Introduzione: riflessioni sul concetto di "governance"
Il termine governance ha molteplici interpretazioni ed accezioni diverse (Rhodes, 1996; Kjær, 2004; Jessop, 2006; Lanzalaco e Lizzi, 2008). Qui è inteso come "un modo o un sistema di gestione", ovvero quell’insieme di processi, procedure, risorse, istituzioni e attori che determinano come vengono prese e attuate le decisioni in una certa area o in un certo ambito di azione politica, quale ad esempio quella dello sviluppo rurale. Il concetto di governance fa riferimento alle modalità con le quali l’autorità decisionale viene distribuita tra gli attori: a volte sono le pubbliche istituzioni a dominare (Pierre e Peters, 2000), altre volte gli attori economici privati (Cashore, 2002) o le organizzazioni non governative (ONG), in altri casi i rapporti di potere possono essere abbastanza bilanciati tra le diverse categorie di attori.
Possiamo identificare due principali modelli di governance. Uno più tradizionale (Peters, 2000), dove il processo decisionale procede dall’alto verso il basso (top-down), prevalgono le organizzazioni pubbliche con le loro gerarchie verticali ed un solo decisore preponderante, con compiti ben definiti e delimitati, e dove le stesse organizzazioni pubbliche devono avere capacità di controllare la società e l’economia attraverso la formulazione e l’attuazione di politiche orientate ad obiettivi. Una seconda modalità di governance, di più recente formalizzazione (Peters, 2000), prevede un approccio orientato al consenso e a modalità decisionali collettive basate sul coordinamento di molteplici livelli e settori, ovvero sulla creazione e gestione di reti (networking) intese come interazioni dinamiche - a volte sfocate - tra una pluralità di attori diversificati, inclusi i rappresentanti della società civile nel senso più ampio del termine, i cui rispettivi compiti non sempre sono chiaramente definiti (Kjær, 2004; Di Iacovo e Scarpellini, 2006).
Il significato più comune e condiviso del termine governance si riferisce a questo secondo modello, cioè alla capacità della pubblica amministrazione di gestire e dirigere network, coinvolgendo attori pubblici e privati di varia natura in processi politico-decisionali, promuovendo il dialogo, la condivisione di responsabilità, la partecipazione e il coordinamento di molti attori a molti livelli (CE, 2001). Nell’ambito dell’economia e della politica rurale, tale modello è stato promosso soprattutto dalle politiche europee per il decentramento e lo sviluppo integrato, che trovano applicazione in programmi quali il LEADER (Cavazzani, 2006). L’uso sempre più ampio e diffuso del termine rispecchia la crescente importanza data in diversi settori alla ‘buona governance’ come elemento di garanzia e stabilità degli investimenti nei paesi del terzo mondo ma anche in ambito europeo (EC 2001, 2004; Wesselink, Paavola 2008; OECD 2008; Kaufmann et al. 2009).
Alla base di questo lavoro vi è l’ipotesi che una adeguata valutazione della qualità della governance in ambito rurale sia un utile strumento di supporto nella formulazione, attuazione e revisione delle politiche pubbliche, contribuendo a migliorare le modalità di gestione del settore. Per potersi confrontare con successo con la complessità del mondo moderno, caratterizzato da un crescente ruolo della società civile nel chiedere al settore pubblico di includere i cittadini nei processi decisionali e di rendere conto del proprio operato, tale valutazione deve però riuscire ad integrare i tradizionali criteri di efficienza ed efficacia utilizzati per l’analisi dei meccanismi e delle strutture gerarchiche della vecchia governance con i temi emergenti della nuova governance, tra cui la trasparenza, la partecipazione, la condivisione di responsabilità, l’equità distributiva e simili.
