Introduzione
Questo contributo si concentra sugli aiuti per superficie della PAC, con l’obiettivo di trarre delle indicazioni sui possibili effetti delle recenti proposte della Commissione europea in merito al futuro assetto della politica agricola comunitaria.
In generale, quando si parla di aiuti o pagamenti per superficie si tratta di interventi che afferiscono all’area “di confine” fra il primo ed il secondo pilastro della PAC e, proprio per questo motivo, assumono un rilievo particolare, in quanto incidono direttamente sui temi della demarcazione, coerenza e semplificazione di questa politica.
Ma quali sono gli obiettivi ambientali e qual è il peso finanziario dei pagamenti per superficie? Prima di avventurarsi in una analisi comparata tra strumenti che, pur accomunati da obiettivi e talvolta anche interventi estremamente simili, rispondono a regole gestionali e finanziarie diverse, è bene precisare che questo esercizio porta inevitabilmente ad approssimazioni e stime orientative. D’altra parte, questo approccio empirico, pur con i limiti sopra evidenziati, sembra essere l’unico in grado di considerare in modo integrato il contributo fornito dai due pilastri della PAC, sui temi ambientali e non solo.
La situazione attuale - obiettivi e strumenti
I pagamenti per superficie della PAC, sia del primo che del secondo pilastro, comprendono ormai nella loro totalità elementi di tutela ambientale e gestione del territorio. Questi pagamenti possono essere divisi in due categorie principali: gli aiuti diretti, e in particolare il pagamento unico disaccoppiato, vincolati al rispetto delle norme di condizionalità, e i pagamenti per specifici servizi ambientali o di gestione del territorio, ovvero le misure agro-ambientali e le indennità compensative.
Nell’ambito degli aiuti diretti l’elemento di tutela ambientale, sanitaria e di benessere degli animali, vale a dire la condizionalità, è riconducibile ad un rapporto obbligatorio e non contrattuale. Il pagamento è infatti condizionato al rispetto di Criteri di Gestione Obbligatori (CGO), derivanti dall’applicazione della normativa comunitaria in materia di ambiente, sanità, salute delle piante e degli animali, e dall’adozione di determinate pratiche agronomiche, finalizzate al mantenimento dei terreni agricoli in Buone Condizioni Agronomiche ed Ambientali (BCAA). In questo caso, il premio ricevuto dall’agricoltore non è direttamente legato ai costi sostenuti, in quanto il rispetto degli standard rappresenta la “condizione di accesso” per usufruire degli aiuti diretti, la cui quantificazione fa riferimento ad altre logiche.
Diverso è il caso delle misure agro-ambientali e delle indennità compensative. Per queste, il pagamento è di natura contrattuale ed è destinato a compensare i costi (quantificati) sostenuti dagli agricoltori per il rispetto di impegni ambientali o di gestione del territorio. In Italia, queste misure si trovano sia nel primo che nel secondo pilastro e sono rappresentate dalle misure agro-ambientali e dalle indennità compensative dello sviluppo rurale, e dalla misura agro-ambientale (c.d. articolo 68) e alcune azioni dell’OCM ortofrutta (es. agricoltura biologica) del primo pilastro.
Come mostrato nella tabella 1, gli obiettivi di questi interventi sono in larga parte coincidenti. L’unica eccezione è rappresentata dai CGO, che rispondono ad una logica parzialmente diversa. Inoltre, dagli interventi del primo pilastro è praticamente assente l’obiettivo della mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici.
Tabella 1 - Obiettivi ambientali e pagamenti per superficie del primo e secondo pilastro della PAC
Fonte: Nostra elaborazione
La situazione attuale - bilanci
La tabella 2 riporta sinteticamente le erogazioni PAC ricevute dall’Italia nel triennio 2007-2009. Il ruolo preponderante del primo pilastro è evidente: rappresenta ben l’87% delle erogazioni totali a carico delle misure comunitarie, ovvero comprensive dei cofinanziamenti nazionali (Tabella 2). Va tuttavia considerato che, nel triennio 2007-2009 la politica di sviluppo rurale era in fase di avvio, in quanto l’approvazione dei programmi è avvenuta tra il 2007 e il 2008. Il livello dei pagamenti a valere sul secondo pilastro risente quindi degli inevitabili ritardi accumulati in questa fase.
