Introduzione
Le complesse relazioni tra campagna e città stanno suscitando crescente interesse da parte del mondo istituzionale e scientifico. A ciò si accompagna, da un lato, il progressivo riconoscimento delle molteplici funzioni ambientali e paesaggistiche svolte dall’agricoltura nelle aree periurbane, dall’altro, il crescente interesse a creare rapporti più diretti tra i produttori agricoli e i consumatori, come evidenziato dalle numerose iniziative di filiera corta collegate ai mercati cittadini. La tutela degli spazi rurali in Italia, come in altre realtà europee, è sempre più oggetto di azioni di pianificazione e di programmazione volte a garantirne lo sviluppo, contrariamente a quanto avvenuto negli ultimi decenni caratterizzati da un governo del territorio che considerava le aree rurali a servizio di quelle urbane. Ciò è ben evidenziato dal rilevante processo di urbanizzazione che in Italia ha interessato vaste superfici agricole, anche laddove vi erano ottime potenzialità produttive.
E’ ugualmente evidente come gli spazi agricoli prossimi ai centri urbani presentino, anche in aree di pregio paesaggistico e ambientale, prevalenti caratteristiche di residualità, giacché le scelte di governo del territorio ne hanno progressivamente (de)limitato gli spazi e le funzioni, senza valutare sufficientemente l’opportunità di salvaguardare, almeno in parte, il ruolo svolto dall’agricoltura, anche a beneficio della stessa città.
Il recupero e lo sviluppo dell’agricoltura periurbana implicano quindi un radicale cambiamento degli indirizzi di governo del territorio. In particolare si segnala la necessità di una programmazione di sviluppo rurale che tenga conto anche delle necessità delle aree agricole a elevata incidenza urbana e di una pianificazione che tuteli e valorizzi le aree agricole residuali di cintura urbana.
Prospettive di sviluppo e progetto agro-urbano
Le prospettive di sviluppo dell’agricoltura periurbana dipendono dal suo potenziale in termini di multifunzionalità (dalla conservazione di elementi rurali paesaggistici tradizionali alla produzione di biomasse a fini energetici, dalla fitodepurazione all’erogazione di servizi sociali) e di diversificazione delle attività in relazione ai rapporti di reciprocità stabiliti con le aree urbane (da modelli agricoli basati esclusivamente sulla produzione primaria a modelli basati prevalentemente sull’erogazione di servizi).
A nostro avviso il modo migliore per affrontare la sfida dello sviluppo dell’agricoltura periurbana è di avviare un “progetto agro-urbano” inteso come “laboratorio progettuale”, in cui si sperimenti l'integrazione tra governo e sviluppo del territorio e si consolidino i legami tra i differenti portatori di interesse delle componenti urbana e rurale (Galli e Bonari, 2009; Méasson, Loudiyi, Lardon, 2009). In particolare, adottando come centro di proiezione l’azienda agricola, risulta evidente che la trasformazione dei modelli agricoli tradizionali in modelli agricoli periurbani – anche laddove siano presenti le più favorevoli condizioni di prossimità e inclusione in aree urbane – debba essere affrontata partendo dalle specificità locali. In questo senso il progetto agro-urbano può essere attivato attraverso strategie diverse, ma anche complementari. Si ricordano le esperienze di vendita diretta, gestite in forma individuale o collettiva, che trovano espressione nella già citata "filiera corta" (Rossi, Brunori, Guidi, 2008). Alcune di queste si caratterizzano per un più stretto rapporto di interazione tra produttore e consumatore, ad esempio attraverso la costituzione di associazioni che si impegnano con un contratto a sostenere l’azienda per tutta la stagione produttiva condividendo i costi, i rischi e i ricavi (DeMuth, 1993). Nel complesso tali esperienze possono trovare contesti favorevoli nei parchi agricoli urbani, ossia in modelli di parco che intrecciano la salvaguardia e la tutela del territorio con la difesa della funzione economica dell’agricoltura e che, congiuntamente, rispondono alla domanda sempre più pressante