Il terremoto del 2012 in Emilia: specificità del settore agro-alimentare e ruolo della cooperazione nell’emergenza

Il terremoto del 2012 in Emilia: specificità del settore agro-alimentare e ruolo della cooperazione nell’emergenza
a Università di Modena e Reggio Emilia, Dipartimento di Economia "Marco Biagi"

Introduzione1

Il sisma del maggio 2012 ha colpito una vasta area compresa tra Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia: un’area densamente popolata, caratterizzata da elevata quanto diffusa industrializzazione, nonché da elevati tassi di occupazione. Ingenti sono stati dunque i danni arrecati a popolazione, edifici e infrastrutture. Anche il cosiddetto "cratere agricolo" ha pagato un prezzo molto elevato: infatti, l’area colpita rappresenta una delle principali realtà agricole della regione e pure dell’intero Paese.
Proprio con riferimento alla ricostruzione del sistema agricolo e agro-industriale danneggiato dal sisma, il presente lavoro intende analizzare i principali elementi di specificità che, rispetto ad una forte vulnerabilità settoriale, hanno caratterizzato tale processo di ricostruzione. Tra queste specificità si osservano anche elementi di forza, che hanno fatto aumentare il grado complessivo di resilienza del sistema: in particolare, la risposta fornita dalla politica settoriale e dal sistema cooperativo. Il contributo dunque evidenzia come, nonostante le indubbie criticità riscontrate, il settore agro-alimentare abbia potuto cogliere alcune importanti opportunità.

Caratteristiche del "cratere agricolo" e danni registrati

Oltre ad essere un territorio fortemente manifatturiero, l’area colpita dal sisma del 2012 rappresenta anche un territorio rurale, nel quale le attività del settore agro-alimentare ricoprono un’importanza molto elevata. Focalizzando l’analisi sulla sola regione Emilia-Romagna, i dati del 6° Censimento generale dell’agricoltura (Istat, 2010) permettono di evidenziare tale profilo. Con riferimento alla definizione istituzionale di cratere a 58 comuni2, nel 2010 esso rappresentava il 25% della Sau regionale e il 22,6% del totale delle aziende agricole (Tabella 1). Tale incidenza, dunque, è di gran lunga superiore a quella della superficie territoriale dei comuni colpiti (pari al 17,7% del totale regionale).

Tabella 1 - Numero di aziende agricole, Sau, Sat, giornate lavorate nei comuni del cratere: valori assoluti e percentuali (sul totale regionale)

Fonte: ns. elaborazione su dati 6° Censimento generale dell’agricoltura (Istat, 2010)

Inoltre, tali comuni si caratterizzano anche per un’elevata diversificazione colturale: sono presenti seminativi, piante foraggere avvicendate e coltivazioni legnose agrarie. In particolare, i comuni colpiti dal sisma includono il 44% circa della Sau regionale destinata a mais, il 22,5% della Sau destinata a vitigni e il 27,6% della Sau destinata a frutteti, in particolare pere (63% della Sau regionale) e mele (40% della Sau regionale). Altrettanto importante è la zootecnia, con una dimensione media di allevamenti presenti particolarmente elevata.
In aggiunta, le produzioni agricole interessano, per larga parte, prodotti di qualità, altamente competitivi sui mercati nazionali ed internazionali. Considerando le sole produzioni Dop e Igp, all’area del cratere è riconducibile la produzione di 9 prodotti Dop e 15 prodotti Igp. Nel 2012 (anno del sisma), quattro di queste produzioni (Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Aceto Balsamico di Modena e Mortadella Bologna) rientravano tra le dieci principali produzioni italiane di qualità in termini di fatturato (Ismea, 2015). Rilevante è anche il settore viti-vinicolo (produzione di vini Igt e Doc). In particolare, la produzione di Lambrusco rappresenta una delle principali voci dell’export regionale (Fanfani e Pieri, 2015).
I dati appena menzionati evidenziano l’articolata struttura produttiva del cratere, nella quale sono rappresentate tutte le principali filiere agro-alimentari: produzione di Parmigiano Reggiano e Grana Padano, allevamenti, produzione vitivinicola, ortofrutta, cerealicoltura. Pertanto, tutte le filiere sono state, in varia misura, danneggiate dal sisma. Una prima stima trasmessa a luglio 2012 dallo Stato Italiano alla UE conta danni per oltre 13,2 miliardi di euro, di cui 5,7 miliardi per le attività produttive. Nello specifico, per il settore agricolo e agro-industriale vengono valutati circa 2,3 miliardi di danni, pari al 40,4% circa del totale delle attività produttive, per la maggior parte dei quali concentrati nella provincia di Modena (Fanfani e Pieri, 2013).
All’interno delle varie filiere, i danni hanno interessato in prevalenza la fase della trasformazione del prodotto agricolo, insieme alle scorte e al patrimonio edilizio ed immobiliare. Al contrario, danni minori hanno interessato le attività a monte (Fanfani e Pieri, 2013; Regione Emilia-Romagna, 2015).

