Premessa
L’agricoltura del futuro, stretta tra globalizzazione e crisi dei mercati, è chiamata per la sua sopravvivenza a nuove sfide. Una delle possibilità da considerare è quella di realizzare a livello aziendale anche attività innovative che si aggiungano a quelle tradizionali, sfruttando le potenzialità dell’agricoltura multifunzionale.
Ci siamo domandati se la presenza della donna in agricoltura avesse relazione con una maggiore attitudine all’innovazione. Per rispondere al quesito si sono incontrate non poche difficoltà, a partire dall’individuazione del ruolo decisionale della componente femminile nelle imprese agricole. Infatti le statistiche ufficiali, per come sono strutturate, aiutano solo in parte a capire i processi in atto nella complessa ed eterogenea realtà italiana. In una seconda fase, si è pertanto progettata una ricerca imperniata su un’indagine esplorativa riguardante un centinaio di aziende agricole della provincia di Asti1.
Multifunzionalità e innovazione in agricoltura
Nell’ambito dell’Unione europea si sono affermate negli ultimi anni politiche che indirizzano le imprese agrarie alla “multifunzionalità”, “i cui elementi chiave sono: i) l’esistenza di numerosi beni e servizi prodotti dall’agricoltura in modo congiunto e ii) il fatto che alcuni dei beni e servizi secondari assumono le caratteristiche di esternalità o beni pubblici, con il risultato che praticamente non esistono mercati per questi beni o non funzionano in modo adeguato” (OCSE, 2001).
In pratica si riconosce all’agricoltura la potenzialità di fornire beni (alimentari e non) e servizi che hanno a che fare con la protezione dell’ambiente, la sicurezza alimentare, la sostenibilità; prodotti e servizi che non sono remunerati del tutto o in parte dal mercato.
In questo contesto in Italia è stato emanato il 18 maggio 2001 il DL n. 228, conosciuto anche come “Legge di orientamento e modernizzazione in agricoltura”. In questa norma si introduce il concetto di “attività per connessione”: attività considerate agricole perché connesse con una delle tre funzioni primarie (coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento degli animali). L’opportunità di intraprendere attività nuove, connesse a quelle primarie, può essere colta dalle imprese che in essa intravedano una possibilità di integrazione del loro reddito e di diversificazione delle proprie attività. In questo senso le imprese che optino per questa scelta possono anche definirsi innovatrici.
Gli studi di genere in agricoltura
Negli stessi anni in cui le politiche agricole iniziavano a promuovere la diversificazione dei redditi e delle attività in agricoltura, nella UE si formava una legislazione attenta alle tematiche di genere2 e alle pari opportunità e negli studi di genere si affermava un filone riguardante specificamente il ruolo delle donne in agricoltura.
La ricerca scientifica si è sviluppata in diverse direzioni approfondendo, tra gli altri, alcuni temi: l’analisi strutturale e dimensionale delle imprese femminili, la presenza e il ruolo delle donne nelle imprese multifunzionali e il legame tra le donne ed il capitale sociale in agricoltura.
In tutta Europa numerosi studi sono stati volti ad approfondire gli aspetti organizzativi, sociali ed economici dell’agricoltura al femminile (Boeraeve-Derijke, 1994). Spesso è stato descritto l’apporto femminile all’attività agricola come sostanziale ma ”invisibile”, anche data la sua mancata registrazione nelle statistiche (Montresor, 1997; Fieldsend, 2008) e un intero filone di studi è stato intrapreso proprio allo scopo di “rendere visibile la donna in termini di ore lavorate, compiti assegnati e coinvolgimento nelle fasi decisionali dell’attività” (Whatmore, 1994).