della comunità urbana in termini di spazi aperti, fruibili e ricchi di significativi valori culturali e in termini di nuove forme di consumo (Magnaghi e Fanfani, 2009). In modo più circoscritto tali finalità possono essere perseguite con gli orti urbani; si stanno, ad esempio, moltiplicando le iniziative attraverso cui piccoli appezzamenti di terreno ricavati in aree urbane di proprietà pubblica sono dati in gestione per la produzione e la vendita diretta ai cittadini (Ingersoll, Fucci, Sassatelli, 2007). Ancora da approfondire è invece l’implementazione in aree periurbane dei cosiddetti servizi agroecosistemici (manutenzione degli scoli e dei canali di drenaggio; gestione di habitat ad alto valore naturalistico; gestione di strutture e coltivazioni per la fauna selvatica, ecc.) e paesaggistici (conservazione di matrici agro-forestali tradizionali; gestione di spazi ad alto valore estetico – percettivo, ecc.) da parte di aziende singole o associate. Alcune esperienze in questa direzione sono i cosiddetti “accordi di custodia del territorio” che si realizzano tra un ente territoriale e una o più aziende per interventi a valenza ambientale di interesse collettivo1.
Configurazioni spaziali e macro-tipologie di agricoltura periurbana
Allo scopo di considerare il progetto agro-urbano come laboratorio progettuale, attraverso cui generare localmente virtuose relazioni fra città e mondo agricolo, crediamo utile ricondurre le diverse specificità a tre macro-tipologie di sistema territoriale. I criteri distintivi di ciascuna di esse caratterizzano anche la configurazione spaziale degli usi del suolo, di seguito rappresentati attraverso schematizzazioni geografiche (Lardon, 2006):
Sistemi territoriali con un tessuto urbano diffuso e disperso: si tratta di sistemi caratterizzati da un tessuto urbano quasi continuo, inframmezzato da piccole aree agricole non comunicanti (Figura 1); questa tipologia è ricorrente in aree con forti vincoli naturali (es. pianure di costa limitate da catene montuose o pianure di fondovalle) o, più semplicemente, in aree soggette a un’espansione urbana rapida e non “governata”.
Frequentemente questi sistemi presentano una forte incidenza anche delle infrastrutture viarie.
In questo caso l’agricoltura, qualificabile come “infraurbana”, contribuisce al mantenimento degli spazi verdi in aree prevalentemente residenziali, svolgendo ugualmente funzioni ambientali (es. conservazione di habitat residuali) e paesaggistiche (es. mantenimento di alberature). L’inclusione nel sistema abitato ne esalta le funzioni sociali (es. fattorie didattiche). Di contro, fare agricoltura in questi casi comporta alcuni vincoli: piccole superfici disponibili; difficile accesso alla proprietà; difficili sistemazioni idrauliche; commistione con l’edificato con conseguenti possibili conflitti per l’impatto delle pratiche agricole (es. letamazioni, trattamenti fitosanitari, lavorazioni). Tali limitazioni ne condizionano i potenziali indirizzi produttivi.
Quelli frutticoli e orticoli sono i più adatti per la possibilità di realizzarli su piccole superfici e perché ben si prestano alla vendita diretta; in alcuni casi possono essere associati a particolari tipologie di allevamento (es. allevamenti di animali da cortile). La conduzione è per lo più in forma diretta e in molti casi part-time, ma la forte competizione tra uso agricolo e uso per edificazione genera prezzi della terra estremamente elevati con evidente ulteriore penalizzazione dell’agricoltura residuale.
Figura 1 – Sistemi territoriali con un tessuto urbano diffuso e disperso
Fonte: Nostra elaborazione
Sistemi territoriali con un tessuto urbano organizzato in poli e assi: si tratta di sistemi in cui si distinguono i tessuti a prevalente carattere rurale da quelli a prevalente carattere urbano; in altre parole sono presenti fenomeni insediativi circoscritti ad alcuni poli o lungo alcune direttrici (es. lungo le principali vie di comunicazione). In entrambi i casi, le dinamiche dispersive dell’abitato e delle infrastrutture viarie sono limitate.