Tabella 2 - Erogazioni FEAGA e FEASR 2007-2009 (milioni di euro)
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Mipaaf e Rete Rurale Nazionale
Il peso dei pagamenti per superficie con implicazioni o finalità ambientali sul totale delle erogazioni ricevute dall’Italia è significativo. I pagamenti diretti FEAGA, sono pari infatti a circa il 76% del totale (mediamente 3,9 miliardi di euro per anno tra il 2007 e il 2009). In particolare, gli aiuti diretti disaccoppiati sono in media il 64%, che corrisponde a circa 3,3 miliardi di euro per anno. A questi occorrerebbe aggiungere gli altri interventi ambientali previsti dalle OCM ancora in vigore, e in particolare dall’OCM ortofrutta, che non sono tuttavia quantificabili. Inoltre, dal 2010 è prevista l'attivazione della misura agro-ambientale di cui all'articolo 68, con una spesa prevista annuale pari a 99 milioni di euro.
Per quello che riguarda lo sviluppo rurale, sono necessarie alcune precisazioni. Come detto, considerare gli importi liquidati nel 2007-2009 porterebbe ad una sensibile sottostima. Le erogazioni medie per anno del periodo 2007-2009, sono state infatti pari a circa 730 milioni di euro per anno (compreso il cofinanziamento), di cui circa 500 milioni a carico delle misure per superficie con implicazioni ambientali. Questo dato è sensibilmente inferiore agli importi stanziati1. Si è pertanto preferito considerare anche la spesa media annuale programmata per il periodo 2007-2013 (vedi Figura 1 - colonna “SR programmazione”) da cui si evince che circa il 29% dei 2,5 miliardi di euro/anno destinati ai PSR è riservato alle misure agro-ambientali e alle indennità compensative. In termini assoluti, questo significherebbe un flusso finanziario pari a 169 milioni di euro/anno per le indennità compensative dei PSR (misure 211, 212 e 213 dei PSR) e a 564 milioni di euro l’anno per la misura agro-ambientale (214).
Figura 1 - Erogazioni per misure a superficie del primo e secondo pilastro con implicazioni ambientali, media annuale (milioni di euro)
Fonte: Nostra elaborazione su dati Mipaaf e Rete Rurale Nazionale
L’evoluzione della PAC verso il 2020
La comunicazione della Commissione “La PAC verso il 2020” (Commissione europea, 2010) propone importanti novità in tema di ambiente e gestione del territorio. La revisione dei pagamenti diretti, che prevede uno “spacchettamento” tra pagamento base, pagamento “verde” e pagamento aggiuntivo per svantaggi fisici o ambientali, rappresenta infatti un ulteriore e importante passo in avanti del processo di inclusione dei temi ambientali nella PAC.
La proposta ha innescato un dibattito a livello nazionale ed europeo tra i fautori di una PAC più finalizzata alla salvaguardia della sicurezza alimentare e alla stabilizzazione del reddito degli agricoltori e chi predilige un ruolo più importante, o addirittura preponderante, sui temi ambientali. Anche gli strumenti applicativi delineati dalla proposta comunitaria, tuttavia, presentano degli aspetti che meritano di essere approfonditi.
Un prima serie di considerazioni riguarda la cosiddetta “componente verde” del pagamento unico. Dalla lettura della comunicazione, sembrerebbe che la Commissione sia orientata ad individuare puntualmente le azioni “verdi” dei futuri pagamenti diretti. Queste azioni obbligatorie andrebbero ad aggiungersi alle norme di condizionalità e dovrebbero orientativamente essere le seguenti: gestione dei pascoli permanenti, set-aside ecologico, rotazione e copertura vegetale.
