processo definito come il “lento consolidamento” dell'agricoltura familiare nel periodo post-comunista (Maurel, 2015: 94-102). Ancora, come risultato di questo processo, possiamo osservare il dominio delle grandi aziende agricole nella Repubblica Ceca che, rappresentando quasi il 20% del numero totale di aziende agricole, possiedono circa il 90% della terra coltivabile. A loro volta, le aziende più piccole (0-2 ha), che rappresentano il 10% del numero totale di aziende agricole, possiedono soltanto circa l’1% della terra coltivabile. In Ungheria, la nuova divisione tra aziende grandi e piccole può essere altrettanto visibile. L’ampio numero di aziende agricole molto piccole (0-2 ha), che rappresenta la maggioranza delle aziende (quasi l’80%), possiede soltanto il 3% della terra coltivabile. A sua volta, un numero molto piccolo (1-2 %) di aziende molto grandi (100 ettari e più) possiede circa il 65% della terra coltivabile. Allo stesso tempo, possiamo osservare che in Lituania il livello di concentrazione della terra non è così elevato come nella Repubblica Ceca e in Ungheria, poiché le piccole aziende agricole (0-2 ha) che rappresentano più del 15% di tutte le aziende agricole possiede soltanto il 3% della terra coltivabile, mentre le aziende agricole molto grandi (100 ha e più) che rappresentano circa il 3% di tutte le aziende possiedono il 41% della terra coltivabile. Quindi la Lituania può essere collocata in una posizione intermedia tra il caso ceco e quello ungherese.
Un tale processo ha bisogno di essere spiegato in qualche modo. Secondo Maurel (2015: 99) esso deriva dalla tradizione contadina, che sembra essere estremamente importante "(...) nell’(...)Europa Centrale e poi è stata ulteriormente integrata nell'organizzazione delle parcelle ausiliarie2durante la collettivizzazione". Vale la pena sottolineare che il ruolo di tali parcelle è stato più importante in Ungheria e in Lituania che nella Repubblica Ceca. Nel caso dell'Ungheria, il ruolo di tali piani è stato presentato come il risultato di una politica economica più liberale che è stata adottata insieme con un mix di politiche più rigide rispetto a questioni ideologiche e politiche, derivanti dalla repressione della rivolta anti-sovietica nell’autunno del 1956 (Manchin, Szelenyi, 1985; Szelenyi, 1988). In Lituania, che durante il periodo comunista era una parte dello Stato sovietico - diversamente dall'Ungheria e dalla Repubblica Ceca (Cecoslovacchia a quel tempo) che erano formalmente stati sovrani - all’interno del Blocco sovietico, il ruolo delle parcelle ausiliarie deriva dalle politiche agricole di tipo sovietico che si sono prodotte durante il periodo di de-stalinizzazione tra la fine degli anni ’50 e gli inizi degli anni ‘60 (Wadekin, 1982). Le parcelle ausiliarie hanno guadagnato una posizione più importante facendo il confronto con la Repubblica Ceca (parte occidentale della Cecoslovacchia a quel tempo) dove la collettivizzazione è stata completata più tardi (nei primi anni ’60) e quindi hanno probabilmente raggiunto lo status di un’organizzazione agricola di tipo più economico rispetto ad altri paesi comunisti. L'agricoltura ceca aveva anche un’occupazione molto più bassa nel settore rispetto all’l'Ungheria, alla Lituania, alla Polonia e ad altri paesi dell'Europa orientale.
Tali tendenze durante il periodo comunista hanno portato a una diversificazione dopo la svolta politica negli anni 1989/1990. Come Maurel (2015: 87) sottolinea: "La ristrutturazione agraria aveva preso percorsi diversi. Nella Repubblica Ceca, la rinascita dell'agricoltura familiare è stata limitata, mentre in Ungheria e in Lituania, il rimodellamento delle strutture agrarie ha visto la nascita di piccole aziende familiari e di un numero limitato di aziende di medie dimensioni a conduzione individuale o familiare". Tuttavia, è opportuno sottolineare che tali differenze e/o varietà sono il risultato di alcuni contesti. Bisogna ricordare che i contesti dei rapporti istituzionali, mentali e anche quelli della proprietà sembrano aver svolto un ruolo decisivo. Il primo sembra essere correlato principalmente alla riduzione degli inquadramenti istituzionali collettivi che iniziò ad operare come conseguenza immediata della svolta politica del 1989. A sua volta, il significato dei modelli mentali percepiti (vedi in particolare: Maurel, 2015: 88) come una sorta di dipendenza è stato molto più complesso per i cambiamenti economici e sociali dopo il 1989. Non siamo così certi se le spiegazioni date nell’articolo citato (vedi di nuovo: Maurel, 2015) possano essere sufficienti. Gli autori sottolineano il ruolo della incapacità riconosciuta a far fronte al tipo di realtà nuova post-collettivista con i suoi accenti sulla proprietà individuale e la necessità di operare nei giochi del libero mercato. Anche senza mettere del tutto in discussione questo tipo di ragionamento, ci piacerebbe aggiungere qualcosa di più.
