Introduzione
Nei contesti fortemente urbanizzati si sta giocando una partita rilevante per il futuro dell’umanità, che vede nella riconquista della sovranità alimentare una delle pedine principali. A un trend di inurbamento che sembra inarrestabile si contrappone, in contesti di più antico sviluppo, un controesodo selettivo nelle campagne e una generale riconfigurazione delle aree metropolitane. Alla concentrazione nelle grandi megacities del Sud-Est del mondo (UN-Habitat, 2012) risponde una relativa stasi demografica, con processi migratori modesti seppur cruciali per il riassetto del quadro di vita. Proprio in queste aree le città non solo si ruralizzano (Mougeot, 2005; Donadieu, 2006; 2011), ma si caratterizzano per essere potenti agenti di sviluppo rurale che legano la città alla campagna, assecondando nuovi stili di vita e di consumo (Oecd, 2013), talvolta anche insorgenti (Potito e Borghesi, 2015; Poli, 2016). La pianificazione del territorio percorre la strada dell’inclusione della pianificazione del cibo (Donovan et al., 2011; Mincke e Hubert, 2011; Pothukuchi e Kaufman, 1999; Viljoen e Johannes, 2012), in un quadro complesso di sostenibilità, di relazioni economiche, di protagonismo della società locale, di attenzione alla giustizia sociale e territoriale che alcuni rintracciano nell’approccio bioregionale (Iacoponi, 2001; Thayer, 2003; Calthorpe e Fulton, 2001; Magnaghi, 2014a; 2014b). Tuttavia si nota anche, soprattutto in Italia, la carenza di strumenti integrati fra programmazione rurale e pianificazione spaziale, sebbene molte pratiche locali, nate spesso dal basso, stiano sperimentando modalità integrate e partecipate di valorizzazione delle reti agroalimentari e dei mondi di vita che aumentano la resilienza del territorio e stabilizzano le reti socio-economiche. Nella piana fiorentina, in riva destra e riva sinistra d’Arno, si stanno susseguendo progetti istituzionali e progetti autorganizzati che animano un ricco dibatto sociale e che si rivelano utili per la definizione di una pianificazione urbano-rurale di nuova generazione sistemica, multilivello, integrata e intersettoriale in cui il ruolo plurimo dell’agricoltura possa dialogare attivamente con la complessità delle dinamiche territoriali, le comunità insediate e i mercati locali (Bocchi, 2015).
Conflitti e animazione territoriale nella piana a nord dell’Arno
La pianura a ovest di Firenze ha rappresentato dal dopoguerra l’asse privilegiato per la nuova urbanizzazione in uscita dall’urbano, caratterizzando l’area metropolitana fiorentina come una delle più densamente urbanizzate della regione, con il 21.8% di occupazione del suolo nel 2007 (Fanfani e Dodero, 2011). L’asimmetria del corso dell’Arno, che attraversa la parte meridionale della pianura, ha giocato un ruolo cruciale nel privilegiare per l’espansione urbana la parte a nord del fiume, notevolmente più ampia e meglio collegata alle infrastrutture viarie. Negli ultimi anni ha ripreso vigore lo sviluppo a nord-ovest laddove strumenti di pianificazione prevedevano la definizione di parchi agricoli. Da un lato il Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Prato (2003) con il “Parco agricolo della piana”, dall’altro la Regione che prima (2007) propone lo strumento del “parco” in una porzione ampia di area metropolitana (8 Comuni per circa un milione di abitanti e 7.000 ettari di territorio agro-forestale) e due anni dopo istituisce il “Parco agricolo della piana” di scala metropolitana oggetto di una variante del Piano di Indirizzo Territoriale regionale (Pit), con l’obiettivo di ristabilire il ruolo “ordinatore” del territorio agro-forestale con l’utilizzo anche di pratiche partecipative con abitanti, associazioni e stakeholders (Figura 1).
