Introduzione: ancora sulla buona ‘governance’ nello sviluppo rurale
Il presente contributo si pone il principale obiettivo di presentare un approfondimento sulle tecniche di valutazione dello sviluppo rurale in Europa, con particolare riferimento alla valutazione della governance locale. Il lavoro prosegue e sviluppa l’argomento a partire da quanto illustrato in un precedente articolo di recente pubblicato in Agriregionieuropa (Secco et al. 2010).
In ambito europeo, il significato più comune e condiviso del termine governance si riferisce alla capacità della pubblica amministrazione di gestire e dirigere network, coinvolgendo attori pubblici e privati di varia natura in processi politico-decisionali, promuovendo il dialogo, la condivisione di responsabilità, la partecipazione e il coordinamento di molti attori a molti livelli (CE, 2001). E’ questo, tipicamente, l’approccio alla governance istituzionale (Kjær, 2004), che in ambito europeo include tre componenti basilari (Rametsteiner, 2009; EENRD, 2010): la governance multi-livello, che riguarda le relazioni verticali tra soggetti di livelli gerarchici diversi; la governance locale, che riguarda le relazioni orizzontali tra soggetti operanti nello stesso contesto territoriale; ed una componente “trasversale” a queste, che riguarda la molteplicità degli attori sia ai vari livelli che in ambito locale.
I principi della ‘buona governance’, che stanno assumendo una sempre maggior importanza in diversi settori (EC, 2001 e 2004; Wesselink, Paavola 2008; OECD, 2008; Kaufmann et al., 2009), sono destinati a diventare fattori chiave nell’ambito dello sviluppo rurale. Non sorprende che la buona governance sia stata di recente introdotta tra le quattro dimensioni basilari capaci di garantire una migliore qualità della vita in aree rurali (accanto all’ambiente, l’economia, i servizi e il capitale sociale e culturale) (EENRD, 2010), né che uno degli obiettivi dichiarati dell’approccio LEADER sia proprio quello di migliorare la governance migliorando la collaborazione, la programmazione e la partecipazione degli attori locali (Cavazzani, 2006; OCSE, 2006).
Pur concordando sul fatto che non è possibile dare una definizione universale, valida in qualunque contesto, di cosa si debba intendere per ‘buona governance’ (Kjær, 2004), riteniamo possibile identificare alcune sue dimensioni-chiave. Rifacendosi ai principi definiti dalla Commissione Europea (CE) (CE, 2001) e da altre istituzioni internazionali, pensiamo si possano attribuire alla buona governance sette dimensioni (o principi-chiave): ‘Sviluppo 1(1) sostenibile’, ‘Efficacia’, ‘Efficienza’, ‘Partecipazione’, ‘Trasparenza’, 2(2) e ‘Capacità’. Ad ogni dimensione attribuiamo delle sottodimensioni (o criteri-chiave), così come rappresentato in figura 1, e per ogni sottodimensione-chiave alcuni indicatori atti ad una valutazione snella e praticabile della qualità della governance locale (Secco et al., 2010 e in stampa).
Figura 1 - Un quadro teorico-concettuale semplificato della "buona governance"
Fonte: Secco et al. 2010
E’ noto che un’adeguata valutazione della qualità della governance in ambito rurale può essere un utile strumento di supporto nella formulazione, attuazione e revisione delle politiche pubbliche. Tuttavia, di fronte ai limiti riscontrati negli attuali strumenti di monitoraggio e valutazione delle politiche e dei progetti di sviluppo locale dei territori rurali, in particolare nel Common Monitoring and Evaluation Framework - CMEF (Dwyer et al., 2008; Hodge, Midmore 2008; Terluin, Roza 2010), sta sempre più emergendo la necessità di disporre di strumenti nuovi, che permettano di fare una valutazione puntuale a livello locale ad integrazione dei quella ampia e mediata a livello regionale, nazionale o addirittura comunitario. In queste tipologie di strumenti, l’oggetto della valutazione dovrebbe divenire lo stesso agente di sviluppo animatore del territorio rurale, ovvero il soggetto attuatore delle politiche, piuttosto che la politica in sé. Ciò consentirebbe a tali soggetti (GAL, Enti Parco, Organizzazioni non profit o Enti territoriali di varia natura) di avere indicazioni più efficaci e funzionali alle decisioni da prendere in quanto più adeguati al contesto locale ed orientati al miglioramento delle modalità di gestione interna e comunicazione/networking: in altre parole, della governance che il soggetto attua nel contesto locale. In quest’ottica, valutare la qualità della governance significa, nella pratica, valutare l’azione complessiva del soggetto-chiave che opera nel territorio (il modo in cui opera, in cui idea i progetti, li pianifica, li attua e li valuta a posteriori, relazionandosi con tutti gli altri soggetti presenti). Tale valutazione può essere condotta internamente dal soggetto stesso (Pettenella, Pisani 2006), ad esempio al fine di identificare possibili aree di miglioramento delle proprie performance. La messa a punto di tali sistemi di auto-valutazione ha avuto un qualche sviluppo nell’ambito delle iniziative LEADER dove, nel periodo di programmazione 2000-2006, sono stati “testati” alcuni metodi. Nei modelli di auto-valutazione adottati in questo ambito vengono prese in considerazione solo alcune delle dimensioni-chiave della buona governance, quali ad esempio la partecipazione, mentre altre (trasparenza o capacità dei soggetti attuatori) non sono considerate con sufficiente dettaglio.