Il settore agro-alimentare e le sue specificità

Rispetto agli effetti prodotti dal sisma, è bene richiamare alcune specificità settoriali che incidono sulla portata socio-economica dell’evento traumatico. In proposito, i limitati studi disponibili evidenziano che gli effetti di un sisma sono influenzati anche dalle caratteristiche socio-economiche del territorio colpito e dal ruolo delle istituzioni (Kahn, 2003; Okuyama e Chang, 2004; Cavallo e Noy, 2009; Cavallo et al., 2010; Barone e Mocetti, 2014; Barone et al., 2013). Per questo motivo, è bene ricordare alcuni elementi di specificità settoriale che possono influenzare - in modo positivo o negativo - entità ed effetto dei danni, nonché la risposta fornita all’evento traumatico.
Il primo elemento da evidenziare è rappresentato dalla dispersione dell’attività agricola sul territorio; dispersione tanto più marcata quanto più frammentato è l’assetto fondiario e l’attività di impresa. Data la vasta diffusione di imprese piccole, tipica dell’agricoltura del nostro paese e della stessa area colpita, ci si può attendere che i danni, di portata significativa, si presentino in modo disperso, rendendo complessa la loro stessa rilevazione e oneroso il successivo processo di ricostruzione.
Il secondo aspetto è costituito dalla sovrapposizione tra i danni all’abitazione dell’agricoltore e quelli agli impianti produttivi dell’azienda agricola. Nella tipologia di insediamento rurale tipica della zona colpita dal sisma, basata su case sparse, la famiglia che gestisce l’azienda agricola abita solitamente nello stesso luogo dove si sviluppa l’attività di impresa. Le famiglie rurali colpite hanno dovuto far fronte a un complicato intreccio di problemi legati alla perdita contemporanea di abitazione, impianti aziendali e, non infrequentemente, anche locali messi a disposizione di salariati fissi o stagionali, spesso stranieri. In tal senso, questo territorio appare molto diverso da quello colpito dai terremoti del Belice (1968) e dell’Irpinia (1980), entrambi caratterizzati da ampi latifondi, dove la popolazione colpita risiedeva, in prevalenza, in grandi borghi agricoli (Centro di Portici, 1981; Chubb, 2002).
Un terzo elemento è l’elevata età degli imprenditori agricoli, che rende molto più difficile la loro capacità di risposta. L’invecchiamento non agevola l’accesso agli aiuti, spesso definiti da regole complesse, né l’attività di investimento, specie se nella famiglia si registra l’assenza di giovani successori.
Queste criticità sono esaltate dalle usuali condizioni di rischio ed incertezza in cui opera l’agricoltura; condizioni non attenuate da adeguate forme assicurative. Infatti, la ridotta percezione del rischio sismico3 prima del 2012, lo scarso livello di formazione degli imprenditori e gli asset limitati delle aziende agricole hanno indotto, nel recente passato, un contenimento delle spese assicurative.
Un’ultima criticità riguarda le istituzioni pubbliche e private, cui compete la gestione degli aiuti destinati al settore. Infatti, la numerosità delle aziende coinvolte e la molteplicità di richieste di intervento da parte loro (casa privata, azienda agricola, scorte, strutture associative) si ripercuote a cascata anche sulla pubblica amministrazione e sulle stesse strutture associative e professionali, che solitamente gestiscono per gli agricoltori il rapporto con la pubblica amministrazione.
Tra gli elementi positivi, vanno ricordati almeno due aspetti. Il primo riguarda la presenza di politiche di sostegno settoriali già operative indipendentemente dal sisma. Nello specifico caso del sisma emiliano, la Pac ha consentito di intervenire con una certa prontezza, modulando alle esigenze poste dal terremoto gli aiuti del Psr allora in applicazione. Il secondo aspetto positivo riguarda la diffusione di forme associative e cooperative, largamente presenti nel settore all’interno dell’area del cratere. Tuttavia, non va dimenticato che queste stesse strutture sono state colpite e danneggiate, rischiando a loro volta di ampliare i problemi delle aziende associate o conferenti.
Di seguito, dunque, si esamina più in dettaglio il ruolo giocato da questi due aspetti.