Nonostante il carattere innovativo e lungimirante del progetto regionale, le attività formali del “parco agricolo” stentano a decollare a causa dei conflitti causati dalla previsione, nella stessa area, di un inceneritore per rifiuti domestici e di una nuova pista per l’adeguamento dell’aeroporto. Quest’ultima, con elevata dose di ambiguità, è stata inserita nella variante istitutiva del “parco agricolo”1 senza dare corso al dibattito pubblico, come invece previsto dalla recente Legge regionale sulla partecipazione (L.R. 46/2013), ignorando tra l’altro il parere del Nucleo Regionale di Valutazione (Nurv) emerso dalla procedura di Vas[Link]. Purtroppo la realizzazione di opere così impattanti sul piano della salute pubblica e degli equilibri ecosistemici del territorio minerà la fiducia degli abitanti e, con essa, le potenzialità di sviluppo endogeno e di riqualificazione territoriale che lo strumento del parco agricolo avrebbe avuto, condannandolo a restare un mero confine tracciato sulla carta.
Figura 1 - Schema di progetto per il Parco Agricolo della Piana Metropolitana Fiorentina: il sistema agro-ambientale
Fonte: Regione Toscana 2013
Sul lato della progettualità sociale invece si è assistito a una decisiva animazione sociale finalizzata alla promozione “dal basso”, tramite iniziative concrete, del parco agricolo di Prato, già previsto dal Piano Territoriale di Coordinamento. L’attività di ricerca-azione sul territorio della Toscana centrale (Magnaghi e Fanfani, 2010) ha fornito l’impulso alla costituzione di un forum di attori locali, formalizzatosi dal 2010 nella “Associazione Parco Agricolo di Prato”, dando certezza e continuità alle diverse attività di rete già in essere e sviluppando progetti di filiera corta produzione-consumo. La relazione costante fra didattica, ricerca, progetto e azione ha prodotto una vasta documentazione diagnostica e strategica, presentata in più contesti di incontro collettivo. Oltre ad elevare la conoscenza e consapevolezza locale sulle tematiche legate al cibo e alla qualità del territorio periurbano, uno degli esiti principali del progetto è stata la creazione di una filiera cerealicola locale che ha permesso di mettere in rete in forma partecipata e condivisa oltre dieci aziende agricole, dieci forni ed un mulino, che consentono la produzione di pane “a Km 0”, il “Granprato”, attraverso l’impiego di grano prodotto localmente - secondo un disciplinare di coltivazione per la realizzazione di pratiche a basso impatto - e con panificazione a lievitazione naturale. Il progetto con la sua realizzazione è riuscito a rendere concreto l’obiettivo plurimo della convenienza economica per tutti gli attori economici coinvolti, del giusto prezzo e della garanzia qualitativa per i consumatori2. Il progetto di filiera è attualmente in espansione, con agricoltori e attori locali che chiedono di entrare a farne parte con una continua tensione verso il miglioramento delle produzioni3, mostrando con la sua esistenza la reale fattibilità di una nuova economia di carattere bioregionale che mette in valore le relazioni di reciprocità, la fiducia sociale e la patrimonializzazione delle risorse locali (Fanfani, 2014).
Un contratto di fiume a valenza di parco agricolo nella sponda sud dell’Arno
La dimensione ridotta della pianura fiorentina a sud dell’Arno, storicamente destinata all’orticoltura, ha limitato la localizzazione di edifici specialistici destinati al depuratore delle acque e agli impianti di potabilizzazione, orientandola piuttosto a consistenti interventi di edilizia residenziale. Nel 2007 la percentuale di suolo urbanizzato raggiunge il 60,5% (Butelli, 2015). Già nel 2012 un protocollo d’intesa fra i Comuni di Firenze, Scandicci e Lastra a Signa per la valorizzazione dell’agricoltura periurbana nei territori di pianura ha introdotto negli strumenti di governo del territorio comunale la presenza di aree a “parco” in prossimità del fiume. La tutela dei territori periurbani è recentemente stata rafforzata dall’entrata in vigore dell’innovativa Legge regionale in materia urbanistica (L.R. 65/14) che sancisce l’impossibilità di edificare edifici residenziali al di fuori del limite dell’urbanizzato, definendo con chiarezza la separazione fra territorio urbano e territorio rurale.
In quest’area, grazie al sostegno dell’Autorità della partecipazione (LR. 46/2013), è attualmente in corso il progetto “Coltivare con l’Arno. Parco agricolo perifluviale”, promosso dalla Città Metropolitana di Firenze (Ente capofila) assieme ai tre Comuni e dal Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze4. I lavori sono finalizzati a definire in forma partecipata, tramite le metodologia della ricerca-azione, un progetto di riqualificazione integrata e intersettoriale del contesto rurale, dalle frange periurbane ai corsi d’acqua, orientato a rigenerare il territorio in accordo col Piano Paesaggistico Regionale recentemente approvato.