Il tessuto rurale ha mantenuto sufficientemente integro l’assetto produttivo e le aree agricole si presentano continue, seppur delimitate dai fronti di crescita urbana (Figura 2).
In questo caso l’identità propriamente agricola cresce proporzionalmente con la distanza dalle aree urbanizzate e dalle vie di comunicazione, mentre le aree frammiste sono limitate. In queste ultime si registrano dinamiche, in termini di isolamento delle aree agricole, analoghe al precedente sistema, anche con interazioni conflittuali con la componente urbana; viceversa nelle aree a maggiore carattere agricolo le funzioni produttive, ambientali e paesaggistiche non sono state compromesse. Accanto agli spazi fruiti come verde di prossimità (es. per fruizione escursionistica e ricreativa, seconde case) e qualificati da specifici caratteri rurali (es. tradizionali costruzioni rurali, mosaico degli appezzamenti, terrazzamenti, siepi, ecc.), le aziende agricole possono diversificarsi sia per tipo di conduzione (professionali, part-time, hobbistiche), sia per orientamento produttivo. Possono, infatti, essere presenti aziende orto-frutticole anche con colture condotte in forma più estensiva rispetto al precedente sistema; è inoltre facilmente ipotizzabile la coesistenza con aziende a seminativi e con allevamenti zootecnici a diverso indirizzo. Rispetto al sistema precedente sono infine rilevabili una maggiore disponibilità di superfici agricole a prezzi accessibili e una minore conflittualità con i residenti “urbani”. Anche in questo caso, però, la prossimità a poli urbani può imprimere ulteriori importanti cambiamenti di destinazione d’uso (da agricolo a industriale o artigianale o per nuove lottizzazioni) di una certa consistenza.
Figura 2 – Sistemi territoriali con un tessuto urbano organizzato in poli e assi
Fonte: Nostra elaborazione
Sistemi territoriali con un tessuto prevalentemente rurale: si tratta di sistemi con un tessuto urbano rado e costituito da piccoli centri rurali – come “isole” all’interno di aree a matrice agricola –gravitanti su un centro urbano principale e con scarse dinamiche di espansione (Figura 3).
Questo sistema è ormai raro e si caratterizza per la sostanziale conservazione degli assetti territoriali tradizionali. Ciò può essere stato favorito da una situazione di marginalità rispetto ai principali poli di sviluppo economico, dalla presenza di particolari vincoli di governo del territorio (es. l’esistenza di aree protette), oppure da una marcata vocazionalità di alcuni indirizzi agricoli che ha determinato la conservazione della sua destinazione produttiva (es. distretti vitivinicoli). L’uso agricolo su ampie superfici ha in molti casi consentito di mantenere anche elementi naturali e paesaggistici, si tratta in altre parole di sistemi che possono svolgere molteplici e importanti funzioni (tutela della biodiversità, manutenzione della rete scolante a livello di comprensorio, conservazione del suolo, ecc.). Tali caratteristiche pongono l’accento sull’importanza di garantirne uno sviluppo sostenibile. In questi sistemi la gestione dell’agricoltura è associata spesso ad aziende di medie-grandi dimensioni con conduzioni di tipo professionale. La vocazione agricola, anche in termini di capacità produttiva, può generare nuove opportunità di sviluppo se integrata al sistema urbano: ad esempio attraverso la creazione di microdistretti agroalimentari, il potenziamento dei servizi turistici enogastronomici, il collegamento con la ristorazione e le mense della città, ecc. .