In quest’ottica, il lavoro propone innanzi tutto un set di dimensioni-chiave (criteri) per valutare gli aspetti più rilevanti delle nuove modalità di governance partecipativa. Utilizzando tale set per condurre un’analisi comparativa sulle procedure di selezione dei Gruppi di azione locale (GAL) e dei Programmi di sviluppo locale (PSL) nell’approccio LEADER adottate da Veneto, Umbria e Sardegna, il lavoro cerca poi di capire se gli attuali strumenti dalla Commissione europea (CE) per il monitoraggio e la valutazione delle politiche e dei progetti di sviluppo locale dei territori rurali siano in grado, ed in quale misura, di dare conto delle nuove e importanti dimensioni della governance. Obiettivo ultimo del lavoro è quello di identificare, almeno in via preliminare, i gap esistenti tra gli attuali strumenti di monitoraggio e valutazione comunitari ed il nuovo modello di analisi qui proposto. Modello che cerca di dare forma e sostanza agli elementi più innovativi e complessi della governance partecipativa e che potrebbe aiutare le Autorità di gestione ad orientarsi nella definizione di indicatori di valutazione supplementari pertinenti ai programmi implementati (nonché nella riduzione della numerosità di quelli comuni), secondo quanto stabilito dalla stessa CE per il periodo 2007-2013 (art.82 EC Reg. 1698/05).
Governance partecipativa e valutazione: dalle iniziative internazionali all’approccio LEADER nello Sviluppo rurale, selezione dei GAL e valutazione dei PSL
La maggior parte degli studi in questo campo si sono finora limitati ad analizzare e descrivere i diversi possibili modelli di governance piuttosto che a mettere a punto metodologie e strumenti operativi snelli e praticabili per darne una valutazione in termini di trasparenza delle procedure, flussi di scambio delle informazioni, creazione di reti e relazioni di interdipendenza, reciprocità e fiducia, ecc. Quasi tutte le iniziative avviate in questo senso fanno capo ad organizzazioni internazionali che si prefiggono di valutare la qualità della governance per orientare i donors nell’ambito di politiche e accordi bilaterali o multilaterali per lo sviluppo economico e la cooperazione in Paesi ad economia arretrata. Sono di questa natura il set dei Worldwide Governance Indicators (WGI) della Banca Mondiale, il World Governance Assessment (WGA) Index dell’Università delle Nazioni Unite (Kjaer, 2004), il Governance Indicators Project (GIP) dell’UNDP (2006) ed altri ancora (ODI, 2007).
I tratti comuni di una buona governance che emergono da queste iniziative sono molteplici: apertura, trasparenza, accesso alle informazioni, efficienza, legittimità, attuazione delle leggi, partecipazione, responsabilità, coordinamento, equità, capacità, competenza, coerenza, sostenibilità ambientale e sociale. Nell’ambito delle politiche e dei programmi comunitari, in particolare, i casi che rappresentano i più avanzati esempi applicativi delle nuove modalità di governance partecipativa, multilivello, decentrata, flessibile e a rete sono certamente i Programmi LEADER ed il PSR 2007-2013 (Gaudio e Zumpano, 2006; Annunzi, 2006; Franceschetti, 2009). Fin dall’inizio, i GAL hanno dovuto impostare un sistema che consentisse loro di "rendere conto" del proprio operato (in linea con l’idea di accountability) al complesso insieme dei partner pubblici e privati ma anche alla cittadinanza residente nell’area di ricaduta del piano di azione (Annunzi, 2006), oltre che costruire le loro reti e strategie di sviluppo sulla base di criteri di collaborazione, compartecipazione e consultazione dei portatori d’interesse nell’area. In un certo senso, per i GAL, i principi della governance partecipativa appaiono funzionali alla realizzazione degli obiettivi del LEADER (Annunzi, 2006).
Per quanto riguarda la valutazione, già dal 2000-2006 la CE ha fatto il tentativo di formulare procedure standardizzate (EU, 2006) sia nella programmazione di sviluppo rurale che nell’approccio LEADER, ma con scarsi risultati. Per varie ragioni i documenti valutativi nelle fasi ex ante, intermedia ed ex post sono risultati molto eterogenei e difficilmente confrontabili. A ciò si aggiunga che raramente sono stati prodotti rapporti di valutazione su singoli Programmi di Sviluppo Locale (PSL) dei GAL e che il processo di autovalutazione di questi ultimi, non obbligatorio, è stato attuato solo in pochi casi.