La risposta delle istituzioni attraverso la politica settoriale

Un importante sostegno alle aziende agricole colpite dal sisma del 2012 è arrivato grazie alle risorse rese disponibili per l’Italia dal Feasr (Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale). Con riferimento agli eventi sismici, la Regione Emilia-Romagna ha ottenuto un aumento della normale dotazione finanziaria a disposizione: lo Stato Italiano ha assicurato l’intera quota di cofinanziamento del Programma di Sviluppo Rurale (Psr) della Regione per le annualità 2012-2013 (Fanfani e Pieri, 2013). Inoltre, tutte le Regioni italiane (ad eccezione di Lombardia e Abruzzo, a loro volta colpite da eventi sismici) hanno devoluto il 4% della propria quota Feasr per l’anno 2013 per sostenere la ricostruzione emiliana. Grazie a queste risorse aggiuntive è stato possibile integrare alcune misure del Psr, destinando fondi direttamente alle aree colpite dal sisma, come riportato in tabella 2. Secondo stime regionali, il Programma di Sviluppo Rurale (Psr) 2007-2013 della Regione Emilia-Romagna avrebbe erogato oltre 80 milioni di euro aggiuntivi per le imprese agro-alimentari localizzate nelle zone terremotate al fine di rilanciarne lo sviluppo economico (Rabboni, 2014).

Tabella 2 - Misure Feasr: domanda presentate, contributi stanziati e investimenti previsti (a maggio 2014)

*Misura 126: attivata appositamente per il sisma
^ la misura prevede contributi in conto capitale (80% della spesa considerata ammissibile) per finanziare: ripristino di macchinari, attrezzature ed impianti danneggiati dal sisma; riacquisto di beni nuovi; ripristino dei miglioramenti fondiari (ad es., pozzi, impianti irrigui, impianti di drenaggio, …); acquisto di ricoveri provvisori (cosiddetti “hangar”)
Fonte: ns. elaborazione su Regione Emilia-Romagna (2014)

Il ruolo della cooperazione nell’emergenza e nella ricostruzione

Parallelamente alla risposta data dalla politica settoriale, anche la cooperazione ha svolto un ruolo centrale. In molti settori dell’agricoltura italiana, e parimenti in Emilia, il sistema cooperativo ha raggiunto forme di presenza altamente strutturate (Inea 2009; Osservatorio sulla cooperazione agricola italiana, 2009). Anche nei territori colpiti, dunque, esso ha agevolato la gestione delle fasi di emergenza e di ricostruzione post-sisma, svolgendo altresì un’importante attività di lobbying, diretta a sensibilizzare le istituzioni di riferimento sugli specifici problemi indotti dal sisma sul settore agro-alimentare e a sollecitare un’adeguata legislazione di supporto. Ad esempio, come emerso nel corso delle interviste svolte sul campo, un caso evidente di azione positiva di lobbying, sviluppata dalla cooperazione, è stata la richiesta e l’ottenimento del riconoscimento del danno subito dalle scorte di prodotto Dop e Igp, detenuto nei magazzini colpiti dal sisma (D.L. 78/2015).

