Abstract
Un evento drammatico come un sisma mette a dura prova le istituzioni locali e le eventuali iniziative di cooperazione inter-municipale per l’esercizio di funzioni e l’erogazione dei servizi. Questo contributo offre alcune riflessioni sul ruolo rivestito da alcune Unioni di Comuni del modenese nella gestione delle emergenze e nel percorso di ricostruzione dopo il sisma del 2012 in Emilia-Romagna.
Introduzione
Le Unioni di Comuni sono uno strumento di inter-comunalità ovvero rappresentano “forme di azione congiunta tra enti locali (volontaria o obbligatoria), finalizzata all’esercizio in comune di competenze, funzioni o servizi, secondo modalità previste dalla legislazione nazionale o regionale” (Fedele e Moini, 2006). Esse rivestono un ruolo centrale nel panorama istituzionale attuale in quanto strumenti di cooperazione intercomunale che possono offrire importanti opportunità per lo sviluppo territoriale, la razionalizzazione delle risorse e la ricerca di una maggiore efficacia e efficienza nello svolgimento delle funzioni, l’organizzazione ed erogazione dei servizi e la formulazione di politiche.
La loro introduzione è relativamente recente: la L.142/1990 introduce l’Unione come strumento che prelude alla fusione di comuni contigui entro dieci anni. In seguito, visto l’insuccesso di questa strategia, con la L. 265/1999 si propongono le Unioni come strumenti per migliorare l’efficacia e l’efficienza dell’azione amministrativa. Dopo la successiva riforma del titolo V della Costituzione e con l’arrivo della crisi, e dunque degli interventi ispirati alla cosiddetta ‘spending review’, sono state proposte delle misure per rendere obbligatori per i comuni di piccole dimensioni la partecipazione a forme di associazionismo municipale e il conferimento di funzioni (6 con la L.122/2010; 10 con la L. 135/2012), e dunque la gestione associata. Oggi il quadro di riferimento è quello della cosiddetta Legge Del Rio (L.56/2014) che razionalizza le modifiche introdotte in precedenza e sintetizzando lo spirito complessivo della riforma della governance locale (Piazza, 2017). L’Unione di Comuni diventa così la forma principale dell’inter-comunalità in Italia, l’unica forma di cooperazione ammessa nella gestione associata delle funzioni fondamentali, ed è confermato l’obbligo di gestione associata per i piccoli Comuni di tutte le funzioni fondamentali con scadenza prorogata attualmente al 31/12/2017. Essa è anche vista con favore dall’ordinamento nazionale proprio per i piccoli Comuni – compresi quelli collocati nelle aree rurali del paese, nei territori montani o ancora nelle aree interne, così come individuate dalla Strategia Nazionale per le Aree Interne – in quanto con le Unioni i piccoli Comuni possono beneficiare maggiormente per esempio: di economie di scala; di una razionalizzazione, specializzazione e professionalizzazione del personale dipendente; della diffusione delle best practices; di una migliore programmazione territoriale ed economica; di un maggiore potere negoziale nei confronti dei livelli di governo sovraordinati; nonché della implementazione e razionalizzazione di molti servizi di staff come quelli legati ai sistemi informatici, alle paghe e gestione del personale o agli acquisti (e.g. attraverso Centrali Uniche d'Acquisto). La sua natura di ente locale di secondo grado rende poi l’Unione una istituzione a “costo zero” per il personale politico coinvolto. Si consideri, inoltre, che sono stati previsti stanziamenti statali a sostegno delle Unioni e la possibilità di superare i vincoli alle assunzioni collegati al blocco del turn over negli enti locali. È utile sottolineare, infine, che questo processo di promozione e istituzionalizzazione delle Unioni di Comuni si inserisce nel percorso di progressivo depotenziamento delle Province.
Rispetto a questo lungo processo, attualmente sul territorio nazionale le Unioni di Comuni sono 535 e coinvolgono 3.103 Comuni (sui 7.978 esistenti, quindi circa il 39%) e 11.989.318 abitanti1, e sono collocate principalmente nel centro-nord, cui si aggiunge una significativa presenza in Sardegna e Sicilia. Nella regione Emilia-Romagna, l’85,9% dei Comuni (286 su 333) appartengono ad una delle 44 Unioni presenti sul territorio regionale, che sono composte in media da 6,5 Comuni e sono distribuite in modo abbastanza uniforme con la sola parziale eccezione della Provincia di Parma, dove esse risultano meno presenti tra i Comuni sia della fascia appenninica, sia della bassa pianura occidentale2.