L’inclusione dell’approccio LEADER nella programmazione di sviluppo rurale 2007-2013 pone ulteriori problemi di valutazione. Il recente rapporto della Rete Rurale Nazionale (RRN, 2010a) mostra una cornice normativa assai ampia, sia per la definizione delle misure che per la loro valutazione, con un’attuazione eterogenea nel territorio nazionale. Non solo il set di misure per le quali è prevista l’attuazione con approccio LEADER è diverso da Regione a Regione, ma anche le procedure amministrative, il livello di delega ai GAL e i meccanismi di selezione dei beneficiari possono differire di molto. Una valutazione standardizzata dell’approccio LEADER sarà quindi difficilmente attuabile e il processo valutativo dovrà giocoforza tenere conto delle diverse situazioni normative e programmatorie nelle quali il GAL si trova, ed adattarsi ad esse.
La metodologia d’indagine
La definizione e l’applicazione di una metodologia di valutazione della qualità della governance sono entrambe basate su metodi di ricerca qualitativi e sull’impiego di casi studio. In una prima fase, per identificare le dimensioni-chiave della buona governance, è stata effettuata un’ampia raccolta documentale (per approfondimenti sulla genesi del quadro concettuale presentato si veda Secco et al., 2010), quindi tali dimensioni sono state messe a confronto con le procedure di valutazione dell’approccio LEADER nell’ambito della programmazione di sviluppo rurale. In particolare è stata analizzata la coerenza del set di dimensioni, sotto-dimensioni e relativi indicatori con le procedure di selezione dei GAL/PSL. L’analisi è stata effettuata confrontando il sistema di valutazione proposto con i bandi emanati dalle Regioni. Anche se la procedura di selezione dei GAL/PSL non è una vera e propria attività di valutazione (RRN, 2009), limitandosi a verificare la qualità dei documenti di programmazione (PSL) e la loro coerenza con gli strumenti di programmazione di livello superiore, questa ha di fatto spesso considerato tra i criteri di valutazione anche l’approccio adottato dai GAL nella creazione del partenariato, nel coinvolgimento degli stakeholder e della popolazione locale. In tal senso, quindi, la procedura di selezione dei GAL può essere considerata una proxy del processo di valutazione ex ante della programmazione locale. Come casi di studio si sono scelte tre Regioni in grado di dare una copertura del territorio nazionale (Nord, Centro, Sud/Isole), che avessero completato il processo di selezione dei PSL/GAL e con procedure articolate e attribuzione di punteggi di merito alle caratteristiche dei PSL/GAL stessi.
Risultati e discussione
La Figura 1 presenta la cornice di riferimento per la valutazione della qualità della governance partecipativa, ovvero l'insieme delle dimensioni e sotto-dimensioni chiave. Alle due dimensioni tradizionali, efficienza ed efficacia, ne sono state affiancate altre cinque: sviluppo sostenibile "glocale", partecipazione, trasparenza, responsabilità e capacità. La prima presenta le maggiori criticità interpretative e pratiche, ma un tentativo di includere gli aspetti rilevanti della governance in termini di impatti di lungo periodo sull’ambiente, la società e l’economia, a livello globale e locale (ovvero "glocale"), è sembrato quanto mai opportuno. Il quadro è completato dall’identificazione di tre idee-guida, ovvero sostenibilità, consenso e legittimità.
Figura 1 - Un quadro teorico-concettuale semplificato della "buona governance"
Fonte: nostra elaborazione
A titolo esemplificativo si riportano in Tabella 1 alcuni possibili indicatori-chiave. La lista non è esaustiva nè definitiva, essendo gli indicatori ancora in fase di sviluppo: si intende solo chiarire che tipo di variabili possono essere impiegate, senza entrare nella discussione dei vari problemi metodologici e concettuali che l’uso di queste variabili può sollevare.