Più recentemente, sono stati intrapresi numerosi studi tesi a stabilire le eventuali connessioni tra la presenza di donne attive in agricoltura e l’attenzione per gli aspetti ambientali in azienda. A tale proposito, il ruolo delle donne nell’agricoltura sostenibile è stato definito “chiave” negli Stati Uniti (Sachs, 2006) e in Italia si è parlato di un loro “ruolo di assoluto rilievo” nell’agricoltura di qualità, in particolare quella biologica (Manzi-Pallotti, 2008). Queste evidenze rispecchiano la nascita della corrente ambientalista dell’eco femminismo, universalmente rappresentata dalla scienziata indiana Vandana Shiva, tra le fondatrici del movimento internazionale Diverse women for diversity (Shiva, 2006).
Infine, anche negli studi della Commissione Europea compare l’affermazione di un legame sempre più stringente tra agricoltura multifunzionale e ruolo della donna (CE,2002).
Le caratteristiche strutturali delle aziende femminili in Italia secondo le statistiche ufficiali
La situazione che emerge dalle statistiche più recenti quantifica la presenza della donna come conduttore3 nel 32,2% delle aziende agricole italiane (Istat, 2009). Per quanto riguarda invece la ripartizione in classi di SAU (Superficie agricola utilizzata) delle aziende in chiave di genere, tra quelle femminili ne troviamo circa un terzo con SAU inferiore ad 1 ettaro e un quarto con SAU che va da 1 a 2 ha. Nelle imprese condotte da uomini si rilevano invece percentuali più basse nelle classi dimensionali prima indicate (rispettivamente 24,5% e 23,1%), mentre emerge una percentuale maggiore - rispetto a quella riscontrata nelle aziende “femminili” - nelle classi di SAU di più grandi dimensioni.
Un altro aspetto da considerare, anche in chiave di genere, è quello legato al titolo di studio delle persone che gestiscono le aziende, per valutarne la professionalità e la probabile tendenza ad intraprendere attività innovative. Da quello che ci possono dire le statistiche ufficiali (Istat, 2002), la maggioranza delle imprese in Italia ha come capoazienda4 una persona - indipendentemente dal genere - che non ha un titolo di studio ad indirizzo agrario (nel 97% dei casi). D’altronde prevalgono nettamente i capoazienda che hanno conseguito semplicemente la licenza elementare (46,5%).
Le stesse statistiche in chiave di genere dicono che le donne capoazienda sono ancora meno provviste di titoli di studio ad indirizzo agrario (1,5% sul totale delle imprese femminili a fronte di un 3,1% dei capoazienda maschi) e una percentuale rilevante di capoazienda donne è in possesso della sola licenza di scuola elementare (47,5%). Per quanto riguarda invece la tendenza a svolgere attività connesse all’agricoltura tradizionale in base al genere, dai “Dati annuali sull’agriturismo” (Istat, 2007) si nota una discreta presenza di donne conduttrici di aziende agrituristiche: si tratta del 34,9% a livello nazionale con una variabilità molto elevata tra le diverse regioni.
Un altro aspetto interessante riguarda la forma di conduzione delle imprese che nella UE sono tradizionalmente di tipo familiare e gestite da una coppia (CE, 2002).
Questo è anche confermato dai dati italiani: nel 2007 le aziende a manodopera esclusivamente famigliare erano il 78,3% del totale (Istat, 2009). Pertanto si può presumere che la responsabilità delle scelte aziendali non sia affidata esclusivamente al “conduttore” o al titolare, ma che l'organizzazione aziendale possa essere suddivisa tra i vari membri della famiglia. Le donne figurano frequentemente nelle definizioni formali, come “coniugi del conduttore”: si tratta del 48% delle donne presenti nelle aziende agricole nella UE (CE, 2002) e del 46,8% della manodopera famigliare in Italia (Istat, 2009); esse quindi sono inquadrate spesso come coadiuvanti familiari. Se questo da una parte sta a indicare che: “Le mogli dei conduttori forniscono gran parte di quell’indispensabile lavoro agricolo familiare […] non remunerato e non riconosciuto professionalmente” (Sassi, 2005), dall'altra suggerisce che l’imponente presenza femminile in azienda possa orientare l’organizzazione aziendale verso determinate scelte indipendentemente dal loro ruolo formale. E’ noto inoltre che le statistiche ufficiali classificano gli operatori dell'agricoltura in base a dichiarazioni che possono essere dovute a semplice convenienza fiscale o burocratica e così può succedere che chi si definisce ”conduttore“ in un'impresa agraria non sia effettivamente chi pianifica le attività nella stessa.