Nella sola Provincia di Modena (che rappresenterà il focus del presente contributo) sono presenti 6 Unioni di Comuni, che coprono ben il 73% della popolazione provinciale totale (Tabella 1). In effetti i comuni del modenese che non appartengono a una Unione, oltre al capoluogo, sono solo due.
Tabella 1 - Le Unioni di Comuni nella provincia di Modena
Fonte: E-R Statistica, Istat. Dati al 1 gennaio 2017
Questo contributo intende suggerire alcune riflessioni sul ruolo rivestito da due Unioni di Comuni del modenese nella gestione delle emergenze e nel percorso di ricostruzione dopo il sisma del 2012 in Emilia-Romagna, utilizzando i dati raccolti nell’ambito di un progetto di ricerca cui gli autori hanno contribuito: il progetto di ricerca “Energie Sisma Emilia”3.
Questo progetto, sviluppato da un gruppo di ricerca multidisciplinare dell’Università di Modena e Reggio Emilia, ha avuto come obiettivo principale quello di analizzare le fratture causate dal sisma, non solo a livello di danni materiali, ma anche sotto il profilo sociale ed economico. All’interno del progetto le pubbliche amministrazioni colpite dal sisma sono state oggetto di studio sotto diversi fronti, uno dei quali è il funzionamento degli enti, nella prospettiva del Public Management. L’analisi esplorativa condotta sulla provincia di Modena ha fatto emergere diverse criticità e innovazioni apportate dal terremoto all’interno delle istituzioni locali colpite, e fra gli elementi ricorrenti si è riscontrata la collaborazione inter-istituzionale, a livello orizzontale (fra i Comuni stessi), e a livello verticale (fra Comuni, Provincia e Regione).
Nello specifico, sono state considerate come caso paradigmatico due Unioni di Comuni appartenenti a territori che sono stati oggetto di una profonda analisi qualitativa e quantitativa all’interno del progetto, vale a dire l’Unione Comuni Modenesi Area Nord e l’Unione Terre d’Argine. La prima è stata interamente colpita dal sisma; la seconda ha visto uno solo dei propri Comuni subire danni ingenti, mentre gli altri comuni sono stati colpiti in modo relativamente più lieve. La ricerca è stata condotta con tecniche qualitative e quantitative nei territori oggetto di studio. Nello specifico, sono state realizzate: interviste semi-strutturate ai sindaci dei Comuni delle Unioni e ai dirigenti di diversi settori rilevanti; alcuni focus group, tra cui uno sulla tematica specifica del ruolo della pubblica amministrazione; un questionario su 400 nuclei familiari di 4 dei complessivi 13 Comuni coinvolti nelle due Unioni (Mirandola, San Felice, Cavezzo, Novi di Modena).
Il ruolo del “secondo livello”: le Unioni nel sisma del 2012
Inquadramento del caso di studio
Il sisma del 2012 ha colpito Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, con diversa intensità. L’Emilia-Romagna è stata la regione più colpita, epicentro delle due principali scosse del 20 e 29 maggio. I 58 Comuni della regione facenti parte del cratere sismico si inseriscono all’interno di una delle aree più produttive d’Italia, che produce circa il 2% del Pil, ed è da tempo un’area di sviluppo di importanti distretti industriali e agricoli, con un forte bilanciamento di azione pubblica e privata (Russo e Silvestri, 2016). Oltre ai danni materiali che hanno riguardato abitazioni, imprese, centri storici, e a quelli non materiali, di ordine psicologico e sociale, anche la pubblica amministrazione, nello specifico gli enti locali, hanno dovuto fronteggiare il sisma, che ha causato l’interruzione di servizi a causa dell’inagibilità degli edifici pubblici (si pensi alle scuole, ai servizi socio-sanitari), dovendo però al contempo trovare soluzioni per continuare a fornire supporto e aiuto alla popolazione colpita in fase di emergenza, e dovendo dar vita da subito alla ricostruzione del patrimonio pubblico e privato (e.g. Pattaro e Ranuzzini, 2017).