Alla base del presente lavoro vi è l’assunzione che lo strumento operativo per valutare la qualità della governance locale in ambiti rurali da noi sviluppato (in particolare il set di indicatori) (Secco et al. in stampa) possa essere utilizzato, con eventuali adattamenti, quale riferimento per la messa a punto di un sistema di auto-valutazione dei GAL nei LEADER che risulti snello, praticabile e capace di includere elementi innovativi della governance. Tale sistema potrebbe integrare e completare gli attuali strumenti comunitari di valutazione e monitoraggio dello sviluppo rurale.
Nel seguito, dopo alcuni cenni sui limiti riscontrati nella metodologia adottata a livello comunitario per la valutazione delle politiche di sviluppo rurale, si illustrano brevemente le esperienze di auto-valutazione in ambito LEADER. Vengono poi presentate, in funzione di un adattamento dello strumento all’auto-valutazione dei GAL, alcune delle principali problematiche metodologiche e alcuni dei risultati di analisi emersi da un primo test pilota del set di indicatori (peraltro tutt’ora in corso) in un’area protetta italiana. Il contributo si chiude con alcune considerazioni conclusive e spunti per prossimi sviluppi della ricerca.
I limiti del sistema di monitoraggio e valutazione della Commissione europea e le esperienze di auto-valutazione
Nonostante una prima formalizzazione a livello europeo di un sistema di monitoraggio e valutazione si riscontri già nel 1988 (Dwyer et al., 2008), è solo a partire dal 2002 che la CE indica una procedura per la verifica dell’impatto delle azioni integrate di politica economica, sociale e ambientale europee (EC, 2002; Terluin, Roza 2010). Sono così state prodotte molte linee-guida comunitarie per la valutazione (Dwyer et al., 2008). In particolare, tutta la programmazione 2007-2013 delle politiche di sviluppo rurale fa riferimento al manuale del Common Monitoring and Evaluation Framework (CMEF) (EC, 2006).
La logica di questo modello di valutazione si basa su tre pilastri:
- l'individuazione dei bisogni socio-economici e ambientali che il programma deve soddisfare;
- l'indicazione di una gerarchia degli obiettivi per ciascuna azione del programma (generali, specifici e operativi);
- l'associazione di indicatori alle tre tipologie di obiettivi. Tali indicatori sono orientati a determinare il grado di raggiungimento degli obiettivi previsti in una misura o un intero programma, con l'aspettativa del raggiungimento almeno di tutti gli obiettivi generali (approccio globale). Gli Stati membri e i partenariati sono infine coinvolti nella predisposizione di indicatori aggiuntivi, al fine di cogliere pienamente tutti gli effetti dell'attività programmatica e di considerare i bisogni e le realtà specifici del territorio interessato (approccio locale) (CE, 2006; Terluin, Roza 2010).
Tale sistema di valutazione, tuttavia, nella sua applicazione pratica, presenta alcune criticità. Innanzi tutto si caratterizza (in continuità con la programmazione 2000-2006) per una certa rigidità. Il questionario (cioè le domande valutative), gli indicatori e la struttura della valutazione sono stati predefiniti a livello centrale con una limitata possibilità per gli Stati membri e le Regioni di derogare allo schema imposto. Questo fatto, se da un lato dovrebbe garantire una certa comparabilità a livello europeo dei risultati delle valutazioni (Dweer et al., 2008; Terluin, Roza 2010), dall’altro obbliga il valutatore a seguire uno schema che spesso poco si adatta allo specifico oggetto di valutazione nel contesto locale.
