Premessa
Da oltre un ventennio è emerso il ruolo crescente della conduzione al femminile nell’agricoltura italiana. I dati rilevati nel Censimento dell’Agricoltura del 2010 confermano l’elevato indice di femminilizzazione delle aziende (poco più del 30%)1, ma con superfici inferiori alla media, occupando soltanto un quinto della Sau totale, senza consistenti differenze rispetto alla rilevazione censuaria precedente.
Le aziende in rosa si consolidano quindi numericamente, rappresentando ormai un aspetto strutturale nel mondo agricolo italiano, mentre non aumentano ancora le loro dimensioni. È dunque necessario analizzarne più approfonditamente le dinamiche aziendali e territoriali, non solo per comprendere i loro punti di forza e i molti ostacoli che incontrano sul loro cammino, ma anche per valutare quale potrebbe essere in futuro il loro ruolo nei differenti contesti rurali. Un’indagine coordinata da Barberis per l’Istat (2013) sull’evoluzione della presenza delle donne nell’agricoltura italiana, mette in luce come le donne siano passate da un ruolo di semplici coadiuvanti negli anni Cinquanta e Sessanta, in quanto mogli o altre componenti femminili del nucleo familiare, quasi sempre invisibili nella rilevazioni statistiche, a co-conduttrici (anche se senza un riconoscimento giuridico) negli anni Settanta quando gli uomini hanno optato il lavoro extraziendale, fino ad arrivare ora ad un ruolo imprenditoriale.
La nostra indagine parte da alcuni paradigmi:
- in media la conduzione al femminile è connotata da una minore redditività aziendale. Secondo Barberis le aziende in rosa sono le più “povere” e le meno efficienti nello scenario italiano, non solo per le minori superfici aziendali, ma soprattutto per la loro redditività per giornata lavorata, che l’indagine equipara all’efficienza, che risulta nettamente inferiore a quella dei conduttori maschi (213 Euro rispetto a 143);
- nelle analisi aggregate la conduzione al femminile è spesso legata ad una maggiore presenza di contoterzismo, cioè alla scelta di impegnarsi nella conduzione, delegando ad apporti esterni larga parte delle attività aziendali, il che sembra significare una loro minore presenza negli ordinamenti altamente intensivi di lavoro;
- su un altro versante il ruolo delle donne è definito come fondamentale in un’agricoltura sostenibile sia nella letteratura internazionale, sia in quella italiana (San Lorenzo, 2011), consentendo il mantenimento della diversificazione negli scenari rurali.
Da queste assunzioni sorgono alcuni quesiti:
- Le aziende al femminile sono sempre e ovunque le meno efficienti?
- Le minori superfici aziendali sono frutto di una scelta, in quanto le donne preferiscono non rischiare o invece le donne incontrano alcuni ostacoli nell’ampliamento aziendale, quali ad esempio il ricorso al credito o l’accesso ai finanziamenti previsti nei Piani Regionali di Sviluppo?
Per contribuire a un maggiore approfondimento delle dinamiche in atto nelle aziende in rosa, che rappresentano una quota rilevante dell’universo agricolo italiano, questa indagine è condotta a livello territoriale, utilizzando le informazioni del Censimento dell’agricoltura del 2010 a livello provinciale e considerando le differenti aree altimetriche.
Uno sguardo di insieme e alcune note metodologiche
Prima di analizzare il ruolo della conduzione al femminile nelle differenti circoscrizioni del Paese, può essere utile fornire alcuni cenni sullo scenario nazionale, in base alla collocazione delle unità pianura, collina e montagna. Le aziende in rosa, oltre 497 mila e quasi 2,7 milioni di ettari di Sau, ricadono per la maggior parte in collina (54%), e in minor misura in pianura (29%) (Tabella 1).
Tabella 1 – Aziende e Sau per zona altimetrica
Fonte: Istat VI Censimento dell'agricoltura, elaborazioni degli autori
Le loro dimensioni medie presentano un divario di -33% rispetto al totale comprensivo di uomini e donne, differenza che aumenta soprattutto in pianura (-41%) e diminuisce soltanto in collina (-27%). Se l’analisi si sposta sulla produttività media a ettaro (3031 Euro e -21% rispetto al totale), il divario più consistente si rileva in pianura, mentre cala sensibilmente in collina (-11%) e in montagna (-7%), anche se in quest’ultimo caso la modesta produttività non solo delle aziende al femminile non consente di raggiungere elevati redditi (Tabella 2).