Le due Unioni di Comuni qui considerate sono contigue da un punto di vista territoriale: esse presentano diverse similitudini ma allo stesso tempo anche alcune differenze. L’Unione Comuni Modenesi Area Nord è composta da nove Comuni4, con una popolazione di 84.7645 abitanti. L’Unione Terre d’Argine, a sua volta, è composta da quattro Comuni6, con una popolazione di 105.541 abitanti. Nella prima, il centro più importante è il Comune di Mirandola, che rappresenta soltanto il 28% della popolazione complessiva dell’Unione; l’Unione Terre d’Argine, invece, è raccolta attorno al Comune di Carpi, uno dei centri più importanti dell’intera Provincia di Modena (dopo il capoluogo), che da solo rappresenta il 67% della popolazione complessiva dell’Unione. In un contesto di cooperazione intercomunale questo si traduce nella differenza fra una istituzione Unione (quasi) policentrica senza eccessive differenze di popolazione fra gli stessi enti che la compongono, e una Unione che invece è incentrata su un Comune che svolge il vero e proprio ruolo di ente di riferimento.
Da un punto di vista istituzionale, l’Unione Area Nord è stata creata nel 2003, mentre l’Unione Terre d’Argine nel 2006; i Comuni delle due Unioni hanno però una lunga tradizione di collaborazione intercomunale nell’erogazione in modo associato di servizi. Entrambe le Unioni sono diventate titolari di funzioni chiave dei Comuni, divenendo così enti locali con un ruolo sostanziale per il contesto economico-sociale in cui si inseriscono. Fra le principali funzioni conferite da entrambi gli enti vi sono i servizi sociali, lo sviluppo economico, il servizio tributi, i servizi informativi, la polizia municipale. Vi sono tuttavia differenze: ad esempio i servizi scolastici all’epoca del sisma erano gestiti insieme solo nel caso dell’Unione Terre d’Argine7, che nel complesso presenta a oggi più funzioni conferite. Anche le funzioni sovracomunali di protezione civile sono state demandate alle rispettive Unioni da parte dei Comuni8; in questo campo, le Unioni hanno il compito di coordinamento e programmazione, oltre che di supporto agli ambiti comunali nei casi di emergenza e di attivazione dei Coc (Centro operativo comunale).
Prime evidenze sul ruolo della collaborazione inter-comunale in emergenza
In modo non completamente sorprendente, l’analisi del materiale raccolto e analizzato all’interno del progetto di ricerca ha messo in evidenza la rilevanza dei rapporti inter-istituzionali a diversi livelli, sia nella fase di gestione della prima emergenza, sia nella fase di ricostruzione post-sisma. Molta della normativa fa riferimento a diverse responsabilità distribuite lungo la catena istituzionale: si pensi al ruolo attribuito dalla legge al sindaco, quale autorità comunale di protezione civile, cui spetta il compito, in emergenza, di attuare tutti gli interventi necessari per la pubblica incolumità; al contrario, la regione - dopo il sisma – ha il compito di normare tutti gli aspetti fondamentali di gestione dell’emergenza e di ricostruzione attraverso il potere di ordinanza. Rimane invece più ambiguo, anche all’interno della normativa, il ruolo in fase di emergenza delle Unioni, quali enti intermedi fra i Comuni e i livelli superiori. Tuttavia da una prima analisi dei materiali qualitativi raccolti è possibile evidenziare alcune tendenze generali.
In primo luogo, il sisma rappresenta una spinta al decentramento: il Comune rivendica e recupera un forte ruolo decisionale nella gestione dell’emergenza e della ricostruzione nel proprio territorio, anche a danno delle Unioni. Questo avviene innanzitutto poiché, come già ricordato, la legge attribuisce al sindaco e al livello comunale un ruolo chiave di gestione dell’emergenza. La stessa Costituzione attribuisce ai Comuni il ruolo di gestione del territorio, rendendoli così gli attori principali anche nella fase di ricostruzione: in molte Unioni si sono mantenuti in capo ai Comuni le funzioni di urbanistica e di edilizia, uno degli aspetti chiave della ricostruzione stessa. Inoltre, la stessa urgenza di agire in condizione di emergenza toglie probabilmente tempo alla fase di coordinamento inter-istituzionale e porta gli attori politici e amministrativi a concentrarsi sul singolo territorio. Non è da dimenticare, infine, un aspetto più prettamente "politico-simbolico": in un momento di crisi ed emergenza, è importante per un sindaco dimostrare di avere il controllo e il monitoraggio della situazione all’interno del proprio territorio municipale.
Contemporaneamente, il sisma ha innescato anche la tendenza opposta di accentramento verso il livello intermedio delle Unioni per quanto riguarda politiche di area, che erano già state conferite alle Unioni in precedenza: l’esempio principale è rappresentato dai servizi sociali, dove la preesistenza al sisma di una struttura condivisa consente un migliore coordinamento fra personale, processi e azioni. Allo stesso tempo, in alcuni casi la Regione ha tentato di stabilire le Unioni quali destinatari privilegiati per la gestione di determinate politiche di emergenza, come risulta ad esempio dalla politica dei contributi per la sistemazione delle famiglie sfollate (contributo di autonoma sistemazione, Cas), che vengono redistribuiti dalle Unioni ai propri Comuni membri; o come nel caso del personale aggiuntivo che la legge consente ai livelli locali di assumere per far fronte al sisma: le Unioni, ove costituite, diventano i soggetti deputati a queste nuove assunzioni.