L'orientamento delle attività valutative e la qualità dei risultati attesi possono essere molto influenzati dalle diverse propensioni dei soggetti coinvolti dalle politiche e dalle programmazioni (Dwyer et al., 2008). Il CMEF è purtroppo spesso visto, specialmente dai rappresentanti dell'Autorità di Gestione, così come dagli stessi attori locali, come una complessa, ingombrante e costosa imposizione da parte di Bruxelles, che a fronte di notevoli risorse allocate porta loro modesti risultati. Molti Stati Membri chiedono un sistema di valutazione più semplice e sostenibile (EENRD, 2009; Dwyer, 2008). Queste ed altre criticità osservate nella metodologia CMEF sono riportate in sintesi in tabella 1.
Tabella 1 - Principali criticità alla metodologia di valutazione CMEF riscontrate in letteratura
Fonte: nostre elaborazione da Dwyer et al, 2008; Hodge, Midmore 2008; EENRD, 2009; Terluin, Roza 2010
Il metodo CMEF, pensato principalmente per la valutazione dei programmi di sviluppo rurale a livello nazionale o regionale, male si adatta quindi ad un contesto di governance a livello locale. Una valutazione complementare e non-formale che si svolga ad un livello più locale può invece condurre, con buona probabilità, a positivi sviluppi di “policy beds down” (Dwyer et al., 2008). Di particolare interesse per le finalità della nostra ricerca risulta essere la predisposizione e gestione di modelli di “auto-valutazione” (self-evaluation) o valutazione interna (Pettenella, Pisani 2006) da parte dei soggetti che partecipano ad un 3(3). Tale sistema può affiancare ed integrare la valutazione istituzionale esterna e indipendente prendendo in considerazione anche le specifiche necessità conoscitive degli attuatori del programma, che non necessariamente coincidono con quelle previste dalle istituzioni europee. Le iniziative LEADER sono individuate come il contesto socio-economico più adatto a sperimentare metodologie conformate alle specifiche domande di valutazione dei soggetti attuatori coinvolti in un programma.
In particolare i GAL sono chiamati a costruire (su base volontaria) un sistema di monitoraggio del PSR per rispondere alle proprie esigenze di valutazione, sistema che va ad aggiungersi alla domanda di valutazione espressa dalla AdG e dalla CE (Rete Rurale, 2007). La prassi di auto-valutazione, attraverso l'auto-diagnosi, consente di comprendere cosa è stato realizzato e quanti/quali risultati sono stati ottenuti: in breve, quali sono state le performance del soggetto attuatore nel periodo di realizzazione del programma. Nel quadro 1 sono riportati i principali punti di forza di un processo di auto-valutazione. In tabella 2 è proposto un elenco, non esaustivo, delle metodologie autovalutative sperimentate dai GAL.
Quadro 1 - Principali punti di forza dell’auto-valutazione
Fonte: nostre elaborazione da Rete Rurale, 2007 e Verrascina, 2010
Tabella 2 - Metodologie utilizzate per l'auto-valutazione nelle iniziative LEADER
Fonte: nostre elaborazione su consultazione archivio fornito dalla Rete Leader
In Italia vi sono già esperienze avvalorate da alcune Autorità di Gestione che hanno considerato come parametro di merito per il punteggio di graduatoria l'adozione da parte dei GAL di procedure di auto-valutazione partecipata con avvio del partenariato, coinvolgimento degli stakeholder e della comunità locale (Secco e al. 2010).
Potenzialità applicative nell' auto-valutazione dei GAL nel LEADER
Lo schema teorico-concettuale di riferimento (Figura 1) ed i relativi indicatori (Secco et al. in stampa) sono stati 4 (5) testati, con interviste dirette, nel caso studio dell’Ente Parco Nazionale Dolomiti 5 (6). I funzionari intervistati hanno fornito documentazione sulle attività e procedure gestionali nonché assistenza nell’identificazione degli stakeholder. In tutto sono stati intervistati (in giugno/luglio 2011) 50 soggetti operanti nel territorio dei 15 comuni appartenenti al Parco. In questa fase, tale applicazione pilota aveva il solo ed esclusivo scopo di verificare la validità del set di indicatori da noi proposto e di modificarlo, qualora necessario. Non si è invece inteso (né potuto) formulare un giudizio sull’effettiva qualità della governance adottata dal Parco.
