L'accordo BAE - Agriregionieuropa
La nascita di una nuova rivista è sempre un evento scientifico di particolare importanza. Lo è ancora di più se la rivista è promossa da una nuova associazione scientifica, in questo caso l’Associazione Italiana di Economia Agraria ed Applicata (Aieaa), fondata soltanto un anno fa. Per la sua proiezione internazionale e per le sue ambizioni scientifiche Bio-based and applied economics (BAE) è in inglese, come si conviene alle riviste scientifiche di alto livello che aspirano ad entrare nel Gotha delle pubblicazioni scientifiche. Agriregionieuropa, il cui fine è la divulgazione scientifica in lingua italiana, pubblicherà in ogni prossimo numero una versione in italiano di un articolo della BAE. Questo articolo accompagnerà una pagina con l’indice in italiano di tutti gli articoli e i rispettivi abstract. A sua volta Bio-based and applied economics promuoverà le iniziative Agriregionieuropa, specie quelle di rilievo internazionale, come Elcap, il recente corso e-Learning sulla Pac in inglese, prodotto in collaborazione con il Groupe de Bruges
Introduzione1
L’uso delle biomasse come fonti energetiche ha ritrovato negli ultimi anni un crescente interesse. Con l’aumento della popolazione mondiale, la domanda di energia è destinata anch’essa ad aumentare, e con buona probabilità le fonti fossili che attualmente soddisfano la maggior parte delle necessità energetiche, potranno non essere sufficienti. Inoltre è sempre più urgente la diminuzione delle emissioni di anidride carbonica per rallentare il riscaldamento globale. Infine, l’uso delle biomasse per la produzione di energia potrebbe incentivare la creazione di nuove opportunità lavorative nonché aumentare la competitività delle zone rurali (Fischer et al., 2005). E’ anche per queste ragioni che negli ultimi anni sia a livello europeo (Direttiva 2009/28/EC) e sia a livello dei singoli Stati membri sono state approvate iniziative legislative volte a incentivare e regolamentare le biomasse a uso energetico.
Tuttavia, nonostante il crescente interesse per le biomasse a fini energetici, la percentuale di energia primaria derivata da esse è ancora molto scarsa. Per esempio in Spagna nel 2010 il 77% dell’energia primaria consumata è stata generata da fonti fossili, mentre solo il 3,8% è stata derivata da biomassa (Idae, 2010).
Delle tre principali fonti di biomassa (agricoltura, foreste e rifiuti), la biomassa agricola è generalmente considerata quella a maggior potenziale d’uso (Eea, 2006). La biomassa agricola può derivare da colture dedicate, siano esse annuali o poliannuali. Inoltre biomassa agricola possono essere gli scarti delle coltivazioni, per esempio le stoppie e paglie dei cereali, ancora liquami degli allevamenti animali, oppure scarti delle industrie agro-alimentari. Tuttavia perché le biomasse agricole possano soddisfare la crescente domanda energetica, sono fondamentali le colture dedicate (Evans et al., 2010). Con le colture dedicate è possibile pianificare l’approvvigionamento di biomassa riequilibrando le alternanze stagionali che le altre fonti agricole presentano.
Il potenziale di biomassa agricola in Spagna è elevato. Un analisi della biomassa potenziale per usi energetici su base agronomica e climatica è riportata nel lavoro di Gómez et al. (2011); allo stesso modo la fattibilità in chiave tecnica di una centrale elettrica a bio-massa agricola è stata studiata da Gasol et al. (2009). Inoltre, Butnar et al. (2010) e Sevigne et al. (2011) con le loro ricerche hanno approfondito i possibili impatti che la coltivazione di biomasse a uso energetico potrebbe avere sulla domanda di acqua per l’irrigazione. Comunque nessuno dei lavori menzionati approfondisce il tema delle biomasse da un punto di vista economico, e soprattutto è ancora scarsa la conoscenza delle attitudini degli agricoltori verso le biomasse agricole.
Conoscere le intenzioni degli agricoltori, i quali sono i principali agenti economici a effettuare la scelta relativa alla produzione di biomassa agricola, è un aspetto molto importante per il successo delle biomasse a uso energetico. Per esempio, Sherrington et al. (2008) analizza le barriere che si interpongono nel processo di scelta degli agricoltori relativo all’adozione di colture energetiche in Gran Bretagna. L’adozione di colture energetiche è riconducibile al processo di adozione di una innovazione in azienda (Villamil et al., 2008). L’agricoltore ha bisogno di informazioni sicure e accessibili, inoltre le colture energetiche sono ancora poco diffuse e possono essere percepite come più difficili da realizzare rispetto alle colture standard. Ancora, i prezzi delle altre produzioni agricole possono essere fondamentali nella scelta di adozione di colture energetiche.