Figura 3 – Sistemi territoriali con un tessuto prevalentemente rurale
Fonte: Nostra elaborazione
Alcune riflessioni sullo sviluppo delle agricolture periurbane
Il rapporto tra campagna e città è declinabile in varie forme e dunque esistono differenti opportunità di sviluppo. Nelle prime due tipologie di sistema territoriale sopradescritte (Sistemi territoriali con un tessuto urbano diffuso e disperso e Sistemi territoriali con un tessuto urbano organizzato in poli e assi) emergono soprattutto le potenzialità delle produzioni orticole e frutticole (inclusi vite e olivo) e degli allevamenti di piccole dimensioni, destinate al consumo fresco per i mercati locali. Tale destinazione consente di valorizzare la complementarietà tra le produzioni; i sistemi colturali a basso input e alto ricorso a manodopera, anche di tipo stagionale; i modelli di gestione della filiera aperti anche a forme imprenditoriali part-time; le organizzazioni produttive coinvolgenti direttamente i consumatori attraverso i circuiti brevi di commercializzazione.
Nella terza tipologia (Sistemi territoriali con un tessuto prevalentemente rurale) sono senz’altro da identificare quelle produzioni che soddisfino le esigenze di mercati più ampi, con modelli di filiera più strutturati e in cui i processi di trasformazione e le forme di commercializzazione siano diversificate in un rapporto diretto con le esigenze di consumo dei poli urbani. La fattibilità dei progetti “agro-urbani” si lega necessariamente ad azioni che, oltre a garantire un adeguato supporto tecnico per l’ottimizzazione delle fasi produttive e di trasformazione, sostengano le forme di mercato/consumo in grado di assorbire i prodotti agro-alimentari dei sistemi locali. Inoltre, nell’ipotesi di promuovere un nuovo sviluppo dell’agricoltura periurbana, è a nostro avviso determinante che nelle varie azioni di programmazione e pianificazione prevalga un approccio integrato attraverso cui realizzare congiuntamente lo sviluppo dell’agricoltura delle aree prossime alla città, la qualificazione del sistema insediativo urbano e delle infrastrutture ad esso connesse, la tutela e la valorizzazione delle risorse ambientali, paesaggistiche e storico-culturali del territorio.
Riferimenti bibliografici
- DeMuth S., (1993), Community Supported Agriculture (CSA): An Annotated Bibliography and Resource Guide. Sito: [link] – Ultimo accesso 3marzo 2009
- Galli M., Bonari E., (2009), “Dal progetto agrourbano al parco agricolo”, Locus, ETS, Pisa, pp.83-89.
- Ingersoll R., Fucci B., Sassatelli M. (2007), Agricoltura urbana: dagli orti spontanei all'agricivismo per la riqualificazione del paesaggio perturbano, Regione Emilia Romagna, Bologna. [link] – Ultimo accesso 15 febbraio 2009
- Lardon S. (2006), Organisation spatiale des exploitations agricoles dans des territoires locaux, in Benoît M., Deffontaines J.P., Lardon S. (a cura di), Acteurs et territoires locaux. Vers une géoagronomie de l’aménagement, Editions INRA, Savoir faire, pp. 103-129.
- Magnaghi A., Fanfani D. (a cura di) (2009), Patto città-campagna. Un progetto di bioregione urbana per la bioregione policentrica della Toscana centrale, Alinea, Firenze.
- Measson L., Loudiyi S., Lardon S. (2009), “Construction des capacités de développement territorial dans les zones-charnières. L’exemple de Volvic Sources et Volcans”, Revue d'Auvergne, 123(590-591), pp. 131-153.
- Rossi A., Brunori G., Guidi F. (2008), “I mercati contadini: un’esperienza di innovazione di fronte ai dilemmi della crescita”, Rivista di diritto alimentare, Numero 3, pp. 21-27. [link] Ultimo accesso 15 febbraio 2009
- 1. Un forte impulso all’erogazione dei servizi agroecosistemici è stato dato dal Decreto Legislativo 18 maggio 2001, n. 228 "Orientamento e modernizzazione del settore agricolo".