Introduzione
La revisione di Medio Termine della Politica agricola comunitaria (PAC) e la recente riforma della politica di sviluppo rurale per il 2007-13 hanno ribadito la centralità del processo di convergenza delle economie agricole e il suo importante contributo alla coesione economica europea.
In letteratura, le analisi sulla tendenza di lungo periodo alla riduzione delle disparità regionali della produttività del lavoro agricolo hanno da sempre ricevuto una particolare attenzione nell’ambito della comprensione delle grandi tendenze dell’economia moderna. Questi studi, tuttavia, risentono di diversi limiti tra i quali, di particolare rilevanza, è la disponibilità di serie storiche sufficientemente estese per affrontare un fenomeno, che per sua natura è strutturale. Rispetto all’Italia, ad esempio, i dati di fonte ufficiale non consentono di andare oltre l’intervallo temporale 1980-2002.
In tal senso, la banca dati Agrefit (1) (si veda la scheda inserita in questo numero) relativa ai ricavi, costi e produttività dei fattori nell’agricoltura delle regioni italiane tra il 1951 e il 2002 si pone come una importante base statistica per le analisi quantitative nel lungo periodo.
Agrefit e coesione
Rispetto alla tematica della coesione, la disponibilità dei valori della produttività per unità di lavoro agricolo per l'intervallo temporale 1951-2002 consente di confrontare la direzione e l’intensità del processo nel periodo di introduzione delle specifiche politiche con quelle che si sono manifestate precedentemente ad esso. La ricchezza delle variabili censite nella Banca dati Agrefit permette, inoltre, di valutare l’influenza sul processo di convergenza tra le economie agricole delle regioni italiane di alcune grandezze condizionanti che hanno importanti implicazioni di politica economica.
Gran parte delle prescrizioni di policy dell’UE hanno fatto riferimento all’approccio neoclassico: le economie considerate chiuse, che condividono gli stessi parametri strutturali e che hanno accesso alla stessa tecnologia, convergono verso un sentiero di crescita di lungo periodo che, una volta raggiunto, consentirà loro di svilupparsi allo stesso tasso. L’assenza di barriere alla libera circolazione dei fattori produttivi e la ricerca di una loro migliore remunerazione danno luogo a due flussi di natura opposta. Il capitale si sposta dalle zone a maggiore concentrazione verso quelle a minore concentrazione e la forza lavoro dalle aree più arretrate, dove è più difficile trovare occupazione, alle più sviluppate in cui il salario è oltretutto più elevato. Come conseguenza, si innesca un processo di convergenza tra le economie: le regioni periferiche, partendo da un livello di accumulazione, produzione e sviluppo inferiore rispetto alle più ricche dovrebbero crescere ad un tasso più elevato di quello di queste ultime sino a raggiungerle per poi crescere tutte allo stesso ritmo (Sassi, 2005a). Le implicazioni di politica economica che derivano dall’approccio neoclassico sono che l’intervento pubblico deve essere tale da eguagliare, a livello di stati e regioni, i parametri strutturali di base attraverso la creazione e il mantenimento del libero mercato e della perfetta mobilità dei fattori di produzione nello spazio. Le azioni di tipo correttivo non sono ritenute necessarie, poiché il manifestarsi di disparità a livello regionale è fisiologico, in un sistema che sta affrontando un intenso processo di sviluppo. Tali divergenze rappresentano un fenomeno transitorio, perché la crescita è destinata a diffondersi dalle aree inizialmente avvantaggiate a tutto il resto del territorio (Garofoli, 1992). Il processo di integrazione e l’abbattimento, in atto nell’UE, di ogni tipo di barriera sono giudicati, dal punto di vista neoclassico, in modo positivo (Cellini, 1997). L’eliminazione dei possibili ostacoli al libero funzionamento del mercato accelera il processo di avvicinamento dei rendimenti produttivi sostenendo quello di convergenza.
Studi recenti pongono però in luce la maggiore complessità del processo di catching-up che, per essere pienamente compreso, richiede il superamento del costrutto neoclassico. Ad esempio, l’assunzione di economie chiuse è particolarmente restrittiva quando l’unità di analisi è rappresentata dalle regioni. Le interazioni tra tali unità territoriali sono, infatti, meno vincolate dalle barriere istituzionali e fisiche di quanto non lo siano per gli Stati. La loro operatività, pertanto, non può essere trascurata né a livello analitico né in sede di definizione delle politiche economiche. Dall’altro lato, seguendo la teoria neoclassica, il tasso di crescita del prodotto agricolo per unità di lavoro è determinata da un progresso tecnico considerato esogeno, ovvero generato attraverso la ricerca di base condotta al di fuori del settore produttivo e indipendente dagli incentivi economici. Anche questa problematica trova scarso riscontro, soprattutto in un contesto agricolo, in cui la competitività diventa obiettivo centrale e il dibattito attorno alla necessità di sostenere il miglioramento tecnico e nella produttività totale dei fattori trova un discreto sostegno.