Tabella 2 – Sau e Produzione standard per zona altimetrica (valori medi)
Fonte: Istat VI Censimento dell'agricoltura, elaborazioni degli autori
È in base alle classi di dimensione economica che emergono le considerazioni più interessanti (Tabella 3). Nella nostra indagine si è ripresa la classificazione adottata nella stratificazione delle aziende italiane (Montresor, Pecci, 2013). In particolare sono state definite:
- residenziali le unità fino a 2000 Euro di Produzione Standard (PS);
- accessorie quelle da 2000 a 15000 Euro;
- aziende familiari di piccole dimensioni da 15000 a 500000 Euro;
- imprese familiari tra 50000 a 100000 Euro; (e) imprese di grandi dimensioni quelle superiori a 100000 Euro.
La comparazione delle produttività unitaria tra le aziende in rosa e quelle totali, comprensive di uomini e donne, è stata effettuata per comprendere il loro livello di efficienza all’interno di ciascun strato.
La produttività a ettaro della conduzione femminile supera la media dello strato in collina soprattutto nelle imprese familiari (quasi +11%) e in quelle di più ampie dimensioni (+8%). Si tratta di circa l’8% della superficie utile della collina italiana e questa percentuale aumenterà, come vedremo, in alcune aree del Paese.
Tabella 3 – Aziende per dimensione economica e per zona altimetrica
Fonte: Istat VI Censimento dell'agricoltura, elaborazioni degli autori
Questi pochi dati consentono di sfatare alcune considerazioni emerse nella ricerca. La prima è che la definizione di minore efficienza delle aziende al femminile in base al reddito per giornata lavorata, così come risulta nella ricerca coordinata da Barberis, non trova riscontro se l’indagine è condotta a livello territoriale, dove emergono aziende efficienti, anche se con minori superfici rispetto alla media del totle delle aziende. La seconda è che la presenza di una conduzione femminile è spesso legata a ordinamenti altamente intensivi di lavoro, quali sono quelli collinari, il che spiega anche il divario se l’indicatore utilizzato è quello del reddito per giornata lavorata. Diventa dunque interessante comprendere come si sviluppano le dinamiche delle aziende in rosa nei singoli territori.
Le dinamiche territoriali
Il Nord Ovest
Le indagini sulle dinamiche strutturali e agricole non possono prescindere dallo scenario in cui le aziende si collocano. Nel Nord Ovest il mondo rurale presenta alcune peculiarità. Da un lato il sentiero di sviluppo dell'agricoltura, soprattutto in pianura, è tracciato dal rilevante peso delle aziende di più grandi dimensioni con la conseguente maggiore concentrazione produttiva ed economica; dall'altro le più ampie dimensioni e la maggiore efficienza sono alla base di una agricoltura monoattiva, in maggior misura rispetto al resto del paese (Montresor, 2000).
L’indice di femminilizzazione (26%) diminuisce rispetto alla media nazionale, ma decresce soprattutto l’incidenza delle superfici condotte (appena 14%). Oltre il 60% di queste aziende si colloca al disotto dei 10 ettari di superficie utile. Diverso è lo scenario in base alle zone altimetriche. In pianura diminuisce non solo il numero delle aziende al femminile, ma soprattutto il peso delle superfici utili (appena 10,8%), mentre in collina e soprattutto in montagna il ruolo della conduzione femminile aumenta, con quasi un quinto della Sau. Tuttavia la superficie media aziendale (7,8 ettari), anche se la più elevata rispetto alla media nazionale, è nettamente inferiore a quella regionale (-46%) e questo divario si mantiene in tutte le zone altimetriche.
Tabella 4 - Nord Ovest: aziende con capoazienda donna per dimensione economica
* Percentuale riferita allo strato
Fonte: Istat VI Censimento dell'agricoltura, elaborazioni degli autori
Tabella 5 - Nord Ovest: aziende con capoazienda donna per classe di età
* Percentuale riferita allo strato
Fonte: Istat VI Censimento dell'agricoltura, elaborazioni degli autori
Sotto un profilo economico il divario nella produttività media delle aziende al femminile dipende in larga misura dalle aziende di pianura, mentre in collina la differenza è meno consistente (89%) e addirittura in montagna è superiore (+6%), anche se si tratta di unità con una modesta produttività per ettaro (appena il 29% rispetto al dato regionale).