Il progetto sta percorrendo la strada dell’integrazione fra la dimensione pattizia del Contratto di Fiume (Bastiani, 2011)5 e la progettualità integrata del Parco agricolo multifunzionale (Magnaghi e Fanfani, 2010), con la messa a punto di un Contratto di fiume con valenza di Parco agricolo perifluviale (Poli, 2015).
Il progetto sta sperimentando la costruzione di una governance pubblico-privato orizzontale (fra attori locali, associazioni e Pubbliche Amministrazioni) e una verticale (fra settori dell’Amministrazione pubblica) con un vasta gamma di potenziali Enti finanziatori (Comuni, Consorzi di bonifica, Autorità di bacino, ecc.).
Sono stati individuati due meta-obiettivi principali:
- immaginare e progettare in forma partecipata e condivisa un piano strategico che punta sulla promozione del protagonismo dei vari portatori di interesse coinvolti (associazioni locali, cittadinanza attiva, cittadini, scuole, agricoltori, detenuti, ecc.);
- rendere efficace il sistema di governance del piano d’azione del Contratto di Fiume a valenza di Parco agricolo perifluviale come strumento integrato di pianificazione strategica e di programmazione territoriale volto a definire le modalità, le regole, gli attori, le azioni, gli strumenti, i progetti multisettoriali e le relative forme di finanziamento da assumere all’interno degli strumenti ordinari di governo del territorio.
Il processo partecipativo è stato organizzato su due livelli di governance e si è strutturato su una serie articolata di incontri, eventi e laboratori progettuali, avvalendosi di lavori preparatori quali questionari, interviste, seminari tematici (Figura 2):
- primo livello: Tavolo d’Area con rappresentanti istituzionali e delle associazioni;
- secondo livello: Tavoli e Laboratori locali con abitanti e agricoltori.
Il progetto intende incentivare e supportare (tramite anche le misure della nuova Pac, gli accordi diretti fra Pubbliche Amministrazioni e agricoltori, incentivi locali, ecc.) la multifunzionalità delle aree agricole di pianura e di collina, riconoscendo agli abitanti e agli agricoltori un ruolo attivo nell’alimentare la città, nel ridurre l’impronta ecologica, nel curare la riviera fluviale, nel favorire l’aumento della biodiversità e nella produzione di beni e servizi che rispondono ad una domanda pubblica ormai sempre meno latente di natura, tempo libero, salute e socialità.
Una delle prime azioni condivise con i partecipanti al primo Tavolo d’Area, cui hanno preso parte una pluralità di attori6, è stata quella di estendere l’area del parco agricolo, passando dai circa 500 ettari di territorio agro-forestale tutelati dagli strumenti di governo locale del territorio situati nel contesto perifluviale ai circa 5.000 ettari di territorio agro-forestale comprensivi dei rilievi collinari retrostanti, caratterizzandola così come un sottobacino del fiume Arno.
Figura 2 - La struttura del processo partecipativo
Fonte: elaborazione propria
Gli esiti del progetto partecipato saranno la definizione condivisa di:
- uno scenario strategico di riqualificazione fisica del territorio;
- un piano d’azione con i vari sottoprogetti;
- la sottoscrizione dei diversi contratti da parte dei soggetti coinvolti.
A partire dalla definizione della rete degli attori locali del Sistema Agroalimentare locale, il progetto sta sperimentando forme di autogoverno locale tramite la definizione di tanti “contratti locali” di gestione condivisa del territorio con attori pubblici, privati e le associazioni locali quali la costruzione di una “Casa comune del cibo”, il progetto per il “Carcere integrato nel territorio”, “Agricoltori e cittadini custodi del fiume”, “Agricivismo comunitario”, “Rete agricoltura sociale”, “Abitare solidale fra città e campagna”, ed altri in via di definizione. I contratti locali dovrebbero comporre il primo piano d’azione del Contratto di Fiume, con l’intento di superare l’impasse e la sfiducia della popolazione nella “retorica della partecipazione”, che nasce quando essa si vede coinvolta in progetti che non hanno cogenza istituzionale e finiscono per non entrare nell’agenda pubblica e restare di fatto non realizzati.
