Introduzione
L’opzione strategica sulle aree interne1 (Barca F., 2011; Dipartimento politiche di coesione, 2014; AA. VV., 2013; Carlucci e Locatelli, 2013) è importante per l’Italia in quanto queste aree “rappresentano una parte ampia del Paese – circa tre quinti del territorio e poco meno di un quarto della popolazione – assai diversificata al proprio interno, distante da grandi centri di agglomerazione e di servizio e con traiettorie di sviluppo instabili ma tuttavia dotata di risorse che mancano alle aree centrali, con problemi demografici ma anche fortemente policentrica e con forte potenziale di attrazione”2.
Spesso in letteratura queste aree sono coincise con le aree di montagna. Nella prossima programmazione sono definite non solo per il grado di spopolamento e per lo svantaggio naturale, ma anche per lo svantaggio sociale e la privazione dei servizi primari.
Infatti, la metodologia per la definizione delle aree individua dapprima i poli (centri di offerta servizi) che offrono servizi e successivamente classifica i restanti comuni a seconda della loro distanza dai poli. Distanza calcolata in termini di percorrenza dal polo più vicino3.
Il percorso previsto è molto articolato e trasparente. Sono previste negoziazioni tra regione e Comitato tecnico per le aree interne del Ministero per lo sviluppo. Questi incontri individuano le aree interne su cui intervenire. Inizialmente con una strategia pilota su una sola area per regione, successivamente anche sulle altre aree. Le aree individuate sono poco più di 50. L’individuazione delle aree interne è il risultato di una istruttoria pubblica che prevede circa 10 step (tra analisi a tavolino, analisi di campo e riunioni finali) e che si conclude con una deliberazione della Giunta regionale. Sono giunte all’ultimo step solo la metà delle regioni italiane, ma diverse sono, comunque, quasi alla fine.
La costruzione di una Strategia di area parte dalla sua individuazione effettuata dal Comitato tecnico e dalla regione. Il Sindaco che rappresenta l’area avvia l’elaborazione di una strategia alla quale concorrono oltre al comitato e alla regione “tutte le istituzioni, associazioni, cittadini, imprenditori, rilevanti per la strategia e lì dove presenti anche centri di competenza locali (Ausl, distretti scolastici Gal, agenzie per lo sviluppo)”. Questi incontri o “focus group” hanno l’obiettivo di proporre una bozza di idee. Questa bozza produrrà una strategia che verrà sottoposta “all’approvazione del Comitato nazionale aree interne (dove sono rappresentati tutti i Ministeri interessati) e della Regione. Da qui, inizia la fase di preparazione dell’Accordo di Programma Quadro”.
La strategia per le aree interne è’ interessante in quanto chiede l’utilizzo di tutti i fondi strutturali e dei fondi ordinari messi a disposizione dallo Stato, come evidenziato nei documenti programmatici: “L'Italia nel Piano Nazionale di Riforma (Pnr) ha adottato una Strategia per contrastare la caduta demografica e rilanciare lo sviluppo e i servizi di queste aree [interne] attraverso fondi ordinari della Legge di Stabilità e i fondi comunitari”4. A tal proposito la legge di stabilità 20155 ha previsto fondi per circa 180 milioni di euro tra il 2014 e il 2017.
Per la costruzione della strategia è interessante la previsione dell’identificazione di possibili “vie di fuga” attorno alle “filiere cognitive” del territorio, includendo le “forze vive” (interne, istituzionali, di cittadinanza, imprenditoriali), ma aprendosi anche a competenze esterne. “Questi tratti rappresentano una discontinuità con il passato, essendo coerenti con l’indirizzo comunitario di rivolgersi in maniera paritaria a tutti i soggetti rilevanti del territorio e non solo a quelli “rappresentativi””6.
Le aree interne in Calabria
L’importanza delle aree interne per la Calabria è nota. Le aree interne individuate in Calabria rappresentano il 78% dei comuni, la metà della popolazione (58,54%) e il 79% della superficie territoriale calabrese. La definizione di aree interne evidenzia un divario tra centri e aree interne all’interno della regione che deve essere modificato se si vuole una più equa redistribuzione della popolazione sul territorio. In soli 14 comuni che compongono i poli (poli e poli intercomunali) è localizzato il 31% della popolazione complessiva e se ai poli viene aggiunta l’area di cintura la popolazione raggiunge quasi il 50%.
Tabella 1 – Distribuzione dei comuni, della popolazione e della superficie per tipologia di area (superficie in ettari)
Fonte: nostre elaborazioni, su banca dati aree interne, Dps
La maggior parte dei comuni di queste aree è al di sotto dei 5.000 abitanti. L’incidenza di questi comuni è pari all’87% nelle aree periferiche e all’82% in quelle ultra-periferiche. Forte è anche l’incidenza dei comuni con meno di 2.000 abitanti e al di sotto dei 1.000.