Se l’analisi si sposta sulle classi di dimensione economica (Tabella 4), oltre il 66% delle aziende al femminile sono residenziali e accessorie; i modesti redditi agricoli integrano spesso i trasferimenti sociali, come risulterà dall’età dei capoazienda, o in sporadici casi da altri redditi. Interessante è però l’analisi della produttività a ettaro nei differenti contesti rispetto allo strato di appartenenza. Mentre in pianura la redditività delle aziende al femminile cala consistentemente in quelle più ricche (-21%), in collina è sensibilmente più elevata soprattutto nelle imprese familiari e in quelle più ricche (in media +28%). Le medesime considerazioni, pur con alcune differenze, emergono anche nelle aree montane, ma, data la modesta produttività, le conduttrici raggiungono redditi irrisori.
Le conduzioni anziane (superiori ai 59 anni) sono inferiori a quanto si rileva nel resto del territorio italiano (43%), mentre si allineano all’indice di invecchiamento regionale (Tabella 5). La presenza di giovani donne (circa un quarto dei giovani conduttori) è maggiore nelle aree collinari e montane rispetto alla pianura2 e le loro dimensioni aziendali presentano il massimo scarto soprattutto in pianura (-49%), dove però raggiungono livelli di efficienza superiori alle altre conduzioni femminili. In collina dove la produttività a ettaro presenta una modesta differenza rispetto alla media (-5%), spiccano i risultati dalle conduttrici comprese tra i 40 e 59 anni (+ 4%), quasi a significare che la maggior esperienza consente di raggiungere elevati livelli di efficienza.
Il Nord Est
Se un'analisi esaustiva delle dinamiche aziendali non può essere affrontata senza tenere presente il contesto socioeconomico in cui l'agricoltura si colloca, ciò assume un particolare significato nel Nord Est, dove più intensi sono stati i processi di industrializzazione diffusa a propulsione endogena, di cui il settore primario è stato una forte componente attiva. Il modello di sviluppo del Nord Est è contrassegnato dalla forte presenza di pluriattività, la più elevata nello scenario nazionale (Montresor, 2000), che può essere considerata come caratteristica strutturale e indipendente dalle dimensioni fisiche ed economiche. Le logiche familiari che hanno sotteso e sottendono tuttora le attività agricole, con un’ampia diffusione di unità di più piccola dimensione fisica ed economica rispetto al resto del Nord, non sembrano destinate a mutare radicalmente il mondo rurale, che rappresenta in misura sempre più crescente uno spazio di urbanizzazione.
L’indice di femminilizzazione è il più basso nello scenario nazionale: 23% delle unità e quasi 15% della Sau. A differenza delle altre regioni settentrionali l’incidenza della conduzione femminile aumenta in pianura e in collina, mentre diminuisce in misura consistente in montagna. Le aziende rosa hanno a disposizione superfici aziendali inferiori alla media (appena 6,3 ettari), ma in misura inferiore a quanto si rileva nel resto del nord (-37%). La loro produttività (4618 Euro e 82% rispetto alla media regionale) decresce in pianura (76%), mentre aumenta sensibilmente in collina (91%)
Se si considerano le classi di dimensione economica (Tabella 6), ben il 73% delle aziende al femminile sono residenziali e accessorie, con una Produzione Standard inferiore ai 15000 Euro. Mentre in pianura i risultati si allineano alla media di ciascun strato, è soprattutto nelle aree collinari, in cui le donne raggiungono i risultati migliori nelle imprese familiari e in quelle di più ampia dimensione. In montagna dove la produttività a ettaro è nettamente inferiore alla media regionale (-48%), le aziende rosa presentano risultati ancora inferiori, evidenziando che siamo di fronte ad unità di piccole e piccolissime dimensioni, spesso condotte da donne anziane, come risulterà successivamente.