Vogliamo sottolineare che ci sono stati alcuni fattori aggiuntivi derivanti dai vari percorsi di rinascita delle aziende agricole familiari nei paesi considerati. Nel caso dell'Ungheria, dobbiamo sottolineare ancora una volta le già citate politiche economiche relativamente liberali che hanno aiutato molti agricoltori ungheresi a rimanere sulle cosiddette orbite di parcheggio (si veda: Manchin e Szelenyi, 1985) durante il periodo di economia collettivizzata soprattutto negli anni 70 e 80. Nel caso della Lituania, il ruolo della tradizione pre-sovietica dell’azienda familiare è sembrato essere un fattore decisivo di fronte all'oppressione diretta derivante dall'economia collettivizzata di tipo sovietico attuata dopo la Seconda Guerra Mondiale. A sua volta, nella Repubblica Ceca la situazione è sembrata essere un po’ diversa. Le grandi aziende agricole stabilite come parte della politica di collettivizzazione agricola sembravano essere, almeno in parte, coerenti con una forte modernizzazione dell'economia ceca nel periodo pre-guerra che l'ha portata a diventare la più avanzata economia industriale tra quelle dell'Europa centrale. Pertanto, il processo di cambiamento dei rapporti di proprietà ha dato risultati visibilmente diversi nei tre paesi considerati. Nella Repubblica Ceca si vede ancora il predominio delle grandi aziende agricole (eredi di quelle collettive). In Ungheria una nuova divisione tra aziende grandi e piccole è diventata abbastanza percepibile. Ancora, in Lituania si può osservare il predominio dell'azienda familiare come un modello rigenerato (come: Maurel, 2015: 94-99).
Una domanda dovrebbe essere posta giusto adesso: che cosa accade nei processi di consolidamento delle aziende familiari in questi paesi dopo l’1 maggio 2004, ossia la data di adesione all’Unione europea? Come Maurel (2015 : 100) sostiene: "Durante il 2000 l’imminente sfida di diventare membri dell'UE richiese che le strutture agricole si adattassero un'altra volta alle nuove regole economiche e sociali. L’implementazione degli strumenti della Pac causò il rallentamento del processo di consolidamento delle piccole e medie aziende familiari". Come risultato di questi processi, la presenza di aziende di piccole dimensioni (meno di 2 ha) così come di quelle che ricevono meno di € 500 all'anno risulta piuttosto diversificata nei paesi dell’Eco (si veda tabella 4).
Tabella 4 - Livelli minimi per i pagamenti diretti da parte degli Stati Membri dell’UE
Storia delle aziende familiari/contadine in Polonia
Come abbiamo scritto prima, la storia delle aziende contadine in Polonia sembra essere piuttosto peculiare nel contesto degli altri paesi dell’Eco. “La Polonia è stata atipica tra i paesi sotto il comunismo in quanto ha mantenuto almeno due enclave relativamente autonome: la Chiesa Cattolica Romana e l’azienda familiare contadina. Nel 1989, quando vennero indette le prime elezioni democratiche dalla Seconda Guerra Mondiale, il settore privato conteneva poco più di 2 milioni di aziende a conduzione familiare, comprendente circa il 76 % dei terreni agricoli polacchi. A quel tempo, il settore socializzato consisteva in quasi 1,000 aziende statali (...) e circa 2.200 aziende collettive (...). Le aziende di Stato detenevano circa il 20 % della terra coltivabile disponibile e le aziende collettive circa il 4 %. Il privato e il socializzato differivano molto in termini di dimensioni. La maggior parte delle aziende familiari/private (circa il 35 %) erano tra i 2 e 5 ettari e soltanto il 6 % aveva più di 15 ettari di terreno coltivabile. La dimensione media delle aziende a conduzione familiare era, rispettivamente, di circa 7 ettari, mentre quella delle aziende statali e collettive erano rispettivamente di poco più di 4000 ettari e circa 350 ettari" (Gorlach, Mooney, 1998: 261). Ciò è derivato dalle politiche agricole comuniste di lungo termine che erano a vantaggio sia delle aziende agricole statali che di quelle collettive per fornire loro i mezzi di produzione, nonché misure finanziarie più favorevoli, come sgravi fiscali e crediti a buon mercato.