Tabella 2 – Incidenza dei comuni al di sotto dei 5000 abitanti per tipologia di area (%)
Fonte: nostre elaborazioni, su banca dati aree interne, Dps
Negli ultimi quarant’anni, lo spopolamento è stato pari al 18% nelle aree periferiche e al 10% in quelle ultra-periferiche e solo all’1,73% nelle aree intermedie, quasi in linea con il dato regionale complessivo (-1,48%).
Figura 1 – Variazione percentuale della popolazione nel corso degli ultimi trenta anni per tipologia di aree interne
Fonte: nostre elaborazioni, su banca dati aree interne, Dps
L’incidenza della popolazione con oltre 65 anni è più che raddoppiata (passando dal 10% al 20% circa).
Figura 2 – Incidenza dei residenti con oltre 65 anni su residenti totali per tipologia di aree interne
Fonte: nostre elaborazioni, su banca dati aree interne, Dps
La superficie agricola utilizzata è diminuita, rispetto al 1971, del 25% circa nelle aree periferiche e ultra-periferiche e del 21% nelle aree intermedie.
Figura 3 – Variazione percentuale della superficie agricola utilizzata nel corso degli ultimi trenta anni per tipologia di aree interne
Fonte: nostre elaborazioni, su banca dati aree interne, Dps
Queste aree non hanno mai avuto tanta attenzione nei programmi comunitari (Dematteis, 2013) se non nell’ambito della cosiddetta “indennità compensativa” che garantiva un premio alle aziende agricole localizzate nelle aree montane e svantaggiate.
Oggi si apre una fase nuova che regioni come la Calabria devono cogliere. Intervenire con i programmi comunitari e con tutti i fondi, strutturali e ordinari, in queste aree significa dare risposte positive all’economia, ma anche agli aspetti sociali e allo spopolamento di queste aree.
Le aree interne nella nuova programmazione
Il documento di orientamento strategico (Dos)7 regionale (Regione Calabria 2013) tiene in debito conto l’importanza delle aree interne. La regione Calabria vuole combinare il patrimonio culturale e ambientale, mete tradizionali dei turisti, con le aree interne dove è presente “un patrimonio ricchissimo che molto spesso ha sede nei piccoli centri e nei borghi attestati sui crinali piuttosto che lungo le coste e da lì su fino alle pendici del sistema montuoso calabrese (Pollino, Sila, Aspromonte.)”8.
Viene sottolineato che lo spopolamento di queste aree in Calabria è più alto della media nazionale tanto che è stato oggetto di intervento anche nell’attuale programmazione (2007-2013) con un asse denominato “sistemi territoriali” il cui obiettivo era quello di “migliorare la qualità della vita, la competitività e l'attrattività dei sistemi territoriali non urbani valorizzando le risorse e le specificità locali e contrastando il declino dei territori delle aree interne e marginali”. In particolare era prevista una linea di intervento9 che sosteneva la realizzazione di azioni attraverso progetti integrati di sviluppo a livello regionale e locale volti a “migliorare la mobilità verso e dentro le zone rurali in spopolamento”10, ma anche a migliorare le infrastrutture, e, in generale, la qualità della vita potenziando i servizi socio-sanitari e scolastici, oltre che quelli per il tempo libero, lo sport.
I comuni (108 in totale) che potevano accedere a questi interventi erano quelli con un tasso di spopolamento superiore al 5% e con un numero di abitanti al di sotto dei 1.50011. Di questo tipo di attività, come di tante altre, gli obiettivi sono rimasti sulla carta e nessuna azione è stata attuata per le aree interne.
Ma nella futura programmazione si riprende il cammino e si individuano i soggetti legittimati a proporre gli interventi in linea con quanto previsto dall’accordo di partenariato12 che individua nelle istituzioni locali, nei partenariati, nelle agenzie e nei soggetti che svolgono funzioni rilevanti per lo sviluppo locale a migliorare e rafforzare le forme di coordinamento locale al fine di cercare soluzioni innovative.
La Regione Calabria reputa prioritario il tema delle aree interne per uscire dall’isolamento e dalla marginalità. Individua nella progettazione integrata lo strumento idoneo.
Ma non solo, si è d’accordo anche all’integrazione dei fondi strutturali con quelli ordinari tanto che viene scritto che “per quanto riguarda specificamente l’integrazione, in accordo con “Metodi e Obiettivi”, essa andrebbe assicurata anche al di fuori del perimetro dei fondi Sie (esplicitare), riguardando anche altre fonti aggiuntive ed azioni ordinarie, ad esempio di natura fiscale” (Regione Calabria, 2013).
