Introduzione
Obiettivo di questo lavoro è quantificare la spesa complessiva della Politica agricola comune europea (Pac) di cui hanno beneficiato gli agricoltori italiani ed analizzarne la distribuzione per grandi aggregati di spesa e territoriali. Nella analisi, che segue il filone di ricerca avviato con precedenti studi (Sotte, 2011; 2014), sono stati considerati i pagamenti effettivi erogati nei sei esercizi dal 2008 al 2013, distinti in tre raggruppamenti:
- “Feaga diretti” sono i pagamenti diretti erogati dal Fondo europeo agricolo di garanzia (Feaga);
- “Feaga diversi” comprende i pagamenti erogati dallo stesso Feaga per tutte le altre finalità diverse dai pagamenti diretti: sotto questa voce è compresa una lunga lista di interventi di mercato connessi alla Ocm unica: disidratazione foraggi, stoccaggio cereali e vino, restituzioni per lo zucchero, distillazione prodotti alcolici, estirpazione vigneti, miglioramento della qualità, latte e frutta nelle scuole e altri scopi minori;
- “Feasr+cofin.” riguarda i pagamenti erogati dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr) sommati al cofinanziamento a carico dei bilanci nazionali e regionali.
L’analisi è stata svolta a livello delle Regioni amministrative e delle Province autonome. Per necessità di sintesi, nella esposizione, queste sono a loro volta aggregate in macroregioni, corrispondenti alle ripartizioni geografiche per Nord-Ovest, Nord-Est e Centro e, nel caso del Mezzogiorno, alla nuova classificazione delle regioni Nuts2 europee dal punto di vista della programmazione pluriennale 2014-2020 che distingue le cosiddette “Regioni meno sviluppate” (Puglia, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia) e le cosiddette “Regioni in transizione” (Abruzzo, Molise e Sardegna)1.
La spesa complessiva
In tabella 1 è mostrata l’evoluzione dei pagamenti complessivi Pac in Italia nel periodo considerato. Come si può notare, dopo una leggera contrazione tra il 2008 e i 2009 (da 5.926 a 5.729 milioni di euro), la spesa effettiva è sistematicamente cresciuta nel corso degli anni fino a raggiungere il massimo di 7.660 milioni di euro nel 2013 (+29,3 per cento rispetto al 2008). La tabella consente di verificare come il rapporto tra le tre componenti sia decisamente a vantaggio dei pagamenti diretti, che nell’intero periodo rappresentano in media il 60,4% di tutta la spesa. Al confronto, “Feaga diversi” è pari al 13%, mentre i pagamenti del Feasr comprensivi del cofinanziamento nazionale e delle Regioni sono pari al 26,6%.
Tabella 1 - L’evoluzione dei pagamenti Pac (cofinanziamento del 2° pilastro incluso) in Italia 2008-2013 (milioni di euro)
Questa dinamica ha una chiara connotazione territoriale, come si può constatare in figura 1. Mentre infatti l’evoluzione nel tempo dei pagamenti Pac appare fisiologicamente abbastanza appiattita (con una leggerissima crescita) negli aggregati regionali del Nord (Ovest ed Est), del Centro ed anche delle Regioni in transizione, nelle regioni meno sviluppate si registra una evidente difficoltà iniziale seguita da un altrettanto evidente recupero, specie nel 2011. Come si ricorderà, infatti la maggior parte di quelle regioni si è trovata sistematicamente in condizioni di sofferenza di fronte alle scadenze imposte dalla regola cosiddetta dell’ “n+2”, una situazione che si è ripetuta anche di recente.Questa distribuzione tra grandi aggregati varia comunque consistentemente negli anni:
- i pagamenti diretti crescono oltre 4.100 milioni di euro nel 2009, ma poi subiscono una lieve graduale flessione;
- l’aggregato “Feaga diversi” si contrae decisamente nel 2009 e, successivamente, si stabilizza intorno a 7-800 milioni/anno;
- ma è soprattutto la spesa connessa ai programmi di sviluppo rurale che si impenna per le difficoltà incontrate in fase di avvio nella gestione dei Psr, che nei primi anni della nuova programmazione contiene i pagamenti a livelli di poco sopra i 700 milioni di euro per poi recuperare, successivamente, fino a superare la soglia di 3 miliardi di euro nel 2013.