Tabella 1 - Esempi di indicatori e variabili per alcune delle dimensioni-chiave della governance
Fonte: nostra elaborazione
In tutti e tre i casi di studio considerati la selezione (valutazione) dei PSL/GAL è stata effettuata tramite pubblicazione di un bando , presentazione dei progetti (PSL o bozze di programma) da parte dei GAL, istruttoria/valutazione dei progetti e pubblicazione di una graduatoria di merito. Solo la Sardegna ha previsto dei meccanismi di premialità, destinando il 30% del budget a una ripartizione tra i GAL basata sulla posizione in graduatoria; per Veneto e Umbria la graduatoria determinava solo l’ammissibilità al finanziamento. Anche nella definizione dei punteggi minimi per l’acceso al finanziamento vi sono diversità: Veneto e Umbria hanno previsto un punteggio minimo di 60 punti mentre la Sardegna di soli 40 punti (salvo poi penalizzare i PSL "peggiori" con una modulazione del finanziamento).
In Tabella 2 si può osservare come l’approccio adottato dalle Regioni nella selezione dei GAL/PSL sia piuttosto eterogeneo. Alcune delle differenze evidenziate sono dovute alle diverse modalità di attuazione dell’approccio LEADER nelle tre Regioni: il criterio di valutazione 1, che fa riferimento alle caratteristiche del territorio, non è applicato da Umbria e Sardegna in quanto già nel PSR i territori LEADER sono stati individuati e definiti come tali e pertanto i PSL non contengono informazioni, analisi e diagnosi sui territori. Per quanto riguarda il criterio 2, le differenze sono meno rilevanti: l’organizzazione, la natura, la tipologia ela numerosità del partenariato sono caratteristiche considerate da tutte le Regioni, mentre l’esperienza dei partner nelle politiche di sviluppo locale viene considerata solo da Veneto e Umbria e la rappresentatività del partenariato non viene inclusa come criterio di valutazione dall’Umbria. Più complessa e articolata è la sezione riguardante la valutazione della strategia di sviluppo locale adottata (criterio 3). Qui, solo l’Umbria ha considerato tra le caratteristiche oggetto di valutazione la capacità di generare impatti positivi, la possibilità di quantificare gli effetti e la presenza di un sistema di valutazione. Va però ricordato che in una fase iniziale la valutazione dei possibili impatti della programmazione di sviluppo locale risulta giocoforza abbastanza aleatoria.
Tabella 2 - Indicatori utilizzati dalle regioni oggetto di studio nella selezione dei GAL/PSL
Legenda: V = Veneto; U = Umbria; S = Sardegna
Fonte: nostre elaborazioni su bandi regionali selezione GAL/PSL
La Tabella 3 riporta il risultato del confronto tra il sistema di selezione usato dalle tre Regioni con il sistema di valutazione proposto nel presente lavoro (vedi Figura 1).
Tabella 3 - Confronto tra il sistema di valutazione della buona governance proposto e quello utilizzato dalle Regioni oggetto di studio nella selezione dei GAL/PSL
Legenda: V = Veneto; U = Umbria; S = Sardegna;
si = dimensione/sottodimensione presente;
no = dimensione/sottodimensione assente
Fonte: nostra elaborazioni su bandi selezione GAL/PSL
Nel complesso, se si esclude la dimensione chiave "Sviluppo glocale sostenibile", che contiene soprattutto sottodimensioni che rappresentano gli impatti delle politiche di sviluppo locale, valutabili sono in una fase avanzata dell'attuazione dei programmi, le altre dimensioni sono abbastanza ben considerate nei tre sistemi di selezione dei PSL/GAL analizzati. La dimensione "Efficienza" risulta solo in parte considerata: la sottodimensione relativa all’allocazione delle risorse non è in genere inclusa nei bandi di selezione dei PSL/GAL in quanto si tratta di un elemento che viene determinato e fissato al livello superiore della programmazione (PSR); solo nel caso della Sardegna esiste un meccanismo di premialità per i PSL migliori. Il rapporto tra risultati e costi non è invece mai considerato nei bandi; pur ricordando che una stima dei risultati è difficile in una fase iniziale della programmazione, anche nelle esperienze di valutazione dei PSR 2000-2006 una