Tra le osservazioni fatte nel caso studio in esame, si riportano e discutono brevemente nel seguito quelle più funzionali all’applicazione dello strumento di valutazione della qualità della governance locale da noi proposto nell’auto-valutazione dei GAL. Innanzi tutto va segnalato che la gran parte degli indicatori testati e considerati validi nel caso del Parco si basano su un approccio cosiddetto di “ego-network”: il campione di stakeholder da intervistare si crea cioè partendo dall’Ente/Organizzazione che si intende valutare. Ciò determina da un lato il rischio di non coinvolgere nella valutazione gli attori più conflittuali rispetto all’operato dell’Ente stesso, ma dall’altro rende non necessaria la creazione di una lista di campionamento a priori ed il campione non risulta dispersivo. Questo approccio, tipico dell’analisi istituzionale della governance, è particolarmente utile ai fini dell’auto-valutazione dei GAL perché permette di focalizzare la valutazione stessa sul principale soggetto promotore e attore dell’azione di governance (il GAL).
L’orizzonte temporale più appropriato rispetto al quale formulare le domande funzionali alla valutazione agli intervistati (stakeholder e funzionari dell’Ente) è risultato essere di 5 anni, il minimo per rilevare gli effetti complessivi delle modalità di governance e le politiche attuate sulle risorse naturali e il territorio, e coerente con la periodicità dei cambiamenti politici che spesso caratterizzano gli Enti pubblici.
Tale orizzonte temporale appare appropriato anche nel caso dei GAL.
In merito, più nello specifico, ai risultati di valutazione delle dimensioni-chiave della governance (basate solo su una analisi qualitativa preliminare delle interviste agli stakeholder) si possono fare le seguenti osservazioni. In primo luogo, ‘Partecipazione’ e ‘Responsabilità’ si confermano, nel caso del Parco, le dimensioni più importanti nella governance locale. Tuttavia, molti stakeholder, inclusi i decision-maker, pur considerando la partecipazione come strumento ormai fondamentale nel prendere decisioni collettive, dimostrano di non avere ancora una sufficiente comprensione delle reali implicazioni in termini pratico-operativi e culturali di questo strumento, o di ritenerla superflua rispetto alle tradizionali forme di rappresentanza politica ed elettiva, confermando così il rischio di un fallimento connesso a processi partecipativi non sufficientemente avanzati e ben strutturati (Cooke and Kothari, 2001; Fristch and Newig, 2009). Relativamente a questo aspetto chiave, l’analisi della governance locale nel caso di studio conferma il dilemma tra quanto si debba estendere la partecipazione, allargando il numero degli stakeholder e quindi allungando i tempi di consultazione, e quanto si debba invece garantire l’efficienza del processo decisionale (democracy/accountability vs. efficiency dilemma - Jessop, 1998; Kjær, 2004). Tale efficienza potrebbe essere garantita o migliorata qualora gli agenti di sviluppo del territorio rurale (inclusi i GAL) si dotassero di nuove e specifiche capacità professionali in questo settore (mediatori, facilitatori). Si dovrà porre un’attenzione particolare a questi aspetti nello sviluppare un sistema innovativo di auto-valutazione dei GAL, visto che questi ultimi sono tipicamente basati sulla creazione di reti tra attori locali e di partnership pubblico-privato, ma applicano in maniera ancora piuttosto limitata una partecipazione più ampia (cittadinanza ed organizzazioni della società civile).
Inaspettatamente, alla dimensione ‘Trasparenza’ non viene riconosciuto un ruolo particolarmente rilevante nel garantire una buona governance. Ciò appare in contrasto con l’importanza attribuita a questa dimensione nell’ambito delle iniziative internazionali di identificazione dei principi di buona governance (inclusa la CE stessa), ma sembra giustificare la totale mancanza di criteri e indicatori relativi alla trasparenza rilevata negli attuali strumenti di monitoraggio e valutazione dello sviluppo rurale (Secco et al. 2010).