In generale l’analisi delle risposte degli agricoltori all’opportunità di adottare colture energetiche è stata ancora poco approfondita in Spagna. In questo lavoro sono riportati i risultati di una ricerca condotta nel sud della Spagna su un campione di agricoltori intervistati nel 2009, cui è stato chiesto se fossero intenzionati ad adottare una coltura energetica in azienda. L’analisi è volta a determinare i fattori decisivi che influiscono la scelta degli agricoltori di produrre biomassa a fini energetici. Per l’analisi delle determinanti è stato utilizzata la metodologia degli alberi di classificazione. Il presente contributo deriva dalla pubblicazione in corso sulla rivista Bio-based and Applied Economics (Giannoccaro e Berbel, 2012).
Materiali e metodi
L’area di studio è localizzata nella regione Andalusia, la più meridionale della Spagna. La SAU regionale è di circa 5 milioni di ettari, rappresentando il 57% della superficie totale della regione. L’agricoltura contribuisce notevolmente nell’economia generando il 6% del PIL con un 7% di occupati nel settore (Consejeria de Agricultura y Pesca, 2010).
Il clima dell’area è mediterraneo, con piogge scarse e concentrate nei periodi invernali-primaverili. In media le precipitazioni piovose sono di 560 mm/anno, ma sono altamente variabili negli anni e non mancano lunghi periodi di siccità.
Le principali colture in termini di estensione sono le colture legnose di olivo e agrumi. L’olivicoltura rappresenta da sola più di un terzo della Sau regionale. Non sono assenti mandorlo e vite, anche se in percentuali ridotte. Circa un altro terzo della Sau è diviso fra seminativi estensivi quali cereali di inverno e girasole, mentre barbabietola da zucchero, cotone e orticole varie, completano il quadro delle colture annuali più diffuse. Per la barbabietola da zucchero e il cotone le superfici interessate sono diminuite drasticamente negli anni dal 2006, in seguito al ridimensionamento degli aiuti in seno Pac. Ad oggi non restano che poco più di un centinaio di ettari coltivati (Consejeria de Agricultura y Pesca, 2010). Infine pascoli e prati permanenti completano il quadro degli usi agricoli del suolo della regione.
Un aspetto cruciale dell’agricoltura andalusa è rappresentato dall’irrigazione. A fronte di un 25% di superficie coltivata irrigua, ne deriva circa il 60% del valore economico delle produzioni. In termini di estensione è ancora l’olivo la coltura più importante, seguita dagli agrumi, seminativi estensivi e colture specifiche quali barbabietola da zucchero, cotone, mais e orticole.
Nella primavera del 2009 è stata avviata una indagine campionaria, attraverso interviste ad agricoltori delle province di Jaen, Cordoba e Siviglia. Insieme queste tre province rappresentano più del 57% della Sau regionale e il 52% degli agricoltori. Attraverso le interviste è stato somministrato un questionario. Il questionario constava di tre parti principali:
- dati relativi alla famiglia;
- dati dell’azienda;
- intenzioni di scelta riguardante diversi aspetti dell’azienda, fra cui la scelta di introdurre in azienda colture energetiche. Le domande sulle intenzioni erano a risposta chiusa di tipo dicotomico (si vs. no).
Le domande relative alle intenzioni di scelta nel futuro sono state poste considerando un orizzonte temporale di 10 anni. Lo scenario ipotetico scelto è stato di mantenere invariati al momento dell’intervista le variabili esterne quali prezzi di mercato, opportunità lavorative, aiuti Pac, disponibilità di fattori della produzione in azienda come per esempio acqua, manodopera famigliare, ecc. In questo modo, lo scopo dell’indagine era comprendere le intenzioni degli agricoltori rispetto la scelta di coltivare colture energetiche, nonché individuarne le principali determinanti di scelta. Sono state effettuate un totale di 201 interviste, cercando di rappresentare le maggiori diversità dell’agricoltura della regione, le caratteristiche strutturali delle aziende e dei loro conduttori. Il campione ha un’età media di 54 anni, la classe di dimensione aziendale superiore a 50 ettari predomina, mentre le diversità colturali sono concordi alla realtà territoriale. L’area totale risultante dal campione è di 20 mila ettari. Si rimanda il lettore al lavoro originario per maggiori dettagli sulla rappresentatività del campione. L’analisi statistica delle risposte degli agricoltori si è avvalsa della metodologia degli alberi di classificazione, con il fine di classificare il campione secondo quanto affermato relativamente la possibilità di adottare o meno una coltura energetica. La domanda come già detto era di tipo chiuso, tuttavia le risposte incerte (intervistati che non sapevano con certezza o non rispondevano) sono state anch’esse registrate. La metodologia di analisi è stata applicata su 154 osservazioni valide.