Ancora, la Regione Calabria aggiunge ai quattro tavoli tematici già previsti13, un ulteriore tavolo tecnico che si occuperà di politiche territoriali e della strategia regionale su Aree interne e Città. Si pensa addirittura ad un unico Comitato di Sorveglianza per tutti i programmi comunitari.
Purtroppo, nelle bozze del Psr e del Por inviate a Bruxelles di queste buone intenzioni non c’è traccia (Regione Calabria, 2014). Si sta cercando di creare una strategia ad hoc per le aree interne, ma i diversi dipartimenti coinvolti, come anche i partenariati socio economici, sembrano svolgere lo sguardo verso una attuazione tradizionale che, nonostante le ingenti risorse finanziarie spese nelle passate programmazioni (De Cello, 2002; Trunzo, 2010), non ha prodotto nessun risultato sostanziale. Addirittura, il Por-Fesr, che presenta diversi problemi nello spendere le risorse, è costretto a utilizzare ancora i cosiddetti “progetti sponda” per generare spesa e per evitare di perdere risorse.
Il dibattito intorno ai fondi del Por sottolinea il “dramma” dei fondi UE e lo stesso presidente Oliverio parla di “un’emergenza drammatica” e si è dato come obiettivo quello di “salvare il salvabile”14. Serve una svolta sia nella programmazione dei nuovi fondi che, soprattutto, nella loro attuazione. Miliardi di euro sono stati spesi15 durante le tre fasi di programmazione (1994-99; 2000-2006; 2007-2013) e nessuno dei vincoli allo sviluppo, o come venivano definiti nella programmazione 2000-2006 le “variabili di rottura”, che si volevano rimuovere, sono state rimosse a tutt’oggi.
Considerazioni conclusive
Per un deciso cambio di marcia è necessario un approccio diverso alla programmazione dei fondi comunitari. Un approccio diverso sia nell’ambito della stessa Regione Calabria che nell’ambito del partenariato socio-economico.
I fondi ordinari del bilancio regionale vanno inseriti a pieno titolo come risorse da utilizzare e integrare con i fondi strutturali come sostenuto dai diversi regolamenti comunitari16, dall’accordo di partenariato e dal documento sulle aree interne.
Le aree individuate in prima approssimazione dal Dipartimento sviluppo sono quelle colorate in verde (Figura 4), la cui gradazione indica le aree intermedie, periferiche e ultra-periferiche.
Le aree interne ultra-periferiche sono localizzate nell’Alto tirreno cosentino17, in Sila e nell’Aspromonte. In una di queste aree andrebbe inizialmente predisposto un progetto pilota. Sarebbe molto interessante, se fosse applicato il metodo proposto per le aree interne, per verificarne l’impatto che potrà avere su questi territori. Il metodo proposto è innovativo non solo perché punta all’integrazione dei fondi strutturali e di quelli ordinari, ma anche perché l’attivazione di questi ultimi è condizione necessaria per partire con la sperimentazione.
Figura 4 - La tipologia di aree in Calabria
Fonte: Elaborazione Uval – Uver – Istat – Min. della Salute – Min. dell’Istruzione
Ma chi possono essere i soggetti interessati a proporre questo metodo innovativo sul territorio? Sicuramente non si può pretendere che le organizzazioni professionali agricole portino avanti la strategia delle aree interne, quando è da più tempo che chiedono maggiori risorse per interventi settoriali e meno territoriali.
Mentre gli enti locali, i sindacati, le associazioni, in particolare quelle degli industriali, potrebbero (o meglio dovrebbero) farsi carico di incidere maggiormente su azioni innovative e territoriali più efficaci per affrontare quei vincoli e quelle variabili di rottura che porterebbero ad uno sviluppo di queste aree. Si potrebbe partire dal documento di orientamento strategico che pone le basi per sperimentare questa importante opzione in una regione la cui mappatura delle aree interne è uniformemente presente su tutto il territorio. Resta, comunque, inspiegabile come quanto previsto strategicamente in un documento preliminare non venga tenuto in conto nelle singole programmazioni.
