Valorizzazione energetica di residui e sottoprodotti della filiera vitivinicola in Italia

Valorizzazione energetica di residui e sottoprodotti della filiera vitivinicola in Italia
a Università di Teramo, Facoltà di Bioscienze e Tecnologie Agro-Alimentari e Ambientali

Introduzione

È ormai generalmente riconosciuto il potenziale dell’agricoltura nella produzione di energia da fonti rinnovabili, tanto che vi è un dibattito acceso sulla competizione nel settore agricolo tra produzioni destinate all’alimentazione e produzioni a scopo energetico. Esiste però un secondo aspetto meno conflittuale che merita di essere approfondito, quello della valorizzazione energetica delle biomasse residuali di origine agricola, intendendo con questo termine sia i residui agricoli derivanti dalla raccolta di prodotti per uso alimentare sia i residui derivanti da processi produttivi agro-industriali (Cavalaglio, 2008).
Nel settore vitivinicolo sono presenti da un lato i residui della potatura (sarmenti) tra le biomasse di origine agricola e dall’altro i sottoprodotti della vinificazione (vinacce, raspi e fecce) tra i residui della trasformazione agro-industriale.
Alcune stime sui potenziali residui del settore vitivinicolo a livello nazionale indicano una disponibilità di circa 1,3 milioni di tonnellate annue di sostanza secca, quasi completamente inutilizzate, una produzione che potrebbe sostituire teoricamente circa 80.000 ha di colture energetiche, e 2,4 milioni di tonnellate di sottoprodotti della vinificazione, che risultano mediamente per ¾ inutilizzati (Cavalaglio, 2008).
Il vantaggio a livello ambientale del recupero a fini energetici di queste biomasse è evidente, in quanto da un lato la loro produzione non entra in concorrenza nell’uso dei suoli con le produzioni alimentari e dall’altro - trattandosi di residui del processo produttivo agricolo o industriale - risolve il problema di sottoprodotti che, se non sono disponibili per degli usi alternativi, devono essere comunque smaltiti.
Il loro utilizzo permetterebbe di produrre energia elettrica e/o termica sostituendo fonti non rinnovabili e, a livello di singola impresa, potrebbe costituire un’integrazione al reddito attraverso un incremento dei ricavi (vendita dell’energia) o attraverso risparmio di costi (autoconsumo dell’energia prodotta).
Il concreto utilizzo dei residui e dei sottoprodotti della filiera a fini energetici ha però ancora una diffusione molto limitata, perché si scontra principalmente con problematiche di tipo organizzativo e di tipo economico, quali la gestione della fase di raccolta o la possibilità per le imprese di trasformazione di approvvigionarsi di altre tipologie di biomasse a costi minori.
In generale gli aspetti da prendere in considerazione quando si affronta il problema del riutilizzo dei residui a fini energetici sono di diverso tipo:

  • tecnico-logistico (raccolta, trasporto e stoccaggio, principalmente per quanto riguarda i residui della potatura);

  • organizzativo (organizzazione della filiera);

  • economico (costi delle varie operazioni e potenziali ricavi);

  • tecnologico (dimensioni e tipologia degli impianti di trasformazione).

Le condizioni positive per il riutilizzo delle biomasse nel settore si raggiungono attraverso la creazione di una filiera integrata, dove al calcolo economico di efficienza delle singole fasi si affianca l’aspetto ambientale di realizzazione di un ciclo produttivo chiuso e di valorizzazione delle esternalità positive; vanno infatti in questa direzione le esperienze analizzate a livello nazionale e che saranno brevemente presentate. Le problematiche tecnico/organizzative relative al riutilizzo dei residui della potatura (sarmenti) e dei sottoprodotti della vinificazione sono però alquanto diverse tra loro. Nel presente lavoro ci si concentrerà principalmente sulle prime.