La tecnica degli alberi di classificazione è una metodologia non parametrica che utilizza algoritmi con regole determinate allo scopo di separare e classificare un campione secondo una variabile dipendente dicotomica. La variabile dipendente nella nostra analisi attiene la scelta di adottare o non adottare colture energetiche. E’ stato utilizzato quale algoritmo di selezione delle variabili indipendenti il Cart (Classification and regression trees) il quale applica l’indice di Gini per separare e classificare il campione (Breiman et al., 1984).
La procedura ha inizio considerando l’intero campione. L’algoritmo di selezione considera tutte le variabili indipendenti disponibili e procede in modo tale da ottenere la migliore separazione statisticamente significativa del campione relativamente la variabile dipendente. Il processo segue fino a che non vi sono ulteriori possibili separazioni. La struttura finale della classificazione è un albero con rami principali e rami terminali.
La tecnica degli alberi di classificazione è ampiamente utilizzata per procedure di data mining, in campi di applicazione diversi come medicina, veterinaria, o ancora in economia agraria (Viaggi et al., 2011). Le variabili considerate nella procedura di classificazione sono riportate nella tabella 1.
Tabella 1 - Variabili indipendenti
Nota: *Cereali, Oleaginose, proteaginose I valori relativi alle variabili riportate in tabella 1 sono stati ottenuti mediante il questionario somministrato agli agricoltori.
E’ possibile separare le variabili in due grandi gruppi, le determinanti che attengono le caratteristiche dell’azienda e quelle che concernono il conduttore e la sua famiglia. Nel primo gruppo troviamo la terra di proprietà, eventuali affitti, lo svolgimento di lavoro extra aziendale del conduttore dell’azienda e/o di uno dei membri della famiglia, quindi la specializzazione principale dell’azienda e l’altitudine di localizzazione dell’azienda. Del secondo gruppo fanno parte l’età e la formazione scolastica del conduttore, l’uso dei servizi di assistenza, l’appartenenza a associazioni di settore e infine la dimensione economica dell’attività agricola rispetto al reddito totale famigliare.
Risultati
Del campione intervistato solo il 21,4% (33 osservazioni di 154 valide) degli agricoltori avrebbe intenzione di adottare colture energetiche in azienda nei prossimi anni. Il risultato dell’analisi statistica attraverso l’algoritmo Cart di costruzione degli alberi di classificazione è riportato in figura 1.
Figura 1 - Albero di classificazione
La prima ramificazione dell’albero è ottenuta separando il campione mediante la variabile del lavoro extra aziendale. Il gruppo degli agricoltori che dichiara di avere intenzione di produrre biomassa in azienda nei prossimi anni, in maggioranza appartiene ad aziende a tempo pieno. Più in dettaglio, nelle aziende che adotterebbero colture energetiche il 72% (24 su 33) dei conduttori e/o i famigliari non ha un lavoro extra aziendale, impegnandosi full time nell’attività aziendale. Il nodo 2 dell’albero raggruppa meno del 40% del campione, ma con il maggior numero di intervistati che avrebbero intenzione di coltivare una coltura energetica. Seguendo questa prima ramificazione, il nodo 2 si scinde in due ulteriori rami, il nodo 5 e il nodo 6, essendo la specializzazione la variabile significativa di separazione. Il nodo 6 è un nodo terminale e raggruppa solo 4 degli agricoltori intenzionati ad adottare. In questo nodo la maggioranza delle osservazioni (22 su 26) è contraria all’adozione. Mentre sull’altro ramo (nodo 5) che raggruppa 35 osservazioni del campione, il 57% appartiene al gruppo degli intenzionati ad adottare. Le aziende specializzate in seminativi di campo, altre legnose e allevamento sono quelle fra le specializzazioni dell’area di studio che presentano maggior probabilità di adottare colture energetiche. Successivamente la divisione dell’albero di classificazione si basa sulle dimensioni aziendali che riguardono la terra di proprietà. Sono ottenuti due nodi, rispettivamente il nodo 9 dove ricadono le aziende con meno ettari di terra posseduta, quindi il nodo 10 dove si raggruppano le aziende più grandi. Metà degli agricoltori raggruppati nel nodo 10 è intenzionato ad adottare una coltura energetica. Questo versante dell’albero di classificazione termina nei nodi 11 e 12. Essi sono nodi terminali e ancora una volta la variabile di separazione è la dimensione aziendale in termini di terra posseduta. Le aziende più grandi sono quelle che avrebbero più probabilità di adottare una coltura energetica in futuro.