Riferimenti bibliografici
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AA. VV. (2013), Strategia nazionale per le Aree interne: definizione, obiettivi, strumenti e governance, Documento tecnico collegato all’Accordo di Partenariato
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Anania G., Gaudio F. (1989), "Povertà antiche e nuove ricchezze", in Pitagora, n. 2
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Barca F. (2011), Metodi e obiettivi per un uso efficace dei fondi comunitari 2014-2020, Documento tecnico, Dipartimento Politiche di Coesione, Roma
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Carlucci C., Lucatelli S. (2013), Aree interne: un potenziale per la crescita economica del paese, Agriregionieuropa, n. 34
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De Cello F. (2002), Il programma operativo mono-fondo agricoltura 1994-1999. Un’analisi spaziale per le aree sub-regionali, Analisi regionali, Inea-Sede regionale per la Calabria, Rende (CS)
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Dipartimento politiche di coesione (2014), Accordo di partenariato, Roma
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Regione Calabria (2007), Programma operativo Regione Calabria Fesr 2007-2013, Catanzaro
-
Regione Calabria (2013), Documento di orientamento strategico (Dos), Catanzaro
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Regione Calabria (2014), Bozza del Psr Calabria, Catanzaro, www.calabriapsr.it
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Regolamento (UE) N. 1303/2013 del parlamento europeo e del consiglio del 17 dicembre 2013 recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio
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Regolamento (UE) N. 1305/2013 del parlamento europeo e del consiglio del 17 dicembre 2013 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr) e che abroga il regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio
-
Trunzo P. (2010), Il consumo di politiche rurali in Calabria dal 1992 al 2006. Politiche di sviluppo o semplice gestione della spesa?, Tesi di laurea, Università della Calabria, anno accademico 2009-2010
Sitografia
- 1. Le “aree interne” sommano la tipologia relativa a aree intermedie, periferiche e ultra-periferiche. Mentre le aree relative ai poli e poli intercomunali e alle aree cintura sono raggruppati in Centri (AA.VV., 2013).
- 2. [link]
- 3. Le fasce che si ottengono sono calcolate usando il secondo e terzo quartile della distribuzione dell’indice di distanza in minuti dal polo prossimo, pari circa a 20 e 40 minuti. È stata poi inserita una terza fascia, oltre 75 minuti, pari al 95-esimo percentile, per individuare i territori ultra periferici.
- 4. Il Programma Nazionale di riforma (Pnr) definisce annualmente gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita, produttività, occupazione e sostenibilità delineati dalla Strategia "Europa 2020". In tale ambito sono indicati:
- lo stato di avanzamento delle riforme avviate, con indicazione dell'eventuale scostamento tra i risultati previsti e quelli conseguiti;
- gli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività;
- le priorità del Paese, con le principali riforme da attuare, i tempi previsti per la loro attuazione e la compatibilità con gli obiettivi programmatici indicati nel Programma di stabilità;
i prevedibili effetti delle riforme proposte in termini di crescita dell'economia, di rafforzamento della competitività del sistema economico e di aumento dell'occupazione.
Il Programma nazionale di riforma è il frutto di un lavoro collegiale, che vede la partecipazione di tutte le amministrazioni centrali e regionali, oltre che la consultazione delle forze politiche, delle autonomie territoriali, del Cnel, del Forum Giovani e, più in generale, delle Parti sociali. - 5. Legge n. 190 del 2014, commi 674-675.
- 6. Per un maggiore approfondimento della strategia e della metodologia si rimanda al sito del dipartimento:[link]
- 7. Per un approfondimento si rimanda al sito: [link]
- 8. Documento di orientamento strategico, pag. 9.
- 9. Linea di Intervento 8.2.1.7 – Progetto Integrato di Sviluppo Regionale per Contrastare lo Spopolamento dei Sistemi Territoriali Marginali e in Declino. Regione Calabria (2007), pag. 206.
- 10. Regione Calabria (2007).
- 11. La popolazione totale di questi Comuni è pari a 103.431 abitanti (5,15% della popolazione totale regionale).
- 12. L’Accordo di partenariato, adottato con decisione della Commissione in data 29 ottobre 2014, definisce la strategia per un uso ottimale dei Fondi strutturali e di investimento europei.
- 13. I quattro tavoli tecnici di confronto partenariale sono:— Lavoro, competitività dei sistemi produttivi e innovazione (Tavolo A); Valorizzazione, gestione e tutela dell’ambiente (Tavolo B); Qualità della vita e inclusione sociale (Tavolo C); Istruzione, formazione e competenze” (Tavolo D) — promossi dal Dps.
- 14. Intervento del Presidente Oliverio durante il Consiglio Regionale del 21 aprile 2015.
- 15. Abbiamo stimato in circa 10 miliardi di euro la spesa prodotta da tutti i fondi strutturali. La maggior parte della spesa ha interessato i territori più ricchi della regione e meno le aree interne (Trunzo, 2010).
- 16. Regolamento UE n. 1303/2013 e Regolamento UE n. 1305/2013.
- 17. In questo caso è difficile pensare all’altra-perifericità di comuni come Scalea, Tortora, Praia a Mare e altri localizzati lungo la costa. Alcune ricerche evidenziavano questi comuni tra i più ricchi della Calabria (Anania G. – Gaudio F., 1989). Mentre i comuni interni a questa area possono a pieno titolo definirsi ultra-periferici.