Figura 1 - L’evoluzione dei pagamenti Pac 2008-2013 (cofinanziamento del 2° pilastro incluso) per macroregioni (in milioni di euro)
La tabella 2, riferita alla media annua per l’intero periodo di sei anni, consente una prima lettura analitica. Essa riporta, per i tre aggregati di spesa (Feaga diretti, Feaga diversi e Feasr+cofin.) i pagamenti effettivi per aggregato territoriale accompagnati dal rispettivo numero di beneficiari. La tabella offre spunti di riflessione alla lettura sia in senso verticale che orizzontale.
Tabella 2 - Pagamenti medi annui Pac 2008-2013 effettuati in Italia per aggregati regionali
La spesa per i pagamenti diretti interessa complessivamente il Nord e il Sud per una percentuale analoga sul totale (rispettivamente 43,1% e 42,3%, con il Centro beneficiario del solo 14,5%). Questa analogia non si ripete però se si passa ai beneficiari. Questi infatti rappresentano nel Mezzogiorno il 62,1% del totale (mentre il Nord complessivamente ne conta il 22,2% ed il Centro il 15,7%).
La spesa del 1° pilastro destinata a scopi diversi dai pagamenti diretti invece ha una destinazione particolarmente concentrata nel Nord-Est con il 49,2% di tutti i pagamenti. Nel resto del paese si distribuisce il residuo 51,8%, specie nelle aree a maggiore intensità vitivinicola dove più occasioni si sono offerte per l’espianto dei vigneti e per le distillazione.
In relazione al principio della concentrazione della spesa nelle vecchie regioni “convergenza”, la spesa del 2° pilastro, avrebbe dovuto mostrare una distribuzione particolarmente elevata nel Mezzogiorno e più dispersa nelle regioni “competitività” del Centro-Nord. È opportuno ricordare infatti che, complessivamente a livello europeo, più dell’80% della spesa Feasr è stato riservato alle regioni Convergenza che in Italia hanno un peso notevole. Nonostante tutto questo, il peso del Mezzogiorno nell’utilizzo dei fondi Feasr appare relativamente modesto, sia in termini di pagamenti che di beneficiari (42,1% sul totale Italia in entrambi i casi). Segno di una maggiore efficienza amministrativa, e forse anche di una più pronta partecipazione imprenditoriale, il peso delle regioni del Centro e del Nord è di conseguenza maggiore di quanto atteso, e sarebbe stato ancora più elevato se non si fosse assistito al recupero in termini di pagamenti delle Regioni meridionali negli anni più recenti anche a seguito della minaccia di ritorno dei fondi in economia a disposizione della Commissione europea per altri utilizzi.
Passando ora all’analisi della distribuzione dei beneficiari delle diverse politiche salta all’occhio la profonda differenza tra il numero di beneficiari dei pagamenti diretti (1.246.900 a livello nazionale in media annua) contro i 73.600 dei pagamenti Feaga diversi dai pagamenti diretti ed i 158.600 della politica di sviluppo rurale. Questa evidente sproporzione, che si conferma con evidenza in tutte le aggregazioni territoriali del Paese, conferma la natura preminentemente distributiva dei pagamenti diretti, a fronte di una funzione più selettiva e mirata a più specifici obiettivi e beneficiari delle altre due tipologie di spesa. Facendo riferimento a precedenti studi, si potrebbe affermare che mentre i pagamenti diretti si rivolgono non selettivamente a tutte le aziende agricole, “imprese” e “non-imprese”, la spesa della politica di sviluppo rurale si rivolge al target più selettivo delle sole “imprese” (Arzeni, Sotte, 2013).
La spesa unitaria
In tabella 3 sono riportati i valori unitari medi annui della spesa per pagamenti diretti e per la politica di sviluppo rurale, in rapporto alla superficie agricola utilizzata (censimento 2010) e per beneficiario2.
Tabella 3 - La spesa unitaria media 2008-2013 per aggregati territoriali
Pagamenti rispetto alla Sau (censimento 2010) e per beneficiario
A livello nazionale i pagamenti diretti medi annui sono risultati pari a 313 euro/ha e a 2.481 euro per beneficiario, mentre i pagamenti relativi alla politica di sviluppo rurale sono stati pari a 138 euro/ha e 1.093 euro per beneficiario. Come si può facilmente osservare, le differenze territoriali sono comunque molto grandi specie nel caso dei pagamenti diretti che vanno da 421 euro/ha del Nord-Ovest (+35% rispetto alla media) ai 150 euro/ha delle regioni in transizione (-52% rispetto alla media). Se si considerano i pagamenti per beneficiario, il divario aumenta ulteriormente soprattutto a vantaggio del Nord-Ovest dove ogni azienda beneficia di pagamenti diretti superiori del 144% a quelli medi nazionali e ben oltre tre volte rispetto alle aziende del Mezzogiorno (sia in transizione che meno sviluppate).