analisi del tipo costi/benefici è stata raramente attuata. Un’altra sottodimensione che non viene mai considerata è la gestione del rischio. Nella dimensione "Efficacia", la sotto-dimensione che manca è quella relativa al cambiamento dei rapporti istituzionali, che vengono generalmente considerati elementi non modificabili dalle politiche di sviluppo locale e rurale. Le sotto-dimensioni relative alla partecipazione sono invece ampiamente rappresentate, soprattutto nelle procedure di selezione dei GAL; l'unica sotto-dimensione assente in tutte le Regioni è la gestione e risoluzione dei conflitti. La dimensione "Trasparenza" è discretamente considerata nei bandi di selezione dei GAL, Il feedback dalla popolazione interessata e dai portatori di interessi è sempre stato importante nella programmazione LEADER e, negli ultimi tempi, anche nella programmazione dello sviluppo rurale. Molti GAL, ma anche alcune Regioni, hanno, nella fase di progettazione dei Programmi (PSR o PAL), attivato procedure di consultazione pubblica, anche attraverso il web, coinvolgendo direttamente gli stakeholder e raccogliendo proposte, iniziative e idee anche molto innovative. Su "Responsabilità" e "Capacità" i bandi evidenziano criteri di valutazione e domande valutative abbastanza in linea con le dimensioni chiave proposte.
Conclusioni
L’analisi ha dimostrato come il sistema di dimensioni e sottodimensioni per l’analisi della governance da noi proposto sia nel complesso abbastanza in linea con i sistemi di monitoraggio e valutazione utilizzati nell’ambito dello sviluppo rurale e, in particolare, con l’approccio LEADER. Le maggiori differenze riguardano la dimensione relativa alla trasparenza dei processi decisionali e programmatori e quella della valutazione dei rapporti tra costi e benefici delle politiche. Sul primo punto (Trasparenza) il LEADER è, di fatto, già un sistema evoluto e adeguato. Nel corso del tempo la capacità dei partenariati locali di confrontarsi con la popolazione e con i portatori di interesse è infatti progressivamente cresciuta. Oggi anche la programmazione regionale adotta, in alcuni situazioni territoriali, processi partecipativi che solo alcuni anni fa sembravano impossibili da attuare. Più problematica risulta la questione dell’equità distributiva e del rapporto tra costi e benefici delle politiche di sviluppo locale/rurale. È chiaro che un approccio valutativo che integri al suo interno la comparazione di costi e benefici e la valutazione degli effetti distributivi è molto complesso. Tuttavia si ha l’impressione che la direzione presa negli ultimi anni dall'Unione Europea sia quella di valutare le politiche esclusivamente sulla base del loro costo, senza soffermarsi troppo sulla valutazione (monetaria) degli effetti. Se da un lato questo ha un senso, anche dal punto di vista economico, in quanto si mira ad evitare fenomeni di rendita o sovra-compensazione (i mancati redditi o maggiori costi per beneficiari che aderiscono alla misura non devono mai essere superiori ai pagamenti), dall’altro lato ignorare ogni valutazione monetaria dei benefici rischia di portare distorsioni, facendo preferire, a parità di spesa pubblica, misure di più facile attuazione (e talvolta di dubbio beneficio) ad altre più complesse (ma forse di maggiore beneficio).
Sempre più spesso i decisori pubblici a livello internazionale, europeo, nazionale e locale si devono confrontare con scenari complessi e con una società civile informata ed esigente. Identificare i gap tra le attuali procedure di valutazione dei programmi per lo sviluppo dei territori rurali e gli elementi di una buona governance non solo in termini di capacità di spesa da parte della pubblica amministrazione, ma anche di partecipazione o di responsabilità ambientale e sociale, può contribuire a individuare i punti di debolezza e sviluppare modelli di intervento più efficaci. Molti restano tuttavia gli aspetti da indagare e chiarire per avere una serie consolidata di criteri valutativi della governance.
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