La banca dati Agrefit consente di affrontare questi aspetti che, in termini formali risiedono nella rimozione dell’ipotesi neoclassica:
- di stato stazionario unico e globalmente stabile e l’introduzione della possibilità per ciascuna economia di essere caratterizzata dal proprio equilibrio attraverso la verifica dell’impatto sul processo di convergenza del progresso tecnico e della produttività totale agricola;
- e di economie indipendenti, mediante la stima del ruolo degli spillover geografici e delle componenti spaziali.
Metodologia
Le metodologie di analisi oggi disponibili per l’analisi della convergenza sono di tipo parametrico e non (Bernini Carri, Sassi, 1999). Tra il primo gruppo si annoverano:
- la b-convergenza assoluta, che valuta l’esistenza o meno della tendenza delle economie più povere a crescere più velocemente delle più ricche secondo le linee di pensiero neoclassico (Sala-I-Martin, 1990);
- la b-convergenza condizionata, che stima il ruolo sul processo di convergenza di variabili in grado di agire sullo stato stazionario, vale a dire sul livello di reddito a cui le economie tendono nel lungo termine (Mankiw et al.,1992).
Per tener conto delle questioni sopra discusse, il condizionamento avviene attraverso l’introduzione nell’equazione di stima del tasso medio annuo di accumulazione del capitale, inteso come proxy del progresso tecnico, della produttività totale agricola (Sassi, 2005b) e di matrici dei pesi spaziali che permettono di verificare l’azione degli spillover o esternalità geografiche (Pecci, Sassi, 2005).
L’approccio non parametrico consente, invece, di implementare l’analisi della convergenza basata su indicatori sintetici con la comprensione della dinamica intra-regionale della produttività del lavoro in agricoltura (Quah, 1996a, b, c, d, e, 1997).
Possibili interpretazioni del processo di convergenza
L’utilizzo dei dati Agrefit, attraverso le metodologie di analisi sopra descritte, pone in evidenza alcuni elementi di particolare interesse nello studio della convergenza agricola tra le regioni italiane. Di particolare interesse è il confronto delle stime riferite al periodo 1951-2002 e a quello 1980-2002 che consente di far emergere gli elementi interpretativi innovativi del fenomeno oggetto di analisi rispetto a quanto evidenziato sino ad ora dai dati disponibili.
Allungando la serie storica all’intervallo temporale 1951-2002 si osserva, anzitutto, l’operatività di un più intenso processo di catching-up rispetto a quanto riscontrabile tra il 1980 e il 2002, nel quale le serie storiche considerate si connotano per uno scarso dinamismo, ponendo l’interrogativo dell’efficacia delle politiche di coesione nel settore agricolo che andrebbe approfondita con analisi adeguate.
L’ipotesi di convergenza neoclassica risulta confermata anche sulla base dei dati Agrefit, ma è significativa anche la capacità esplicativa della produttività totale. Poiché il tasso di accumulazione del capitale non risulta spiegare in maniera statisticamente significativa il processo di convergenza, l’avvicinamento della produttività del lavoro agricolo tra le regioni italiane sembra essere stato sostenuto non tanto dal progresso tecnico quanto dai miglioramenti tecnologici, sottolineando l’importanza di dedicare una particolare attenzione al recupero di efficienza del settore.
L’analisi delle dinamiche intra-regionali mostra un quadro più complesso nel 1951-2002 rispetto a quanto evidenziato analizzando il periodo 1980-2002, nel quale prevale la persistenza dei differenziali regionali. Allungando la serie storica, invece, si osserva l’operatività di un doppio percorso di convergenza, nell’ambito del quale si distinguono gruppi di regioni tra loro polarizzati.
Gli aspetti sono confermati anche condizionando spazialmente i modelli di verifica empirica. Anche in questo caso, però, si osservano importanti differenze a seconda della lunghezza della serie storica di riferimento. Il parametro spaziale è significativo in entrambi i casi considerati, ma i modelli usati sono diversi. Pertanto, nell’intervallo temporale 1951-2002 la crescita agricola in ciascuna regione è potenzialmente influenzata da quella nelle unità territoriali confinanti, mentre tra il 1980-2002 vi è la presenza di esternalità globali associate a shock di natura casuale.