I differenziali nel caso della spesa per lo sviluppo rurale sono meno pronunciati (solo la spesa per ettaro delle regioni in transizione si distacca in negativo rispetto alla media italiana: -33%). Nonostante, seguendo il principio europeo della cosiddetta concentrazione delle risorse, gli stanziamenti fossero proporzionalmente più elevati nelle regioni “convergenza”, le regioni del Centro e del Nord tengono il passo in termini di spesa ad ettaro e addirittura sopravanzano decisamente le regioni del Mezzogiorno in termini di spesa per azienda beneficiaria. Oltre alle ragioni già dette relative al ritardo nei pagamenti delle Regioni del Sud, questi suggeriscono di avanzare l’ipotesi che la gestione della politica di sviluppo rurale nel Sud abbia privilegiato obiettivi distributivi rispetto a obiettivi strategici preferendo le misure a domanda (generalmente di minore importo e rivolte ad un numero maggiore di beneficiari) rispetto alle misure a bando.
La lettura per grandi aggregati territoriali comunque nasconde la profonda differenziazione regionale. In figura 2 è rappresentata la distribuzione della spesa media annua per ettaro di Sau per i pagamenti diretti a livello delle singole regioni e province autonome, fortemente condizionata dal peso della pianura da un lato e della montagna dall’altro. Nel Nord alla straordinaria capacità di catturare pagamenti diretti di Lombardia e Veneto (rispettivamente con 532 e 524 euro/ha), si contrappone la debole posizione delle regioni e province autonome montane: Liguria (173 euro/ha), Valle d’Aosta (49 euro/ha), Trento (87 euro/ha) e Bolzano (81 euro/ha). In una posizione intermedia si collocano il Piemonte (346 euro/ha) e il Friuli (332 euro/ha) per la grande proporzione di territorio montano delle due regioni e l’Emilia-Romagna (309 euro/ha) anche per la minore attrazione di pagamenti diretti esercitata sia dal lato occidentale della via Emilia, che dalla Romagna per la sua specializzazione prevalentemente ortofrutticola e vitivinicola.
Figura 2 - Pagamenti diretti. Spesa media in rapporto alla Sau 2008-2013 (euro/ha)
Nel Centro la differenziazione tra regioni è meno pronunciata con una posizione migliore dell’Umbria (355 euro/ha) e peggiore della Toscana (214 euro/ha).
Nel Mezzogiorno si conferma la forte capacità di attrazione delle regioni olivicole, Calabria in testa (504 euro/ha) seguita da Puglia (420 euro/ha), e della Campania (371 euro/ha). In posizione molto discostata sono le altre regioni con Abruzzo e Sardegna in ultima posizione (con rispettivamente 144 e 134 euro/ha).
La distribuzione tra le regioni dei pagamenti per la politica di sviluppo rurale (Figura 3) appare meno squilibrata. Al Nord si assiste ad un ribaltamento rispetto alla distribuzione dei pagamenti diretti. Sono Valle d’Aosta e Trento a collocarsi nella fascia alta sopra 250 euro/ha (rispettivamente 262 e 264 euro/ha), precedute dalla Liguria che con 576 euro/ha si colloca nella prima posizione. Nel Centro-Sud, Calabria, Campania e Umbria appaiono nelle posizioni più alte, mentre con i valori più bassi sono Marche (92 euro/ha), Molise (81 euro/ha), Abruzzo (84 euro/ha), Sardegna (97 euro/ha).
Figura 3 - Politica di sviluppo rurale. Spesa media in rapporto alla Sau 2008-2013 (euro/ha)
I beneficiari della Pac
Qualche interessante informazione può essere estratta dal database utilizzato riguardo ai soggetti beneficiari della spesa Pac. In tabella 4 sono riportati i risultati per aggregati regionali relativi alla personalità: fisica o giuridica, al sesso e all’età del beneficiario. I risultati sono di notevole interesse per la presenza di consistenti differenze sia territoriali che con riferimento alla spesa per i pagamenti diretti rispetto a quella per la politica di sviluppo rurale.