Un terzo aspetto che emerge riguarda più propriamente la governance: se l’Unione non può gestire direttamente la fase di emergenza, e per certi aspetti neanche quella di ricostruzione, essa tuttavia rappresenta un ambito deputato al confronto unitario; esso è in grado di fungere da raccordo per la gestione dell’emergenza e per la proposta ai livelli superiori di governo, principalmente quello regionale, delle istanze dei Comuni colpiti. In questo senso, l’Unione funge da interlocutore più forte rispetto alle voci dei singoli enti.
Un quarto aspetto riguarda le peculiarità di ogni Unione, e i due casi esaminati portano a un confronto esplicito. Nel caso dell’Unione Terre d’Argine, si attiva una esplicita funzione di aiuto fra Comuni meno colpiti nei confronti di quello maggiormente ferito, in cui il Comune di Carpi fa da coordinatore. Le funzioni, il personale, i processi, i materiali stessi già conferiti in Unione sono utilizzati per il supporto al Comune di Novi, e questo fa sì che nella percezione degli addetti ai lavori l’Unione abbia giocato un ruolo centrale nella gestione dell’emergenza. Nel caso dell’Unione Area Nord la situazione appare differente: l’Unione è composta da 9 Comuni invece che 4; tutti i centri sono egualmente colpiti dal sisma; essi sono più dispersi territorialmente (circa 462,9 kmq rispetto ai 269,9 kmq dell’Unione Terre d’Argine) e senza un centro particolarmente preponderante sugli altri in termini di popolazione. Alla luce di queste condizioni, risulta più forte la spinta al decentramento verso i singoli enti: l’Unione, sempre in termine di percezione degli addetti ai lavori, sembra aver giocato un ruolo meno incisivo. In realtà il supporto dell’Unione c’è stato in diversi ambiti, per esempio sui servizi informatici nelle fasi successive al sisma. Per quanto riguarda invece la percezione dei cittadini sul ruolo e contributo delle Unioni nella gestione delle emergenze e nella ricostruzione, nelle interviste raccolte e nel focus group è stato suggerito che probabilmente non si è avuta particolare consapevolezza su chi sia stato effettivamente a offrire i servizi o svolgere le funzioni, Comune o Unione, così come avviene in situazioni di ordinaria amministrazione. Le Unioni sono istituzioni su cui in genere i cittadini nutrono fiducia, ma che rimangono comunque sempre un poco in secondo piano rispetto al Comune, proprio per la loro natura di istituzioni di secondo livello.
Considerazioni conclusive
Una prima analisi dei contenuti qualitativi dell’indagine su due Unioni del territorio di Modena colpite dal sisma fa emergere tre tendenze riguardo al ruolo di questi enti locali nella fase di emergenza e ricostruzione: (1) spinte centrifughe e centripete nel rapporto fra Unioni e Comuni che le compongono, che danno luogo al contempo all’accentramento e al decentramento di funzioni e competenze, e dunque di azioni e politiche; (2) un ruolo di intermediazione e di coordinamento nella governance fra Comuni e livelli di governo superiori; (3) diverse modalità e soluzioni di funzionamento sulla base delle caratteristiche dei territori, dei relativi sistemi economico-sociali e delle peculiarità delle istituzioni stesse.
Si tratta di tendenze già individuate in letteratura (e.g. Baldini et al. 2009; Bolgherini, 2014) con riferimento al funzionamento delle Unioni in situazione di ordinaria amministrazione, non di emergenza. Le Unioni sono in effetti, come sottolineato in precedenza, enti locali la cui istituzione è piuttosto recente e la cui evoluzione, anche da un punto di vista normativo, è tutt’ora in atto.
Inoltre, la regolazione di norme e linee d’azione in fase di emergenza è risultata poco chiara ed esplicita riguardo al ruolo da attribuire alle Unioni, che sono state giudicate meno cruciali rispetto al singolo Comune. In ogni caso, tale ruolo secondario è in parte spiegabile da un punto di vista politico-rappresentativo sulla base della loro natura di enti di secondo livello non eletti direttamente dai cittadini, e dunque relegati ad un ruolo secondario in una situazione critica e di emergenza quale quella del sisma.