Al fine di spiegare l’importanza delle aziende private/familiari in Polonia nel 1989 si deve guardare attraverso l’intera storia dei rapporti, in questo particolare Paese, tra aziende statali e contadine dopo la Seconda Guerra mondiale. Questa storia potrebbe essere divisa in alcuni periodi importanti. In ciascuno di essi, le relazioni tra le politiche statali e le reazioni dei contadini/agricoltori hanno causato determinati tipi di dominazione e reazioni di contrappeso. Dunque, una tale storia potrebbe essere inquadrata come l’arte del processo di sopravvivenza sulla base dell’affermazione ben nota secondo cui: "Le relazioni di dominazione sono, allo stesso tempo, relazioni di resistenza" (Scott, 1990: 45). Quindi potremmo indicare due periodi principali delle relazioni di cui si è detto sopra.
Il primo periodo potrebbe essere incentrato sugli sforzi politici per la formazione delle fattorie collettive. Tuttavia, a causa del cambiamento del contesto politico, i risultati di questi sforzi sono stati opposti rispetto a quelli previsti. Come abbiamo sottolineato: "La pretenziosa e ancora traballante condizione delle basi del "movimento" cooperativo fu chiaramente rivelata dalla quasi istantanea disintegrazione della maggior parte delle cooperative dopo l’ottobre 1956 [importante svolta a quel tempo, ad esempio, l'inizio del processo di de-stalinizzazione]. Delle diecimila cooperative [ad esempio le fattorie collettive] (...) ottomila cessarono di esistere molto presto "(Gorlach 1989: 25). Vale la pena di sottolineare che tale corso degli eventi ha rafforzato l'idea di azienda familiare, con i suoi valori insostituibili, tra i contadini polacchi. Tale idea ha funzionato altrettanto nei decenni successivi.
Tuttavia, l'inizio dell'era della de-stalinizzazione non ha significato il completo cambiamento delle politiche ostili contro l'agricoltura familiare. Come abbiamo già sottolineato: "Le esitazioni e le ambiguità nella politica agricola degli anni ‘60 e ‘70 sono più facili da comprendere come il risultato di due forze contraddittorie. In primo luogo, le autorità avevano bisogno di garantire l'approvvigionamento alimentare che non poteva garantirsi se l'agricoltura collettiva fosse stata completamente attuata. Dall’altra parte, le autorità non abbandonarono mai la loro visione dell'agricoltura collettiva" (Gorlach, Mooney 1998: 266). Il risultato di una tale politica è stata l'idea di "aumentare la produzione nel settore contadino, senza lo sviluppo del settore" (Kuczynski, 1981: 47). Tendenze simili nelle politiche agricole possono essere visibili anche negli anni ‘80. Come Korboński (1990: 274) afferma, la politica delle autorità comuniste verso l’agricoltura contadina sembrava essere quella del “bastone e della carota", descritta altrove come la "tolleranza repressiva" (vedi anche: Gorlach 1989: 31-32). Questo significa che hanno cercato "(...) di seguire la via dei loro predecessori che hanno realizzato la nostra riforma agraria negli anni 1944-45 per privare i loro avversari del sostegno dei contadini" (Gorlach, Mooney, 1998: 269). Come Korboński (1990: 273), dice: "Il documento mostra che a partire dalla dichiarazione della legge marziale, il generale Jaruzelski si è impegnato in un’aperta trattativa con i contadini. A fronte di una aperta ostilità da parte degli operai e degli intellettuali, il nuovo leader non ebbe altra scelta se non quella di rivolgersi a un segmento della società polacca che non manifestava una ostilità assoluta alla sua politica. Così, nel corso del 1982 e del 1983 la collera del Governo fu diretta principalmente contro gli operai e gli intellettuali, e il regime chiaramente cercò di ingraziarsi i contadini". Pertanto, negli anni ‘80 si può osservare il lento aumento del numero di aziende (al di sopra dei 15 ettari), nonché un forte aumento del trasferimento di terreni agricoli da parte del Fondo Statale per la Terra al settore delle aziende familiari. Inoltre il riconoscimento della proprietà di famiglia in agricoltura come una componente equivalente alla proprietà statale e collettiva è stato inserito nella costituzione della Repubblica Popolare di Polonia nel 1983 (il nome della Polonia comunista, a quel tempo). Tuttavia, allo stesso tempo si possono osservare alcune tendenze contro l’imprenditorializzazione di tipo occidentale su vasta scala delle proprietà contadine. Come abbiamo sottolineato: "Nel 1984 e nel 1985 l’ammontare di terreni agricoli trasferito dal Fondo Statale per la Terra al settore contadino è diminuito significativamente [rispetto agli anni 1982 e 1983]. (...) L’utilizzo molto meno intenso di fertilizzanti nelle singole aziende agricole, nonché il rilascio di piccoli quantitativi di mangimi di qualità al settore contadino da parte delle agenzie di stato divennero anche una parte del quadro agricolo nella metà degli anni 80" (Gorlach, Mooney, 1998: 270).