Dalle osservazioni emerse, la dimensione ‘Sviluppo sostenibile glocale’ si conferma particolarmente complessa ed importante da analizzare già nel caso del Parco. Le posizioni espresse dagli intervistati riguardo all’entità e alla gestione degli impatti ambientali, sociali ed economici sul territorio derivanti dall’operato dell’Ente Parco risultano quanto mai eterogenee e spesso condizionate da pregiudizi (ad es. aspettative erroneamente elevate sul ruolo del Parco quale attore di sviluppo del territorio, dovute ad una mancata comunicazione o comunque ad asimmetrie informative). Tale complessità potrà risultare, nel caso dei GAL, ancora più elevata in ragione della molteplicità di azioni, iniziative e soggetti che, per loro natura, queste organizzazioni sono chiamate ad attivare in un territorio rurale. Tuttavia, l’analisi degli impatti delle politiche attuate sulle tre componenti ambiente, società ed economia del suo territorio appare irrinunciabile nell’ambito di un sistema di auto-valutazione dei GAL nei LEADER, specialmente se si considera che proprio la diagnosi causa-effetto tra politiche/programmi attuati e conseguenti cambiamenti avvenuti è segnalata carente nell’ambito dell’attuale valutazione dello sviluppo rurale della CE (Hodge, Midmore 2008, Terluin, Roza 2010).
Conclusioni e indicazioni per future ricerche
Quanto sopra presentato e discusso apre interessanti e promettenti prospettive per l’utilizzo del metodo da noi proposto per la valutazione della qualità della governance a livello locale in aree rurali anche nella formulazione di un sistema innovativo di auto-valutazione dei GAL nell’ambito dei programmi di sviluppo rurale LEADER. Tale sistema potrà essere integrativo rispetto alla domanda di valutazione espressa dalla CE tramite strumenti più tradizionali, meno flessibili e meno adatti a cogliere e valorizzare la grande variabilità delle aree rurali europee (quali il Common Monitoring and Evaluation Framework). Il sistema dovrà necessariamente includere un approfondimento speciale (ed un adattamento) della sezione del set di sottodimensioni e relativi indicatori dedicata allo ‘Sviluppo sostenibile glocale’. In particolare, occorrerà ampliare la lista dei possibili indicatori in modo da includervi nel processo di valutazione elementi il più possibile oggettivi e ridurre invece quelli basati sulla percezione degli stakeholder relativamente agli impatti ambientali, sociali ed economici delle azioni e dei programmi messi in atto dal soggetto attuatore. Lo strumento dovrebbe rivelarsi utile anche nel fornire ai GAL indicazioni dettagliate sulle proprie performance rispetto ai principi base della buona governance partecipativa (in termini di accountability, trasparenza, efficacia, coordinamento, ecc.). Tra le altre cose, è evidente che, dopo aver finalizzato e ri-verificato la validità dello strumento di auto-valutazione proposto in test pilota da condursi su GAL in Italia e/o altri Paesi europei, si renderà necessaria un’analisi dei costi e dei benefici connessi al sua adozione nella pratica ordinaria di gestione da parte dei GAL.
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- 1. (1) Come noto, il termine si riferisce al tentativo di trovare a livello locale soluzioni ottimali e sostenibili per problemi globali (Robertson 1995).
- 2. (2) Nel significato anglosassone del termine accountability.
- 3. (3) In alcuni casi vi può essere per lo svolgimento dell'esercizio valutativo l'assistenza di un verificatore esterno. In questo caso si parla di auto-valutazione assistita.
- 4. (5) Analoghe applicazioni pilota, con opportuni adattamenti, saranno condotte tra la fine del 2011 ed il 2012 in altri due parchi nazionali (in Montenegro e in Bosnia), ma anche in un GAL belga, nelle Fiandre, ed in un GAL italiano, in Veneto.
- 5. (6) Il PNDB si clloca tra la provincia di Belluno (Veneto) e quella di Trento, nelle prealpi orientali. Il territorio protetto si estende su ca. 32.000 ettari di superficie. Dal punto di vista delle problematiche di governance è interessante ricordare come all’interno dell’area protetta vi siano pochissimi residenti, rifugi, malghe e aziende agricole (nel fondovalle, dedite soprattutto alla produzioni biologiche per consumo locale), ma come il territorio circostante sia particolarmente popoloso (15 comuni tra i più abitati della Val Belluna) e dinamico dal punto di vista socio-economico, con la presenza peraltro di alcuni GAL molto attivi.
Commenti
Utente non regi... (non verificato)
Gio, 01/01/1970 - 01:00
Collegamento permanente
Autovalutazione obbligatoria
L'articolo è interessante nel considerare con l'autovalutazione ogni aspetto della ''governance'' dai processi politico decisionali all'efficienza ed efficacia nell'utilizzo delle risorse, passando alla responsabilità in capo ai componenti del GAL e alla loro capacità e professionalità. Andrebbe adottato diffusamente, proprio per responsabilizzare chi amministra le risorse pubbliche.
Commento originariamente inviato da 'riccardo molignoni' in data 04/10/2011.