Passando ora all’altro versante dell’albero, è da sottolineare che sebbene la maggioranza del campione (93 osservazioni di 145) è raggruppata in questa ramificazione, meno del 10% degli intervistati è intenzionato ad adottare colture energetiche. In questo caso, fra le aziende part time, ovvero con un lavoro extra aziendale (nodo 1), quelle nelle quali il conduttore possiede un livello di formazione scolastica più alto presentano una maggiore disposizione ad adottare colture energetiche. Per contro, il nodo 3 il quale è anche un nodo terminale dell’albero, raggruppa il maggior numero di intervistati che non avrebbero intenzione di adottare colture energetiche. Il nodo 4 è ulteriormente diviso in due nodi terminali, nodo 7 e 8, per i quali la variabile discriminatoria è la specializzazione aziendale.
L’algoritmo Cart permette inoltre di ottenere una classifica in funzione dell’importanza delle variabili significative dell’albero di classificazione. Nella presente analisi le variabili in ordine di importanza sono risultate essere la specializzazione aziendale, la terra di proprietà, il lavoro extra aziendale, nonché il livello di formazione scolastica del conduttore.
Nell’insieme l’algoritmo di classificazione ottenuto presenta buona congruenza statistica dei risultati, con un 84% di precisione nella previsione totale.
Considerazioni conclusive
L’analisi delle determinanti di adozione di colture energetiche nell’area di studio ha riportato fra le caratteristiche aziendali significative il lavoro extra aziendale, la specializzazione e dimensioni aziendali. Per le variabili attinenti le caratteristiche personali dell’agricoltore è risultato significativo il livello di formazione scolastica.
Il lavoro extra aziendale è una caratteristica molto diffusa nel sud della Spagna, così come in molte altre aree agricole mediterranee. L’adozione in azienda di nuove attività, quali per esempio le colture energetiche può generare cambiamenti nella gestione del calendario delle operazioni colturali che potrebbero contrastare con le esigenze di lavoro extra aziendale (Hipple and Duffy, 2002).
Riguardo alle specializzazioni aziendali, la complessità di adottare nuove coltivazioni ancora poco diffuse, potrebbe scontrarsi con la maggior facilità di gestione che colture standard come l’olivo e cereali d’inverno hanno nell’area di studio. Infatti i risultati dell’albero di classificazione mettono in evidenza che le aziende specializzate in olivicoltura e colture Cop sono quelle che hanno meno probabilità di adottare colture energetiche. Per contro, le aziende specializzate in seminativi di campo, altre legnose e allevatrici di bestiame, sono quelle che hanno maggiore disposizione ad adottare colture energetiche. Inoltre, come anche Bocquého et al. (2011) hanno segnalato per gli agricoltori francesi, alcune aziende coltivatrici di barbabietola da zucchero, in seguito alla riforma della Pac, hanno visto ridurre le superfici sostenute dagli aiuti. Queste aziende avrebbero maggiore probabilità di adottare colture energetiche. Infine la terra di proprietà dell’azienda e il livello di formazione degli agricoltori sono significativi. Questi risultati sono in linea con la letteratura economica che riconosce essere importanti determinanti di scelta di adozione di innovazioni e non meno di nuove colture.
Questo lavoro si basa su un campione relativamente esiguo di intervistati e certamente non deve essere considerato esaustivo. L’adozione di colture energetiche, in un’area nella quale non sono ancora presenti esempi concreti, ha bisogno di approfondimenti. Sebbene i risultati riportati trovano concordanza con altri studi condotti in altre aree agricole, la ricerca in futuro dovrebbe considerare un maggior numero di variabili, che potrebbero intervenire nel processo di scelta degli agricoltori riguardo l’adozione di colture energetiche. Vale la pena riportare alcuni esempi, quale potrebbe essere la riforma Pac in essere, sia per quanto riguarda gli incentivi diretti, sia per le variazioni negli aiuti per le altre colture.
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- 1. La ricerca presentata in questo lavoro è stata realizzata nell’ambito del progetto europeo Cap-Ire (Assessing the multiple Impacts of the Common Agricultural Policies (Cap) on Rural Economies) finanziato dalla Commissione europea attraverso il 7º Programma Quadro. Questo contributo non esprime la posizione della Commissione Europea. Le opinioni discusse nel contributo appartengono all’autore.