L’indagine di campo ed i primi risultati
Con la finalità di ottenere informazioni maggiori sul ruolo decisionale delle donne nelle scelte aziendali, si è predisposto un piano di rilevazione basato su interviste face to face a un campione di 95 aziende agricole della provincia di Asti, quasi tutte collinari (97,9%), in cui erano rappresentate in modo equilibrato imprese con attività tradizionali ed innovative, a titolarità femminile e maschile.
Il questionario si apre con una prima parte descrittiva degli aspetti strutturali dell’azienda utili per comprendere le strategie familiari in base al genere (ampiezza, orientamento produttivo, consistenza ed età della manodopera ecc.), la cui trattazione è qui omessa per motivi di brevità. Con la seconda parte del questionario si entra nel vivo del tema, indagando il ruolo decisionale dei componenti della manodopera familiare. Le attività primarie e innovative sono state suddivise nelle varie funzioni aziendali - marketing, logistica, gestione del personale, informazione, finanziamento e contabilità - (Brusa, 1996) e in tre livelli decisionali: quello programmatico (relativo alla pianificazione delle attività a breve e lungo periodo), quello relativo ai fattori produttivi (o alle tecniche da utilizzare) ed infine quello operativo. Si vuole così comprendere se esistano ruoli specifici nelle scelte decisionali per le diverse funzioni aziendali e ai diversi livelli decisionali e se questi ruoli siano correlabili al genere.
I primi risultati ottenuti confermano che la titolarità dell'azienda spesso non è che un aspetto formale nella registrazione delle imprese, ma che emergono profonde differenziazioni tra le attività agricole e quelle connesse. Infatti, analizzando la funzione di programmazione delle attività agricole emerge che nel 17% circa dei casi a prendere le decisioni sono persone diverse dal conduttore, vale a dire i coniugi, conviventi, i genitori. Spesso il conduttore (32% dei casi) decide insieme ad un altro membro della famiglia. Solamente nel 19% dei casi le scelte sono adottate esclusivamente dalle donne, rispetto al 57% dei casi in cui le strategie sono frutto di opzioni esclusivamente maschili. Si trova poi un 21% dei casi in cui le donne decidono insieme agli uomini, prevalentemente i loro coniugi o conviventi.
La stessa funzione di pianificazione analizzata per le attività connesse o innovative è oggetto invece di scelta da parte delle donne nel 52% delle aziende intervistate.
La funzione in cui le donne sembrano rivestire un ruolo prevalente, sia nelle attività primarie, sia in quelle innovative, è quella relativa alla contabilità. Si rileva infatti nel 53,7% dei casi, la decisione per questa funzione, a livello programmatico, è presa esclusivamente dalle donne nelle attività primarie, mentre per quelle innovative tale percentuale arriva al 62,5%. Nelle altre funzioni analizzate per le attività primarie prevale invece il ruolo degli uomini nelle decisioni a tutti i livelli. Se andiamo invece a esaminare le attività innovative, notiamo che le scelte in tutte le funzioni vengono prese prevalentemente dalle donne (in percentuali quasi sempre maggiori del 50%).
Infine, nelle aziende multifunzionali del campione, nel 37,8% dei casi la scelta di intraprendere le attività innovative è stata adottata esclusivamente dalle donne. Nel 30% dei casi la decisione è stata presa congiuntamente da donne e uomini. Stessa percentuale è quella dei ‘decisori’ maschi. Se si confrontano questi dati con quelli relativi alla gestione delle varie funzioni dell’attività innovativa, di cui si è detto sopra, si potrebbe dire che nel momento di iniziare una nuova attività le donne preferiscono essere supportate dall’uomo (o dagli uomini) presenti in azienda, ma che, successivamente, se ne occupano in modo quasi sempre esclusivo, anche dove il titolare è maschio.