I cambiamenti nelle aziende familiari nel periodo di transizione
Guardando ai cambiamenti e al funzionamento attuale delle aziende familiari in Polonia, si deve sottolineare il ruolo della storia profonda e le circostanze attuali. La storia è stata descritta nella parte sopra presentata, con un forte accento sull’esperienza fallita della collettivizzazione e sulle aspettative disattese della modernizzazione di tipo occidentale (imprenditorializzazione). Come Halamska (2015: 112-114) ha affermato, ciò è dovuto all'esperienza della collettivizzazione arrestata, fortemente connessa alla modernizzazione rallentata. Quindi il passaggio del 1989 potrebbe essere chiamato come una transizione dal sistema di tolleranza repressiva al regime di libertà oppressiva (Gorlach, Serega, 1993).
Le aziende agricole in Polonia dopo il 1989 sono state condizionate da alcuni fondamentali processi sociali ed economici derivanti dalle politiche intraprese basate sul concetto di libero mercato e il coinvolgimento ridotto dello Stato. Il ritiro del sostegno dello stato verso le aziende statali ha prodotto un crollo piuttosto rapido di una consistente maggioranza di esse. Nel 1989, la struttura della superficie agricola polacca era la seguente: il 19,7% apparteneva al settore pubblico e l’80,3% al settore privato. Nel 2013: soltanto l'1,8% era del settore pubblico e il 98,2% del settore privato (Gus 2014:66). Nel 1996: "La superficie del terreno agricolo nelle aziende del settore pubblico è diminuita di ben il 64%, e la loro percentuale nell’utilizzo totale della terra agricola dal 18,9% al 7,0%” (Dzun, 2014: 20).
Inoltre, si può osservare la significativa diminuzione della forza lavoro impiegata in agricoltura. Nel 2003 più del 18% della forza lavoro era ancora impiegata in agricoltura, mentre nel 2012 la percentuale è scesa a poco più del 12. Pur considerando soltanto gli abitanti delle aree rurali, la percentuale di coloro che lavorano in agricoltura raggiungeva nel 2003 più del 43%, mentre quasi dieci anni dopo, è scesa a meno del 30% (Halamska, 2015: 119 ).
Allo stesso tempo, si possono anche osservare importanti processi di ristrutturazione tra le aziende a conduzione familiare. Il primo riguarda la rapida diminuzione del numero delle aziende agricole, che è stata ancora più rapida nel periodo 2003-2013 rispetto a quello precedente (1990-2002). Potremmo poi fare riferimento cosiddetta dualizzazione dell'agricoltura familiare in Polonia. Guardando infatti al declino del numero totale delle aziende agricole, dobbiamo sottolineare l’inversione di tendenza tra le aziende agricole con più di 15 ettari di terreno coltivabile (si veda la tabella 5).
Tabella 5 - Il cambiamento nella struttura delle aziende agricole private superiori a 1 ha
Fonte: Halamska (2015: 119)
Tale tendenza si riflette anche in direzioni divergenti verso la commercializzazione. Le aziende agricole orientate al mercato sono state più evidenti tra quelle più grandi, che sono anche molto più orientate verso la vendita dei loro prodotti direttamente all'industria di trasformazione alimentare (Sikorska 2013: 39). Allo stesso tempo, le aziende agricole in Polonia hanno mostrato due diverse "strategie familiari". Le piccole aziende chiamate come “quasi-contadine” sono caratterizzate dall’avere piccoli appezzamenti di terreno, con una produzione non così intensiva ma allo stesso tempo non disponibili a vendere il terreno. Vi si può vedere una più forte presenza di donne e di persone anziane tra i loro operatori; 1/3 di tali operatori agricoli è stato sostituito nell’ultima decade. Ciò potrebbe significare che tali aziende agricole sono state parte di strategie familiari incentrate su una sicurezza economica e su alcuni benefici sociali. Al contrario, tra gli operatori delle aziende agricole più grandi possiamo vedere più maschi, meglio istruiti e professionalmente preparati per la gestione delle imprese agricole. Queste aziende agricole (con più di 15 ha) si sono più focalizzate sulla produzione destinata al mercato di massa e si sono ammodernate utilizzando risorse provenienti dalla politiche europee. In questo caso, le strategie familiari si sono concentrate sulle aziende agricole come fonte principale di reddito e come uno strumento per massimizzare i profitti (Halamska, 2015: 125).