L’esperienza presentata relativa al ruolo di alcune Unioni di Comuni nella gestione dell’emergenza-sisma del 2012 può fungere sicuramente da stimolo per altri contesti territoriali colpiti da emergenze naturali, come per esempio quelli colpiti dal sisma in Centro Italia. Come evidenziato nell’articolo, le Unioni sono istituzioni che possono fungere da grande supporto e da fulcro per coordinare gli interventi di recovery e i rapporti con gli enti sovraordinati, soprattutto nei casi in cui anche prima del sisma la cooperazione inter-municipale risultava già consolidata (e non solo formale o di facciata) e numerosi erano i servizi e le funzioni svolti in modo associato. Per esempio, il caso presentato ha evidenziato l’importanza del conferimento all’Unione dei servizi per la protezione civile, dei servizi informatici, della gestione documentale e della conservazione digitale, e il conferimento di personale a supporto dei servizi associati, soprattutto nel caso dei servizi alla persona: in questo caso è infatti possibile, dopo l’evento catastrofico, riorganizzare il personale sul territorio sulla base delle esigenze della popolazione e dei territori colpiti. Non bisogna però dimenticare alcuni ulteriori elementi contingenti che hanno contribuito a questa situazione: il ruolo della regione Emilia-Romagna che da anni incoraggia l’adozione delle Unioni e la gestione associata dei servizi e funzioni; e le specificità del tessuto economico e sociale (non esclusa la cultura della cooperazione e il capitale sociale locale), nonché la morfologia del territorio colpito dal sisma, per grossa parte pianeggiante9, che possono avere in parte facilitato il ripristino dei collegamenti e la logistica della ricostruzione.
Riferimenti bibliografici
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Baldini G., Bolgherini S, Dallara C., Mosca L., (2009), Unioni di Comuni. Le sfide dell'intercomunalità in Emilia-Romagna, Bologna, Istituto Cattaneo
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Bolgherini S., (2014), “Can Austerity Lead to Recentralisation? Italian Local Government during the Economic Crisis”, in South European Society and Politics, N. 2, pp. 193 – 214
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Fedele M. Moini E G., (2006), ‘Cooperare conviene? Intercomunalità e politiche pubbliche’, in Rivista Italiana di Politiche Pubbliche, N. 1, pp. 71 – 98.
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Pattaro A.F., Ranuzzini M., (2017), "Amministrazioni locali, ricostruzione e riorganizzazione: tra vincoli normativi e necessità contingenti", in Esposito F., Russo M., Sargolini M., Virgili V. (a cura), (2017), Building Back Better: idee e percorsi per la costruzione di comunità resilienti, Carocci editore, Roma, pp. 139 – 146
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Piazza A., (2017), “Caratteristiche dell’inter-comunalità e delle Unioni di comuni nello scenario italiano “, Le Unioni di Comuni: l’evoluzione a livello nazionale e le specificità dell’Emilia-Romagna. Seminario organizzato dall’Unione Bassa-Romagna e Poleis (29/09/2017)
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Russo M., Silvestri P. (a cura) (2016), Innovation and development after the earthquake in Emilia, Demb Working Paper Series. Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
- 1. Dato da www.comuniverso.it (consultato il 27/11/2017).
- 2. Dopo il recesso di sei Comuni dall’Unione Terre Verdiane.
- 3. Progetto Energie Sisma Emilia: [link].
- 4. Camposanto, Finale Emilia, Concordia sulla Secchia, Cavezzo, Mirandola, San Felice sul Panaro, Medolla, San Possidonio, San Prospero.
- 5. I dati sugli abitanti, tratti dal servizio statistico della Regione Emilia Romagna, fanno riferimento al 1 gennaio 2017.
- 6. Campogalliano, Carpi, Novi di Modena e Soliera. Novi di Modena è il comune che ha subito danni ingenti.
- 7. In effetti dal 1 settembre 2017 i Servizi Scolastici di Camposanto, Concordia sulla Secchia, Medolla, Mirandola, San Felice sul Panaro e San Prospero sono gestiti dall'Unione Comuni Modenesi Area Nord [link].
- 8. Nel caso dell’Unione Comuni Area Nord era presente una convenzione già prima del sisma; nel caso dell’Unione Terre d’Argine, invece, i comuni hanno conferito la funzione nel 2014.
- 9. Gli eventi sismici del 2012 hanno colpito più pesantemente territori pianeggianti precedentemente classificati a basso rischio sismico, mentre hanno colpito in modo più lieve le zone montane.