La soluzione prospettata sembrerebbe presentare, nella sua attuazione pratica, almeno tre aspetti critici. Il primo riguarda la sostenibilità economica. Come recentemente dimostrato, la condizionalità rappresenta già di per sé un costo non indifferente (Rete Rurale Nazionale, 2010a), che incide a volte in modo significativo sul pagamento diretto ricevuto dall’agricoltore. In un contesto di contrazione dei redditi agricoli e dei sussidi della PAC, occorrerebbe quindi valutare con particolare prudenza la sostenibilità di ulteriori “oneri” a carico degli agricoltori, specie se si considera che anche il costo della tutela ambientale tende a lievitare con la crescita dei prezzi dei fattori di produzione (energie e materie prime innanzitutto).
Un altro importante aspetto riguarda i rapporti tra primo e secondo pilastro: pratiche come la rotazione o le colture di copertura sono spesso finanziate dalle misure agro-ambientali dei programmi di sviluppo rurale regionali. Rendere questi interventi obbligatori nel primo pilastro porterebbe necessariamente alla revisione di molte misure agro-ambientali, ormai rodate da oltre un decennio di applicazione, in virtù dei principi di complementarietà (gli interventi del primo e secondo pilastro devono essere complementari tra di loro) e demarcazione (non è possibile erogare due pagamenti per lo stesso impegno). Il rispetto di questi principi dovrebbe inoltre essere controllato, con tutto ciò che ne consegue in termini di appesantimento del carico burocratico, controlli e costi aggiuntivi.
Un terzo aspetto riguarda l'efficacia dello strumento proposto. In effetti, come del resto già emerso nel corso di alcuni dibattiti sulla comunicazione della Commissione, queste misure sembrerebbero essere tarate su una realtà agricola, quelle delle grandi colture a seminativi, profondamente diversa dall’agricoltura mediterranea. Se si parla di copertura vegetale, ad esempio, è spontaneo chiedersi se questa sia effettivamente applicabile e utile, per esempio, in un frutteto dell’Italia meridionale. Inoltre, è lecito domandarsi come sia possibile conciliare il sistema di gestione del primo pilastro, che fa tradizionalmente riferimento a misure o azioni annuali o comunque afferenti alla stessa campagna agraria, con interventi, come il set-aside ecologico, che sono efficaci solo se attuati per più anni.
Un’ultima considerazione riguarda il pagamento aggiuntivo per le zone caratterizzate da specifici vincoli naturali, per il quale la proposta di mantenere un sostegno sia nel primo che nel secondo pilastro pone l’interrogativo se realmente si stia seguendo la direzione della semplificazione e della complementarietà, da più parti auspicata.
Quali prospettive applicative delle proposte della Commissione?
A fronte dei potenziali problemi e delle criticità sopra evidenziate, sembrerebbe utile, in questa fase iniziale del processo che porterà alla approvazione del regolamenti post 2013, incominciare a ragionare sulle implicazioni applicative che potrebbero derivare dalla proposta formulata dalla Commissione nella comunicazione “la PAC verso il 2020”.
Una prima ipotesi riguarda le zone sottoposte a specifici vincoli naturali. In questo caso, sembrerebbe opportuno, ed anche maggiormente in linea con gli obiettivi individuati dalla Comunicazione stessa, prevedere questo strumento soltanto nell'ambito di uno solo dei due pilastri, preferibilmente il primo. Già oggi, queste misure sembrano essere più adatte al sistema gestionale e finanziario del primo pilastro. Si tratta, infatti, di misure di tipo annuale2, in cui l’elemento contrattuale e volontario ha più natura formale che pratica, e che prevedono come impegno ambientale il semplice rispetto della condizionalità.
Per quello che riguarda la componente “verde” del pagamento unico, sembrerebbe invece essere controproducente creare un nuovo strumento, quando questo è già disponibile. Le BCAA rappresentano già un elemento di politica ambientale proprio della PAC, non derivante da alcuna direttiva o regolamento di altra natura, che integrano in modo organico i CGO. Queste pratiche contribuiscono in modo significativo a tutte le principali priorità ambientali comunitarie, compresi i cambiamenti climatici (Rete Rurale Nazionale, 2010a) e, se opportunamente razionalizzate e semplificate, potrebbero fornire, anche per il futuro, un contributo non secondario per il conseguimento delle priorità ambientali comunitarie.