Conclusioni
Il periodo comunista non ha determinato uno stesso tipo di agricoltura efficiente nei paesi comunisti. Va sottolineato che, nonostante un simile quadro politico, i paesi comunisti hanno mostrato diverse peculiarità culturali e nazionali. In questo contesto, dobbiamo far riferimento ai casi dell'agricoltura sia in Polonia che in Jugoslavia che possono essere considerate come eccezioni non perseguenti le politiche di collettivizzazione di tipo sovietico. Potrebbe essere abbastanza facile spiegare il caso Jugoslavia poiché il paese non è stato un membro del Blocco Sovietico. Ancora, il paese comunista ha goduto di una politica sia interna che estera abbastanza indipendente dopo la Seconda Guerra mondiale. Tuttavia, il caso della Polonia sembra essere piuttosto diverso.
La Polonia è stato un membro del Blocco Sovietico, nonché un importante membro del Patto di Varsavia, collocato sulla direzione strategica militare verso l'Occidente. E ancora le politiche agricole e rurali di tipo sovietico sono sembrate non aver funzionato in questo Paese. Dobbiamo sottolineare che dopo il tentativo diretto di collettivizzazione con l'uso pesante della pressione politica e amministrativa verso la fine degli anni ‘40 e gli inizi degli anni ’50, gli agricoltori polacchi tornarono alle aziende di famiglia nella seconda metà degli anni ‘50 sotto il processo di de-stalinizzazione. Successivamente sono state condotte politiche di collettivizzazione più sottili, e cioè: la cosiddetta "crescita senza sviluppo", negli anni ’60, così come la pressione per la distribuzione della terra per scopi sociali nella seconda metà degli anni ‘70 (Gorlach 1989; Gorlach e Mooney, 1998). Tali politiche, che possono essere chiamate come una '"tolleranza repressiva'", provocarono le reazioni degli agricoltori che fecero ricorso alla loro ricca e lunga tradizione contadina nonché al forte sostegno della Chiesa Cattolica Romana. Va inoltre sottolineato che le politiche anti-contadine da parte delle autorità comuniste in Polonia sono state (nel periodo post-Stalinista) piuttosto modeste se messe a confronto con altri paesi vicini. Usando una famosa espressione di James C. Scott (1990) sulla dominazione e l'arte della resistenza, potremmo dire che gli agricoltori polacchi hanno sviluppato arti per la sopravvivenza di successo durante il periodo comunista.
Dopo la svolta politica negli anni 1989-‘90, alcune differenze sembrano essere evidenti in virtù di alcune caratteristiche culturali dei contadini così come di alcune politiche rurali implementate da certi paesi comunisti. Pertanto l’eccezione della Polonia sembra essere ancora più visibile perché la maggioranza delle aziende agricole è rimasta in mani private (della famiglia), a causa della partita giocata con le autorità comuniste, come è stato sopra descritto. Dopo la svolta degli anni 1989/90, si possono evidenziare due periodi diversi della storia dell'agricoltura della Polonia. Il primo (1989 - 2003) può essere considerato come una sorta di esperimento “liberale” e di “misure di austerità” che ha determinato il contesto della cosiddetta "libertà oppressiva" per le aziende familiari post-contadine nel paese (Gorlach 1993 ). Il secondo (dopo l’1 maggio 2004) può essere valutato come l'impatto delle Politiche Agricole e Rurali Comunitarie. Ciò si è tradotto nella diversificazione delle aziende agricole polacche in piccole unità che ricorrono anche a lavori extra-agricoli da parte di membri familiari e in aziende agricole di tipo intensivo, industriale, come è stato illustrato nelle tabelle precedenti.
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- 1. Il testo è stato tradotto da Giuseppe Gargano (CREA). La versione originale, in lingua inglese, è consultabile sul sito di Agriregionieuropa [link].
- 2. Le parcelle ausiliarie rimasero come piccoli appezzamenti di terreno posseduti e controllati dalle famiglie agricole aderenti alle fattorie collettivizzate. Le famiglie potevano decidere cosa produrvi.