Nella politica agraria dell’Unione Europea sono da lungo tempo presenti provvedimenti a favore dell’insediamento di giovani agricoltori. In teoria, dovrebbero tendere a favorire l’entrata di giovani nel settore; nell’applicazione pratica, spesso hanno il risultato di anticipare la sostituzione nella gestione aziendale dei figli che già lavorano in azienda (Carbone et al., 2005).
Qual è la ragione di questa preferenza dell’UE per i giovani? Ha un senso economico? Ci proponiamo con questa nota di mostrare le ragioni che stanno al di sotto di questo indirizzo dell’Unione Europea. Una delle ragioni principali della crescita economica è l’aumento dello stock di conoscenze. Nel passato, soprattutto in agricoltura, queste derivavano principalmente dall’esperienza, ed erano trasmesse attraverso l’apprendimento tradizionale, di generazione in generazione. L’esperienza pratica era quindi una forma di accumulazione della conoscenza, il che spiega il rispetto verso le generazioni anziane che era presente nelle società tradizionali. Con lo sviluppo scientifico e tecnologico, la conoscenza diventa in larga parte incorporata in fattori di produzione, come i macchinari, le sementi selezionate, i fitofarmaci. L’accumulazione della conoscenza si fa più veloce, ed uno dei fattori di successo di un settore o di un’economia diventa la prontezza con cui le innovazioni, che sono man mano rese disponibili dalla ricerca scientifica e tecnologica, vengono adottate. Ed è sotto questo aspetto che gli agricoltori più giovani diventano importanti per la crescita del settore.
Orizzonte di investimento e giovani agricoltori
Una delle ragioni per cui i giovani sono considerati preferibili nella gestione delle aziende riguarda le decisioni di investimento. Quando la decisione riguarda investimenti a lungo termine, risulta decisivo il tempo che la persona considera nel compiere la sua scelta. Un giovane che ha davanti a sé molti anni di attività può tranquillamente effettuare l’investimento a lungo termine, con una ragionevole sicurezza di poter riceverne i benefici. Non altrettanto si può dire per un conduttore anziano, tanto più se non ha successori in azienda: difficilmente in queste situazioni attuerà investimenti impegnativi, e questo ovviamente riduce il reddito del settore. L’altro aspetto altrettanto importante riguarda gli investimenti non in beni materiali, ma in formazione: anche questa, sia l’istruzione generale, sia la formazione specifica o professionale, deve essere considerata un investimento in capitale umano. Di nuovo, esso è tanto più produttivo quanto è più lungo l’orizzonte temporale entro il quale può espletare i suoi effetti.
Scolarizzazione e classi di età
La scolarizzazione può essere o meno produttiva per il settore agricolo a seconda delle situazioni economiche (Huffmann, 2001); in agricolture tradizionali, l’esperienza acquisita sul lavoro può essere maggiormente produttiva rispetto alla scolarizzazione, ma in contesti economici caratterizzati dal cambiamento e dall’arrivo continuo di nuove tecnologie, la seconda ha un indubbio vantaggio. Le generazioni giovani sono maggiormente scolarizzate di quelle più anziane, dato che con la crescita del reddito, e con l’elevamento dell’obbligo scolastico, la frequenza scolastica è cresciuta, così come la durata media degli studi. La tabella 1 presenta alcuni dati illustrativi, tratti dal Censimento dell’agricoltura del 2000 (sono relativi al Piemonte, ma la situazione non è probabilmente molto diversa nelle altre regioni): è evidente come la presenza di laureati e diplomati sia maggiore fra i giovani e decresca con l’età. La stessa tabella riporta la percentuale di conduttori che hanno seguito corsi professionali agricoli; in questo caso la percentuale sale leggermente dalla classe di età sotto i 40 anni a quella 41-50 (chi ha terminato gli studi da pochi anni probabilmente non si iscrive alla formazione professionale), ma poi scende.
Nel complesso, questi dati indicano indubbiamente una crescita nel tempo della scolarizzazione e della formazione dei conduttori agricoli.