Tabella 6 - Nord Est: aziende con capoazienda donna per dimensione economica
* Percentuale riferita allo strato
Fonte: Istat VI Censimento dell'agricoltura, elaborazioni degli autori
Tabella 7 - Nord Est: aziende con capoazienda donna per classe di età
* Percentuale riferita allo strato
Fonte: Istat VI Censimento dell'agricoltura, elaborazioni degli autori
Se si considera l’età delle capoazienda (Tabella 7), quasi il 58% delle aziende al femminile (in misura superiore rispetto alla media regionale e al resto del Paese) sono condotte da donne con più di 59 anni e la presenza di giovani donne è minima (appena il 6%), con un aumento soltanto nelle zone montane. La maggior produttività a ettaro delle aziende al femminile rispetto alle altre regioni del Nord è imputabile sia alle conduzioni giovani sia a quelle comprese tra 40 e 59 anni delle aree collinari.
Il Centro
Le regioni centrali sono in linea di massima contrassegnate da un consistente ridimensionamento del settore agricolo, le cui cause sono sia interne sia esterne. Fra le prime basti ricordare il rallentamento della crescita settoriale, imputabile alla minor presenza di comparti di punta nello scenario nazionale, mentre quelli prevalenti non svolgono spesso un ruolo significativo nel sistema agroalimentare italiano. Ciò non significa che non esistano aree di concentrazione e di specializzazione agricola, più limitate e imperniate su prodotti di qualità, ma nelle aree interne appenniniche si delineano aspetti di una maggiore marginalità agricola e di una minore integrazione con il resto del sistema economico, anche per una minore diffusione dello sviluppo.
Tabella 8 - Centro: aziende con capoazienda donna per dimensione economica
* Percentuale riferita allo strato
Fonte: Istat VI Censimento dell'agricoltura, elaborazioni degli autori
In questa circoscrizione l’indice di femminilizzazione è superiore alla media nazionale: quasi 32% delle unità e 23% della Sau, senza profonde differenziazioni nelle singole zone altimetriche. Le superfici medie aziendali (di poco superiori a 6 ettari) sono in minor misura inferiori alla media regionale (-30%) senza consistenti differenze a livello territoriale.
La produttività media a ettaro delle conduzioni femminili (2789 Euro, sensibilmente inferiore alle regioni del Nord), presenta un divario inferiore (quasi 88%) rispetto all’universo regionale. Soltanto nella montagna appenninica si allinea alla media, ma in questi territori la produttività è molto bassa.
In base alle classi di dimensione economica (Tabella 8), quasi l’81% delle unità al femminile, che occupano solo l’8,4% della Sau totale, ha una Produzione Standard annua inferiore ai 15000 Euro e valgono anche in questo caso le considerazioni precedenti. Se la quota delle aziende marginali e accessorie è più ampia, la produttività media per ettaro della conduzione femminile è più elevata della media in tutti gli strati superiori a 15000 Euro e in tutti i contesti territoriali. In quasi il 15% della superficie utile dell’intera circoscrizione vi è dunque un’ampia presenza femminile, con un buon livello di efficienza. Ciò può rappresentare un presidio importante soprattutto nelle aree appenniniche, in cui l’abbandono dell’attività agricola potrebbe avere notevoli conseguenze sotto un profilo idrogeologico, anche se i redditi aziendali non sembrano ancora sufficienti.
Tabella 9 - Centro: aziende con capoazienda donna per classe di età
* Percentuale riferita allo strato
Fonte: Istat VI Censimento dell'agricoltura, elaborazioni degli autori
L’indice di invecchiamento delle capoazienda (50%) è inferiore rispetto alle dinamiche regionali; la presenza di giovani donne (quasi 9%) si allinea a quelle di giovani uomini sia numericamente, sia nelle superfici condotte. Il divario nella produttività a ettaro è analogo in tutte le classi età, ad eccezione della pianura in cui le giovani donne superano (+2%) quella di tutte le conduzioni giovani (Tabella 9).
Il Sud
Nelle regioni meridionali numerosi sono i problemi strutturali, economici e sociali, che si accentuano nelle aree più periferiche, e le ragioni sono molteplici e spesso compenetranti. Da un lato l'assenza di uno sviluppo extragricolo comporta ancora elevati livelli di sottoccupazione e di sottoremunerazione per quanti sono rimasti nel settore primario e ne è testimonianza la più ampia area della monoattività.
Dall'altro la minore redditività agricola è connessa sia alle carenze strutturali sia alla minore integrazione con l'industria di trasformazione e con la distribuzione alimentare, con la conseguente minore competitività dei comparti più tipici dell'agricoltura mediterranea nello scenario nazionale ed europeo. Anche in queste regioni esistono strutture aziendali efficienti, ma lo scenario complessivo è segnato, in maggior misura rispetto al resto del Paese, da consistenti processi di marginalità agricola e non.