La valorizzazione dei residui della potatura

La produzione di residui da potatura presenta una certa variabilità secondo i sistemi di allevamento, il vitigno, l’area geografica, le pratiche agronomiche utilizzate ed anche secondo l’effettiva possibilità di raccolta (sesto di impianto, pendenza dei terreni, ecc.). Più che una stima a livello nazionale o regionale possono quindi risultare utili indagini a livello locale finalizzate alla verifica dei potenziali di produzione di sarmenti in ogni specifico sistema territoriale ed organizzativo.
Solitamente i residui di dimensioni maggiori vengono raccolti e utilizzati come legna da ardere, ma questo riguarda solo una piccola percentuale della biomassa totale; i sarmenti restanti devono comunque essere asportati, in quanto costituiscono un intralcio a tutte le operazioni successive, visto che il tempo di naturale degradazione avviene nel giro di anni; i produttori hanno solamente due alternative: portare fuori dal vigneto e bruciare i sarmenti (pratica in molte regioni vietata, oltre che costosa e potenzialmente dannosa) o trinciare il prodotto ed interrarlo per le lavorazioni successive (pratica però sconsigliabile dal punto di vista agronomico, in quanto aumenta il rischio di diffusione di fitopatologie).
In entrambi i casi la gestione dei residui di potatura viene trattata come un problema di smaltimento, anche se i costi di queste operazioni non vengono solitamente tenuti in conto dagli agricoltori che tendono a non considerare il costo opportunità del proprio lavoro. In effetti la bruciatura dei sarmenti, dopo averli trasportati in un’area idonea, ha un costo stimato di circa 150-200 €/ha comprensivo di raccolta, trasporto e sorveglianza; la trinciatura e l’interramento hanno un costo complessivo di 140 €/ha (80 € per la trinciatura e 60 € per l’interramento con una lavorazione superficiale).
Gli aspetti tecnici relativi alla raccolta di residui per finalità energetiche riguardano principalmente le tipologie di macchine da utilizzare e le modalità di raccolta. La raccolta può essere effettuata attraverso macchine imballatrici e rotoimballatrici, che producono appunto rotoballe che possono essere depositate ai bordi del vigneto per essere poi utilizzate nel corso del tempo negli impianti di produzione di energia. In alternativa si possono usare macchine trinciatrici per produrre trinciato che deve invece essere stoccato in depositi appropriati. In entrambi i casi la specifica tecnologia viene realizzata attraverso adattamenti di macchine già comunemente utilizzate in agricoltura. Altri aspetti da prendere in considerazione nel processo produttivo sono il trasporto dal vigneto all’impianto di produzione di energia (i costi al di sopra di una certa distanza - calcolabile in 15/20 km dalla centrale - sono tali da rendere non più conveniente il processo), la cippatura delle rotoballe (il cippato è quella biomassa di dimensioni ridotte adatta per essere utilizzata negli impianti di trasformazione), i problemi e i costi legati allo stoccaggio e all’essicazione della biomassa (specialmente nel caso della trinciatura). I costi totali di conferimento dei residui agli impianti di trasformazione, pur variando nelle diverse situazioni, risultano comunque nettamente inferiori ai costi di smaltimento.
In generale le soluzioni osservate mostrano come la fase di raccolta e trasporto venga gestita da contoterzisti, in alcuni casi anche con il conferimento gratuito della biomassa da parte dell’agricoltore, che si vede comunque sollevato dai costi di smaltimento. Il vantaggio del ricorso al contoterzismo è legato anche al fatto che macchine flessibili possono essere adattate alla raccolta non solo delle potature viticole ma anche di quelle olivicole e frutticole e di fusti di colture da campo (pomodoro, patate ecc.); lo sfasamento temporale della raccolta permette di aumentare i giorni di lavoro delle macchine e quindi di ripartire maggiormente i loro costi fissi.
Nell’ambito delle strutture cooperative il vantaggio economico per il socio conferitore della biomassa è dato inoltre dal risparmio dei costi energetici da parte della cooperativa o dai ricavi ottenuti dalla vendita dell’energia o ancora dall’approvvigionamento privilegiato di energia per la propria azienda agricola.
Più che gli aspetti tecnici o i calcoli puramente economici sono però gli aspetti organizzativi l’elemento chiave per l’affermarsi di questo sistema di recupero delle biomasse: il coordinamento della raccolta e del trasporto, l’approvvigionamento della centrale di produzione di energia, la distribuzione dei benefici lungo la filiera tra i diversi operatori (agricoltore, contoterzista, impresa di produzione di energia): la gestione del processo in una struttura cooperativa può facilitare la soluzione di questi problemi organizzativi, andando a chiudere il ciclo produttivo: raccolta e conferimento, produzione di energia e utilizzo della stessa.
I vincoli organizzativi e di prossimità territoriale sono però soddisfatti abbastanza agevolmente nel sistema produttivo nazionale, dove oltre il 50% dell’uva viene prodotta nell’ambito di cooperative, che a loro volta solitamente operano in un territorio circoscritto e ad alta vocazione produttiva.