Tabella 1 - Conduttori per titolo di studio e classe di età (%) in Piemonte
Fonte: ISTAT Censimento dell'agricoltura 2000
Età, scolarizzazione e redditi
Che l’età del conduttore abbia un’influenza sui redditi aziendali è mostrato dalla tabella 2, che presenta le medie, per classe di età del conduttore, del Reddito lordo standard (Rls) aziendale; quest’ultimo, come noto, è un indicatore della dimensione economica delle aziende. Il Rls diminuisce costantemente passando a classi di età maggiori del conduttore. Bisogna tuttavia evitare di interpretare questi dati nei termini “chi è più giovane guadagna di più”. Questa distribuzione è invece con ogni probabilità il risultato di due tendenze: da una parte, restano in agricoltura i successori delle aziende più grandi e redditizie (Corsi, 2006), che quindi hanno in media conduttori più giovani delle altre; dall’altra, c’è un processo di “intrappolamento in agricoltura” di conduttori anziani. In altre parole, rimangono in agricoltura conduttori che potenzialmente potrebbero avere redditi maggiori in altri settori ma che, per le caratteristiche del mercato del lavoro, non possono trovare un’occupazione se superano una certa età, e quindi sono costretti a rimanere in agricoltura con redditi limitati. In effetti, è relativamente più semplice lasciare il settore in età giovane che in età matura, come si constata anche nell’attività a tempo parziale: tutti gli studi su questo argomento (ad es. Corsi e Findeis, 2000) tipicamente trovano un andamento prima crescente e poi decrescente con l’età della probabilità di avere un lavoro fuori azienda.
Tabella 2 - Reddito lordo standard medio aziendale per età del conduttore in Piemonte
Fonte: ISTAT Censimento dell'agricoltura 2000
I rapporti fra titolo di studio del conduttore e redditi aziendali sono invece molto meno univoci. Come si può vedere dalla tabella 3, il Rls medio più alto si ha nelle aziende il cui conduttore ha come titolo di studio la media inferiore, seguite da quelle con conduttore diplomato, e solo al terzo posto con conduttore laureato. In effetti, la letteratura indica che i diversi livelli di scuola possono avere effetti differenti sulla produttività del lavoro in azienda. L’educazione di base, centrata sull’alfabetizzazione, sull’aritmetica e sulla soluzione dei problemi, ha generalmente effetti positivi sulla produttività del lavoro agricolo; la scuola secondaria presenta un vasto spettro di preparazioni, che vanno dalle competenze specifiche alla preparazione dell’università, e la sua influenza sulla produttività del lavoro agricolo può molto variare; il livello universitario ha effetti positivi nelle situazioni in cui è richiesta l’applicazione della scienza e della gestione aziendale (Huffmann, 2001); ne segue che l’effetto della scolarizzazione sui redditi agricoli non è univoco. Questo è tanto più vero in quanto la scolarizzazione ha effetti contrastanti sulla scelta da parte dei giovani dell’attività agricola rispetto a quella in altri settori. Da un lato, una maggiore scolarizzazione può migliorare la produttività del lavoro in azienda, garantendo maggiori redditi e spingendo a scegliere questo lavoro; dall’altro, alza il salario che potenzialmente il giovane potrebbe guadagnare in altre attività, inducendolo quindi a lasciare l’agricoltura. In generale, gli studi mostrano che questo secondo effetto è più forte, col risultato di diminuire la percentuale di addetti con alta scolarizzazione in agricoltura e di drenare dal settore una parte delle energie più brillanti.
Tabella 3 - Reddito lordo standard medio delle aziende per titolo di studio del conduttore in Piemonte
Fonte: ISTAT Censimento dell'agricoltura 2000
Scolarizzazione e adozione delle innovazioni
Ovviamente, questo non implica che favorire la scolarizzazione degli agricoltori sia negativo. Anzi, una serie di studi mostra un effetto positivo del livello di scolarizzazione sull’adozione di innovazioni. Questo si è dimostrato vero anche in paesi in via di sviluppo: ad esempio, l’adozione di varietà ad alta resa nell’ambito della Rivoluzione verde è risultata legata al completamento della scuola primaria (Foster e Rosenzweig, 1995), come l’uso di analisi del suolo e fertilizzanti (Strauss et al., 1991), anche se in questi contesti l’esperienza sembra ancora giocare un ruolo importante. Un buon esempio di velocità di adozione in paesi sviluppati riguarda invece l’uso dei computer nelle aziende agricole; diversi studi hanno mostrato che l’adozione precoce dei PC era correlata con una educazione superiore. Più in generale, questo è risultato vero per innovazioni disponibili da poco tempo, la cui adozione era influenzata dal livello di scolarizzazione, mentre non risultavano effetti significativi sull’adozione di innovazioni disponibili già da tempo. La spiegazione sta nel fatto che l’adozione di una innovazione poco “conosciuta” implica un investimento vero e proprio in informazione, e la scolarizzazione aiuta a effettuare queste scelte.