Resta da aggiungere un breve cenno alla redditività delle attività connesse: più della metà delle aziende innovative del campione ha intrapreso un’attività agrituristica (prevalentemente ospitalità e ristorazione), e di queste ben un terzo afferma di ricavare dal 50 all’80% del suo introito annuo da tale attività.
Questi primi risultati richiedono ulteriori approfondimenti, ma forniscono già alcuni spunti di riflessione: le donne presenti in agricoltura hanno un ruolo importante nell’attuazione e nello sviluppo delle attività innovative e connesse che si dimostrano in molti casi essenziali per raggiungere un adeguato reddito dell’azienda agricola.
Pertanto le politiche a tutti i livelli dovrebbero tenere conto di questa tendenza per poter favorire la propensione innovativa delle donne, garantire loro un più facile accesso a finanziamenti ed agevolazioni fiscali per realizzarle e valorizzare formalmente anche il ruolo delle coadiuvanti in ambito familiare. Si ritiene infatti che un più solido supporto delle imprese femminili in agricoltura ed un potenziamento del ruolo della donna in tale ambito rafforzerebbero l’economia agricola e lo sviluppo del mondo rurale.
Riferimenti bibliografici
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Boeraeve - Derijke C. (1994), “Farm Women and EC Policies” in van der Plas L.,Fonte M. (eds), Rural gender studies in Europe, Van Gorcum, Assen, The Netherlands, pp. 17-27
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Brusa L. (1996), ‘Le aree funzionali dell’azienda: introduzione’, in ‘Lezioni di economia aziendale’- Unito, Facoltà di Economia, G. Giappichelli Editore, Torino
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Comunità Europee (2002), L’agricoltura al femminile, Luxemburgo, pag. 5
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Fieldsend A. (2008), “Out of the shadows: making female labour in agricolture visible”, in Economics and Rural Development, Vol.4, N.°2, pp. 16-25
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Istat (2002), 5° Censimento Generale dell'Agricoltura. Caratteristiche strutturali delle aziende agricole. Anno 2000 , Roma, [link]
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Istat (2009), Indagine sulla struttura e le produzioni delle aziende agricole (SPA) - Anno 2007, [link]
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Istat (2009), Le aziende agrituristiche n Italia. Anno 2008, [link]
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Manzi C., Pallotti A.(2008), “L’agricoltura biologica piace alle donne” in Biggeri L., Sabbatini M., (a cura di) Donne della Terra: i loro “numeri” per e nell’agricoltura (Atti del convegno), Università di Cassino, Istat, Onilfa, pp. 174-184
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Montresor E. (1997), “Le donne nell’agricoltura italiana: luci ed ombre”, La Questione Agraria, n. 68, pp. 107-134
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OCSE , (2001), Multifunctionality: Towards an analytical framework. Parigi
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Sachs C., (2006), “Rural women and the Environment” in Bock B.B., Shortall S. (edited by), Rural gender relations, CABI Publishing, USA, pp. 288-302
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Shiva V. (2006) Il bene comune della Terra, Feltrinelli Editore, Milano, pp. 154-159
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Shiva et al., [link]
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Whatmore S.(1994), “Theoretical achievements and Challenges in European Rural Gender Studies” in van der Plas L., Fonte M. (eds), Rural gender studies in Europe, Van Gorcum, Assen, The Netherlands, pp. 39-49
- 1. L’indagine è stata svolta nell’ambito di un dottorato di ricerca iniziato nel 2009 presso la Scuola di Dottorato in Scienze Agrarie, Forestali ed Agroalimentari dell’Università di Torino.
- 2. Divisione culturale originata da una costruzione sociale che divide i valori e le caratteristiche umane in 'femminili' e 'maschili'.
- 3. Si tratta del responsabile giuridico ed economico dell'azienda (Istat, 2009).
- 4. E’ la persona che di fatto gestisce l’azienda e cioè la persona fisica che assicura la gestione corrente e quotidiana dell’azienda (Istat, 2009).