Tabella 4 - I beneficiari dei pagamenti Pac in Italia (valori percentuali sul totale)
Le persone giuridiche innanzitutto sono il 4% dei beneficiari, e costituiscono una presenza significativa al Nord (specie Nord-Ovest dove sono l’8%) che sfuma fino ad una percentuale minima dell’1% nelle Regioni meno sviluppate del Sud. Il sesso dei beneficiari si attesta a livello nazionale su un rapporto di 2 uomini, per ogni donna, ma la presenza maschile cresce fino al 75-76% nel Nord Est e diminuisce fino al 57-61% nelle regioni meno sviluppate. Infine l’età media dei beneficiari (persone fisiche) presenta in media nazionale una notevole differenza tra pagamenti diretti (60,3 anni) e politica di sviluppo rurale (51,7 anni): segno evidente di una maggiore propensione ad interessarsi alle misure del 2° pilastro da parte di agricoltori presumibilmente più attivi e con una prospettiva di impegno nell’impresa che guarda maggiormente al lungo periodo. Riguardo all’età media è poi il caso di osservare le differenze relativamente consistenti tra aggregati regionali, con un significativo innalzamento al Centro dell’età dei beneficiari dei pagamenti diretti (64,4 anni!) ed un significativo abbassamento a 50,5 anni dei beneficiari del 2° pilastro nelle regioni meno sviluppate e addirittura a 49,2 anni in quelle in transizione.
Una ulteriore interessante riflessione sulla distribuzione dei benefici Pac per età del beneficiario può essere svolta con riferimento alla figura 4 dove sono riportate le età medie dei beneficiari dei pagamenti diretti e della politica di sviluppo rurale per grandi aggregati territoriali del Paese.
Figura 4 - Le età medie dei beneficiari della Pac 2008-2013 per classi di importo ricevuto (euro/ha)
Come era atteso, l’età generalmente diminuisce al crescere degli importi. Questo è un segnale indiretto particolarmente evidente di come il turn over nelle campagne si correli alla crescita delle dimensioni aziendali. Se poi si confrontano le età dei beneficiari tra politica di sviluppo rurale e pagamenti diretti si osserva un divario crescente a vantaggio dei primi che passa da 6-8 anni a 10-13 anni. Questo fenomeno è particolarmente evidente nel Centro Italia (cui si riferiscono le età riportate in figura) dove si registrano al tempo stesso le età più avanzate dei beneficiari dei pagamenti diretti e quelle più giovani dei beneficiari dalla politica di sviluppo rurale.
Considerazioni conclusive
Ricapitolando, queste appaiono le considerazioni di estrema sintesi che possono essere tratte dalla ricerca svolta:
- nel periodo in esame (2008-2013), la Pac ha interessato in Italia, in particolare con i pagamenti diretti, una vastissima platea di beneficiari. Nonostante ciò, la distribuzione dei fondi è stata fortemente concentrata territorialmente, specie nelle regioni padane e in quelle del Mezzogiorno più specializzate nelle produzioni tradizionalmente più protette, come olio d’oliva, grano duro, tabacco;
- questa distribuzione è stata compensata, specie nel Centro-Nord, dalla politica di sviluppo rurale, ma ovviamente solo molto parzialmente sia per la preponderante consistenza della spesa attribuita al 1° pilastro, sia anche per la maggiore velocità di erogazione di questa spesa;
- d’altra parte, la politica di sviluppo rurale, anche per la sua caratteristica di spesa gestita in una ragguardevole parte attraverso bandi, interessa annualmente un numero di beneficiari decisamente più contenuto: 159 mila a fronte di un milione 247 mila beneficiari della politica dei pagamenti diretti;
- in particolare in alcune regioni, la politica di sviluppo rurale incontra notevoli difficoltà a gestire i fondi a disposizione, con il risultato, in fase di avvio del periodo settennale di programmazione comunitaria, di una molto consistente difficoltà di traduzione delle somme a disposizione in pagamenti effettivi. A questa lentezza iniziale segue un recupero negli anni seguenti, sotto l’incalzare del rischio di un ritorno dei fondi in economia per l’azione della cosiddetta regola dell’ “n+2”. Ovviamente, i ritardi comportano una perdita di efficacia ed anche di valore della spesa in ragione dell’inflazione;
- poiché questo fenomeno si presenta soprattutto nelle regioni meno sviluppate del Mezzogiorno, di fatto si realizza una minore e più lenta concentrazione dei fondi proprio nei territori del Paese considerati prioritari dal punto di vista della coesione economica, sociale e territoriale;
- quanto infine ai beneficiari delle diverse politiche europee, lo studio svolto ha consentito soprattutto di verificare come, rispetto alla politica dei pagamenti diretti, quella per lo sviluppo rurale sia non solo, come è nella sua natura, più selettiva, ma anche rivolta ad una platea di beneficiari decisamente più giovani e soprattutto più giovani in correlazione diretta con il crescere degli importi individuali erogati.