In linea con le dinamiche dell’agricoltura italiana, che presenta un’ampia meridionalizzazione delle aziende agricole, l’indice di femminilizzazione delle aziende è il più elevato, con quasi il 35% delle unità e quasi il 27% della Sau. Le superfici medie aziendali sono nettamente insufficienti per raggiungere una gestione efficiente dell’azienda (3,9 ettari), anche se in questo caso il divario rispetto alla media totale è meno rilevante (-33%).
Tabella 10 - Sud: aziende con capoazienda donna per dimensione economica
* Percentuale riferita allo strato
Fonte: Istat VI Censimento dell'agricoltura, elaborazioni degli autori
Tabella 11 - Sud: aziende con capoazienda donna per classe di età
* Percentuale riferita allo strato
Fonte: Istat VI Censimento dell'agricoltura, elaborazioni degli autori
Sotto un profilo economico, la produttività a ettaro delle aziende in rosa (2585 Euro) è non solo nettamente inferiore a quella delle regioni del Nord, ma anche alla media regionale (88%). Pesano in questa direzione i risultati della pianura, mentre in collina e in montagna l’indicatore aumenta e si allinea alla media regionale (rispettivamente 92% e 101%).
Se si considerano le classi di dimensione economica (Tabella 10), quasi l’87% delle unità al femminile si colloca sotto 15000 Euro di Produzione Standard annuale, in misura nettamente superiore al resto del Paese. Rilevante è il ruolo delle donne all’interno delle imprese familiari (circa 22% delle unità e della Sau di questo strato) e soprattutto in quelle ricche, in cui giocano un ruolo nettamente superiore al resto del Paese (quasi 18% delle imprese e 16% della Sau). Inoltre nella collina e nella montagna appenninica, nelle aziende superiori ai 15000 Euro, la produttività a ettaro è sempre nettamente superiore alla media in ogni strato; si tratta di quasi il 15% della Sau delle rispettive zone. La conduzione rosa non è dunque sempre marginale, raggiungendo situazioni di una buona efficienza.
Nel Sud l’indice d’invecchiamento (47%) è non solo inferiore alla media regionale, ma anche il più basso nel Paese; ciò è imputabile soprattutto alla più ampia presenza di conduttrici giovani (31% delle aziende e 24% della Sau dei giovani totali). Le differenti classi di età non influiscono sul divario nella produttività a ettaro, ad eccezione delle aree collinari in cui le differenze si riducono in particolare nelle conduzioni giovani (Tabella 11).
Le regioni insulari
Le dinamiche strutturali, produttive e sociali presentano naturalmente notevoli differenze nelle due principali isole: in Sardegna le marginalità agricole sono più rilevanti, mentre in ampie zone siciliane migliori sono le condizioni sotto un profilo produttivo ed economico. Le disparità non si possono però cogliere da un’analisi aggregata, anche se influiscono sensibilmente sulle variabili impiegate nell’indagine. Ciò che accomuna queste realtà è comunque l'assenza di una solida integrazione dell'agricoltura con il resto del sistema economico e la mancanza di uno sviluppo più complessivo, il che comporta che l'attività agricola rimanga ancora in molti territori il principale settore per la produzione di reddito e per l’occupazione.
Tabella 12 - Isole: aziende con capoazienda donna per dimensione economica
* Percentuale riferita allo strato
Fonte: Istat VI Censimento dell'agricoltura, elaborazioni degli autori
L’indice di femminilizzazione (29% e 21% della Sau) aumenta solo nelle aree montane e si riduce in pianura. La dimensione media aziendale (6,6 ettari e -26% rispetto alla media regionale) si allinea alla media nazionale, soltanto per la presenza di aziende di più ampie dimensioni nelle aree montane.
La loro produttività a ettaro (2412 Euro, la più bassa del Paese) presenta uno scarto minimo rispetto all’universo regionale (-5%); ciò è imputabile soprattutto ai modesti risultati della pianura. In base alle classi di dimensione economica (Tabella 12), ben il 76% delle unità al femminile sono residenziali e accessorie. Ad eccezione delle aree montane, spiccano i risultati delle imprese familiari e soprattutto di quelle di più ampia dimensione in pianura e in collina, ma il loro peso all’interno dei singoli strati è poco rilevante.