Gestire l’emergenza: accordi di filiera e ruolo dei Consorzi di Tutela

La presenza di cooperative di trasformazione ha consentito l’attivazione di accordi di filiera, che - in chiave di sostegno mutualistico tra soci - hanno permesso di far fronte comune all’emergenza. Tali accordi, insieme agli interventi di carattere solidaristico, hanno favorito la rapidità e l’efficacia di risposta del sistema agro-alimentare emiliano. Ad esempio, l’esistenza della rete di relazioni favorita dalla vasta cooperazione ha permesso a molte delle aziende danneggiate di poter continuare la propria attività produttiva, anche durante la fase dell’emergenza.
La filiera lattiero-casearia rappresenta un caso emblematico. Molti caseifici sociali, pesantemente danneggiati dal sisma, sono stati dichiarati inagibili nella fase dell’emergenza e dunque era per loro impossibile ricevere il prodotto conferito dagli allevatori-soci. Ciò avrebbe determinato importanti ripercussioni anche a monte della filiera, tra gli allevatori. Al contrario, grazie alla presenza di accordi di filiera, e grazie al ruolo centrale svolto dalle cooperative, sono stati stretti accordi con aziende esterne all’area colpita, che hanno reso possibile nelle settimane successive al terremoto il conferimento del latte prodotto destinandolo all’alimentazione. Pur ricevendo un importo inferiore per il prodotto conferito, l’inserimento in rete delle aziende cooperative ha permesso di limitare gli effetti sistemici dei danni economici subiti dai singoli operatori. In questo modo, proprio la componente più debole della filiera (quella agricola) è stata salvaguardata.
I Consorzi di Tutela delle produzioni tipiche hanno svolto un ruolo altrettanto importante. Il Consorzio del Parmigiano Reggiano, ad esempio, ha attuato due significativi interventi tra loro complementari:

  • l’operazione (di tipo solidaristico) denominata “1€ per rinascere”, che prevedeva una maggiorazione pari a 1 euro del prezzo finale di vendita del parmigiano, al fine di destinare i fondi raccolti (nel complesso circa 1,5 milioni di euro) alla ricostruzione dei caseifici danneggiati dal sisma;
  • la richiesta di un contributo di solidarietà ai propri soci produttori non direttamente danneggiati dal sisma, pari a 2 euro per forma prodotta, con l’obiettivo di aiutare i soci colpiti. I fondi raccolti sono stati destinati al ritiro e alla distruzione4 di circa 200 mila forme danneggiate. Tale iniziativa ha rappresentato una forma di tutela del mercato, finalizzata ad evitare i possibili effetti negativi derivanti dal rischio di vendita di forme danneggiate, anche in seguito ad iniziative di solidarietà nate in modo spontaneo all’indomani degli eventi sismici. Si pensi, ad esempio, alla possibilità di vendere, a prezzi ribassati, forme danneggiate a tal punto da non essere più qualitativamente idonee al consumo (parmigiano a terra, contaminato dal legno delle scaffalature o dalle viti delle scalere; forme ad inizio stagionatura che, in assenza di aerazione, avevano rapidamente sviluppato muffe…).

I due esempi dimostrano come il Consorzio, attraverso attività coordinate e centralizzate, sia stato in grado di risolvere alcune criticità emerse nella fase dell’emergenza. Sono state così promosse risposte innovative, perseguite in un’ottica di filiera, che possono costituire un interessante precedente nel caso di eventi traumatici analoghi.

L’attività di sollecitazione delle istituzioni

Successivamente alla fase dell’emergenza, le principali istituzioni attive nel comparto agro-alimentare, e la cooperazione in particolare, hanno svolto un’intensa e positiva attività di sollecitazione istituzionale, promuovendo attività legislative idonee a tener conto delle specifiche criticità poste dal sisma al settore agro-alimentare. In proposito, va tenuto conto che - in assenza di una normativa nazionale di riferimento sulle calamità naturali - è stato necessario approvare, tempestivamente, un adeguato e complesso corpus normativo che permettesse di finanziare i soggetti colpiti dal sisma: il Commissario Delegato per la ricostruzione ha dovuto predisporre e rapidamente approvare oltre 300 ordinanze per garantire l’assistenza diretta e il finanziamento ai soggetti colpiti.
Rispetto al sistema agro-alimentare, le modalità di finanziamento hanno seguito percorsi peculiari, sollecitati dalla capacità di coordinamento degli agenti economici e di pressione esercitata dalla cooperazione. Richiamando ancora i danni subiti dai caseifici produttori di Parmigiano Reggiano, questi sono stati in prevalenza danni al “prodotto” (magazzino), conseguenti al lungo ciclo di stagionatura che deve passare prima dell’immissione sul mercato. La cooperazione ed il Consorzio di Tutela hanno svolto un importante ruolo di coordinamento per richiedere il riconoscimento anche di questi danni. La difficoltà ad ottenere tale riconoscimento è evidente se si guarda al suo iter legislativo, che è stato particolarmente lungo. Infatti, nonostante l’approvazione dei D.L. 74/2012 e D.L. 95/2012, che fissavano le principali linee guida per l’intervento finanziario e la relativa dotazione, è solo col D.L. 78/2015 (emanato nel giugno 2015) che è stato possibile destinare tali fondi anche per i danni subiti dai prodotti Igp e Dop in corso di stagionatura. Come emerso dall’indagine sul campo, la presenza attiva della cooperazione ha favorito la definitiva approvazione di questa norma, ancorché con quasi tre anni di ritardo.