Giovani e capitale umano specifico
Se quanto detto finora porta ad enfatizzare il ruolo della conoscenza scientifica, acquisita attraverso la scuola, non va per questo dimenticato che una parte importante di conoscenza deriva comunque dall’esperienza sul lavoro. Anche se le capacità tecniche sono sempre più basate, piuttosto che sulla conoscenza derivante dall’esperienza, sulla conoscenza scientifica e tecnologica (che oltretutto cambia rapidamente rendendo obsoleto quanto appreso precedentemente), la scienza e le innovazioni tecnologiche devono essere adattate e applicate alle condizioni specifiche della zona e dell’azienda; la conoscenza di queste è quindi importante per la produttività dell’applicazione stessa della scienza e della tecnologia.
Inoltre, per sfruttare le specificità locali che sono alla base della differenziazione dei prodotti (DOC, DOP, ecc.), occorrono non solo conoscenze tecniche adattate alla località, ma anche la capacità di commercializzazione e quella di aderire o addirittura creare l’azione collettiva dei produttori per la valorizzazione dei prodotti locali, tutte capacità che sono molto legate all’esperienza. In questi casi, quando è importante la conoscenza specifica acquisita attraverso l’esperienza, i giovani sono ovviamente in situazione svantaggiata. Sarebbe quindi desiderabile che le conoscenze acquisite attraverso l’esperienza siano trasmesse alle nuove generazioni; questo normalmente avviene se la conduzione aziendale viene trasmessa all’interno della famiglia. La mancanza di successori familiari, che interessa una parte notevole dell’agricoltura italiana, è quindi un fenomeno preoccupante, anche se le aziende nelle quali sono rilevanti forme di conoscenza specifica o profili tecnici elevati sono relativamente meno colpite dal fenomeno. Sarebbe comunque una buona politica quella di favorire la trasmissione delle conoscenze specifiche alle nuove generazioni, anche quando non coincidono con gli eredi dei conduttori; alcuni suggerimenti in questo senso vengono anche da esperienze francesi (Corsi et al., 2005).
Le considerazioni svolte sui vari aspetti del capitale umano in relazione ai giovani nel complesso suggeriscono che l’intervento dell’UE che favorisce i giovani è giustificato da ragioni economiche, ma che non va dimenticato il ruolo delle conoscenze accumulate attraverso l’esperienza, di cui andrebbe favorita la trasmissione nei casi in cui questa non avviene per successione familiare nella conduzione delle aziende.
Riferimenti bibliografici
- Huffman W. E. (2001) Human capital: education and agriculture in B. Gardner e G. Rausser (eds.), Handbook of agricultural economics, Elsevier, Amsterdam
- Carbone A., Corsi A. Sotte F. (2005) La misura giovani tra nuovo Regolamento sullo sviluppo rurale e prime evidenze dell’applicazione 2000-2003, Agriregionieuropa, n. 2, 12-16 [link]
- Corsi A., Findeis J.L. (2000) True state dependence and heterogeneity in off-farm labour participation, European Review of Agricultural Economics, 27 (2): 127-151
- Corsi A. (2006) Which Italian family farms will have a successor? Poster paper presentato alla 26° Conference of the I.A.A.E., Gold Coast, Australia, 12-18 agosto 2006, [link]
- Corsi A., Carbone A., Sotte F. (2005) Quali fattori influenzano il ricambio generazionale?, Agriregionieuropa, n. 2, 9-12 [link]
- Foster A.D., Rosenzweig M.R. (1995) Learning by doing and learning from others: Human capital and technical change in agriculture, Journal of Political Economy, 103: 1176-1209
- Strauss J., Barbosa M., Teixeira S., Thomas D, Junior R.G. (1991) Role of education and extension in the adoption of technology: A study of upland rice and soybeans farmers in Central-West Brasil, Agricultural Economics, 5: 341-359