Ovviamente, la distribuzione della spesa Pac rilevata in questa ricerca svolta a consuntivo sui pagamenti erogati negli anni del vecchio periodo di programmazione europeo, subirà significative modifiche nel prossimo futuro per effetto della riforma della Pac attualmente in corso di implementazione e relativa al periodo 2014-2020 (Bureau, Mahé, 2010, De Filippis Sardone, 2010). Nel quadro di una contrazione complessiva dei fondi a disposizione, si dovrebbe assistere ad un certo parziale, e comunque graduale, livellamento della distribuzione dei fondi del primo pilastro tra le regioni del paese, per effetto della scelta della “regione unica” stemperato dall’adozione della convergenza con il metodo cosiddetto “irlandese” (che limita i tagli per beneficiario ad un massimo del 30%, mentre aumentano proporzionalmente i pagamenti inferiori alla media nazionale ad ettaro). Quanto alla politica di sviluppo rurale, salvo i cambiamenti operati dai Psr tra le diverse nuove misure all’interno delle singole regioni, non dovrebbero verificarsi consistenti effetti redistributivi tra le regioni. Ciò che invece può essere facilmente previsto è che di nuovo, e in misura anche più allarmante che in passato, si accumulino ritardi di esecuzione in fase di avvio. Al momento (marzo 2015), ancora nessun Programma di sviluppo rurale italiano è stato approvato dalla Commissione.
Sarà comunque certamente opportuno ritornare sui temi di questa ricerca tra qualche anno, aggiornando i risultati qui succintamente esposti a consuntivo del periodo di programmazione trascorso. La verifica consentirà di misurare concretamente fino a che punto le decisioni assunte per il settennio 2014-2020 possano effettivamente considerarsi riformatrici.
Riferimenti bibliografici
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Arzeni A., Sotte F. (2013), Imprese e non-imprese nell’agricoltura italiana. Una analisi sui dati del Censimento dell’Agricoltura 2010, Working Paper del Gruppo 2013, n. 20, Coldiretti, Roma
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Bureau J.C. e Mahé L.P. (2010). Cap payments after 2013 and rural public goods. QA - Rivista dell’Associazione Rossi-Doria, 4, pp. 29-55
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DE Filippis F. e Sardone R. (Ed.s) (2010). Il dibattito sul bilancio UE e il ruolo della Pac. Funzionamento, evoluzione e prospettive. Inea, Osservatorio sulle politiche agricole dell’UE, Roma
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Sotte F. (2014), I beneficiari della Pac nelle regioni Convergenza (2008-2012), Argomenti, n. 39, pp. 89-112, FrancoAngeli, Milano
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Sotte F. (2011), The Cap and the EU budget. Do the ex-ante data tell the true? 122nd Eaae Seminar, “Evidence-based agricultural and rural policy making: methodological and empirical challenges of policy evaluation", 17-18 February, Ancona
- 1. Sono considerate “meno sviluppate” le regioni europee Nuts2 (corrispondenti in Italia alle regioni amministrative) con Pil medio pro capite inferiore il 75% del Pil medio pro capite dell’Unione Europea. Sono regioni in transizione le Nuts2 con Pil medio pro capite compreso tra il 75% ed il 90% del Pil medio pro capite dell’Unione Europea a 27 paesi membri. Il Pil pro capite è misurato in “parità di potere di acquisto” (Ppa) ed è calcolato sulla base dei dati dell'Unione per il periodo 2007- 2009 (Reg. UE n. 1303/2013).
- 2. Per semplicità, ma anche per la specifica concentrazione territoriale e settoriale della spesa raccolta nell’aggregato Feaga Diversi, questa voce di spesa è stata tralasciata in questa analisi.