La conversione energetica dei residui

Per quanto riguarda la conversione energetica occorre principalmente analizzare le problematiche riguardanti le tecnologie di conversione e le dimensioni produttive degli impianti.
La tecnologia della conversione energetica delle biomasse è particolarmente avanzata ed in continua evoluzione. I processi di conversione energetica delle biomasse sono molto diversificati, ma per quanto riguarda quelle lignocellulosiche possono essere principalmente ricondotte a due gruppi: impiego di caldaie integrate con macchine a ciclo Rankine o Stirling per la conversione dell’energia termica in energia meccanica e poi elettrica, che sono le tecnologie oggi generalmente utilizzate; sistemi di gassificazione delle biomasse ed utilizzo di motori o turbine a gas, tecnologie sperimentate con iniziative pilota ma non ancora diffuse a livello commerciale (De Gennaro, Pantaleo, 2010).
L’aspetto rilevante ai fini della presente analisi non è tanto l’efficienza energetica del processo di trasformazione quanto il rapporto tra tecnologia utilizzata e dimensioni dell’impianto, in quanto queste ultime devono tener conto delle problematiche organizzative di raccolta e conferimento e in generale dell’ampiezza del sistema produttivo di riferimento in termini di superfici coltivate (es. dai produttori afferenti a una cooperativa oppure dai produttori di certo sistema territoriale ad alta vocazione viticola).
Disporre di impianti efficienti ma di piccola taglia è infatti uno degli aspetti fondamentali per poter gestire in modo integrato il ciclo di produzione di energia a livello di sistema territoriale o aziendale.
In particolare le tecnologie relative al primo gruppo considerato comprendono caldaie di piccola (15-100 kW) o media taglia (da 100-200 kW a qualche MW) che sono utilizzate per la produzione di energia termica e accoppiate a sistemi ORC (macchine Rankine a fluido organico) per la produzione di energia elettrica, a servizio, rispettivamente, o di singole utenze (es. un’azienda agricola) o di utenze collettive di tipo civile o utenze industriali (es. una cantina cooperativa). Dimensioni maggiori di impianti possono essere invece utilizzate per reti di distribuzione di energia o reti di teleriscaldamento. Anche le tecnologie del secondo gruppo possono riguardare impianti di piccola media taglia (500-1000 kW) anche se il loro impiego è ancora a livello sperimentale (De Gennaro, Pantaleo, 2010).

Esempi di sistemi territoriali di filiera

Alcuni esempi, non esaustivi, di sistemi organizzativi finalizzati alla produzione di energia attraverso il recupero dei residui della potatura - anche se ancora poco diffusi sul territorio nazionale - possono fornire un’idea più precisa degli aspetti dimensionali dei modelli di raccolta e di trasformazione.
Il primo esempio riguarda un’impresa privata di grandi dimensioni, le Cantine Giorgio Lungarotti di Torgiano (PG), dove una caldaia con una potenza pari a 400 kW soddisfa le esigenze di riscaldamento e di raffrescamento dell’azienda e le esigenze di produzione di vapore e di refrigerazione legate al processo produttivo (sterilizzazione bottiglie, produzione di acqua refrigerata per il processo di vinificazione). La caldaia utilizza una quantità di biomasse di circa 150 tonnellate annue, derivante da una superficie vitata di oltre 200 ha e una produzione di sostanza secca di 0,70-0,75 t/ha, con una produzione energetica di 720 MWh annui (Cotana, Cavalaglio, 2008). La produzione di energia elettrica consente poi di coprire anche se parzialmente i fabbisogni energetici dell’impresa.
A livello di imprese cooperative la Società Cooperativa Agricola Livenza - COAL, di Motta di Livenza (TV), composta da 200 soci con 3.000 ha di superfici, di cui 1.000 a vigneto (anche se la raccolta riguarda al momento solo una parte delle superfici), con una caldaia di 60 kW riscalda i propri locali e fornisce calore, attraverso l’installazione di caldaie ad alta efficienza, ai propri soci.
Più complesso il sistema messo in atto dalla Cooperativa Agroenergetica Territoriale - CAT di Correggio (RE), che raccoglie tra i soci quattro cantine sociali, per un totale di 1.873 soci, una superficie di 3.907 ha di vigneto e una raccolta stimata di 4.689 tonnellate di sarmenti, con una resa media di 1,2 t/ha. In questo caso l’impianto è finalizzato alla produzione di energia elettrica che viene immessa in rete (Zaghi, 2010).