Considerata l’estrema diversità delle condizioni agronomiche, pedologiche e climatiche dell’Europa, non sembrerebbe inoltre opportuno andare ad individuare azioni comuni, che rischierebbero di essere di difficile applicazione e scarsa utilità. Meglio sarebbe che i regolamenti individuassero gli obiettivi ambientali, o meglio i beni pubblici la cui produzione si intende favorire, lasciando poi agli Stati membri, in un’ottica di sussidiarietà, il compito di scegliere le azioni più appropriate. Tra queste, dovrebbe comunque essere incluso il contrasto al cambiamento climatico, con particolare riferimento alla mitigazione.
Tutti gli interventi agro-ambientali, più impegnativi rispetto alle BCAA3, potrebbero essere finanziati più coerentemente dal secondo pilastro, ivi comprese le misure agro-ambientali dell'articolo 68 e dell'OCM ortofrutta. Si tratterebbe, in questo caso, di impegni ambientali più articolati, volontari e a carattere pluriennale.
Il pagamento unico disaccoppiato (componente di base) e in generale i pagamenti diretti del primo pilastro, a loro volta, sarebbero sottoposti soltanto al rispetto di quella che oggi è la prima “sezione” del regime di condizionalità, ovvero i CGO. Anche in questo caso, ciò sembra essere più in linea con gli obiettivi identificati dalla Comunicazione stessa, nella quale si esplicita che questa componente del pagamento unico è destinata a garantire un reddito di base agli agricoltori.
Conclusioni
L’esperienza condotta a seguito dell’introduzione del disaccoppiamento consegna alcuni insegnamenti utili ad orientare le scelte future, che assumono un respiro che travalica considerazioni puntuali di portata nazionale e si estendono a riflessioni di valenza europea per il dibattito sul futuro della PAC post 2013.
Tre sono i punti di rilievo che merita richiamare: (a) occorre conferire un approccio strategico agli interventi per superficie migliorando il coordinamento e la complementarietà fra il primo e il secondo pilastro, puntando alla connessione con i beni pubblici; (b) la condizionalità rappresenta già di per sé un valido strumento di tutela ambientale e, se adeguatamente razionalizzata e semplificata potrebbe fornire un apporto significativo per rispondere alle esigenze di rendere più “verde” la nuova PAC; (c) le misure agro-ambientali dovrebbero continuare a svolgere un ruolo chiave per la produzione di beni pubblici ambientali. Anche per migliorare la complementarietà tra i due pilastri e semplificare la PAC, queste misure dovrebbero essere finanziate esclusivamente nel secondo pilastro, e rispecchiare le diverse condizioni agronomiche ed ambientali che caratterizzano l’agricoltura europea.
Riferimenti bibliografici
-
Mipaaf (2010), Piano strategico nazionale per lo sviluppo rurale [link]
-
Rete rurale nazionale (2010a), Rapporto di applicazione della condizionalità in Italia [link]
-
Rete rurale nazionale (2010b), Report sull’avanzamento del bilancio comunitario e della spesa pubblica. Dati definitivi al 31 dicembre 2009 [link]
-
Commissione europea (2010), COM (2010) 672 definitivo “La PAC verso il 2020: rispondere alle sfide future dell’alimentazione, delle risorse naturali e del territorio” [link]
- 1. Da notare che già alla fine del 2010 si è registrata una notevole accelerazione della spesa
- 2. Ovvero per le quali ogni anno l’agricoltore presenta una domanda di aiuto (partecipa a un bando/selezione), a differenza delle misure agro-ambientali per cui la domanda di aiuto ha durata pluriennale (tipicamente cinque anni) ed è confermata ogni anno tramite una domanda di pagamento
- 3. Ovvero che prevedono l’esecuzione di pratiche agricole a finalità ambientale, che vanno oltre il mero rispetto degli standard ambientali della condizionalità