L’indice di invecchiamento (49%), è pressocchè analogo a quello delle conduzioni maschili; anche in questa circoscrizione la presenza di giovani conduttrici è elevata (oltre 26% delle aziende e quasi un quinto della Sau dei giovani), con una produttività unitaria che si allinea alla media nelle aree collinari (Tabella 13).
Tabella 13 - Isole: aziende con capoazienda donna per classe di età
* Percentuale riferita allo strato
Fonte: Istat VI Censimento dell'agricoltura, elaborazioni degli autori
Alcune conclusioni
La ricerca condotta a livello territoriale ha cercato di porre in evidenza come nell’agricoltura italiana, accanto ad un’ampia quota di aziende in rosa accessorie e marginali, si assista alla presenza di imprese con buoni livelli di efficienza, spesso condotte da giovani donne. Ciò si realizza soprattutto nelle aree collinari, in particolare in quelle appenniniche e nel Sud, ma il problema principale è legato alle loro dimensioni aziendali, sempre inferiori alle conduzioni maschili.
L’indagine condotta da Ascione, Tarangioli e Zanetti (2013) ha messo in evidenza i principali fabbisogni della conduzione femminile: un migliore accesso al credito, la riduzione dei costi aziendali, l’implementazione dei servizi, un maggiore accesso alla ricerca e all’innovazione, una formazione e assistenza tecnica adeguata. Questi fabbisogni sono comuni all’intero mondo imprenditoriale agricolo italiano, ma per le donne assumono un significato maggiore, in quanto, nonostante la loro maggiore presenza, si assiste ancora a una loro sostanziale invisibilità nella costruzione delle politiche e nei luoghi decisionali.
Vi è dunque la necessità di costruire interventi mirati in base alla specificità dei singoli territori, anche se va segnalata la bassa partecipazione delle donne alle iniziative offerte dallo sviluppo rurale finanziate dai Fondi Strutturali, problema non solo italiano. Zanetti (2013) ha illustrato esaustivamente le opportunità offerte dalla nuova stagione di programmazione 2014-2020. Sarebbe interessante comprendere in che maniera e in che misura le Regioni saranno in grado di offrire alle donne nuove opportunità.
Riferimenti bibliografici
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Ascione E., Tarangioli S., Zanetti B. (2014), “Nuova imprenditorialità per l’agricoltura italiana”, Inea, Roma
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Istat (2013), Capitale umano e stratificazione sociale secondo il VI Censimento generale dell’agricoltura italiana 2010, Roma.
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Medici G.(1952), Il compito della donna nella riforma agraria, Grosseto(mimeo)
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Montresor (2000), “L’articolazione aziendale a livello territoriale nell’agricoltura italiana”, in Fanfani R., Montresor E., L’agricoltura italiana verso il 2000, Franco Angeli, Milano
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Montresor E. (2008), “Il ruolo delle donne nello sviluppo agricolo e rurale”, in Rete Nazionale Leader, Donne e sviluppo rurale, Roma
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Montresor E. Pecci F. (2013), “L’articolazione strutturale, sociale e economia dell’agricoltura italiana”, presentazione a Convegno Istat, L’agricoltura italiana che cambia. I dati del censimento, Roma
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San Lorenzo G. (2011), “Il ruolo della donna nell’agricoltura contemporanea, multifunzionale e innovativa”, Agrioregionieuropa, n. 7
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Zanetti B. (2013) “La nuova politica di sviluppo rurale e l’imprenditoria femminile agricola”, Agriregionieuropa,n. 9
- 1. Nel 2007 nell’Unione Europea l’indice di femminilizzazione delle aziende agricole era di poco inferiore (28,7%), ma con considerevoli differenze tra i singoli Paesi. I livelli più elevati si rilevavano in Lettonia (49%), in Estonia (41%) e Lituania (40%), mentre la percentuale si abbassava nettamente in Germania (11,8%) e Regno Unito (18,8%), a fronte però di maggiori dimensioni aziendali (rispettivamente quasi 50 e 35 ettari).
- 2. Il lavoro è parte di una più ampia analisi condotta sui dati censuari. L’esigenza da una parte di contenere le dimensioni delle tabelle, dall’altra di esporre alcune significative risultanze ha portato che alcuni dei dati esposti nel testo e relativi alle classi di età del capoazienda non trovino corrispondenza nelle tabelle presentate.