Potenzialità produttive a livello locale: un’analisi per la provincia di Chieti

Le esperienze sopra descritte potrebbero essere replicate in aree geografiche caratterizzate da una struttura analoga in termini di organizzazione aziendale e superfici produttive. Si riporta a titolo di esempio il caso della provincia di Chieti1.
La regione Abruzzo, quinta regione a livello nazionale per produzione vitivinicola, presenta una struttura produttiva concentrata sia a livello territoriale (nelle zone collinari della provincia di Chieti) sia a livello aziendale, in quanto le imprese di trasformazione sono solo 184 nell’intera regione (Pascetta, 2005), di cui 40 sono imprese cooperative. A livello agricolo invece la struttura produttiva è estremamente frammentata: nella sola provincia di Chieti vi sono oltre 13 mila soci conferitori (su circa 20 mila aziende), con una superficie media di meno di due ettari per azienda, che fanno riferimento a 34 cantine cooperative. Le cantine sociali trasformano una quota molto elevata del prodotto, pari a oltre l’80%.
Le colline litoranee della zona di Ortona si contraddistinguono in particolare per un’elevatissima specializzazione, considerando che in numerosi comuni più dei tre quarti della superficie agricola utilizzata (SAU) sono dedicati alla viticoltura. Il caso eccezionale è costituito dal comune di Tollo dove la SAU è quasi totalmente (93,1%) destinata a vigneto, ma superano l’80% anche altri comuni dell’area.
Un’analisi su 27 cantine sociali (aderenti al Consorzio vini d’Abruzzo) per una superficie totale dichiarata di 17.039 ha e una superficie media di 631 ha per azienda, mostra come le dimensioni aziendali siano potenzialmente adatte al recupero a fini energetici dei residui di potatura: a un elevato numero di soci con piccole dimensioni aziendali e alla frammentazione degli appezzamenti corrisponde un piccolo numero di imprese di trasformazione con una forte concentrazione territoriale (le cantine sono strutturate su base comunale) e con dimensioni aziendali medio-grandi.Tra le cooperative analizzate ben 13 hanno una dimensione superiore ai 600 ha, 9 sono comprese tra i 200 e i 600 ha e solo 4 hanno una dimensione inferiore.

Alcune considerazioni sui requisiti per il recupero delle biomasse

Il recupero a fini energetici delle biomasse derivanti dai residui di origine agricola nel settore vitivinicolo può essere conveniente dal punto di vista economico oltre ad avere effetti positivi dal punto di vista ambientale.
La limitata diffusione di tali sistemi è da ricondurre principalmente a problematiche di tipo organizzativo, dato che per quanto riguarda gli aspetti tecnologici esistono già tecnologie consolidate e delle nuove si stanno sviluppando a livello sperimentale.
La realizzazione di una filiera finalizzata al recupero dei residui della potatura mantiene un carattere integrativo rispetto agli altri aspetti produttivi ma può fornire un utile contributo alla diminuzione dei costi energetici e generare ulteriori ricavi per le imprese. La sua strutturazione richiede principalmente un sistema di imprese viticole organizzato e concentrato territorialmente, che garantisca un approvvigionamento di biomassa in grado di rendere convenienti gli impianti di produzione di energia e minimizzare al contempo i costi di trasporto.
Queste condizioni sono però abbastanza comuni nel sistema produttivo italiano, grazie soprattutto alla diffusione di un sistema cooperativo sviluppatosi su base locale e comunque di aree territoriali a forte vocazione e concentrazione produttiva, dove i produttori già hanno sviluppato altre forme di organizzazione.
Gli aspetti critici riguardano soprattutto le scelte tecnologiche e di dimensionamento degli impianti di trasformazione, la possibilità di commercializzazione dell’energia elettrica e termica prodotte, l’organizzazione e le tecniche di raccolta e conferimento delle biomasse. E’ necessario a questo proposito ricorrere a figure specializzate che operino come contoterzisti, autonomamente o nell’ambito della struttura cooperativa.

Riferimenti bibliografici

  • Cavalaglio G. (2008), Filiera energetica sperimentale per il recupero dei sarmenti di vite, Tesi di dottorato di ricerca in Ingegneria energetica - XXI Ciclo, A.A. 2007/08, Università degli Studi di Perugia

  • Cotana F., Cavalaglio G. (2008), Impianto pilota per la conversione energetica degli scarti di potatura dei vigneti, Atti 8° Congresso Nazionale CIRIAF, Perugia

  • De Gennaro B., Pantaleo A. (2010), Stato dell’arte sulle tecnologie di conversione energetica delle biomasse, Relazione tecnica nell’ambito del Progetto CUIA “VALE”

  • Pascetta C. (2005), “Il settore vitivinicolo in Abruzzo”, Congiuntura Economica Abruzzese, CRESA n. 1-2 2005

  • Spinelli R., Magagnotti N. (2009), “Energia dai sarmenti, la convenienza dipende dalla logistica della filiera”, Vigne Vini n.10, ottobre

  • Zaghi M. (2010), L’utilizzazione delle biomasse legnose da recupero di potature: rassegna delle tecnologie di utilizzo ed esempi di realizzazioni, comunicazione, Medicina (BO), 9 giugno

  • 1. Il caso è stato analizzato dagli autori nell’ambito del progetto “Valorizzazione energetica di residui e sottoprodotti della filiera agro-alimentare e forestale (VALE), realizzato nell’ambito del programma Programma CUIA 2008 - 2009.
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