Conclusioni

Il sisma ha certamente rappresentato un momento di rottura per il territorio emiliano colpito e per il suo sistema agro-alimentare. Le risposte fornite tanto dalla politica settoriale quanto dal sistema cooperativo hanno determinato un rapido superamento della fase emergenziale, grazie ad importanti innovazioni di tipo organizzativo e/o tecnico. Si pensi, ad esempio, al rapido adeguamento sismico introdotto per le strutture impiegate nella stagionatura del Parmigiano Reggiano attraverso l’introduzione di nuove tecniche costruttive (ad esempio, le scalere autoportanti). Da un punto di vista organizzativo, il terremoto ha spinto nella direzione di una maggiore integrazione di rete tra i soggetti attivi, con l’avvicinamento a realtà più tipicamente industriali. Il cambiamento è stato epocale anche in termini culturali, ad esempio rispetto al riconoscimento dell’importanza del ricorso alle assicurazioni quale elemento a garanzia dell’attività produttiva. Rispetto a questi elementi, un’esperienza tanto traumatica, quale quella rappresentata dal sisma, ha in realtà innescato profondi processi d’innovazione all’interno del sistema agro-alimentare; tale cambiamento è stato possibile anche grazie alla presenza di un solido network di attori locali, capace di far aumentare la resilienza dell’intero sistema agro-alimentare.

Riferimenti bibliografici

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  • Regione Emilia-Romagna (2015), La ricostruzione di un territorio. Tre anni di lavoro dopo il terremoto. [Link]

Siti di riferimento

  • 1. Questo lavoro è stato prodotto nell'ambito del progetto di ricerca applicata (2014-2016) "Energie Sisma Emilia" (www.energie.unimore.it) dell'Università di Modena e Reggio Emilia, cofinanziato da Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, Azienda Unità Sanitaria Locale di Modena e Università di Modena e Reggio Emilia e diretto da Margherita Russo. Il presente articolo non sarebbe stato possibile senza le interviste realizzate sul campo con Franco Michelini (responsabile del Settore Agroalimentare di Legacoop Modena), Ivan Chiari (Caseificio Razional Novese), Sandro Cavicchioli (Cantine Cavicchioli), Marco Calmistro e Giuseppe Todeschini (Servizio Aiuti alle Imprese, Regione Emilia-Romagna). Si ringraziano altresì Valeria Camurri (Copagri), Marilena Rizzo (Confagricoltura), Carlo Bergamini (Confcooperative) e Maurizio Pivetti (Cia), che hanno preso parte al Focus Group condotto il 28 luglio 2015. Per un’analisi di maggior dettaglio si rimanda a Pagliacci e Bertolini (2015).
  • 2. Si rimanda a Piazzi et al. (2015) per l’analisi dei principali problemi connessi con le definizioni di "cratere" del sisma. Per brevità si ricorda qui che il cratere a 58 comuni rappresenta l’aggregato territoriale più ampio, che include anche i quattro comuni capoluogo delle province colpite (Reggio Emilia, Modena, Bologna e Ferrara).
  • 3. I territori colpiti dal sisma erano in realtà molto più usi a fronteggiare rischi di tipo idro-geologico ed alluvionale e le assicurazioni erano prevalentemente a copertura di questi rischi.
  • 4. Al conferimento per la fusione, laddove possibile.
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