Considerazioni conclusive
Le città europee sono diventate negli ultimi anni potenti volani di sviluppo rurale, reintroducendo la prossimità nei territori periurbani, ma ancora non si sono consolidati, in Italia, strumenti complessi integrati e partecipativi in grado di supportare le politiche dal basso che la società locale sperimenta. Dalle esperienze locali emergono da un lato forti richieste di tutela di territori sempre più compromessi, dall’altro pratiche di autogoverno locale che mettono in valore i patrimoni territoriali, e che anche in assenza di strumenti dedicati riescono a attivare economie e comportamenti virtuosi come nel caso dell’Associazione per il Parco Agricolo di Prato, che ha sviluppato una filiera cerealicola locale. Con sempre maggiore evidenza, il vuoto che si crea fra la pianificazione di area vasta e l’attuazione normativa è colmato con istituti intermedi di pianificazione creati dal basso come gli Osservatori locali del paesaggio, gli ecomusei, le associazioni per i parchi agricoli, i contratti di paesaggio o i biodistretti, secondo un modello di Community Led Local Development in linea col successo dei progetti Leader, che uniscono alla richiesta della tutela del territorio, la partecipazione sociale e la mobilitazione per la creazione di nuove forme di economie bioregionali e circolari. Dai casi studio presentati emerge con forza la necessità di definire un modello di parco agricolo intersettoriale e multifunzionale che sappia coniugare l’azione locale con le regole di lunga durata del territorio in un progetto strategico complessivo, che si attua nel tempo in forma incrementale, in cui lo spazio per l’animazione territoriale finalizzata alla messa in rete delle attività locali sia garantito. Nella capacità di supportare questo patto fra città e campagna sono racchiuse le chance di successo per l’accompagnamento alla ruralizzazione e alla nuova resilienza della nuova città di prossimità del prossimo millennio.
Riferimenti bibliografici
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- 1. Integrazione al Pit per la definizione del Parco agricolo della Piana e la qualificazione dell'Aeroporto di Firenze (Delib. Del Cons. Reg. n. 61/16-7-2014).
- 2. Il grano viene pagato all’agricoltore 40 €/q con prezzo stabile su tutta l’annata agraria, ciò a differenza del prezzo sul mercato "ordinario" che si aggira normalmente sui 18-20 €/q con oscillazioni rilevanti durante l’anno. L’incidenza del prezzo del grano sul prodotto finito è irrisoria (circa 20 centesimi con un pane a lievitazione naturale che costa circa 3 €/kg), mentre per l’agricoltore poter ottenere più del doppio per un quintale di grano è vitale. Il successo dell’iniziativa mostra come le persone siano disponibili a investire sulla propria salute, su quella del paesaggio e su un’economia che riesca ad avere anche un risvolto solidale.
- 3. E’ al momento in fase di valutazione di fattibilità l’avvio di una produzione biologica con grano di vecchie varietà.
- 4. La ricerca coordinata dalla scrivente è condotta da un gruppo di ricercatori con laureandi e tirocinanti (www.coltivareconlarno.it). Il gruppo di lavoro universitario è affiancato da un Comitato Scientifico Multidisciplinare dell’Università di Firenze coordinato da Alberto Magnaghi, che fa capo all’Unità di Ricerca Progetto Bioregione urbana [Link] a cui appartegono urbanisti, agronomi, forestali, naturalisti, economisti.
- 5. Il Ministero dell’Ambiente ha riconosciuto istituzionalmente i Cdf nell’art. 24bis “Contratti di fiume” del Codice dell’Ambiente (d.lgs 152/2006). Rifacendosi alla Convenzione Europea del Paesaggio la riqualificazione fluviale è intesa in senso ampio e prevede intersettorialità e interrelazione fra più aspetti (idrogeomorfologici, ecologici, insediativi, rurali, fruitivi, partecipativi, estetici, ecc.) ed è tesa all’elaborazione di scenari di sviluppo durevole in cui dal minuto tessuto insediativo locale.
- 6. Fra gli altri: l’Autorità di Bacino, Il Consorzio Risorse Idriche, l’Istituto penitenziario di Sollicciano e di Solliccianino, l’Istituto Tecnico Agrario, il Cai, l’Uisp, le Pro Loco, il Comitato Terra Bene Comune, Legambiente, Il Centro Italiano di Riqualificazione Fluviale, Slow Food, il Siaf, Il Comitato dell’Isolotto, Italia Nostra, ecc.