Va, tuttavia, sottolineato che l’introduzione della variabile spaziale, pur influenzando positivamente il tasso di crescita della produttività del lavoro, non migliora in maniera significativa il valore del coefficiente di convergenza rispetto alle equazioni in cui essa è assente. In tal senso, l’approccio non parametrico suggerisce, a completamento di tale informazione, che la presenza di esternalità geografiche allontana alcuni gruppi di regioni dal raggruppamento numericamente più consistente di economie tra le quali è in atto un processo di convergenza.
L’analisi proposta pone, dunque, in evidenza la complessità del processo di convergenza agricola tra le regioni italiane. Questa va oltre lo schema interpretativo di matrice neoclassica e può essere colta con maggiore accuratezza proprio grazie alla disponibilità di serie storiche sufficientemente lunghe. In questo senso, va anche sottolineato che la banca dati Agrefit consente di disporre di dati dettagliati relativi ai ricavi, ai costi e alla produttività dei fattori, aprendo nuove prospettive di indagine, volte a verificare l’impatto sul processo analizzato di importanti variabili condizionanti, quale il capitale, alcune delle quali di difficile stima attraverso i dati di fonte ufficiale finora disponibili.
Note
(1) Rizzi P.L., Pierani P. (2006), AGREFIT: Ricavi, costi e produttività dei fattori nell’agricoltura delle regioni italiane (1951-2002), Associazione "Alessandro Bartola", Franco Angeli, Milano (in corso di pubblicazione).
Riferimenti bibliografici
- Bernini Carri C., Sassi, M. (1999), “I sistemi agricoli territoriali dell’UE tra processi di convergenza e tipologie di crescita”, serie Working Paper, n. 2, Università degli Studi di Pavia - Facoltà di Economia, Dipartimento di Ricerche Aziendali, Pavia
- Garofoli G. (1992), Economia del Territorio, Etas, Milano
- Mankiw N.G., Romer D., Weil D.N., (1992), “A Contribution to the Empirics of Economic Growth”, Quarterly Journal of Economics, 107, 2, pp. 407-437.
- Pecci, F., Sassi, M. (2005), “La convergenza delle province italiane nel periodo 1991-2000: un’analisi spaziale” in C. Brasili (a cura di), Cambiamenti strutturali e convergenza economica nelle regioni dell’Unione Europea, CLUEB, Bologna.
- Quah D.T. (1996a), “Twin Peaks: Growth and Convergence in Models of Distribution Dynamics”, The Economic Journal, 106, pp.1045-1055.
- Quah D.T. (1996b), “Aggregate and Regional Fluctuations”, Empirical Economics, 21(1), pp.137-159.
- Quah D.T. (1996c), “Convergence empirics across economies with (some) capital mobility”, Journal of Economic Growth, 1(1), pp. 95-129.
- Quah D.T. (1996d), “Empirics for Economic Growth and Convergence”, European Economic Review, 40(6), pp.1353-1375.
- Quah D.T. (1996e), “Regional convergence clusters across Europe”, European Economic Review 40, pp. 951-958.
- Quah D.T. (1997), “Empirics for Growth and Distribution: Stratification, Polarization and Convergence Clubs”, Discussion Paper n. 1586, March, Centre for Economic Policy Research, London.
- Rizzi P.L., Pierani P. (2006), AGREFIT: Ricavi, costi e produttività dei fattori nell’agricoltura delle regioni italiane (1951-2002), Associazione "Alessandro Bartola", Franco Angeli, Milano (in corso di pubblicazione).
- Sala-I-Martin X. (1990), On Growth and States, PhD Thesis, Harvard University, Cambridge.
- Sassi, M. (2005a), “L’approccio parametrico alla convergenza economica” in C. Brasili (a cura di), Cambiamenti strutturali e convergenza economica nelle regioni dell’Unione Europea, CLUEB, Bologna.
- Sassi, M. (2005b), “Il processo di convergenza nel sistema agro-alimentare italiano tra il 1980 e il 2000 e il processo del tasso di accumulazione e della produttività totale”, in C. Brasili (a cura di), Cambiamenti strutturali e convergenza economica nelle regioni dell’Unione Europea, CLUEB, Bologna.
Agrefit è una banca dati territoriale dell’agricoltura italiana per il periodo 1951-2002 costruita con encomiabile sforzo da Pier Luigi Rizzi e Pierpaolo Pierani dell’Università di Siena, secondo il Sistema Europeo dei Conti nazionali Sec95. Agrefit colma una grave lacuna informativa soprattutto per chi è interessato a comprendere le dinamiche di lungo periodo dell’agricoltura italiana. I dati contenuti sono relativi alle venti regioni italiane e a quattro macro aree (Nord occidentale, Nord orientale, Centro e Mezzogiorno). |